“Something À La Mode” Edizione 2.0

Dopo il successo della prima edizione, il formato vincente di “Something À La Mode” trunk show creato dalla Fashion Curator Veronica Sheynina, è tornato a Milano durante la MFW con due nuovi stilisti.


Presentando una collezione eco-sostenibile realizzata completamente in lino il brand made in Russia VOLTRY.

E la stilista Italiana SOFIA ALEMANI che dopo la Montecarlo FW e Alta Roma ha scelto l’evento “Something À La Mode” per presentare le sue nuove eclettiche creazioni.

VOLTRY è un brand Russo eco-sostenibile specializzato da più di 50 anni nella lavorazione del filato di lino ecologico, trasformando i capi in veri trend. Il brand è stato il primo in Russia a utilizzare il filato di lino ecologico per la produzione di maglieria ed è diventata il leader assoluto del settore in Russia.

La produzione è focalizzata sui capi in tessuto di lino con l’uso dei vari metodi di lavorazione a mano che rendono ogni capo VOLTRY unico ed esclusivo.

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La visionaria Designer SOFIA ALEMANI presenta la sua collezione “XXL vs XXS Capsule”, dove il concetto curvy esplode finalmente nella gioia di mille colori e luci di paillettes esibite nel segno del massimalismo.


SOFIA ALEMANI presenta un approccio spontaneo e curioso al tessuto, dove nulla è scontato. Così il diritto lascia il posto al rovescio, creando inedite percezioni e suggestioni tattili inesplorate.


“Con questa speciale capsule di capi prêt a couture ad ispirazione sport chic – spiega Sofia Alemani – desidero ringraziare le mie clienti che sono tutte donne vere e di tante età e taglie diverse. Le ringrazio perché credono ancora nella qualità e nella creatività dei capi sartoriali, fatti su misura e immaginati per valorizzare al massimo la bellezza di ciascuna”.


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Van Gogh fa il giro del mondo e approda per la prima volta a Bari

Da novembre a gennaio “Van Gogh alive – the experience” animerà il teatro barese Margherita, che riapre per l’occasione grazie agli importanti lavori di restauro e riquilificazione dopo ben 35 lunghi anni di chiusura.


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La mostra è proprietà del gruppo australiano di “Grande Exhibitions” ed ha già riscosso un grossissimo successo, facendo il giro per tutto il mondo e passando da  Emirati Arabi, Pechino, Cracovia e Budapest: soltanto a Roma ha fatto battere il cuore a più di 138mila visitatori.


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A differenza delle mostre abituali, lo spettatore si ritrova completamente immerso nei grandi quadri dell’artista olandese (più di 30000 immagini) proiettata su grandi display, colonne, muri e persino i pavimenti della struttura, servendosi della più recente tecnologia.


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Il visitatore si ritroverà pertanto a passeggiare tra i celebri girasoli, la notte stellata, i campi di grano, emozionandosi e facendosi coinvolgere dalle enormi immagini e dai sensi, approcciandosi in tal modo a una nuova e originale forma di fruizione artistica.


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http://grandeexhibitions.com/

Mostra del cinema di Venezia 74: applausi per «The Leisure Seeker» di Paolo Virzì

E’ stato presentato il 3 Settembre alla 74^ Mostra del cinema di Venezia il primo film italiano in concorso: «The Leisure Seeker» di Paolo Virzì.

Dopo “La Pazza Gioia” il regista livornese racconta la storia commovente dei due coniugi Ella e John che si amano nella malattia fino alla fine delle loro vite. In occasione della prima proiezione, Virzì e i due interpreti stranieri (l’inglese Helen Mirren e il canadese Donald Sutherland) si sono aggiudicati intensi e lunghi applausi.

John è un ex professore di letteratura e un grande appassionato dello scrittore Ernest Hemingway, affetto da un Alzheimer destinato progressivamente ad aggravarsi. La moglie, Ella, è affetta invece da un grave cancro allo stadio terminale. I due scelgono di avventurarsi in un lungo viaggio segreto verso Key West, dirigendosi verso la casa dello scrittore che John aveva tanto adorato ai tempi dell’insegnamento.

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Il film, che si apre con l’immagine della campagna presidenziale, è anche la raffigurazione dell’attuale America: un Paese in cui Ella e John stentano a riconoscersi. Esso è al tempo stesso la metafora della fuga da un destino doloroso. L’anziana coppia sceglie il divertimento e l’avventura alle cure ospedaliere. Il loro ultimo viaggio rappresenta dunque la scelta della libertà e della dignità, anche negli ultimi istanti di vita e nella malattia. L’avventura prosegue poi per la Route 1 sulla East Coast degli States e termina a Key West.

Tra le parole e i lunghi silenzi, tra il dipinto della condizione attuale e i ricordi, il regista è riuscito a mettere alla luce con grande sensibilità una tematica così delicata come l’anzianità.

The Leisure Seeker è per Paolo Virzì il primo film girato interamente in America, in lingua inglese e s’ispira all’omonimo romanzo di Michael Zadoorian.
L’uscita al cinema è prevista per il 25 gennaio 2018.

Conversano ospita “L’uomo infinito” di Man Ray

L’uomo infinito” è il titolo della mostra del celebre artista Man Ray allestita nel castello di Conversano, in provincia di Bari, dal 15 luglio al 19 novembre 2017; organizzata dall’Associazione Culturale Artes in collaborazione con l’Amministrazione Comunale di Conversano, la Fondazione Marconi ’65 di Milano ed il Man Ray Trust.

Il titolo della mostra attinge dal nome dell’omonima opera dell’artista americano, “Lhomme infini”, risalente al 1970. La mostra presenta circa 100 opere tra fotografie, sculture, dipinti, disegni e litografie di colui che viene considerato il massimo esponente del Dadaismo. Le sezioni che si susseguono sono otto: “”New York 1912 – 1921”, “Il rapporto con Marcel Duchamp”, “Gli amici artisti e autoritratti”, “Muse e Modelle”, “Dadaismo ed avanguardie”, “”Realtà e finzione-voyeurismo e sadismo”, ‘Juliet’ e “Ritorno in Francia”.

La mostra ripercorre l’intero percorso artistico di Emmanuel Rudzitsky (il vero nome di Man Ray) in tutta la sua evoluzione ed ha inizio a partire dall’incontro con il grande artista Marcel Duchamp e con la nascita di un Dadaismo di stampo americano. Ben presto, Man Ray abbandonerà la sua terra natale per recarsi nella capitale francese dove troverà un luogo culturale più accogliente e più adeguato per la sua poetica dadaista. Ed è proprio a Parigi che Man Ray comincerà a ritrarre le figure intellettuali più importanti di quell’epoca, come Jean Cocteau.

Noire et Blanche, 1926 Photo de Man Ray
Noire et Blanche, 1926
Photo de Man Ray


Nell’ambito dell’arte fotografica, egli dimostrerà che la fotografia non è affatto la riproduzione della realtà ma la creazione di concetti completamente nuovi attraverso associazioni di idee e l’utilizzo di linguaggi preesistenti. Meritano una menzione speciale i suoi “rayographs”: fotografie ottenute poggiando direttamente gli oggetti da ritrarre sulla carta sensibile.

Oggigiorno Man Ray, attraverso la sua capacità di sperimentazione, si rivela agli occhi del pubblico come un artista completo. Le sue opere, avvalendosi delle tecniche e poetiche più disparate, rappresentano la sintesi perfetta delle avanguardie della sua epoca e sono la dimostrazione dell’abilità dell’artista a creare un linguaggio innovativo personale.

Gli scatti di Mauro Masera in mostra a Venezia

È stata inaugurata lo scorso 21 marzo presso l’Università Iuav di Venezia la mostra dedicata a Mauro Masera, autorevole firma della fotografia del design italiano. Il fotografo, che per tutta la sua carriera ha collaborato attivamente con designer ed architetti, viene celebrato con una retrospettiva esclusiva, che resterà aperta fino al 19 maggio. Nato e vissuto a Milano, Masera ha collaborato con importanti aziende italiane, come Gavina, Kartell, Vassina, Zanotta, Alessi e Fontana Arte. Innumerevoli le collaborazioni con riviste di settore, da Abitare ad Ottagono. La mostra, intitolata “Mauro Masera, fotografo del design italiano (1957-1992)”, espone i lavori principali di una delle figure più importanti del design italiano. Nato nel 1934 e scomparso nel 1992, Masera è stato tra i testimoni più autorevoli della nascita del Made in Italy. Accanto a nomi come Oliviero Toscani, Giorgio Casali e Sergio Libis, il fotografo ha immortalato con il proprio obiettivo i primi vagiti di un’epoca destinata a restare per sempre impressa sui libri di storia. Tanti gli oggetti da lui ritratti diventati poi iconici, in bilico tra sperimentazione ed evoluzione. Curata da Alberto Bassi e Carlo Masera, la mostra riassume il suo lavoro fotografico mettendo in risalto la sua formazione nell’ambito della fotografia industriale. In esposizione non solo le sue fotografie ma anche materiale d’archivio come documenti ed interessanti spunti inediti sulla sua carriera. La mostra si tiene all’Università Iuav di Venezia ed è aperta dal lunedì al venerdì dalle 10.30 alle 17.30. L’ingresso è libero. Un’occasione imperdibile per approfondire la vita di uno dei protagonisti del design italiano.

In mostra a Chatsworth 500 anni di moda

È stata inaugurata lo scorso 25 marzo la mostra “House Style: 500 anni di moda a Chatsworth”: l’esclusiva esibizione, patrocinata da Gucci, comprende anche due abiti disegnati da Alessandro Michele. Protagoniste dell’evento sono le donne legate a Chatsworth House, storica dimora dei duchi di Devonshire, sita nel Derbyshire: in esposizione oltre 100 capi haute couture, tiare e copricapi iconici, gioielli, abiti da sposa e vesti da battesimo, accanto ad uniformi, livree e cimeli antichissimi.

Obiettivo della mostra curata da Hamish Bowles, international editor at large di Vogue America, è ripercorrere mezzo millennio della storia dell’aristocrazia inglese, svelando retroscena affascinanti sui personaggi che hanno abitato le stanze di Chatsworth: tante le donne famose che hanno vissuto qui, da Georgiana Spencer, consorte di William Cavendish, quinto Duca di Devonshire, icona di stile del XVIII secolo, fino ad Adele Astaire , celebre partner di Fred, passando per Kathleen Kennedy, sorella di John Fitzgerald Kennedy, e Stella Tennant, blasonata ed androgina top model anni Novanta, nipote di Andrew e Deborah Cavendish, undicesimi Duchi di Devonshire.

La mostra, sponsorizzata da Gucci, vede anche due creazioni realizzate ad hoc per l’evento da Alessandro Michele, direttore creativo della maison: «Non c’è un posto come Chatsworth da nessun’altra parte al mondo», ha commentato lo stilista. «Questa rassegna dimostra quanto gli oggetti storici siano un’incredibile fonte d’ispirazione per il presente». La mostra nasce da un’idea di Lady Laura Burlington, moglie di William Cavendish, Conte di Burlington, erede del dodicesimo Duca di Devonshire. Lady Laura, ex modella nonché membro attivo del comitato New generation della London Fashion Week, rovistando tra gli archivi di Chatsworth House ebbe l’illuminazione: quel materiale era perfetto per dare vita ad un’esposizione destinata ad entrare nella storia.

Deborah Devonshire & Stella Tennant, Chatsworth, 2006. Foto Mario Testino
Deborah Devonshire & Stella Tennant, Chatsworth, 2006. Foto Mario Testino


«Ci sono voluti sei anni per mettere a punto House style, che ora comprende molto più di quanto immaginassimo quando abbiamo iniziato a scavare negli archivi di Chatsworth», ha commentato Lady Burlington. «Spero che i visitatori apprezzino le dimensioni e aspirazioni della mostra e si divertano a esplorare le storie che questi vestiti e cimeli rivelano sulla famiglia Cavendish».

Mistress of the Robes Coronation Gown, worn by Duchess Evelyn at 1937 coronation and Duchess Mary at 1953 coronation, Painted Hall, Chatsworth, 2016. Photo by Thomas Loof, © Chatsworth
Mistress of the Robes Coronation Gown, worn by Duchess Evelyn at 1937 coronation and Duchess Mary at 1953 coronation, Painted Hall, Chatsworth, 2016. Photo by Thomas Loof, © Chatsworth


In mostra anche alcune creazioni di Christian Dior, Alexander McQueen e Chanel. La mostra resterà aperta fino al 22 ottobre 2017. Per maggiori informazioni su biglietti e prenotazioni: www.chatsworth.org/book-tickets/

Le foto di Gosha Rubchinskiy in mostra a Seoul

Artista poliedrico e visionario, Gosha Rubchinskiy è tra i protagonisti di Youth, retrospettiva multidisciplinare dedicata alla Street culture allestita presso il D Museum di Seoul, Corea. Il designer viene celebrato nella sua veste inedita di fotografo e filmmaker: la sua passione per la fotografia era già evidente nei progetti che da sempre accompagnano le sue collezioni. Ora lo stilista russo è in mostra fino al 28 maggio insieme ad altri artisti, tra cui Larry Clark e Ryan McGinley. Divenuto famoso per aver rivoluzionato gli standard della moda con il suo stile streetwear dalle suggestioni post-sovietiche, Gosha Rubchinskiy già all’età di quindici anni sognava di entrare nel mondo della moda. Dopo il college, dove ha studiato anche hair styling, make-up e styling, Gosha si trasferisce a Mosca, dove inizia a lavorare nel fashion system. Nel 2008 la fondazione del suo brand eponimo, caratterizzato principalmente da t-shirt e felpe. L’anno seguente viene presentata la sua prima collezione, “Evil Empire”, ispirata al mondo degli skaters. Il suo stile diviene in breve iconico: tanti i riferimenti a movimenti culturali e artistici alla base delle sue collezioni. Dopo aver lavorato con due brand di streetwear come Vans e Reebok, lo stilista ha anche sfilato come modello per Vetements. La ricerca estetica di Gosha Rubchinskiy continua ad attrarre le attenzioni della comunità internazionale della moda: la sua estetica dura e struggente pone in primo piano le culture giovanili della Russia post sovietica, unendole a note sportswear e suggestioni artistiche provenienti dalla fotografia e dal cinema. Non solo moda quindi ma anche una profonda riflessione sociale, alla base della sua estetica.

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Renato Casaro in mostra a Cremona

È stata inaugurata lo scorso 3 dicembre nelle sale espositive di Santa Maria della Pietà a Cremona la personale dedicata all’arte di Renato Casaro. La mostra, allestita nell’ambito di ‘CIAK – Mostra internazionale di illustratori contemporanei’, celebra il maestro dell’illustrazione cinematografica con oltre mille locandine realizzate nel corso degli anni.

‘Per un pugno di colori’ -questo il titolo della mostra- ripercorre la lunga carriera dell’artista, nato a Treviso nel 1935, considerato uno dei più grandi realizzatori di illustrazioni per manifesti cinematografici. L’artista ha firmato le locandine dei film più famosi, dalle commedie di Luciano Salce e dai film di Bud Spencer e Terence Hill, fino ai capolavori firmati Bertolucci e Monicelli: un successo anche all’estero per Casaro, che ha disegnato anche per i film con Arnold Schwarzenegger e Sylvester Stallone e per pellicole entrate nella storia, per la regia di Claude Lelouch, Francis Ford Coppola, Luc Besson e Franco Zeffirelli.

Esposti a Cremona oltre 100 tra manifesti di film, disegni e locandine. Una sezione apposita è dedicata a Ugo Tognazzi, illustre cittadino di Cremona, con i manifesti che Casaro ha realizzato per alcuni film da lui interpretati, come ‘Amici miei’, ‘Il vizietto’ e ‘L’anatra all’arancia’. Molte opere risalgono agli anni Cinquanta, quando Casaro, ancora giovanissimo, si ispirava già ai grandi cartellonisti del passato, come Averardo Ciriello. L’esposizione sarà aperta al pubblico fino al 29 Gennaio 2017.

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Henri Cartier-Bresson in mostra a Monza

Foto dal fascino unico, capaci di emozionare immortalando un semplice momento: in mostra alla Villa Reale di Monza Henri Cartier-Bresson. La retrospettiva, inaugurata lo scorso 19 ottobre, resterà aperta fino al 26 febbraio 2017: un percorso esclusivo a cura di Denis Curti, che si snoda attraverso 140 fotografie, che ripercorrono la vita e la carriera dell’artista, considerato il padre del foto-giornalismo.

Nessuno è riuscito a cogliere l’attimo in fotografia come lui: gli scatti di Henri Cartier-Brisson sono basati sulla spontaneità e sulla poesia. “Per me, la macchina fotografica è come un block notes, uno strumento a supporto dell’intuito e della spontaneità, il padrone del momento che, in termini visivi, domanda e decide nello stesso tempo. Per “dare un senso” al mondo, bisogna sentirsi coinvolti in ciò che si inquadra nel mirino. Tale atteggiamento richiede concentrazione, disciplina mentale, sensibilità e un senso della geometria. Solo tramite un utilizzo minimale dei mezzi si può arrivare alla semplicità di espressione”.

Un approccio del tutto nuovo alla fotografia, che rompe con il passato: per lui in ogni scatto si compie il passaggio dall’immaginario al reale, attraverso la capacità di cogliere la contemporaneità delle cose. “Fotografare è trattenere il respiro quando tutte le nostre facoltà di percezione convergono davanti alla realtà che fugge. In quell’istante, la cattura dell’immagine si rivela un grande piacere fisico e intellettuale”.

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L’immagine guida che è stata scelta per la rassegna monografica risale a quando l’artista ha appena 24 anni: ancora incerto sul suo futuro professionale, il giovane Henri ha comprato la sua prima Leica da appena due anni ma non sa ancora se indirizzare la sua professione verso il cinema o verso la pittura. “Sono solo un tipo nervoso, e amo la pittura.” …”Per quanto riguarda la fotografia, non ci capisco nulla” affermava.

L’alta oreficeria di Bino Bini in mostra ad Arezzo

E’ stata inaugurata pochi giorni alla Galleria Ivan Bruschi di Arezzo la mostra “I gioielli di Bino Bini- Arezzo e la UNOAERRE nel Centenario della nascita”. L’esposizione, curata da Giuliano Cetrodi, resterà aperta fino al 7 maggio 2017: sono esposti i manufatti di alta oreficeria dell’orafo-scultore toscano.

Una personalità eclettica, quella di Bino Bini, che è stato orafo, scultore, medaglista ed incisore. Nato a Firenze l’11 settembre 1916, formatosi all’Istituto Statale d’Arte di Porta Romana, dove in seguito ha anche insegnato, Bino Bini ha partecipato alle più prestigiose rassegne d’arte orafa e della medaglia, collezionando svariati riconoscimenti, tra i quali spicca il premio della UnoAerre, che l’artista si aggiudicò nel 1966 nell’ambito del Terzo Concorso Internazionale per la Medaglia d’Arte, grazie alla sua famosa medaglia del Cane dormiente, e nel 1965 nell’ambito del Concorso per la Gioielleria, grazie al bracciale Le Stelle ferite.

Dal 1955 al 1977 insegnò alla Scuola Orafa “Margaritone” di Arezzo. Nel 1967 lo scultore realizzò le sue opere più celebri, tra cui i gioielli archeologici: ricchi di fascino e suggestione, dai bracciali Azteco e Egizio alle le spille raffiguranti la Maschera di Tutankhamon, Feticcio Azteco e Re colombiano dell’abbondanza fino alle spille Ventaglio e Cappello fiorentino. Al 1968 risalgono invece le spille Guerriero e la serie Style animalier con cavallucci marini, formiche, vespe e chiocciole.

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Insieme alla mostra vi sarà anche la proiezione del video “Le età dell’Oro. Riflessi di Piero della Francesca”.La mostra, patrocinata dalla Fondazione Ivan Bruschi e da UnoAerre Industries, è aperta dal martedì alla domenica, con orario 10-13 e 14-18.

In mostra a Londra il guardaroba di Lady Diana

Che Lady Diana Spencer fosse un’icona di stile non è certo una novità: tantissimi i look sfoggiati nel corso degli anni dalla “principessa triste”, consacrata ad icona di stile. A 20 anni dalla sua scomparsa, una mostra celebra lo stile di Lady D.

“Diana: Her Fashion Story” aprirà i battenti a Kensington Palace il prossimo 24 febbraio: l’attesissima mostra, fortemente voluta dai figli William e Harry, segna solo l’inizio di una serie di iniziative che intendono celebrare la figura di Diana Spencer nel ventesimo anniversario dalla sua prematura e tragica scomparsa, avvenuta il 31 agosto 1997 a seguito di un incidente automobilistico in un tunnel parigino.

Timida e fragile, la principessa Diana è stata una delle figure più scomode della casa reale inglese: dal suo matrimonio con Carlo agli amori clandestini, al centro della mostra vi è l’evoluzione del suo stile. Da brutto anatroccolo a cigno fotografato su tutti i tabloid, Lady Diana ha sfoggiato nel corso degli anni tantissimi look entrati nella storia. Un’evoluzione stilistica che, dagli anni Ottanta ai Novanta, viene esplorata attraverso 26 indimenticabili abiti esposti a Londra, cinque dei quali sono di proprietà dell’Historic Palace Houses, mentre gli altri 21 appartengono a collezionisti privati e musei di tutto il mondo. Una panoramica sullo stile di una delle principali icone del Novecento: dall’abito a pois firmato Regamus, indossato da un’acerba Diana appena 19enne al celebre abito da sera in veluto blu, firmato Victor Eldestein, che la principessa indossava durante un memorabile ballo alla Casa Bianca con l’attore John Travolta. Correva l’anno 1985 e la naturalezza di Diana, la sua spontaneità e la sue proverbiale eleganza contribuirono a consacrarla come icona fashion. Tra i suoi designer più amati Catherine Walker e Christian Dior.

Lady Diana alla Casa Bianca nel 1985
Lady Diana alla Casa Bianca nel 1985


Eleri Lynn, curatrice della mostra, ricorda così la principessa: «Diana era consapevole dell’effetto che le sue scelte sartoriali potevano avere a livello diplomatico e del modo in cui la sua immagine poteva essere interpretata, oltre all’importanza che potevano rappresentare per il futuro degli stilisti da lei scelti e dell’industria della moda britannica. Per questo poneva estrema cura nella preparazione di ogni capo».