Sfilano a Chenonceau le dame di Chanel

Una castellana coquette proiettata nella metropoli. Si presenta così in passerella nel castello di Chenonceau l’ultima trovata di Chanel per la collezione Métiers d’Art che, nata nel 2002 come il WWF delle maestranze artigianali più prestigiose di Francia, traslocherà il prossimo anno al 19M, un sito produttivo nuovo di zecca situato fra il diciannovesimo arrondissement e il comune di Aubervilliers, occupando oggi 6.600 persone di ogni età. Un vero e proprio polo del lusso Made in France di cui la maison va assolutamente fiera.

In prima fila, ad applaudire a Chenonceau le creazioni di Virginie Viard per la maison, c’è l’icona lesbo chic Kristen Stewart che esulta raggiante ammirando la nuova accezione del decorativismo secondo il brand della doppia C. Nessuna indulgenza a boutade teatrali, nessuna impennata stilistica: al massimo una certa verve di matrice rock per infondere nuova linfa nel guardaroba aristo bourgeois della leggendaria maison. Infatti già dall’incipit della sfilata è chiaro il messaggio della collezione: un bling filtrato dalla necessità di un azzeramento di tutto ciò che è orpello pleonastico, senza però rinunciare a quella giusta dose di glamour molto Eighties tanto apprezzato dalle clienti del brand.

Il ricamo, memore a tratti di certe soluzioni ideate da Kaiser Karl, come nel corpino gioiello rosso e nero dell’abito di organza satinata completato da un impalpabile domino, si alleggerisce e si localizza sui revers di una giacca, sulle maniche di un cappotto, sulla scollatura di un abito, su una cintura per riprodurre la facciata del castello di Chenonceau, fino a convertirsi in un plastron scintillante come un pavé di diamanti per illuminare abiti da falena.

L’obbiettivo è ringiovanire uno stile che non ha tempo complice uno styling asciutto ma grintoso. L’allure minima fancy di questa collezione, interpretata dall’obbiettivo del grande Juergen Teller, è spesso grafica ma anche bohémienne. La mini damier, che riproduce i pavimenti del castello, si porta con il blazer tricottato percorso da trame dorate, i classici motivi maschili come il pied de poule soffrono di gigantismo, il broccato è completamente ricamato a mano dal maitre brodeur Lesage, la gonnellona un po’ gipsy a vita alta dai fianchi ad anfora, si abbellisce con una lavorazione sfrangiata che valorizza il pattern optical in positivo e negativo. Mentre il denim assume accenti romantici con i print floreali che richiamano le fantasie di Ossie Clark e Celia Birtwell. Il nuovo ‘femminilismo’ di casa Chanel prevede un guardaroba stratificato e lunghe gonne ‘près du corp’ che, grazie a un treno di bottoncini, si aprono su gambe sottili e scattanti, appena velate dai nuovi pantacollant in toni indefinibili. Nuovo il body costruito come una giacca di tweed bouclé decorato da bottoni dorati, e nuova anche la profusione di frange di pelle per i capi sleeveless che sono un leit motiv della collezione. Tutto ha un brio abbastanza leggero e scanzonato e denota un timbro dinamico. Perfino il twin set, eco dell’eleganza ladylike del guardaroba leisure della regina Elisabetta in trasferta con i suoi cani a Balmoral, diventa imprevedibile tingendosi di color zucca con intarsi e lavorazioni squisitamente inedite da combinare con gonne longuette di tulle point d’ésprit.

Le suggestioni auliche presenti in certi pregnanti dettagli, dalla fraise adagiata sulle spalle alle perle mischiate a borchiette che formano losanghe sulle giacche di pelle opaca, evocano un mondo di magnetiche cortigiane e di regine perfide ed enigmatiche: in passerella si alternano i cloni moderni di Diane de Poitiers e Caterina De’ Medici, rispettivamente maitresse en titre e moglie di re Enrico II di Valois. Come conferma una nota della maison, Coco Chanel era attratta dall’allure di queste dame misteriose che guidarono le sorti della corte di Francia da Francesco I, innamorato della duchessa d’Etampes, fino a Luigi XIII. E poi c’è un cammeo dedicato a Jeanne Moreau, protagonista di ‘La sposa in nero’ di François Truffaut che lascia le sue tracce nei cappelli dalle ampie falde un po’ mormonici e nelle redingote di velluto. Nero totale per fare l’alba con la sottana di raso dall’orlo asimmetrico dalla vita strizzata da una fascia gioiello.

Certe mises, come la princesse intessuta di una rete di nastri di velluto, ricordano anche i costumi di scena cinquecenteschi di Julie Delpi in ‘La comtesse’, torbida storia gotica di una perfida dama francese che alla fine del XVI secolo si nutriva di sangue di vergini. I neri sono sempre luminosi e profondi: l’abito di pizzo non ha nulla di fané ma anzi si porta con accessori sfiziosi e desiderabili, veri e propri ninnoni di lusso in edizione ‘bonsai’.

Dalla it bag 2.55 miniaturizzata, in versione damier o impreziosita da ricami geometrici, alla borsetta cubica istoriata corredata da una catenella dorata fino alla tote neorinascimentale in velluto rosso rubino o imbrigliata in un reticolo d’oro con maniglie circolari. Le scarpe sono zeppe rutilanti e décollétés o perfino ballerine ultraflat stile Mary Jane glitterate con la iconica punta nera arrotondata, ideata da Massaro. Le cinture sono sautoir di perle, mentre il cappello cult è un hennin, un eccentrico copricapo a cono avvolto in un velo scuro e mutuato dal look delle dame di corte del duca di Borgogna Carlo il Temerario. Con questa collezione di demi couture Viard dimostra di sapersi esprimere al meglio manifestando una maturità creativa che sarebbe bello ammirare anche nella couture. Ma i tempi oggi sono più propizi di sicuro a una formula ibrida che contemperi la linearità easy e portabile del ready to wear e la discreta opulenza del savoir faire tipico dell’alta moda. E in questo la Viard non offre di sicuro fianco a critiche.

Viva la vida!

Milano, Fabbrica del Vapore. Un percorso attorno alla vita di Frida Kahlo, uno dei personaggi femminili più emblematici del ‘900, regina dell’arte messicana, raccontata dai curatori Arèvalo, Matiz, Ancheita e Rosso, nei suoi demoni, le sue ossessioni, i suoi flussi mentali che, nero su bianco, attraverso le lettere e il suo diario o attraverso i colori dei suoi quadri, sono arrivati fino a noi, in cui descrive il rapporto tormentato col marito Diego Rivera e l’agonia che, nell’ irrefrenabile attaccamento alla vita e alla mexicanidad, muta in colori vivaci, arabeschi, motivi floreali e animali della giungla, elementi ripresi dall’artigianato indigeno.
Casa Azul, la sua magione a Coyoacán, riprodotta fedelmente con il grande letto a baldacchino, con lo specchio utilizzato per potersi ritrarre anche quando era costretta a letto dalla malattia e dove morì il 13 luglio del 1954. Con quadri e fotografie, libri, mobili e le stampelle personali. Il suo studio con lo scrittoio e la scrivania con tutte le boccette usate, piene dei colori e di pennelli, il diario di Frida, la sedia rossa impagliata, la sedia a rotelle e il grande cavalletto.

La sua arte a cui fa da sfondo la rivoluzione messicana, un periodo storico che la fa entrare in contatto con figure intellettuali dell’epoca legati al partito comunista come il rivoluzionario russo Lev Trotsky e il poeta André Breton.

I suoi quadri, per dirlo con le parole di Diego “Comunicavano una vitale sensualità a cui si aggiungeva uno spirito d’osservazione spietato, ma sensibileEra chiaro che quella ragazza era una vera artista”. Dentro quelle immagini i temi a lei più cari, tra cui la musica, la morte, l’iconografia cristiana e il martirio.

Una sezione che ci attrae profondamente alla sua magnetica personalità, ben rappresentata nei ritratti realizzati dal celebre fotografo colombiano Leonet Matiz Espinoza, che con la sua inseparabile Rolleiflex, ha creato immagini iconiche di Frida, con una prospettiva esclusiva e ravvicinata, non a molti concessa, atta a cogliere con spontaneità le sfumature espressive dell’amica.

Una vita a cui è rimasta così attaccata da pensare che in realtà non abbia mai lasciato questa terra, ogni qualvolta si entra a contatto con la sua opera.

Foto e produzione di Miriam De Nicolo’ @miriam_denicolo
Fashion Editor e produzione Rosamaria Coniglio @rosamaria_coniglio Artwork Maria Angela Lombardi @_mariaalombardi_
Hairstyling Angelo Rosauliana @angelorosauliana
MakeUp Valeria Iovino @valeriaiovino_pro using Armani Beauty
Model Giorgia Cappellotto @calamarata Agency Pop Models @pop_models_milano

Si ringraziano Navigare Srl e la Fabbrica del Vapore
Citazioni tratte dal libro di Pino Cacucci “Viva la Vida!” edito da Feltrinelli

Frida era “Una bomba avvolta in nastri di seta”. Così la definì Andrè Breton. Ribelle in ogni gesto e sovversiva in ogni pensiero, convulsamente bella di una bellezza a molti incomprensibile. Frida, dalla voce profonda e la risata dirompente, Frida dagli occhi perforanti, eternamente vivi, che non si sono mai chiusi, che sono rimasti fissi su di noi che la guardiamo negli autoritratti.

Camicia in pizzo TPN, Gilet Reamerei
Anelli Radà

Diego Rivera aveva 36 anni e Frida Kahlo solo 15 quando si incontrarono per la prima volta, mentre lui lavorava nell’anfiteatro Bolivar. Di quel primo incontro con Frida, Diego ricorda: «…aveva una dignità e una sicurezza di sé del tutto inusuali e negli occhi le brillava uno strano fuoco».
In una delle lettere a Diego (1935) in cui Frida parla della loro relazione, si può leggere: «Perché dovrei essere così sciocca e permalosa da non capire che tutte queste lettere, avventure con donne, insegnanti di “inglese”, modelle gitane, assistenti di “buona volontà”, le allieve interessate “all’arte della pittura” e le inviate plenipotenziarie da luoghi lontani, sono soltanto avventure? In fondo tu ed io ci amiamo profondamente e per questo siamo in grado di sopportare innumerevoli avventure, porte sbattute, imprecazioni, insulti, reclami internazionali – eppure ci ameremo sempre»Diego confessò che il suo amore per Frida era stata la cosa migliore che gli fosse mai capitata.

Collana scultura etnica fatta a mano in conchiglie e semi Ladiosa Atelier Milano @Ladiosa_atelier

La spina dorsale spezzata in tre, due costole, la spalla e la gamba sinistra frantumate, una devastazione eccessiva e indecente. Eppure, con l’ostinazione di cui soltanto lei era capace, Frida afferrò la vita e se la tenne dentro, ritrovando di lì a poco persino la forza per ridere in faccia alla Pelona, con quelle sue carcajadas, gli scrosci di risate che le dirompevano dal petto e la illuminavano come un fuoco d’artificio messicano.

Abito in tulle con ricami in velluto di Tiziano Guardini, maxi sciarpe in lana Made in Italy di Fiorio

La sensualità di Frida è leggendaria in mille testimonianze di uomini e donne, una sensualità impulsiva e mai studiata. Fatta di puro istinto e immune da pose e finzioni calcolate, ma ad affascinare chi la frequentava era anche la sua ironia solare. Ironia che poteva essere caustica, a volte spietata come la natura messicana.

Frida non voleva vivere, bensì viveva a dispetto della sorte, con la quotidiana coscienza di consumarsi in fretta, come una fiammata che arde più splendente della brace lenta.

Chemisier vichy Tiziano Guardini, collana e bracciale in carta, fatti a mano, in pezzi unici, di Ana Hagopian presso Ladiosa Atelier Milano @Ladiosa_atelier
anelli di Radà

Eppure era tutto così intenso, così convolgente! Ci portavamo dentro un mondo nuovo, un nuovo concetto di società, un modo diverso di concepire le politica! L’arte era politica! I muralisti lottavano contro il concetto di opera da relegare nelle collezioni private o nei musei. Affrescavano muri dei palazzi pubblici perché tutti potessero fruirne. Io, io non lo so. Io dipingo me stessa, il mio dolore. Il mio lottare e sconfiggere la Pelona ogni giorno, ogni ora, ogni istante.

Sì Sposaitalia Collezioni: unveiling della nuova campagna.

Sì Sposaitalia Collezioni: unveiling della nuova campagna.

Inizia dall’immagine il nuovo corso di Sì Sposaitalia Collezioni che intende potenziare il suo ruolo di interlocutore unico e privilegiato in questa importante fase di transizione – accelerata dalla recente emergenza globale che sta cambiando le dinamiche della società e dei mercati internazionali, incluso il momento del matrimonio.

Il concept della nuova visione richiama le celebri opere dell’arte classica, frutto di grande creatività, altissima qualità della materia prima, esclusività delle forme. E sinonimo di una bellezza atemporale e trasversale, che appartiene oggi a tutte le culture e rappresenta un simbolo universale di eccellenza.

La campagna si sviluppa su tre soggetti, che verranno presentati nell’arco delle tre prossime edizioni. La prima, svelata già nel corso del 2020, mette al centro una statua di Dioniso in marmo bianco, dove il legame tra manifattura del passato e presente è rappresentato dal drappeggio dell’abito da sposa in primo piano. Una tecnica che è anche nelle vesti del celebre dio inventore della vite e simbolo della joie de vivre, tanto evocata nel giorno del Sì.

I valori di Sì Sposaitalia Collezioni sono infatti comuni a quelli di tutte le maison partner che ne hanno permesso negli anni il successo, eleggendo la kermesse a cuore gravitazionale della moda bridal di eccellenza, made-in-Italy e internazionale.

Un cortocircuito tra ieri e oggi sintetizzato nella campagna visiva di Sì Sposaitalia Collezioni: fil rouge la bellezza che nasce dal passato e si rinnova, confermandosi sempre contemporanea. Così come deve essere una buona strategia, fondata su solide basi ma flessibile e capace di guardare, con intuito e determinazione, al futuro.

La manifestazione si terrà a Fieramilanocity dal 9 al 12 aprile 2021. Per maggiori info: www.sposaitaliacollezioni.it

1 DICEMBRE 2020 – GIORNATA MONDIALE CONTRO L’AIDS -ASA – Associazione Solidarietà AIDS & Milano CheckPoint presentano la campagna foto e video

1 DICEMBRE 2020 – GIORNATA MONDIALE CONTRO L’AIDS


ASA – Associazione Solidarietà AIDS & Milano CheckPoint presentano la campagna foto e video U=U

Roma sostiene Milano: la capitale mobilita numerosi personaggi del cinema, della musica e dello spettacolo a supporto del progetto di sensibilizzazione sull’HIV.

In occasione del primo Dicembre, Giornata Mondiale contro l’AIDS, Asa MilanoMilano Check Point, con al collaborazione di CIG – Arcigay Milano, realizzano una speciale campagna foto e video per sensibilizzare sul tema HIV, in questo momento così particolare in cui l’emergenza sanitaria per il covid-19 ha puntato tutta l’attenzione mediatica sulla pandemia in corso. Nonostante ciò, l’HIV continua ancora a diffondersi, silenziosamente. E purtroppo di questo tema si parla sempre meno. Per questo l’obiettivo della campagna (foto e video) – ideata da Federico Poletti e Daniele Calzavara è di spiegare a più persone possibili cos’è l’HIV, qual è lo stato attuale dei fatti per comunicare il messaggio che se l’HIV non è rilevabile, non si può trasmettere: un messaggio che si sintetizza nella campagna U=U Undetectable = Untrasmittable. Un vero manifesto che vuole abbattere i pregiudizi nei confronti delle persone che vivono con l’HIV. Per questo ASA e Milano Checkpoint hanno scelto lo slogan #STOPHIVSTIGMA COMBATTI IL PREGIUDIZIO CON L’INFORMAZIONE, che ricorre nella campagna fotografica diffusa tramite i social di tutte le persone coinvolte. Alla campagna sui social hanno aderito tanti volti noti, da Sandra Milo a Ferzan Ozpetek fino a M¥SS KETA, oltre a tanti giovani attori e attrici e persone che hanno deciso di diffondere il senso di questa equazione, scientificamente provata da anni: U=U Undetactable = Untrasmittable (una persona che vive con HIV in terapia e con carica virale non rilevabile non può trasmettere il virus HIV). 

Il video – diretto da Manuel Scrima e Giovanni Conte – ha visto la partecipazione di oltre 30 personaggi del mondo del cinema, della musica e dello spettacolo. Un bellissimo e importante segnale è arrivato da Roma, città simbolo del cinema, che, grazie al coinvolgimento di Sonia Rondini e Fabrizio Imas, si è mobilitata con numerosi personaggi del mondo dello spettacolo italiano.Il video, che sarà visibile il primo dicembre, è stato girato tra Milano e Roma, grazie al supporto dell’Hotel Valadier e di Mediterraneo Ristorante e Giardino del MAXXI, che insieme ad Angelo Cruciani hanno generosamente coinvolto le loro strutture per questa iniziativa.

Così commenta Massimo Cernuschi, Presidente di ASA e Milano Check Point:Quest’anno, visto che la pandemia ci impedisce di organizzare eventi, abbiamo realizzato una campagna video e foto, che coinvolge volti noti e persone comuni, da far circolare sui social per ricordare che l’HIV continua a diffondersi ed è sempre accompagnato dai pregiudizi. I nostri messaggi puntano ad abbattere lo stigma, infatti sottolineiamo che U equals U, vale a dire che se la viremia non è rilevabile, non è trasmissibile. Questa è una rivoluzione perché significa che una persona con HIV che segue la terapia e ha carica virale non rilevabile non trasmette il virus. Purtroppo questa importante notizia viene ignorata dalla maggior parte dei media e delle persone”.

E ribadisce Sandra Milo dal suo account Instagram, aderendo alla campagna promossa da ASA: In un momento storico in cui tutte le risorse e le energie sono investite nella lotta al Covid-19, l’HIV continua inesorabile a fare il suo corso. In Italia attualmente sono circa 130mila le persone positive all’HIV e nel mondo ben 39 milioni. Ogni anno nel nostro Paese vengono diagnosticati 3000 nuovi casi. Occorre fare un po’ di chiarezza, per chi avesse ancora dei dubbi in merito. Una persona positiva all’HIV, seguendo le appropriate terapie, non solo può non sviluppare la malattia ma può vivere a lungo. Una persona HIV positiva non costituisce un pericolo per gli altri ma può avere una normale vita di relazioni sociali. Tutte le persone positive all’HIV hanno diritto ad averla e tutti quanti noi abbiamo il dovere di non restare indifferenti e di mostrare comprensione umana. È l’amore che ci rende migliori, che ci aiuta a vivere una vita degna di essere vissuta, che ci fa sentire vicini agli altri, che ci mostra che nella nostra mente non dobbiamo costruire concetti precostituiti e infondati, che ci insegna che non si devono mettere distanze gli uni con gli altri, innalzando barriere invisibili agli occhi ma percepibili dal cuore. Ricordiamolo sempre, per noi stessi e per gli altri, e non solo il 1°dicembre nella giornata mondiale contro l’AIDS!” 

“Un video su questo argomento è necessario – commenta il regista Manuel Scrima – perché in tanti sono ancora vittime di pregiudizi o semplicemente poco informati. Abbiamo voluto che i personaggi guardassero negli occhi il loro pubblico e in maniera sincera gli spiegassero che l’HIV, benché continui a diffondersi, non deve farci paura, perché tramite le terapie corrette un HIV positivo non è contagioso per nessuno. Tre segni fatti con le mani ad indicare ‘U = U’ (Undetectable equals Untrasmittable) sintetizzano questo concetto rendendolo uno slogan trasversale di cui speriamo i più giovani possano farsi portavoce”.

Infine BURRO STUDIO – agenzia di comunicazione focalizzato principalmente su branding e graphic design fondato da Federica Caserio e Giovanni Manzini – ha sviluppato una grafica dedicata al tema U=U Undetectable = Untrasmittable, che sarà utilizzata per una campagna web e declinata su una t-shirt limited edition disponibile da metà dicembre.