Per il Natale 2025, The Bridge accende l’atmosfera delle feste con una capsule esclusiva che combina artigianalità toscana, eleganza senza tempo e un tocco di luce contemporanea. Protagonista assoluta: la Pearl District, reinterpretata in due versioni baby pensate per le occasioni speciali.
I due modelli, Luce e Briglia, esprimono in modo diverso ma complementare l’essenza di questa capsule: materiali preziosi, lavorazioni raffinate e spirito festivo. Entrambi realizzati in edizione limitata, sono impreziositi da infilature decorative fatte a mano, ispirate all’antica arte della selleria.
Luce, sofisticata e brillante, è pensata per le serate eleganti: la pelle laminata bronzo disegna motivi luminosi sulla pattina e sul manico, regalando al modello un allure raffinato e contemporaneo. Briglia, invece, interpreta un’eleganza più boho chic: la lavorazione tono su tono in cuoio naturale The Bridge ne sottolinea l’autenticità, mentre il manico intrecciato interamente a mano la rende ancora più ricercata. Questo modello, inoltre, è numerato.
Icona del brand, la Pearl District nasce da una storica tracolla The Bridge degli anni Settanta. Con la sua silhouette a mezza luna, rappresenta l’equilibrio ideale tra heritage e design moderno. Le edizioni speciali della Holiday Capsule ne mantengono intatti i tratti distintivi: il cuoio pieno fiore conciato al vegetale, le cuciture selleria, la nappina in pelle e la doppia portabilità con manico e tracolla.
Disponibile esclusivamente nelle boutique monomarca The Bridge, questa capsule natalizia è un inno all’eccellenza artigianale e all’autenticità del Made in Italy. Due borse compatte, luminose e disinvolte, pensate per accompagnare con stile i momenti più speciali delle feste.
J.SALINAS premiato ai Latin American Fashion Awards 2025 come “Artisanal Project of the Year” con la collezione SS26 ispirata alla Danza de las Tijeras.
Il brand peruviano J. SALINAS, fondato da Jorge Luis Salinas, ha presentato la collezione Primavera Estate 2026 ai Latin American Fashion Awards 2025, dove ha ricevuto il riconoscimento “Artisanal Project of the Year”.
Il premio a Jorge Luis Salinas è stato consegnato da Kean Etro, direttore creativo e specialista in sostenibilità, a riconoscimento dell’impegno del brand nel promuovere l’artigianato tradizionale peruviano attraverso un progetto che unisce innovazione e radici culturali.
J. SALINAS Spring Summer 2026: un omaggio alla Danza de las Tijeras e all’artigianato peruviano
La collezione SS26 di J. SALINAS nasce dall’ispirazione profonda della Danza de las Tijeras, rito andino riconosciuto Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità dall’UNESCO, che rappresenta forza, resistenza e spiritualità. Jorge Luis Salinas interpreta questa tradizione attraverso tagli sartoriali precisi, volumi dinamici e dettagli realizzati interamente a mano con la tecnica del crochet, frutto di una collaborazione diretta con artigiane peruviane.
Ogni capo è tessuto con cura e dedizione, utilizzando cotone pima peruviano finissimo, una fibra naturale che consente di creare abiti, top, gonne e pantaloni che raccontano storie di cultura, passione e identità.
Le artigiane coinvolte provengono da regioni remote del Perù, dove spesso le risorse sono limitate, e rappresentano il cuore pulsante di questo progetto. Il loro talento e la loro maestria sono riconosciuti e valorizzati, offrendo loro l’opportunità di esprimere e diffondere un patrimonio artigianale unico. Attraverso questo lavoro, J. SALINAS non solo preserva tecniche ancestrali tramandate di generazione in generazione, ma dà voce a una tradizione viva, intrecciando passato e presente in un dialogo autentico e contemporaneo.
La palette di toni pastello scelta per la collezione riflette la dualità della danza: movimento e quiete, suono e silenzio, terra e spirito. Ogni capo diventa così un ponte tra culture, un invito a scoprire la ricchezza e la vitalità del patrimonio peruviano attraverso un linguaggio di moda che unisce arte, artigianato e sostenibilità.
“Il mio obiettivo è che ogni capo sia un ponte tra passato e presente; che la tradizione dialoghi con il design contemporaneo e, soprattutto, che il mondo conosca la ricchezza culturale della nostra terra”, afferma Jorge Luis Salinas.
La giuria
I Latin American Fashion Awards rappresentano un importante momento di valorizzazione del talento latino-americano. La giuria internazionale, presieduta da Donatella Versace, ha incluso Steven Kolb, CEO del CFDA (Council of Fashion Designers of America); Carlo Capasa, Presidente della Camera Nazionale della Moda Italiana; Nina García, Editor in Chief di ELLE USA; Karla Martínez de Salas, Head of Content di Vogue México y Latinoamérica; Anna Dello Russo, giornalista e icona dell’industria della moda; Carlos Nazario, stylist e Style Director at Large di Harper’s Bazaar; Imran Ahmed, fondatore, CEO e Editor in Chief di Business of Fashion; Gabriela Hearst, fondatrice e direttrice creativa; Kean Etro, direttore creativo ed esperto in sostenibilità; Sara Sozzani Maino, direttrice creativa della Fondazione Sozzani; Zelika García, fondatrice di ZONA MACO; Carmen Busquets, filantropa e investitrice; Vívian Sotocórno, direttrice moda di Vogue Brasil; e Alessia Glaviano, direttrice globale della fotografia di Vogue.
Dopo la presentazione della collezione SS26 durante la Fashion Week di Milano, Jorge Luis Salinas tornerà a sfilare a Milano a febbraio 2026 con la sua quinta collezione Fall Winter 2026/27, confermando il suo ruolo di riferimento per la moda artigianale e sostenibile latinoamericana in Europa.
J. SALINAS è un progetto che unisce arte, cultura e artigianato, invitando a scoprire la ricchezza della tradizione peruviana attraverso un linguaggio contemporaneo e autentico.
Roberta Vitanza si definisce “artigiana di nuova generazione“, designer di gioielli 3D che fonde la tecnologia dei software 3D con l’eccellenza dell’artigianato italiano, Roberta nasce a Messina nel 1984, si laurea in Storia dell’Arte a Roma, si specializza in Didattica museale e Storia della grafica italiana, e dopo anni nel settore eventi culturali, antiquariato e mercato dell’arte, si trasferisce a Milano nel 2016, frequentando la Scuola Orafa Ambrosiana e la specializzazione in Design del Gioiello al Politecnico di Milano. Milano è la città che ama, dice, e che le ha dato molto; è qui che lancia il primo marchio che porta il suo nome, e la collezione di gioielli che custodiscono ricordi.
I “Gioielli Custodi”
Ogni gioiello è uno “scrigno che racchiude luoghi, profumi, suggestioni, emozioni, ricordi, sentimenti, rinascite“, custodendo momenti di serenità riconquistata e ricordi felici. I Gioielli Custodi sono talismani contemporanei che accolgono frammenti d’esistenza, proteggendo la delicatezza del vissuto e cristallizzando sentimenti destinati a durare.
LE COLLEZIONI
COLLEZIONE CIATU
La prima capsule collection celebra la Sicilia attraverso il linguaggio della poesia: “Ciatu” – il respiro, l’alito lieve, il gesto d’affetto che si fa metallo nobile
Pezzi iconici:
Anello Chevalier Fiore di Fico d’India: Il bestseller assoluto, disponibile in versione piccola (da mignolo) e grande (da anulare, medio o indice), in bronzo dorato o argento 925, con decoro floreale inciso a bassorilievo ispirato al fiore del fico d’india, simbolo di resilienza e radici mediterranee
Orecchino Gelsomino Rampicante: Il gelsomino abbraccia con delicatezza il lobo conferendo un look discreto e sofisticato, evocando il profumo inconfondibile che rimanda alle verande siciliane
COLLEZIONE TAORMINA
Caratterizzata da ciondoli passanti traforati con motivi geometrici, disponibili nelle versioni mini e maxi, in argento 925 rodiato o dorato a spessore, con superfici rifinite lucide a specchio. Gli orecchini sono totalmente personalizzabili.
ANELLO CAREZZA
Anello Carezza
Argento 925 rodiato, lavorazione e incisione manuale Prodotto in edizione numerata, l’Anello Carezza attraversa le fasi di lavorazione dell’alta gioielleria tradizionale. L’argento 925 rodiato riceve una lucidatura a specchio destinata a trasformarsi: il metallo è pensato per accogliere i segni del tempo e del corpo, per portare su di sé le tracce dell’uso quotidiano come una pelle che custodisce memoria.
All’interno, incisa a mano, vive la parola “custodisciti” – un promemoria silenzioso da rileggere quando la vita si fa dura, un talismano personale contro la dimenticanza di sé.
La struttura regolabile dal volume scultoreo nasconde un peso sorprendentemente contenuto. L’ergonomia è studiata per l’indosso continuo, per diventare parte del gesto quotidiano senza mai essere d’ingombro.
Misure: regolabile dalla 13 alla 21 circa Se necessiti supporto per la vestibilità, consulta la guida alle taglie sul sito .
Nei suoi gioielli convivono rigore e poesia, disciplina tecnica e libertà espressiva. Roberta Vitanza non crea per decorare corpi, ma per dare forma a emozioni che meritano di restare. Ed è precisamente in questo – nel trasformare l’effimero in permanenza – che risiede la vera natura dell’arte orafa.
BIOMUSE: A Milano apre la prima House of Women Uno spazio medico dove le donne sono al centro, condotto interamente da donne
Quante volte, sedute in una sala d’attesa asettica, abbiamo desiderato semplicemente essere viste? Non come pazienti, ma come persone.
BIOMUSE nasce da questo desiderio. Da un’intuizione precisa della Dottoressa Cristina Di Cesare: creare un luogo dove le donne possano sentirsi protette, ascoltate davvero, seguite in ogni fase della vita. Un luogo dove la competenza medica altissima – quella che salva, cura, previene – incontra la dimensione umana che troppo spesso manca.
Da donna a donna. Questo è BIOMUSE.
La sede in Via Pietro Mascagni 30 a Milanonon è una clinica come le altre. È una casa. Il team è interamente femminile – mediche, specialiste, professioniste – perché certe conversazioni, certi timori, certe fragilità si affrontano meglio quando ci si riconosce. Quando dall’altra parte c’è chi capisce, non solo per formazione, ma per esperienza condivisa.
Un approccio olistico che guarda alla donna intera
BIOMUSE non separa corpo e mente, salute e benessere, cura e bellezza. Li intreccia in un percorso personalizzato dove ginecologia, senologia, endocrinologia, dermatologia, medicina estetica, nutrizione, osteopatia e psicologia dialogano tra loro. Perché noi donne non siamo compartimenti stagni. Siamo intere. E così dobbiamo essere curate.
L’atmosfera è intima, riservata. Gli spazi pensati per accogliere, non intimidire. I macchinari all’avanguardia, ma l’attenzione resta sulla persona. Sulla donna che entra, con le sue domande, le sue paure, i suoi desideri di stare bene.
Il nome racconta la visione
BIOMUSE sintetizza tutto questo. Bio – la vita, la salute, il corpo che funziona e respira. Muse – la donna come ispirazione, bellezza autentica, non imposta. Due anime che non si contraddicono: ci si può prendere cura della propria salute e sentirsi belle. Anzi, è proprio questo il punto.
la Dottoressa Cristina Di Cesare
La Founder: Cristina Di Cesare
Dietro BIOMUSE c’è la Dottoressa Cristina Di Cesare, Dirigente Medico specialista in Ginecologia e Ostetricia presso ASST Santi Paolo e Carlo di Milano. Formata al Policlinico Gemelli di Roma nell’equipe del Prof. Scambia e perfezionata con una fellowship internazionale in Belgio, è esperta in infertilità, endometriosi, patologie intrauterine, chirurgia mini-invasiva robotica e isteroscopica. Ma soprattutto, è una donna che ha capito cosa manca nella medicina: lo sguardo. L’ascolto. Il tempo di spiegare, rassicurare, accompagnare.
Cosa offre BIOMUSE
Test diagnostici e visite preventive per individuare precocemente patologie e sintomi, accanto a visite specialistiche e trattamenti sanitari ed estetici:
Ginecologia & Ostetricia
Senologia
Endocrinologia
Dermatologia & Venereologia
Medicina Estetica
Nutrizione
Osteopatia
Massaggi Olistici
Psicologia
Un luogo dove tornare a sentirsi al sicuro
“Desideravo creare una clinica diversa,” spiega la Dottoressa Di Cesare. “Un luogo dove le donne si sentano accolte, non giudicate. Dove possano parlare liberamente del proprio corpo, delle proprie preoccupazioni, senza paura. Dove la competenza medica incontri l’empatia. Perché curarsi bene significa anche sentirsi comprese.”
BIOMUSE è questo: uno spazio dove le donne tornano al centro. Dove la salute è un diritto, il benessere una possibilità concreta, la bellezza una conseguenza naturale dello star bene.
Milano, Via Pietro Mascagni 30. Un nuovo indirizzo. Una nuova idea di cura.
ETRO svela la nuova collezione Holiday 2025: un’autentica celebrazione del calore e dell’intimità che caratterizzano il periodo delle feste. Ambientata in un palazzo antico, la collezione prende vita nell’atmosfera gioiosa che segue una festa di fine anno.
I motivi Paisley si accendono di tonalità gioiello, mentre velluti e sete disegnano un’eleganza disinvolta. Ruches, pizzi e filati scintillanti raccontano una magia esaltata da lavorazioni jacquard e ricami sofisticati. Gli accessori includono pezzi di alta artigianalità, come la Vela Bag, decorata da maxi-paillettes in pelle, e la borsa Kalispera, impreziosita da frange di perline e dettagli intrecciati.
La collezione Holiday 2025 è disponibile nelle boutique Etro, su etro.com e presso selezionati wholesalers ed e-tailers internazionali.
Lo storico brand di cashmere annuncia il suo rilancio globale, un nuovo team creativo e una capsule collection d’archivio che celebra l’artigianato moderno
Malo, lo storico brand italiano di cashmere celebre per la sua artigianalità e la sua sobria sensualità, inaugura una nuova era, questa stagione, con un rilancio a livello globale che unisce la sua tradizione toscana a una rinnovata visione del lusso contemporaneo.
Con l’entrata nel suo sesto decennio, Malo ha rivisitato i suoi archivi storici per dare vita a una capsule Pre-Spring 2026 che reinterpreta modelli di maglieria, punti e silhouette classici attraverso una visione moderna. Il risultato è una collezione di dieci pezzi che bilancia intramontabilità e disinvoltura moderna: dall’elaborato cappotto con cappuccio Amelia e lo scultoreo cardigan Anna ai fantasiosi modelli Freya e Dalia con motivi Fair Isle e fiori ricamati a mano. Ogni capo incarna la sensualità italiana e l’arte della raffinata sobrietà che da sempre caratterizza il brand.
Il rilancio presenta una nuova direzione creativa, una nuova identità visiva e una nuova piattaforma digitale, sviluppate in collaborazione con David Lipman e il suo rinomato Lipman Studio, la cui eredità include alcune delle campagne più iconiche del mondo della moda. La nuova campagna, fotografata dal talentuoso Nikolai von Bismarck, evoca il fascino italiano moderno e la forza silenziosa, in continuità con la lunga tradizione visiva di Malo, plasmata da creativi come Peter Lindbergh e altri grandi della fotografia di moda.
Questa stagione segna anche il ritorno di Malo negli Stati Uniti dopo quasi un decennio, attraverso una rinnovata presenza nei punti vendita selezionati di Saks Fifth Avenue e Neiman Marcus e su MALO.COM, il nuovo flagship digitale del brand.
Contemporaneamente, Malo presenta a Milano le sue collezioni donna e uomo Fall 2026, le prime sotto la guida di un nuovo team creativo che ridefinisce i codici del brand con una nuova prospettiva espressiva. Insieme, queste pietre miliari segnano il pieno risveglio creativo e commerciale di Malo.
“Questo nuovo capitolo per Malo è un rinnovamento rispettoso, che porta energia moderna a un brand nobile fondato sulla serietà e sulla maestria artigianale. Non inseguiamo le tendenze; stiamo perfezionando l’aspetto e la percezione del lusso senza tempo oggi”, afferma Michelle Kessler-Sanders, Chief Executive Officer di Malo.
La capsule Archive di Malo è stata lanciata a livello globale il 6 novembre 2025, nelle boutique Malo, nei principali rivenditori di lusso e attraverso partner digitali selezionati in Europa e negli Stati Uniti.
“We need colours to survive this world”, la mostra di Monica Silva a Venezia Quando i colori diventano salvezza
“We need colours to survive this world” – abbiamo bisogno dei colori per salvarci in questo mondo. Non è solo il titolo della mostra che la Fondazione Giorgio e Armanda Marchesani di Venezia ospita dal 16 ottobre al 9 novembre, ma il manifesto esistenziale di Monica Silva, fotografa italo-brasiliana che ha fatto del colore la sua lingua madre e della fotografia uno strumento di riscatto.
Nata a San Paolo con radici nella tribù Guaraní, Monica arriva in Italia oltre trent’anni fa portando con sé un bagaglio di sogni impossibili. «Provengo da una famiglia povera, dove studiare sembrava impossibile», racconta. Ma è proprio l’arte a salvarla: prima modella, poi conduttrice e assistente alla regia, scopre la fotografia a Londra nel 1986 e non la abbandona più.
Il colore come terapia
I colori di Monica Silva non sono mai innocui: rassicurano e spaventano, esplodono in tonalità vivide e si confrontano costantemente con l’ombra, il buio, la morte. È un’eredità caravaggesca riletta in chiave pop, scoperta a Napoli e poi reinterpretata nel progetto “Lux et Filum” del 2014. «Ho voluto lasciare spazio a quel margine interpretativo che non esplicita tutto», spiega l’artista, che nei suoi scatti gioca continuamente con il contrasto tra luce e tenebra, presenza e assenza, vita e morte.
La fotografia diventa per lei strumento terapeutico già nel 2003, quando inizia a realizzare autoritratti – “selfie” ante litteram – per ritrovare se stessa in un momento di crisi. «Mi guardavo allo specchio e non mi riconoscevo. Quei racconti per immagini mi hanno dato la possibilità di capire me stessa».
L’angelo che diventa pop
Il fulcro della mostra veneziana è “Gabriel Angel’s White Light“, evoluzione di un progetto nato nel 2022 con l’artista Valerio Fausti. Un angelo ligneo trecentesco viene trasformato in un trittico pop con i colori RGB, avvolto in luci led e retroilluminato: nello spettro luminoso, accompagnato da installazioni sonore, diventa luce bianca pura. «Come una farfalla che rompe il bozzolo», l’angelo abbandona la sua sacralità per abbracciare una nuova identità libera.
Accanto a questo, la mostra presenta circa 25 opere tra fotografie celebri e inediti: ritratti di icone del cinema come Brad Pitt, Tilda Swinton, George Clooney e Willem Dafoe, ma anche volti comuni, filosofi, dirigenti e persone della strada. Tra le immagini più iconiche, “Banana Golden Pop Art” – omaggio a Warhol che racconta la fugacità del tempo e la bellezza nascosta – e il ritratto di Gillo Dorfles, premiato alla Biennale di Venezia 2011.
Dai lavori per Corriere della Sera, Vogue, Vanity Fair e Le Figaro ai progetti “Sacro e Profano” (2019) e “Absence” (2022), Monica Silva costruisce un universo visivo dove ogni colore è una storia, ogni ombra un interrogativo. «L’arte mi ha salvato la vita», ammette. E attraverso i suoi colori forti, le sue luci accecanti e le sue ombre profonde, continua a salvare anche chi guarda.
SNOB ROOM: “Valore Sociale e Mercati Globali” – Made in Italy e responsabilità del futuro
Il secondo panel affronta il nodo cruciale dell’eccellenza italiana: competere senza perdere l’anima
A cura del Fondatore e Direttore Responsabile Miriam De Nicolò
Dopo il successo del panel inaugurale “Cultura che cambia“, che ha aperto una riflessione profonda sul ruolo trasformativo della cultura nell’Italia contemporanea, venerdì 17 ottobre la SNOB ROOM ha ospitato il suo appuntamento più atteso: “Valore Sociale e Mercati Globali”.
Un dialogo che ha messo al centro la questione fondamentale del nostro tempo: il Made in Italy può competere sui mercati internazionali continuando a generare benessere diffuso, investendo nelle persone e costruendo futuro per le nuove generazioni? O siamo condannati a scegliere tra successo commerciale e responsabilità sociale?
Il panel, curato e moderato da Miriam De Nicolò, Fondatore e Direttore Responsabile di SNOB Magazine, ha riunito voci autorevoli capaci di guardare al Made in Italy da prospettive complementari: la ricerca sociale, l’internazionalizzazione, la comunicazione strategica e la gestione fieristica. Un confronto senza retorica celebrativa, che ha scelto la lucidità della diagnosi rispetto alla consolazione del mito.
REMO LUCCHI: “La crisi del Made in Italy è una crisi di formazione”
Remo Lucchi, Presidente Advisory Board presso Eumetra MR, tra i massimi esperti italiani di cambiamento sociale, ha aperto il panel con una fotografia severa anzi, come lui stesso ha definito, “un film” – dell’Italia post-lockdown e post-crisi globale.
“L’economia ha subìto freni strutturali. I giovani che hanno interrotto gli studi universitari non ce l’hanno fatta e sono caduti nel precariato. Questo malessere genera populismo, contrapposizione, perdita di progettualità collettiva,” ha esordito Lucchi, ponendo immediatamente l’accento sul legame profondo tra benessere sociale e capacità produttiva.
Il punto centrale del suo intervento è stato netto: “La colpa dei giovani non è dei giovani.” La responsabilità, secondo Lucchi, è di un sistema educativo che non sa più fare “marketing di se stesso”, che non riesce a rendere desiderabile la formazione, che interrompe il percorso culturale proprio nel momento in cui i ragazzi stanno costruendo senso critico ma non hanno ancora acquisito etica e relazionalità positiva.
“Il Made in Italy nasce dalla Creatività Sociale – dalla capacità di creare insieme, di condividere visioni, di costruire attraverso la relazionalità,” ha sottolineato. “Ma questa creatività richiede cultura, formazione completa, investimento nelle persone. Senza questo, il Made in Italy diventa solo un’etichetta vuota su un sistema in crisi.”
Lucchi ha concluso richiamando l’urgenza di rifondare la scuola e la formazione come luoghi di coinvolgimento emotivo e progettualità condivisa: solo così si può rigenerare quella Creatività Sociale che è alla base dell’eccellenza italiana.
MICHELANGELO TAGLIAFERRI: “Il Made in Italy non è ideologia, è filiera di valori”
Michelangelo Tagliaferri, sociologo e Fondatore di Accademia di Comunicazione, ha spostato il focus sulla sostanza narrativa e identitaria del Made in Italy, ponendo una domanda scomoda: cosa rende davvero “italiano” un prodotto?
“La filiera del Made in Italy come italianità non è ideologica ma fatta di cultura, valori e regole condivise per fare le cose,” ha affermato Tagliaferri. “Molto di ciò che chiamiamo Made in Italy ha solo l’ultimo processo produttivo fatto in Italia. Ma quali sono le regole che rendono compatibile un prodotto per essere chiamato italiano? Qual è il contenuto etico, culturale, relazionale che lo rende autentico?“
Tagliaferri ha richiamato la necessità di un rebranding profondo, che non si limiti a comunicare meglio il Made in Italy, ma che riparta dai fondamenti: dalla formazione dei comunicatori, dall’etica della narrazione, dalla capacità di raccontare verità invece che costruire simulacri.
“Comunicare il Made in Italy significa comunicare un sistema di valori, non solo un’estetica. E questo richiede consapevolezza, responsabilità, cultura profonda – non solo marketing.“
IL VIDEO INTEGRO:
MICHELE TOMEA: “Il Made in Italy che vende è il lifestyle, non il prodotto”
Michele Tomea, General Manager della Camera di Commercio Italo-Thailandese, ha portato lo sguardo dall’Italia ai mercati globali, con una case history concreta: come il Made in Italy viene percepito e acquistato in Asia.
“I consumatori thailandesi apprezzano profondamente il Made in Italy. Ma cosa comprano davvero? Non solo il prodotto – comprano il lifestyle italiano, il bel vivere, l’idea di una vita più bella,” ha spiegato Tomea. “La Thailandia è un paese ricco, con 70 milioni di abitanti, inserito in un Sud-Est asiatico da 650 milioni di consumatori – 250 milioni in più rispetto all’Europa. È un’opportunità straordinaria per l’Italia.”
Tomea ha però messo in guardia dalle illusioni: “Parliamo con piccole e medie imprese che si affacciano con fatica ai mercati esteri. Devono capire le problematiche, trovare il giusto asset di mercato. I thailandesi viaggiano, conoscono l’Europa, hanno senso del gusto raffinato. Non tutto ciò che produciamo va bene per il loro mercato, ma abbiamo sempre un certo appeal – soprattutto nel lusso, design, moda.”
La provocazione finale di Tomea ha colpito nel segno: “L’ Ambasciata Italiana in Thailandia promuove ‘Italian lifestyle‘, non più ‘Made in Italy’. Perché il Made in Italy, come certificazione di origine, è difficilmente rispettabile nei mercati globali. Dobbiamo essere onesti: ciò che vendiamo è una narrazione culturale, non solo un’etichetta.“
Ha concluso sottolineando un dato sorprendente: “Gallerie Lafayette a Parigi, la Rinascente di Milano e altri mall iconici sono di proprietà thailandese. Loro stanno comprando i luoghi simbolo del lusso europeo. Noi dobbiamo far conoscere l’Italia alle aziende thai tanto quanto loro fanno conoscere il loro mercato a noi.”
Ilaria Dazzi, Brand Manager Mercanteinfiera con Miriam De Nicolò
Ilaria Dazzi, Brand Manager Mercanteinfiera
Michele Tomea, General Manager Camera Commercio Italo- Thailandese con Miriam De Nicolò
Michele Tomea, General Manager Camera Commercio Italo- Thailandese
Remo Lucchi, Presidente Advisory Board presso Eumetra MR
Remo Lucchi, Presidente Advisory Board presso Eumetra MR con Miriam De Nicolò
Remo Lucchi, Presidente Advisory Board presso Eumetra MR
ILARIA DAZZI: “Mercanteinfiera è specchio dell’Italia – con le sue luci e le sue ombre”
Ilaria Dazzi, Brand Manager di Mercanteinfiera, ha offerto la prospettiva di chi osserva il Made in Italy dal campo, attraverso una delle Fiere più importanti d’Europa che accoglie 55.000 visitatori per edizione.
Alla domanda di Miriam De Nicolò – “Da questo osservatorio privilegiato, cosa vede del Made in Italy? È fossilizzato o in evoluzione?” – Dazzi ha risposto con lucidità: “Vedo luci e ombre. Dal punto di vista economico, la scelta di acquistare un brand dipende da dove viene acquistato e dove viene collocato. Ma dietro questo c’è un problema di natura culturale.”
Dazzi ha portato l’attenzione sulle nuove generazioni: “È fondamentale creare eventi come la SNOB ROOM perché i giovani possano avvicinarsi alla cultura attraverso le nuove forme di comunicazione e i social network. Dobbiamo parlare il loro linguaggio senza banalizzare i contenuti.”
“Mercanteinfiera è un contenitore che raggiunge migliaia di persone. Non possiamo limitarci a raccontare dati economici – dobbiamo raccontare storie, esperienze, visioni di professionisti e interlocutori qualificati. Per questo ho creduto nel progetto SNOB dandoci nuovi appuntamenti, prossime edizioni, altri spazi di confronto culturale. Questo è solo l’inizio.”
LA CHIUSURA DI MIRIAM DE NICOLÒ: “Il Made in Italy ha bisogno di miglior cultura, non di nuova comunicazione”
A chiudere il panel, le parole nette e visionarie di Miriam De Nicolò, che ha ricondotto tutti gli interventi a un unico, potente messaggio:
“Il Made in Italy non ha bisogno di una nuova comunicazione. Ha bisogno di una migliore cultura. E per cultura intendo investire nelle persone, negli individui, nei giovani, nel loro modo di sognare, di fare, di creare insieme. Se non lo facciamo noi, nel nostro piccolo, tutto il resto diventa solo tante belle storie vuote.”
Una dichiarazione che racchiude il senso profondo del progetto SNOB ROOM: andare oltre la celebrazione dell’eccellenza per interrogarsi sulle fondamenta che la rendono possibile. Rifiutare la retorica del Made in Italy come mito intoccabile per farne un progetto vivo, responsabile, capace di generare benessere diffuso e non solo fatturato.
Un progetto che continua
Il secondo panel della SNOB ROOM ha confermato la necessità di spazi di pensiero all’interno delle manifestazioni commerciali. Non basta vendere – serve interrogarsi su cosa si vende, come si produce, quale impatto si genera.
Mercanteinfiera, grazie alla sensibilità di Ilaria Dazzi e alla visione di SNOB Magazine, si conferma terreno fertile per questo tipo di dialogo: un luogo dove l’eccellenza materiale incontra la riflessione culturale, dove il commercio diventa occasione di pensiero condiviso.
Alcune automobili nascono per essere, e restare, fuori dal tempo. Sono automobili “per sempre” in quanto interpreti di quell’insieme di gusto, passione, funzione e prestazioni che definiscono i capolavori. Villa La Massa Excellence, evento dedicato alle più straordinarie supercar e hypercar degli anni recenti, nato dalla collaborazione con Canossa, ha proposto il 17, 18 e 19 ottobre, nella cornice dell’hotel cinque stelle alle porte di Firenze parte di Villa d’Este La Collezione, proprio questo tipo di vetture: rare memorie del passato e straordinari capolavori del presente, offrendo uno spettacolo che, a pieno titolo, rappresenta la cultura dell’automobile.
La qualità della formula è provata dell’eterogeneo profilo del pubblico presente, composto anche da giovanissimi, da uomini e donne autenticamente preparati, da curiosi che cercano il sapore di quella dedita passione, e di collezionisti e competenti richiamati da un evento diverso da tutti. I premi rappresentano l’occasione per celebrare le auto presenti. Ma la Giuria, composta da esperti ed esperte non solo di auto ma anche di arte, design e lifestyle, ha scelto, per l’assegnazione della Coppa d’Oro Villa La Massa–tradizione che viene dal Concorso d’Eleganza Villa d’Este–un autentico simbolo delle auto senza tempo: la Lamborghini Countach, nella versione 5000 Quattrovalvole, capolavoro assoluto del grande e compianto Marcello Gandini.
All’opposto, vincitrice del premio che celebra l’evoluzione, molto interessante trovare la Ferrari di oggi, battezzata “12 Cilindri”, in versione Spider, autentico simbolo di come si possa conservare la magia del tradizionale motore V12 in una realtà stilistica e tecnica volta al domani. Lo speciale premio assegnato da Villa La Massa, copre alla perfezione un’altra area del fascino dell’automobile: quello della sportività realizzata per la competizione. Si tratta di una delle 25 GT1 che la Porsche produsse per poter ottenere l’omologazione per le gare. Tanto rara quanto morbidamente aggressiva.
Sicuro interesse e curiosità per il premio assegnato dal pubblico presente: legato ai ricordi del mito Bugatti, fatto rinascere negli anni 90 dopo le glorie dell’anteguerra, il “People Choice” per la EB110 GT. Perfettamente nel presente, e non avrebbe potuto essere che così, il premio dei giovanissimi: liberi da ricordi e sogni passati, hanno ampiamente votato la Pagani Huayra Roadster BC del 2019, a riprova che c’è ancora molto spazio per la passione. Luigi Orlandini, Chairman e CEO di Canossa, ha voluto sottolineare come “l’emozione di bellezze che vanno oltre il tempo, ovvero l’unione della magnificenza di una nobile antica villa fiorentina con quella di automobili destinate ad essere, per sempre, simbolo del gusto e della tecnologia della nostra epoca, è la vera anima di questo importante evento di cui siamo orgogliosi. La passione per le auto, per gli eventi, per il lifestyle, per l’hospitality è il vero motore che muove i team di Canossa e di Villa La Massa nel dare vita a questo evento”.
59ª Galleria Gamondio – Castellazzo Bormida Chiesa di Santo Stefano Via Milite Ignoto Castellazzo Bormida | 4 – 26 ottobre 2025
La Galleria Gamondio, storica rassegna artistica nata nel 1966 come “arte eterogenea” nel cuore del Basso Piemonte, torna con la sua 59ª edizione e dedica l’appuntamento di quest’anno alle opere di Luca Crescenzi, artista nato ad Alessandria e attivo a Milano, dove è da sempre protagonista della scena creativa e in passato, della nightlife più underground ed esclusiva.
La mostra, “Lettere d’Amore”, è stata inaugurata sabato 4 ottobre 2025 nella Chiesa di Santo Stefano di Castellazzo Bormida e sarà aperta al pubblico fino al 26 ottobre 2025. Si tratta della prima mostra personale di Crescenzi dopo quindici anni, un evento che riporta l’artista nel territorio d’origine, dove aveva già esposto in passato con il progetto LIFELINES.
Poliedrico nella sua attività, Crescenzi ha collaborato con brand di rilievo internazionale come Vivienne Westwood, Calvin Klein, Heineken International, Nokia, Sony, Hewlett-Packard e Philips, distinguendosi tra graphic design, art direction, eventi e pubbliche relazioni.
L’esposizione sarà curata da Francesca Liotta, esperta d’arte, specialista in attività culturali e da Davide Minetti, storico organizzatore della Galleria Gamondio, responsabile dei relativi allestimenti.
Il progetto grafico porta la firma di Alessia Deletia Colognesi e dello stesso Minetti.
Le fotografie che documenteranno la mostra, anche nella fase di allestimento, sono di Maurizio Taccone.
Di Sergio Maranzana è la foto che ritrae la Chiesa di Santo Stefano.
La mostra di Crescenzi si sviluppa attraverso materiali, tecniche e temi diversi, l’artista ci accompagna in un percorso che parla di realtà, ma anche di interiorità, attraverso i colori tenui e a volte dolorosi del ricordo e del vissuto. Questa esperienza vuole essere anche un’occasione per riflettere sul ruolo dell’arte contemporanea, come strumento di dialogo, di emozione e di pensiero. Attraverso carte pregiate, tecniche miste, segni e scritture, in un intreccio poetico che evoca atmosfere proustiane e letterarie, “le missive di Luca Crescenzi, realizzate su carte per lo più acquarellate, ma anche frammentate di fotografie, inchiostrate, talune veri e propri collage, riflettono sulla complessità del Tempo, che forse è davvero perduto e ritrovato”.
La parola e il segno diventano porte aperte sui desideri interiori, narrazioni delicate che rimandano a Proust, Camus, Cassola e Naipaul, in un percorso che unisce memoria, letteratura e arte visiva.
La Galleria Gamondio rappresenta per Castellazzo Bormida un orgoglio culturale e un appuntamento che ha la forza e la qualità delle grandi città.
L’iniziativa è resa possibile grazie al sostegno del Comune di Castellazzo Bormida – Assessorato alla Cultura, della Biblioteca Comunale Francesco Poggio, della Pro Loco di Castellazzo Bormida e al contributo prezioso di Gianna Talpone, Irene Molina, Domenico Ravetti (Vicepresidente del Consiglio Regionale del Piemonte) e del Sindaco Gianfranco Ferraris. Un ringraziamento speciale va a Giuseppe Boidi, Gianni Prati, Sara Pezza, Franco Prati e Paola Massobrio, oltre che alla Regione Piemonte e alla Provincia di Alessandria per il patrocinio concesso.
Luca Crescenzi Lettere d’Amore Chiesa di Santo Stefano, Castellazzo Bormida (AL) 4 – 26 ottobre 2025 Curatela e allestimento: Francesca Liotta, Davide Minetti Progetto e organizzazione: Davide Minetti Progetto grafico: Alessia Deletia Colognesi, Davide Minetti Fotografie: Sergio Maranzana Ufficio stampa: The Art Society
SNOB ROOM inaugura a Mercanteinfiera con il panel “Cultura che cambia”: una riflessione profonda sul futuro del Made in Italy tra visione culturale, istituzioni e impresa A cura del Fondatore e Direttore Responsabile Miriam De Nicolò
Si è svolto sabato 11 ottobre, il panel inaugurale della SNOB ROOM, nuovo hub culturale firmato SNOB Magazine, che ha aperto il proprio ciclo di incontri a Mercanteinfiera con il tema “Cultura che cambia”. Un dialogo ad alta voce sul ruolo trasformativo della cultura, dell’impresa e dell’identità italiana in un momento storico cruciale.
L’evento, curato e moderato da Miriam De Nicolò, Fondatore e Direttore Responsabile di SNOB Magazine, ha rappresentato un unicum nella storia della Fiera, aprendo un luogo di riflessione all’interno di una manifestazione tradizionalmente commerciale. Un’operazione resa possibile grazie alla sensibilità della Brand Manager di Mercanteinfiera, Ilaria Dazzi, fortemente voluta per dare spazio a contenuti strategici per l’Italia contemporanea.
“La collaborazione con Snob in occasione di Mercanteinfiera Autunno 2025 rientra nell’obiettivo di valorizzare al massimo il tema dell’eccellenza: anche il collezionismo è una forma di eccellenza, come lo sono i brand che nella nostra manifestazione rendono ancora oggi il Made in Italy una chiave economica e culturale di assoluto fascino e interesse. Credo che le figure che hanno animato e animeranno i panel siano testimonianza di un percorso di approfondimento che va anche oltre l’aspetto commerciale e che serva anche come opportunità di avvicinamento ed educazione alla bellezza per le giovani generazioni.” – Ilaria Dazzi, Brand Manager Mercanteinfiera.
Il panel ha visto la presenza di personalità d’eccellenza:
Marco Panieri, Sindaco di Imola e Presidente ANCI Emilia-Romagna, ha ribadito la centralità delle istituzioni nel creare sinergie virtuose con il mondo culturale e produttivo, sottolineando quanto il sistema dei Comuni italiani possa e debba essere il motore del cambiamento.
Chiara Boni, stilista e fondatrice dell’omonimo brand, ha raccontato la sua visione pionieristica, a partire dagli anni ’70, tra viaggi internazionali, innovazione tessile (l’introduzione dello stretch) e inclusività femminile. Un intervento che ha messo in luce come la moda possa essere veicolo di cultura profonda.
Antonello Grimaldi, Segretario Generale della Veneranda Biblioteca Ambrosiana, ha portato una vera e propria case history italiana di rigenerazione culturale ed economica: la storica istituzione milanese è arrivata al successo grazie all’apertura museale alle nuove tecnologie, alla valorizzazione del patrimonio e a un dialogo attivo con le nuove generazioni. Un esempio di come cultura e visione possano generare numeri, sviluppo e rinascita.
“Superare l’elitarismo culturale costruendo un modello economicamente sostenibile e socialmente inclusivo: questa la visione di chi sa che custodire cultura significa democratizzarla, non blindarla.” – Antonello Grimaldi, Segretario Generale della Veneranda Biblioteca Ambrosiana
Il prof. Michelangelo Tagliaferri, sociologo e Fondatore di Accademia di Comunicazione, ha offerto uno spunto filosofico e simbolico, utilizzando il mito di Pandora per riflettere sulle responsabilità culturali della nostra epoca.
Andrea Farinet, economista e Presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, ha invece affrontato il legame tra economia e cultura, portando dati e visioni sull’impatto sociale della comunicazione responsabile.
A chiudere il dibattito, le parole di Miriam De Nicolò, che ha ricordato come questo appuntamento rappresenti solo l’inizio di un ambizioso progetto editoriale e culturale:
“SNOB ROOM è il primo seme di un grande progetto di rebranding del Made in Italy. Un percorso che parla a tutte le imprese, che invita a un’alleanza tra talento, visione e identità. Un progetto che chiede agli italiani di smettere di pensare in piccolo, di abbandonare la logica dell’orticello personale, per aprirsi a una cultura di rete, di coraggio e di ambizione comune. I miei viaggi all’estero mi hanno insegnato a guardare il mio Paese con occhi nuovi: l’Italia ha tutto per essere la nazione più ricca e rispettata al mondo. Serve solo crederci. Insieme.”
Mercanteinfiera si riconferma un’eccellenza internazionale, capace di attrarre un pubblico preparato, curioso, fatto di cultori, appassionati, collezionisti e professionisti del settore. Un contesto prezioso dove la cultura materiale incontra la visione, e dove iniziative come la SNOB ROOM trovano terreno fertile per dialoghi ad alto contenuto.
MDN con Antonello Grimaldi
MDN con Andrea Farinet
MDN con Marco Panieri
MDN con Chiara Boni
MDN con Michelangelo Tagliaferri
I prossimi panel di SNOB si terranno:
VENERDI 17 ORE 16.30 “VALORE SOCIALE E MERCATI GLOBALI” SABATO 18 ORE 15.30 “L’ARTE DEL RACCONTO”