Langosteria St. Moritz: al via dal 5 dicembre la nuova stagione

Langosteria St. Moritz riapre la suggestiva location nella prestigiosa località dell’Engadina a Chesa Chantarella il 5 dicembre.

Aperto nel 2023, accoglie gli ospiti in una suggestiva baita con un’ampia terrazza, affacciata su un panorama montano mozzafiato, e un accesso diretto alle piste del comprensorio sciistico del Corviglia.

In un’atmosfera calda e raffinata, in perfetto equilibrio tra tradizione e modernità, il legno domina la scena conferendo allo spazio un’estetica avvolgente e armoniosa, mentre le pareti sono impreziosite da oblò decorati con gli ormai iconici mosaici di Langosteria. Dalla sala principale, con la sua straordinaria vista sulle Alpi, agli spazi dedicati al private dining e alla terrazza Langosteria St. Moritz è il luogo ideale per vivere la magia dell’inverno.

Nel menu, signature dishes come lo Chateaubriand di cernia nera e i Paccheri con branzino si affiancano a proposte studiate ad hoc come la Polenta con frutti di mare. L’offerta culinaria è arricchita da una selezione di vini pregiati ed etichette ricercate curata da Valentina Bertini, Corporate Wine Manager del Gruppo. Novità assoluta della stagione il Moncler Grenoble Bar situato sulla terrazza di Langosteria, una location d’eccezione che si affaccia sulle piste da sci evocando il DNA montano del brand. Qui è possibile concedersi una pausa grazie ad una curata selezione di drink, incluso un cocktail caldo, e un menu di piatti e snack che reinterpretano i sapori della tradizione con un tocco contemporaneo: Pizza al tartufo, Patatine fritte al gruyère, Baguette con pastrami e salsa tartara e Melanzane “in carrozza”.

Donnafugata e Dolce&Gabbana presentano Bollicina Gold

Nel 2025 Donnafugata e Dolce&Gabbana presentano Bollicina Gold, lo spumante rosé metodo classico nato per celebrare momenti importanti con stile, personalità e autenticità. È l’ultima creazione di una collezione di vini che, in pochi anni, è diventata ambasciatrice di un’idea di Sicilia contemporanea, creativa e raffinata, portando l’eccellenza artigianale del Made in Italy in oltre 60 mercati internazionali.

Bollicina Gold rappresenta molto più di una nuova etichetta: è il punto di arrivo di un progetto che ha saputo unire due visioni, quelle di Donnafugata e Dolce&Gabbana, in un percorso coerente e sorprendente. Uno spumante nato da uve Nerello Mascalese coltivate alle pendici del vulcano Etna, selezionate nella vendemmia 2019. Una lunga attesa – oltre cinque anni di affinamento – che ha dato vita a un brut rosé di rara eleganza, caratterizzato da un colore rosa antico con riflessi dorati, da un bouquet complesso con note di crosta di pane, agrumi e ribes, e da una mineralità decisa e persistente, che racconta la peculiarità del territorio vulcanico.

“La collaborazione con Dolce&Gabbana nasce proprio nel 2019 – afferma Antonio Rallo, winemaker dell’Azienda di famiglia – quando ci è stato proposta la partnership e la produzione di uno spumante rosé. Così abbiamo fatto la prima vendemmia, pensando già a quello che oggi è Bollicina Gold. Sapevamo che ci sarebbe voluto tempo perché un metodo classico di pregio richiede anni di affinamento. Nel frattempo, abbiamo dato vita a tutta la collezione: prima con il rosato Rosa, poi con le edizioni limitate di Tancredi, quindi con Isolano e Cuordilava. Bollicina Gold chiude idealmente questo percorso, portando nel calice tutta la mineralità dei terreni vulcanici, la finezza del Nerello Mascalese e l’eleganza che solo una lunga evoluzione sui lieviti può regalare.”

Con Donnafugata e Dolce&Gabbana, il vino incontra lo stile: presentato in una veste esclusiva caratterizzata da un’etichetta applicata a mano ispirata alla preziosa finitura liquid gold della Collezione Dolce&Gabbana Casa Oro24K, Bollicina Gold incarna l’iconico stile di Dolce&Gabbana ed è un tributo all’eccellenza dell’artigianato italiano che si riflette in ogni aspetto di questo pregiato spumante.

“La presentazione di Bollicina Gold – dichiara José Rallo di Donnafugata – è anche l’occasione per ripercorrere le tappe di una collaborazione che ha unito due realtà con radici siciliane e una visione internazionale. Dalla moda al vino, dalla creatività alla ricerca enologica, il progetto Donnafugata e Dolce&Gabbana è nato da profondi valori condivisi. La nostra collaborazione con Dolce&Gabbana si fonda su una forte affinità valoriale: l’amore per la Sicilia, la creatività e la maestria artigianale.”

“La partnership con Dolce&Gabbana ha aperto le porte dei nostri vini a un pubblico nuovo, soprattutto all’estero – dichiara Gabriella Favara, 6a generazione della famiglia di Donnafugata –. Abbiamo raggiunto persone affascinate dallo stile di vita italiano, curiose e attente alla qualità, ma anche giovani winelover. Il lavoro creativo di Dolce&Gabbana sulle etichette e sul packaging ha reso ogni vino un’esperienza memorabile, estetica oltre che sensoriale.”

Oltre il vino, uno stile, un’identità, un messaggio. Con Bollicina Gold, Donnafugata e Dolce&Gabbana chiudono il cerchio di un progetto avviato nel 2019 e arrivato, oggi, a essere riconosciuto a livello internazionale. Un modo nuovo di parlare di vino, che ha saputo affascinare mercati, consumatori e collezionisti, e che continua a ispirare nuove direzioni per il Made in Italy nel mondo.

SNOB ROOM: “L’arte del racconto” – L’ultima lezione del Made in Italy

SNOB ROOM: “L’arte del racconto” – L’ultima lezione del Made in Italy

Il terzo e ultimo panel chiude Mercanteinfiera con una domanda scomoda: il Made in Italy è ancora capace di raccontare la propria anima, o ha venduto solo l’etichetta?

A cura del Fondatore e Direttore Responsabile di SNOB magazine, Miriam De Nicolò


Dopo “Cultura che cambia” e “Valore Sociale e Mercati Globali“, la SNOB ROOM ha chiuso il suo trittico culturale a Mercanteinfiera con il panel più creativo, più necessario, più autentico: “L’arte del racconto”.

Un panel che non ha avuto paura di toccare il nervo scoperto del Made in Italy: la perdita di senso. Non più solo questione di origine produttiva o di certificazioni, ma di narrazione culturale, di identità trasmessa, di valori incarnati e non solo dichiarati.

Il panel, curato e moderato da Miriam De Nicolò, Fondatore e Direttore Responsabile di SNOB magazine, ha riunito voci straordinarie per rispondere domande che attraversano tutto il progetto SNOB ROOM e il significato più profondo di rivalorizzazione del Made in Italy:
“Quanto è necessario trasmettere il sapere, che per dna ci appartiene?
Come salvare il nostro paese dall’omologazione?”

Ilaria Dazzi, Brand Manager di Mercanteinfiera, ha aperto il dibattito ricordando l’origine di tutto: “Questo progetto è nato da una call tra me e Miriam. Abbiamo creduto che il contenitore fieristico potesse diventare luogo di messaggi culturali, non solo commerciali. Oggi, con questo ultimo panel, chiudiamo un cerchio che è solo l’inizio di qualcosa di più grande.”




PIA LANCIOTTI: “Il teatro è alfabetizzazione emotiva – senza di esso, la cultura è solo informazione

Pia Lanciotti, attrice di fama internazionale di cinema e teatro, della formazione Giorgio Strehler, è stata chiamata a rispondere alla domanda più radicale: Iil teatro può diventare ambasciatore della cultura italiana? E come?

La sua risposta è stata un manifesto:

Il teatro è vita densa, amplificata. È cultura come tessuto di riferimenti che coltivano la nostra anima e coscienza. È alfabetizzazione emotiva, concretizzazione di idee, spazio e luogo e tempo in cui gli spettatori mutano. Il teatro è nato per purificare la comunità e fare politica – cioè governare l’esistenza profonda. I grandi poeti e drammaturghi hanno scritto pezzi teatrali e hanno cambiato il nostro pensiero.

Poi, ha raccontato un’esperienza che ha incarnato il senso profondo del teatro come esperienza irriproducibile:

Stavo lavorando al Faust. Mefistofele faceva vedere a Faust che siamo solo materia. Strehler aveva costruito uno spazio completamente buio – non vedevo nulla. Improvvisamente una luce comincia a vivere in alto, vedo sagome luminose, musica dodecafonica, il coro degli angeli… ma io non capivo dove fossero. Ho vissuto una specie di vertigine. Oggi è impossibile rivivere quella sensazione. Questo è il teatro.

La provocazione finale ha colpito nel segno: “Grandi registi come lo svizzero Milorad sono audaci, ma sono pochi. Il teatro vero, quello che trasforma, non è riproducibile. È atto unico, irripetibile.”


PIERO MUSCARI: “Le eccellenze italiane non sono quelle che si raccontano – sono quelle che nessuno vede”

Piero Muscari, fondatore di Eccellenze Italiane, ha risposto alla domanda di Miriam con una confessione spiazzante: Come si raccontano le persone dietro i brand?

Siamo abituati a vedere persone che si raccontano con un cellulare. Ma resta innaturale – mettono una maschera, provano a performare. Io ho scoperto che le persone hanno bisogno di uno specchio che abbia curiosità. La curiosità è lo strumento principale per raccontare storie. Attraverso le domande, tiri fuori le storie.

Poi, la rivelazione sul suo progetto:

“Ne ho raccontate più di 200. Ma non le classiche eccellenze italiane – il progetto è nato per rompere le eccellenze. Vengo dalla periferia calabrese, e la sfida è dimostrare che le periferie hanno eccellenze che non si raccontano. Intervisto sconosciuti. Nove su dieci mi dicevano: Ma a chi interessa la mia storia? Io in dieci anni mi sono sforzato di dire che non è vero.”

Muscari ha poi lanciato una domanda al pubblico: “Quante volte vi ha tradito un brand?” E ha continuato: “Io voglio sapere chi produce quel brand. I grandi della moda sono stati grandi narratori di se stessi – si sono raccontati. Versace, Armani… la Fiat di Agnelli è diversa da quella di Elkann, diversa da quella di Marchionne. Il brand è la persona.


MICHELANGELO TAGLIAFERRI: “Comunicare non si insegna – si trasmette come si trasmette l’amore

Michelangelo Tagliaferri, sociologo e fondatore di Accademia di Comunicazione, ha affrontato il tema della crisi creativa e comunicativa con una metafora potente:

Nei panel precedenti si è parlato di crisi creativa. Ma come si comunica l’arte del comunicare? È come insegnare ai propri figli a camminare e sperare che inizino a camminare. Ci si attacca al seno della madre in maniera diversa, senza comunicare. Comunicare è una competenza naturale.

Poi, la diagnosi:

Viviamo una crisi potentissima della capacità di comunicare. Siamo più capaci di informare, ma non siamo capaci di comunicare come intorno al fuoco si raccontavano storie per far capire a chi voler somigliare. Qualcuno insegni al proprio nipote, al proprio figlio, qual è la parte del racconto mitico della sua vita.”

Tagliaferri ha concluso con una riflessione amara sulla modernità:

Noi siamo stati capaci di partire per le Indie con Cristoforo Colombo. Siamo bravissimi. Ma il gioco economico fatto dal denaro ci impedisce di vedere che c’è dell’altro – come se il bambino fosse più felice con 10 euro, quando in fondo voleva solo una carezza, voleva che raccontassi la storia. Non i fallimenti.


ALESSANDRO NARDONE: “Comunicare significa essere – e oggi vince chi riscopre il tratto umano

Alessandro Nardone, consulente di strategia e marketing per i mercati esteri, ha trasformato tutto il discorso in un atto pratico: Come si trasforma tutto questo in comunicazione nei mercati globali?

La sua risposta è stata una dichiarazione di guerra alla superficialità:

Comunicare significa essere. Non c’è nulla che comunichi meglio che dare l’esempio. Le storie ci hanno aiutato a distinguere tra bene e male. Io dico sempre ai clienti e agli studenti: coerenza, costanza, creatività. E tenere presente il contesto.”

Poi, la verità scomoda:

Viviamo il declino della qualità – musica, arte, salvo eccezioni. È un dato oggettivo se paragoniamo rispetto a 20 anni fa i Versace, Armani, Valentino Ferré davanti al Duomo di Milano… chi sono gli eredi oggi? Facciamo fatica ad elencarli. Viviamo un’epoca di omologazione e tutti si autolimitano, si livellano nella massa.”

Nardone ha puntato il dito contro i meccanismi della modernità:

Ci dobbiamo misurare con i media. McLuhan diceva che il medium è il messaggio. Oggi sono gli algoritmi a decidere cosa farci vedere in base a profilazioni per tenerci collegati il più possibile. Perdiamo così attitudine al pensiero critico, alla diversità, e siamo di fronte alla standardizzazione della comunicazione.

Ma…la conclusione è un manifesto di speranza:

Oggi vince la verità, l’empatia, l’umanità. Chi riscopre il tratto umano, chi è in grado di raccontarsi per ciò che è, arriva.”


PATRIZIO DE FERRI: “Il Made in Italy è il paese più contraffatto al mondo – ci stanno rubando l’etica, non solo il prodotto

Patrizio De Ferri, consulente senior di Jacobacci and Partners, leader mondiale nella registrazione di marchi e brevetti, è stato chiamato a rispondere alla domanda più dura: Cosa perdiamo davvero quando qualcuno copia un marchio italiano?

La risposta di De Ferri è stata chirurgica:

Il lucro cessante è il danno economico che subiamo. Ma la persona che compra il contraffatto non comprerà mai l’originale, perché il marchio è in primo luogo un messaggio – un segno distintivo che riconosce origine imprenditoriale, qualità, ricerca, creatività, storia. Tutto questo si chiama asset intangibile.

Poi, la provocazione:

Vi sfido a dirmi qui qualcosa che non sia coperto da proprietà intellettuale. Non c’è nulla che non abbia un brevetto, un modello di utilità. Perché proteggerci? Non è solo questione economica – perdiamo valore, la leva.

De Ferri ha individuato il punto critico del Made in Italy oggi:

La globalizzazione ci porta a vedere servizi e prodotti uguali. Cala la qualità e intercettiamo l’esigenza impulsiva di avere un determinato marchio, non più riconoscersi nel suo valore, ma perché vogliamo sfoggiare. E allora proteggere non è solo coprire investimenti e avere ritorno economico – ma significa programmare un futuro che ci darà sfide sempre più difficili da affrontare.”

De Nicolò ha domandato “Nel presente controverso del metaverso e degli nft, come possiamo proteggere il Made in Italy come progetto culturale?

De Ferri ha risposto con nostalgia e visione: “Serve tornare al passato, agli illuminati, ai visionari, come Dallara, che non cerca solo fatturato nella vendita delle automobili ma le sviluppa per passione, dopo la gavetta, il sogno. Necessario è un cambio di mentalità tornando indietro al tempo dei valori.


LA CHIUSURA DI MIRIAM DE NICOLÒ: “Questo non è un format – è un movimento

A chiudere il panel della SNOB ROOM, Michelangelo Tagliaferri ha posto a Miriam De Nicolò la domanda finale: Dove ci vuoi portare?

La risposta è un manifesto di visione e passione:

In un mondo meraviglioso dove c’è amore per la nostra terra. Questo è un movimento, non è un format, e non sarà l’ultimo, ma un inizio. Oggi abbiamo ricordato quanto arte, teatro e autenticità del brand siano importanti, perché il brand è anche cultura, è senso civico. E se il Made in Italy tornasse a raccontarsi come oggi noi abbiamo raccontato le nostre storie, i nostri aneddoti, sarebbe irresistibile e indimenticabile. Vi do un arrivederci a un altro bellissimo racconto.


Un progetto che diventa movimento

Il terzo panel della SNOB ROOM ha confermato ciò che i primi due avevano intuito: il Made in Italy non è un problema di marketing, è un problema di autenticità. Non serve comunicare meglio – serve essere meglio, raccontarsi con verità, trasmettere valori invece che esibire etichette.

Mercanteinfiera, grazie alla visione di Ilaria Dazzi e al coraggio di SNOB Magazine, si è trasformata in qualcosa di più di una fiera: un luogo di pensiero, un laboratorio culturale, uno spazio dove l’eccellenza materiale incontra la riflessione profonda.


IL VIDEO INTEGRO

Info: info@snobnonpertutti.it
(Foto e Video Danny Torres)

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“Valore Sociale e Mercati Globali” – il secondo panel SNOB ROOM a Mercanteinfiera


The Bridge presenta la Pearl District Holiday Capsule

Per il Natale 2025, The Bridge accende l’atmosfera delle feste con una capsule esclusiva che combina artigianalità toscana, eleganza senza tempo e un tocco di luce contemporanea. Protagonista assoluta: la Pearl District, reinterpretata in due versioni baby pensate per le occasioni speciali.

I due modelli, Luce e Briglia, esprimono in modo diverso ma complementare l’essenza di questa capsule: materiali preziosi, lavorazioni raffinate e spirito festivo. Entrambi realizzati in edizione limitata, sono impreziositi da infilature decorative fatte a mano, ispirate all’antica arte della selleria.

Luce, sofisticata e brillante, è pensata per le serate eleganti: la pelle laminata bronzo disegna motivi luminosi sulla pattina e sul manico, regalando al modello un allure raffinato e contemporaneo. Briglia, invece, interpreta un’eleganza più boho chic: la lavorazione tono su tono in cuoio naturale The Bridge ne sottolinea l’autenticità, mentre il manico intrecciato interamente a mano la rende ancora più ricercata. Questo modello, inoltre, è numerato.

Icona del brand, la Pearl District nasce da una storica tracolla The Bridge degli anni Settanta. Con la sua silhouette a mezza luna, rappresenta l’equilibrio ideale tra heritage e design moderno. Le edizioni speciali della Holiday Capsule ne mantengono intatti i tratti distintivi: il cuoio pieno fiore conciato al vegetale, le cuciture selleria, la nappina in pelle e la doppia portabilità con manico e tracolla.

Disponibile esclusivamente nelle boutique monomarca The Bridge, questa capsule natalizia è un inno all’eccellenza artigianale e all’autenticità del Made in Italy. Due borse compatte, luminose e disinvolte, pensate per accompagnare con stile i momenti più speciali delle feste.

J. SALINAS premiato ai Latin American Fashion Awards 2025

J.SALINAS premiato ai Latin American Fashion Awards 2025 come “Artisanal Project of the
Year” con la collezione SS26 ispirata alla Danza de las Tijeras.

Il brand peruviano J. SALINAS, fondato da Jorge Luis Salinas, ha presentato la collezione Primavera Estate 2026 ai Latin American Fashion Awards 2025, dove ha ricevuto il riconoscimento “Artisanal Project of the Year”.

Il premio a Jorge Luis Salinas è stato consegnato da Kean Etro, direttore creativo e specialista in sostenibilità, a riconoscimento dell’impegno del brand nel promuovere l’artigianato tradizionale peruviano attraverso un progetto che unisce innovazione e radici culturali.

J. SALINAS Spring Summer 2026: un omaggio alla Danza de las Tijeras e all’artigianato peruviano

La collezione SS26 di J. SALINAS nasce dall’ispirazione profonda della Danza de las Tijeras, rito andino riconosciuto Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO, che rappresenta forza, resistenza e spiritualità. Jorge Luis Salinas interpreta questa tradizione attraverso tagli sartoriali precisi, volumi dinamici e dettagli realizzati interamente a mano con la tecnica del crochet, frutto di una collaborazione diretta con artigiane peruviane.

Ogni capo è tessuto con cura e dedizione, utilizzando cotone pima peruviano finissimo, una fibra naturale che consente di creare abiti, top, gonne e pantaloni che raccontano storie di cultura, passione e identità.

Le artigiane coinvolte provengono da regioni remote del Perù, dove spesso le risorse sono limitate, e rappresentano il cuore pulsante di questo progetto. Il loro talento e la loro maestria sono riconosciuti e valorizzati, offrendo loro l’opportunità di esprimere e diffondere un patrimonio artigianale unico. Attraverso questo lavoro, J. SALINAS non solo preserva tecniche ancestrali tramandate di generazione in generazione, ma dà voce a una tradizione viva, intrecciando passato e presente in un dialogo autentico e contemporaneo.

La palette di toni pastello scelta per la collezione riflette la dualità della danza: movimento e quiete, suono e silenzio, terra e spirito. Ogni capo diventa così un ponte tra culture, un invito a scoprire la ricchezza e la vitalità del patrimonio peruviano attraverso un linguaggio di moda che unisce arte, artigianato e sostenibilità.

“Il mio obiettivo è che ogni capo sia un ponte tra passato e presente; che la tradizione dialoghi con il design contemporaneo e, soprattutto, che il mondo conosca la ricchezza culturale della nostra terra”, afferma Jorge Luis Salinas.

La giuria

I Latin American Fashion Awards rappresentano un importante momento di valorizzazione del talento latino-americano. La giuria internazionale, presieduta da Donatella Versace, ha incluso Steven Kolb, CEO del CFDA (Council of Fashion Designers of America); Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana; Nina García, Editor in Chief di ELLE USA; Karla Martínez de Salas, Head of Content di Vogue México y Latinoamérica; Anna Dello Russo, giornalista e icona dell’industria della moda; Carlos Nazario, stylist e Style Director at Large di Harper’s Bazaar; Imran Ahmed, fondatore, CEO e Editor in Chief di Business of Fashion; Gabriela Hearst, fondatrice e direttrice creativa; Kean Etro, direttore creativo ed esperto in sostenibilità; Sara Sozzani Maino, direttrice creativa della Fondazione Sozzani; Zelika García, fondatrice di ZONA MACO; Carmen Busquets, filantropa e investitrice; Vívian Sotocórno, direttrice moda di Vogue Brasil; e Alessia Glaviano, direttrice globale della fotografia di Vogue.

Dopo la presentazione della collezione SS26 durante la Fashion Week di Milano, Jorge Luis Salinas tornerà a sfilare a Milano a febbraio 2026 con la sua quinta collezione Fall Winter 2026/27, confermando il suo ruolo di riferimento per la moda artigianale e sostenibile latinoamericana in Europa.

J. SALINAS è un progetto che unisce arte, cultura e artigianato, invitando a scoprire la ricchezza della tradizione peruviana attraverso un linguaggio contemporaneo e autentico.

Roberta Vitanza, gioielli custodi del tempo

ROBERTA VITANZA – Profilo e Filosofia

Roberta Vitanza si definisce “artigiana di nuova generazione“, designer di gioielli 3D che fonde la tecnologia dei software 3D con l’eccellenza dell’artigianato italiano, Roberta nasce a Messina nel 1984, si laurea in Storia dell’Arte a Roma, si specializza in Didattica museale e Storia della grafica italiana, e dopo anni nel settore eventi culturali, antiquariato e mercato dell’arte, si trasferisce a Milano nel 2016, frequentando la Scuola Orafa Ambrosiana e la specializzazione in Design del Gioiello al Politecnico di Milano. Milano è la città che ama, dice, e che le ha dato molto; è qui che lancia il primo marchio che porta il suo nome, e la collezione di gioielli che custodiscono ricordi.

I “Gioielli Custodi”

Ogni gioiello è uno “scrigno che racchiude luoghi, profumi, suggestioni, emozioni, ricordi, sentimenti, rinascite“, custodendo momenti di serenità riconquistata e ricordi felici. I Gioielli Custodi sono talismani contemporanei che accolgono frammenti d’esistenza, proteggendo la delicatezza del vissuto e cristallizzando sentimenti destinati a durare.

LE COLLEZIONI

COLLEZIONE CIATU

La prima capsule collection celebra la Sicilia attraverso il linguaggio della poesia: “Ciatu” – il respiro, l’alito lieve, il gesto d’affetto che si fa metallo nobile

Pezzi iconici:

  • Anello Chevalier Fiore di Fico d’India: Il bestseller assoluto, disponibile in versione piccola (da mignolo) e grande (da anulare, medio o indice), in bronzo dorato o argento 925, con decoro floreale inciso a bassorilievo ispirato al fiore del fico d’india, simbolo di resilienza e radici mediterranee
  • Orecchino Gelsomino Rampicante: Il gelsomino abbraccia con delicatezza il lobo conferendo un look discreto e sofisticato, evocando il profumo inconfondibile che rimanda alle verande siciliane

COLLEZIONE TAORMINA

Caratterizzata da ciondoli passanti traforati con motivi geometrici, disponibili nelle versioni mini e maxi, in argento 925 rodiato o dorato a spessore, con superfici rifinite lucide a specchio. Gli orecchini sono totalmente personalizzabili.

ANELLO CAREZZA

Anello Carezza

Argento 925 rodiato, lavorazione e incisione manuale
Prodotto in edizione numerata, l’Anello Carezza attraversa le fasi di lavorazione dell’alta gioielleria tradizionale. L’argento 925 rodiato riceve una lucidatura a specchio destinata a trasformarsi: il metallo è pensato per accogliere i segni del tempo e del corpo, per portare su di sé le tracce dell’uso quotidiano come una pelle che custodisce memoria.

All’interno, incisa a mano, vive la parola “custodisciti” – un promemoria silenzioso da rileggere quando la vita si fa dura, un talismano personale contro la dimenticanza di sé.

La struttura regolabile dal volume scultoreo nasconde un peso sorprendentemente contenuto. L’ergonomia è studiata per l’indosso continuo, per diventare parte del gesto quotidiano senza mai essere d’ingombro.

Misure: regolabile dalla 13 alla 21 circa
Se necessiti supporto per la vestibilità, consulta la guida alle taglie sul sito .

Nei suoi gioielli convivono rigore e poesia, disciplina tecnica e libertà espressiva. Roberta Vitanza non crea per decorare corpi, ma per dare forma a emozioni che meritano di restare. Ed è precisamente in questo – nel trasformare l’effimero in permanenza – che risiede la vera natura dell’arte orafa.

BIOMUSE: A Milano apre la prima “House of Women”, molto più di una clinica per donne

BIOMUSE: A Milano apre la prima House of Women 
Uno spazio medico dove le donne sono al centro, condotto interamente da donne

Quante volte, sedute in una sala d’attesa asettica, abbiamo desiderato semplicemente essere viste? Non come pazienti, ma come persone.

BIOMUSE nasce da questo desiderio. Da un’intuizione precisa della Dottoressa Cristina Di Cesare: creare un luogo dove le donne possano sentirsi protette, ascoltate davvero, seguite in ogni fase della vita. Un luogo dove la competenza medica altissima – quella che salva, cura, previene – incontra la dimensione umana che troppo spesso manca.

Da donna a donna. Questo è BIOMUSE.

La sede in Via Pietro Mascagni 30 a Milano non è una clinica come le altre. È una casa. Il team è interamente femminile – mediche, specialiste, professioniste – perché certe conversazioni, certi timori, certe fragilità si affrontano meglio quando ci si riconosce. Quando dall’altra parte c’è chi capisce, non solo per formazione, ma per esperienza condivisa.

Un approccio olistico che guarda alla donna intera

BIOMUSE non separa corpo e mente, salute e benessere, cura e bellezza. Li intreccia in un percorso personalizzato dove ginecologia, senologia, endocrinologia, dermatologia, medicina estetica, nutrizione, osteopatia e psicologia dialogano tra loro. Perché noi donne non siamo compartimenti stagni. Siamo intere. E così dobbiamo essere curate.

L’atmosfera è intima, riservata. Gli spazi pensati per accogliere, non intimidire. I macchinari all’avanguardia, ma l’attenzione resta sulla persona. Sulla donna che entra, con le sue domande, le sue paure, i suoi desideri di stare bene.

Il nome racconta la visione

BIOMUSE sintetizza tutto questo. Bio – la vita, la salute, il corpo che funziona e respira. Muse – la donna come ispirazione, bellezza autentica, non imposta. Due anime che non si contraddicono: ci si può prendere cura della propria salute e sentirsi belle. Anzi, è proprio questo il punto.

la Dottoressa Cristina Di Cesare

La Founder: Cristina Di Cesare

Dietro BIOMUSE c’è la Dottoressa Cristina Di Cesare, Dirigente Medico specialista in Ginecologia e Ostetricia presso ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. Formata al Policlinico Gemelli di Roma nell’equipe del Prof. Scambia e perfezionata con una fellowship internazionale in Belgio, è esperta in infertilità, endometriosi, patologie intrauterine, chirurgia mini-invasiva robotica e isteroscopica.
Ma soprattutto, è una donna che ha capito cosa manca nella medicina: lo sguardo. L’ascolto. Il tempo di spiegare, rassicurare, accompagnare.

Cosa offre BIOMUSE

Test diagnostici e visite preventive per individuare precocemente patologie e sintomi, accanto a visite specialistiche e trattamenti sanitari ed estetici:

  • Ginecologia & Ostetricia
  • Senologia
  • Endocrinologia
  • Dermatologia & Venereologia
  • Medicina Estetica
  • Nutrizione
  • Osteopatia
  • Massaggi Olistici
  • Psicologia

Un luogo dove tornare a sentirsi al sicuro

Desideravo creare una clinica diversa,” spiega la Dottoressa Di Cesare. “Un luogo dove le donne si sentano accolte, non giudicate. Dove possano parlare liberamente del proprio corpo, delle proprie preoccupazioni, senza paura. Dove la competenza medica incontri l’empatia. Perché curarsi bene significa anche sentirsi comprese.”

BIOMUSE è questo: uno spazio dove le donne tornano al centro. Dove la salute è un diritto, il benessere una possibilità concreta, la bellezza una conseguenza naturale dello star bene.

Milano, Via Pietro Mascagni 30.
Un nuovo indirizzo. Una nuova idea di cura.

ETRO presenta la nuova collezione Holiday 2025

ETRO svela la nuova collezione Holiday 2025: un’autentica celebrazione del calore e dell’intimità
che caratterizzano il periodo delle feste. Ambientata in un palazzo antico, la collezione prende vita
nell’atmosfera gioiosa che segue una festa di fine anno.

I motivi Paisley si accendono di tonalità gioiello, mentre velluti e sete disegnano un’eleganza
disinvolta. Ruches, pizzi e filati scintillanti raccontano una magia esaltata da lavorazioni jacquard e
ricami sofisticati. Gli accessori includono pezzi di alta artigianalità, come la Vela Bag, decorata da
maxi-paillettes in pelle, e la borsa Kalispera, impreziosita da frange di perline e dettagli intrecciati.

La collezione Holiday 2025 è disponibile nelle boutique Etro, su etro.com e presso selezionati
wholesalers ed e-tailers internazionali.

Malo entra in una nuova era di raffinato lusso italiano

Lo storico brand di cashmere annuncia il suo rilancio globale, un nuovo team creativo e una capsule collection d’archivio che celebra l’artigianato moderno

Malo, lo storico brand italiano di cashmere celebre per la sua artigianalità e la sua sobria sensualità, inaugura una nuova era, questa stagione, con un rilancio a livello globale che unisce la sua tradizione toscana a una rinnovata visione del lusso contemporaneo.

Con l’entrata nel suo sesto decennio, Malo ha rivisitato i suoi archivi storici per dare vita a una capsule Pre-Spring 2026 che reinterpreta modelli di maglieria, punti e silhouette classici attraverso una visione moderna. Il risultato è una collezione di dieci pezzi che bilancia intramontabilità e disinvoltura moderna: dall’elaborato cappotto con cappuccio Amelia e lo scultoreo cardigan Anna ai fantasiosi modelli Freya e Dalia con motivi Fair Isle e fiori ricamati a mano. Ogni capo incarna la sensualità italiana e l’arte della raffinata sobrietà che da sempre caratterizza il brand.

Il rilancio presenta una nuova direzione creativa, una nuova identità visiva e una nuova piattaforma digitale, sviluppate in collaborazione con David Lipman e il suo rinomato Lipman Studio, la cui eredità include alcune delle campagne più iconiche del mondo della moda. La nuova campagna, fotografata dal talentuoso Nikolai von Bismarck, evoca il fascino italiano moderno e la forza silenziosa, in continuità con la lunga tradizione visiva di Malo, plasmata da creativi come Peter Lindbergh e altri grandi della fotografia di moda.

Questa stagione segna anche il ritorno di Malo negli Stati Uniti dopo quasi un decennio, attraverso una rinnovata presenza nei punti vendita selezionati di Saks Fifth Avenue e Neiman Marcus e su MALO.COM, il nuovo flagship digitale del brand.

Contemporaneamente, Malo presenta a Milano le sue collezioni donna e uomo Fall 2026, le prime sotto la guida di un nuovo team creativo che ridefinisce i codici del brand con una nuova prospettiva espressiva. Insieme, queste pietre miliari segnano il pieno risveglio creativo e commerciale di Malo.

“Questo nuovo capitolo per Malo è un rinnovamento rispettoso, che porta energia moderna a un brand nobile fondato sulla serietà e sulla maestria artigianale. Non inseguiamo le tendenze; stiamo perfezionando l’aspetto e la percezione del lusso senza tempo oggi”, afferma Michelle Kessler-Sanders, Chief Executive Officer di Malo.

La capsule Archive di Malo è stata lanciata a livello globale il 6 novembre 2025, nelle boutique Malo, nei principali rivenditori di lusso e attraverso partner digitali selezionati in Europa e negli Stati Uniti.

“We need colours to survive this world”, la mostra di Monica Silva a Venezia

“We need colours to survive this world”, la mostra di Monica Silva a Venezia
Quando i colori diventano salvezza

We need colours to survive this world” – abbiamo bisogno dei colori per salvarci in questo mondo. Non è solo il titolo della mostra che la Fondazione Giorgio e Armanda Marchesani di Venezia ospita dal 16 ottobre al 9 novembre, ma il manifesto esistenziale di Monica Silva, fotografa italo-brasiliana che ha fatto del colore la sua lingua madre e della fotografia uno strumento di riscatto.

Nata a San Paolo con radici nella tribù Guaraní, Monica arriva in Italia oltre trent’anni fa portando con sé un bagaglio di sogni impossibili. «Provengo da una famiglia povera, dove studiare sembrava impossibile», racconta. Ma è proprio l’arte a salvarla: prima modella, poi conduttrice e assistente alla regia, scopre la fotografia a Londra nel 1986 e non la abbandona più.

Il colore come terapia

I colori di Monica Silva non sono mai innocui: rassicurano e spaventano, esplodono in tonalità vivide e si confrontano costantemente con l’ombra, il buio, la morte. È un’eredità caravaggesca riletta in chiave pop, scoperta a Napoli e poi reinterpretata nel progetto “Lux et Filum” del 2014. «Ho voluto lasciare spazio a quel margine interpretativo che non esplicita tutto», spiega l’artista, che nei suoi scatti gioca continuamente con il contrasto tra luce e tenebra, presenza e assenza, vita e morte.

La fotografia diventa per lei strumento terapeutico già nel 2003, quando inizia a realizzare autoritratti – “selfie” ante litteram – per ritrovare se stessa in un momento di crisi. «Mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo. Quei racconti per immagini mi hanno dato la possibilità di capire me stessa».

L’angelo che diventa pop

Il fulcro della mostra veneziana è “Gabriel Angel’s White Light“, evoluzione di un progetto nato nel 2022 con l’artista Valerio Fausti. Un angelo ligneo trecentesco viene trasformato in un trittico pop con i colori RGB, avvolto in luci led e retroilluminato: nello spettro luminoso, accompagnato da installazioni sonore, diventa luce bianca pura. «Come una farfalla che rompe il bozzolo», l’angelo abbandona la sua sacralità per abbracciare una nuova identità libera.

Accanto a questo, la mostra presenta circa 25 opere tra fotografie celebri e inediti: ritratti di icone del cinema come Brad Pitt, Tilda Swinton, George Clooney e Willem Dafoe, ma anche volti comuni, filosofi, dirigenti e persone della strada. Tra le immagini più iconiche, “Banana Golden Pop Art” – omaggio a Warhol che racconta la fugacità del tempo e la bellezza nascosta – e il ritratto di Gillo Dorfles, premiato alla Biennale di Venezia 2011.

Dai lavori per Corriere della Sera, Vogue, Vanity Fair e Le Figaro ai progetti “Sacro e Profano” (2019) e “Absence” (2022), Monica Silva costruisce un universo visivo dove ogni colore è una storia, ogni ombra un interrogativo. «L’arte mi ha salvato la vita», ammette. E attraverso i suoi colori forti, le sue luci accecanti e le sue ombre profonde, continua a salvare anche chi guarda.



(foto concesse dall’ufficio stampa)

“Valore Sociale e Mercati Globali” – il secondo panel SNOB ROOM a Mercanteinfiera

SNOB ROOM: “Valore Sociale e Mercati Globali” – Made in Italy e responsabilità del futuro

Il secondo panel affronta il nodo cruciale dell’eccellenza italiana: competere senza perdere l’anima

A cura del Fondatore e Direttore Responsabile Miriam De Nicolò


Dopo il successo del panel inaugurale “Cultura che cambia“, che ha aperto una riflessione profonda sul ruolo trasformativo della cultura nell’Italia contemporanea, venerdì 17 ottobre la SNOB ROOM ha ospitato il suo appuntamento più atteso: “Valore Sociale e Mercati Globali”.

Un dialogo che ha messo al centro la questione fondamentale del nostro tempo: il Made in Italy può competere sui mercati internazionali continuando a generare benessere diffuso, investendo nelle persone e costruendo futuro per le nuove generazioni? O siamo condannati a scegliere tra successo commerciale e responsabilità sociale?

Il panel, curato e moderato da Miriam De Nicolò, Fondatore e Direttore Responsabile di SNOB Magazine, ha riunito voci autorevoli capaci di guardare al Made in Italy da prospettive complementari: la ricerca sociale, l’internazionalizzazione, la comunicazione strategica e la gestione fieristica. Un confronto senza retorica celebrativa, che ha scelto la lucidità della diagnosi rispetto alla consolazione del mito.


REMO LUCCHI: “La crisi del Made in Italy è una crisi di formazione”

Remo Lucchi, Presidente Advisory Board presso Eumetra MR, tra i massimi esperti italiani di cambiamento sociale, ha aperto il panel con una fotografia severa anzi, come lui stesso ha definito, “un film” – dell’Italia post-lockdown e post-crisi globale.

L’economia ha subìto freni strutturali. I giovani che hanno interrotto gli studi universitari non ce l’hanno fatta e sono caduti nel precariato. Questo malessere genera populismo, contrapposizione, perdita di progettualità collettiva,” ha esordito Lucchi, ponendo immediatamente l’accento sul legame profondo tra benessere sociale e capacità produttiva.

Il punto centrale del suo intervento è stato netto: “La colpa dei giovani non è dei giovani.” La responsabilità, secondo Lucchi, è di un sistema educativo che non sa più fare “marketing di se stesso”, che non riesce a rendere desiderabile la formazione, che interrompe il percorso culturale proprio nel momento in cui i ragazzi stanno costruendo senso critico ma non hanno ancora acquisito etica e relazionalità positiva.

Il Made in Italy nasce dalla Creatività Sociale – dalla capacità di creare insieme, di condividere visioni, di costruire attraverso la relazionalità,” ha sottolineato.Ma questa creatività richiede cultura, formazione completa, investimento nelle persone. Senza questo, il Made in Italy diventa solo un’etichetta vuota su un sistema in crisi.”

Lucchi ha concluso richiamando l’urgenza di rifondare la scuola e la formazione come luoghi di coinvolgimento emotivo e progettualità condivisa: solo così si può rigenerare quella Creatività Sociale che è alla base dell’eccellenza italiana.


MICHELANGELO TAGLIAFERRI: “Il Made in Italy non è ideologia, è filiera di valori”

Michelangelo Tagliaferri, sociologo e Fondatore di Accademia di Comunicazione, ha spostato il focus sulla sostanza narrativa e identitaria del Made in Italy, ponendo una domanda scomoda: cosa rende davvero “italiano” un prodotto?

La filiera del Made in Italy come italianità non è ideologica ma fatta di cultura, valori e regole condivise per fare le cose,” ha affermato Tagliaferri. “Molto di ciò che chiamiamo Made in Italy ha solo l’ultimo processo produttivo fatto in Italia. Ma quali sono le regole che rendono compatibile un prodotto per essere chiamato italiano? Qual è il contenuto etico, culturale, relazionale che lo rende autentico?

Tagliaferri ha richiamato la necessità di un rebranding profondo, che non si limiti a comunicare meglio il Made in Italy, ma che riparta dai fondamenti: dalla formazione dei comunicatori, dall’etica della narrazione, dalla capacità di raccontare verità invece che costruire simulacri.

Comunicare il Made in Italy significa comunicare un sistema di valori, non solo un’estetica. E questo richiede consapevolezza, responsabilità, cultura profonda – non solo marketing.

IL VIDEO INTEGRO:


MICHELE TOMEA: “Il Made in Italy che vende è il lifestyle, non il prodotto”

Michele Tomea, General Manager della Camera di Commercio Italo-Thailandese, ha portato lo sguardo dall’Italia ai mercati globali, con una case history concreta: come il Made in Italy viene percepito e acquistato in Asia.

I consumatori thailandesi apprezzano profondamente il Made in Italy. Ma cosa comprano davvero? Non solo il prodottocomprano il lifestyle italiano, il bel vivere, l’idea di una vita più bella,” ha spiegato Tomea. “La Thailandia è un paese ricco, con 70 milioni di abitanti, inserito in un Sud-Est asiatico da 650 milioni di consumatori – 250 milioni in più rispetto all’Europa. È un’opportunità straordinaria per l’Italia.”

Tomea ha però messo in guardia dalle illusioni: “Parliamo con piccole e medie imprese che si affacciano con fatica ai mercati esteri. Devono capire le problematiche, trovare il giusto asset di mercato. I thailandesi viaggiano, conoscono l’Europa, hanno senso del gusto raffinato. Non tutto ciò che produciamo va bene per il loro mercato, ma abbiamo sempre un certo appeal – soprattutto nel lusso, design, moda.”

La provocazione finale di Tomea ha colpito nel segno: “L’ Ambasciata Italiana in Thailandia promuove ‘Italian lifestyle‘, non più ‘Made in Italy’. Perché il Made in Italy, come certificazione di origine, è difficilmente rispettabile nei mercati globali. Dobbiamo essere onesti: ciò che vendiamo è una narrazione culturale, non solo un’etichetta.

Ha concluso sottolineando un dato sorprendente: “Gallerie Lafayette a Parigi, la Rinascente di Milano e altri mall iconici sono di proprietà thailandese. Loro stanno comprando i luoghi simbolo del lusso europeo. Noi dobbiamo far conoscere l’Italia alle aziende thai tanto quanto loro fanno conoscere il loro mercato a noi.”

  • Ilaria Dazzi, Brand Manager Mercanteinfiera
  • Ilaria Dazzi, Brand Manager Mercanteinfiera
  • Ilaria Dazzi, Brand Manager Mercanteinfiera

ILARIA DAZZI: “Mercanteinfiera è specchio dell’Italia – con le sue luci e le sue ombre”

Ilaria Dazzi, Brand Manager di Mercanteinfiera, ha offerto la prospettiva di chi osserva il Made in Italy dal campo, attraverso una delle Fiere più importanti d’Europa che accoglie 55.000 visitatori per edizione.

Alla domanda di Miriam De Nicolò – “Da questo osservatorio privilegiato, cosa vede del Made in Italy? È fossilizzato o in evoluzione?” – Dazzi ha risposto con lucidità: “Vedo luci e ombre. Dal punto di vista economico, la scelta di acquistare un brand dipende da dove viene acquistato e dove viene collocato. Ma dietro questo c’è un problema di natura culturale.”

Dazzi ha portato l’attenzione sulle nuove generazioni: “È fondamentale creare eventi come la SNOB ROOM perché i giovani possano avvicinarsi alla cultura attraverso le nuove forme di comunicazione e i social network. Dobbiamo parlare il loro linguaggio senza banalizzare i contenuti.”

Mercanteinfiera è un contenitore che raggiunge migliaia di persone. Non possiamo limitarci a raccontare dati economici – dobbiamo raccontare storie, esperienze, visioni di professionisti e interlocutori qualificati. Per questo ho creduto nel progetto SNOB dandoci nuovi appuntamenti, prossime edizioni, altri spazi di confronto culturale. Questo è solo l’inizio.”


LA CHIUSURA DI MIRIAM DE NICOLÒ: “Il Made in Italy ha bisogno di miglior cultura, non di nuova comunicazione”

A chiudere il panel, le parole nette e visionarie di Miriam De Nicolò, che ha ricondotto tutti gli interventi a un unico, potente messaggio:

“Il Made in Italy non ha bisogno di una nuova comunicazione. Ha bisogno di una migliore cultura. E per cultura intendo investire nelle persone, negli individui, nei giovani, nel loro modo di sognare, di fare, di creare insieme. Se non lo facciamo noi, nel nostro piccolo, tutto il resto diventa solo tante belle storie vuote.”

Una dichiarazione che racchiude il senso profondo del progetto SNOB ROOM: andare oltre la celebrazione dell’eccellenza per interrogarsi sulle fondamenta che la rendono possibile. Rifiutare la retorica del Made in Italy come mito intoccabile per farne un progetto vivo, responsabile, capace di generare benessere diffuso e non solo fatturato.


Un progetto che continua

Il secondo panel della SNOB ROOM ha confermato la necessità di spazi di pensiero all’interno delle manifestazioni commerciali. Non basta vendere – serve interrogarsi su cosa si vende, come si produce, quale impatto si genera.

Mercanteinfiera, grazie alla sensibilità di Ilaria Dazzi e alla visione di SNOB Magazine, si conferma terreno fertile per questo tipo di dialogo: un luogo dove l’eccellenza materiale incontra la riflessione culturale, dove il commercio diventa occasione di pensiero condiviso.

Info: info@snobnonpertutti.it

(Foto e Video Danny Torres)




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