“A TOUCH OF STYLING”, fashion editorial by PFR

“A TOUCH OF STYLING” workshop by PFR Polly’s Fitting Room

Digital Editorial for Snob Magazine
Fashion Direction Piermattia Aiello
Photographed by Michele Vitale

Styling: Alessandra Paffi, Noemi Brunetti, Olivia Pedone, Giulia Colombo Giardinelli, Oana Parcalab, Alessia Micci, Sara Venditti, Erika Beatrice Valore, Priscilla Franca, Daniele De Marianis, Ginevra Marzorati, Giorgia Zizi, Xionara Castro, Mariia Khrebtova, Elena Blanì, Chiara Scorcelli,Marica Iannuzzelli, Mariola Kravsheska, Yuri Basso

Mua: Arianna Biasion
Hair: Alessia Manisco
Location: Touch Studio

Un progetto fotografico nato dall’esperienza didattica in PFR, spazio di orientamento nel settore moda.
Un workshop di tre giorni full immersion con la partecipazione di professionisti ed esperti nel racconto teorico, ed un laboratorio creativo per la realizzazione pratica di ciò che si ha appreso durante le giornate di studio. Il risultato è un fashion editorial creato da ogni singolo partecipante, che ha avuto la possibilità di stare sul set con fotografi e stylist professionisti.
All’edizione di Maggio di quest’anno, il Direttore Responsabile di SNOB, Miriam De Nicolò, è stata invitata come Guest a raccontare il lavoro del dietro le quinte del progetto editoriale SNOB.
A supporto di realtà come PFR, SNOB pubblica sui propri canali digital il lavoro di squadra qui rappresentato.

Di seguito, la nostra intervista alla Founder di PFR Polly’s Fitting Room, Anna Paola Vergani.

  • Cos’è PFR?

PFR – Polly’s Fitting Room è la prima realtà di orientamento nel settore della moda in Italia, l’obiettivo è quello di aiutare i giovani talenti di domani a conoscere il settore nel suo insieme, quali sono le macroaree, le dinamiche, le logiche e i processi, oltre ai vari ruoli professionali, così da riuscire a indirizzare correttamente e rapidamente il loro percorso.

Da 5 anni con PFR parliamo del settore moda alla nostra community online composta da oltre 60k persone, diamo tips e approfondimenti, ma il vero core sono i workshop fisici che si dividono in due tipologie: “A Touch of Fashion”, overview settore moda ed “A Touch of Styling”, verticale nel mondo dello styling.

Inoltre da tre anni abbiamo lanciato la prima community ONLIFE di empowerment nella moda, che ha l’obiettivo di mettere in contatto i ragazzi di tutta Italia e non solo, accomunati dalla passione per la moda, con professionisti del settore, e di fornire una continua formazione e informazione, con la possibilità di sviluppare il proprio network.


  • Perchè hai deciso di fondare una realtà dedicata all’orientamento mondo della moda?

PFR è nata come soluzione a un’esigenza che avevo a 20 anni. Sin da piccola ho sempre voluto lavorare nella moda, ma non riuscivo a reperire informazioni su come funzionasse il settore, non riuscivo a scegliere la mia strada. Dopo aver studiato economia aziendale alla Cattolica, ho deciso di fare un master in una scuola di moda e mi ricordo che dopo aver finito questo percorso non avevo ancora le idee chiare. Quando ho fatto il primo colloquio da Givenchy per lavorare sul prodotto mi sono domandata se fosse la strada giusta; nonostante sia stata un’esperienza molto formativa in un’azienda fantastica, non faceva per me. Lo avevo percepito sin dal primo colloquio, ma non avevo avuto modo di confrontarmi con nessuno.
Il settore è immenso, le realtà che esistono sono molteplici e anche i ruoli che un giovane può andare a svolgere, ma se nessuno ti dà una panoramica, come fai a capire cosa vuoi fare nella vita? Ed è proprio questo l’obiettivo di PFR, dar loro una visione a 360° per essere performanti in azienda e felici nella vita.

  • Come rispondono i ragazzi ai workshop PFR?

I fashion workshop che organizziamo sono strutturati su tre giorni e sono delle full immersion nel settore moda con professionisti di alto livello. La struttura del workshop è il vero segreto del successo, perché i ragazzi riescono realmente a capire tutti gli step su un set fotografico.
Spesso a fine workshop i ragazzi si commuovono, perché hanno trovato quel che cercavano e vissuto una esperienza reale del mestiere. Gli è più chiaro capire come muoversi correttamente e quale percorso scegliere. Si circondano inoltre di persone con i loro stessi sogni, ambizioni e determinazione, oltre a sviluppare un network anche di professionisti con cui non riuscirebbero altrimenti ad entrare in contatto.

  • Che prospettive di futuro avranno nel settore?

“A TOUCH OF STYLING” workshop, che organizziamo con il Fashion & Celebrity Stylist Piermattia Aiello, ha avuto successo sin dalla prima edizione, moltissimi ragazzi sono affascinati da questo ruolo creativo e quindi vogliono partecipare per apprendere un metodo di lavoro e lavorare a stretto contatto con i professionisti.

Sono tre giorni di full immersion nel mondo dello styling, dalla teoria alla pratica, per trovare la propria STYLING SIGNATURE. Durante il workshop i ragazzi vengono divisi in gruppi e realizzano uno/due editoriali ogni edizione (con il supporto di tutto il team di professionisti) che vengono poi pubblicati online o cartacei da un magazine di moda con cui collaboriamo. L’edizione di maggio 2025 l’abbiamo organizzata coinvolgendo proprio Snob Magazine, grazie al Direttore Responsabile Miriam De Nicolò che da subito ha sposato il progetto e ha anche preso parte al workshop come Special Guest raccontando il suo background, la sua esperienza, la nascita di Snob, e dando il tema della prossima Issue cartacea ai ragazzi, sui cui lavorare.


Nella prima giornata in studio hanno appreso il metodo di lavoro, il secondo giorno sono stati divisi in gruppi da 4/5 persone per lavorare sui moodboard e sulla selezione dei look insieme al team di professionisti per la realizzazione dell’editoriale digital per Snob Magazine. Tema MESSY CHIC.

Qui la storia digitale che i ragazzi hanno realizzato e scattato con Michele Vitale.


Il terzo giorno infine hanno assistito alla realizzazione dell’editoriale cartaceo per la cover story del prossimo numero di Snob Magazine, supportando i professionisti nella sistemazione dei look e nello styling di Piermattia Aiello, scattando con il duo di fotografi professionisti Fabio Munis e Cristian Martinelli, in cui sono stati coinvolti brand come Jordan Luca, Marni, Etro, Vivetta e Marco Rambaldi. Ringraziamo moltissimo Miriam per aver creduto da subito nel progetto e per aver dato spazio ai giovani creativi di domani.
A fine lavori tutti i ragazzi riceveranno le foto dei servizi digital e cartacei per poter iniziare a creare e sviluppare il proprio portfolio.

  • Quali sono le altre attività all’interno di PFR?

Il workshop principale che PFR organizza è “A Touch of Fashion”, con quello di luglio siamo giunti alla 12°edizione, è una full immersion nel settore della moda finalizzato a dare ai ragazzi una visione totale del settore: ricerca tendenze & design, sviluppo prodotto, merchandising, buying, commerciale, styling, digital communication e l’approccio al mondo lavorativo nella moda con professionisti di alto livello. Ogni edizione invitiamo degli Special Guest che possano apportare il loro know- how e andiamo a visitare una realtà di moda. Questo workshop è il core di PFR. È veramente un momento breakthrough, un momento di svolta nella vita per chi partecipa.

Model: Claudia Dumitru – Tank Agency
camicia e gonna: Momonì – trench coat: Malloni – top: Cividini
sneakers: Adidas


“A Touch of Styling” è alla 5° edizione, focus sullo styling, dalla teoria alla pratica, organizzato insieme a Piermattia Aiello che coinvolge Art Director, PR, fotografi e stylist. Il fotografo che lavora al progetto è Fabio Munis, l’obiettivo del lavoro è la pubblicazione digitale o cartacea su magazine indipendenti nazionali o internazionali.

La PFR Community, invece è una piattaforma privata di empowerment in Italia per formare e informare i giovani sul sistema moda attraverso la condivisione di notizie quotidiane, proposte di lavoro…

  • Cosa significa questo per le nuove generazioni?

I ragazzi che venivano ai nostri workshop volevano continuare a rimanere in contatto con noi, con i professionisti e tra di loro, perciò abbiamo pensato di creare una piattaforma ONLIFE che offrisse tutto questo. Ogni giorno lanciamo news, approfondimenti sul fashion, ogni mese organizziamo masterclass online, Meet Up ufficiali che sono degli eventi di network, così come dei Mini Meet Up quali la Fashion Breakfast. Andiamo insieme ad eventi e presentazioni, organizziamo dei Meet&Talk di formazione, fungiamo da ponte quando alcune aziende si rivolgono a noi per cercare degli stagisti o posizioni junior e selezioniamo le offerte di lavoro più interessanti per loro (così moltissimi ragazzi hanno cominciato a lavorare).

  • Nuovi progetti

Mi piacerebbe che PFR diventasse una realtà internazionale e mi piacerebbe sviluppare la parte online, ho in mente un progetto molto più grande, un riferimento per i giovani talenti di domani.
Essere felici del proprio lavoro è fondamentale, è un proprio diritto trovare la strada giusta per noi, il prima possibile, noi siamo qui per indicare la via.

Credo che PFR debba diventare internazionale perché lo scambio culturale è fondamentale e far conoscere la supply chain moda Italiana e i nostri professionisti bravissimi al mondo, sia un nostro dovere.

Molti dei giovani che seguono PFR sono sicura che diventeranno i talenti di domani, perché sono stati in grado di partire da subito con il piede giusto e la giusta presa di consapevolezza. Con il termine “talenti” non mi riferisco solo ai designer, ma a tutti gli altri ruoli creativi, ricordandoci che un’azienda funziona grazie ad un grande lavoro di squadra.

SNOB Magazine lancia corsi di autenticazione del lusso a Milano

SNOB Magazine lancia i corsi di autenticazione del lusso a Milano

SNOB Magazine annuncia il lancio di corsi di autenticazione dei principali brand del lusso. Una serie di appuntamenti esclusivi che si terranno a Milano, destinati ad appassionati, professionisti e collezionisti pronti a immergersi nell’arte di riconoscere l’autenticità dei marchi più iconici del mondo.

Ogni sessione, della durata di una giornata, approfondirà tre marchi di lusso selezionati (nel primo appuntamento Chanel, Louis Vuitton, Gucci) esplorando la loro storia, i materiali unici e i dettagli distintivi che rendono ciascuno di questi prodotti un simbolo di status e qualità. Guidati da esperti di settore certificati, i partecipanti potranno apprendere come individuare segni di autenticità, quali la qualità della lavorazione, le finiture e le specificità di ogni brand, e comprendere le tecniche utilizzate per imitare questi dettagli.

Il corso offre un approccio unico, affiancando teoria e pratica: i partecipanti avranno a disposizione sia prodotti autentici sia repliche per confronti diretti, mettendo subito alla prova le competenze acquisite. Questa esperienza hands-on permette di affinare l’occhio critico e acquisire sicurezza nel distinguere tra vero e falso, un’abilità sempre più richiesta nell’era del mercato second-hand e della rivendita di lusso.

Diviso tra parte teorica sulla storia dei brand e pratica avanzata, SNOB Magazine trasforma il concetto di autenticazione in un percorso di scoperta e competenza, rendendo l’accesso al lusso un’esperienza consapevole e unica. Un’opportunità imperdibile per chi vuole avvicinarsi al mondo dell’autenticità e del lusso con stile e competenza.

Il corso sarà diviso in 2 sezioni – parte teorica e parte pratica – e si terrà nella sede di Piazza de Angeli a Milano.
L’appuntamento è fissato per il giorno sabato 4 ottobre 2025 dalle ore 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 18.00, con un piccolo aperitivo di networking finale.

Il costo totale del corso, che include anche i materiali didattici e un attestato di partecipazione, è di Euro 249,00. I posti sono limitati, per un massimo di 10 persone.

Affrettatevi a prenotare.
Scrivete a questa mail per prenotare il vostro posto: info@snobnonpertutti.it

I marchi citati nel corso vengono menzionati esclusivamente per scopi accademici e di approfondimento. 
Non esiste alcuna affiliazione, partnership o associazione tra i suddetti marchi e questo corso. Tutti i diritti sui marchi appartengono ai rispettivi proprietari.




(immagini Pinterest)

Cantine Coppo, gioiello del patrimonio enologico italiano


Cantina Coppo: Tradizione e Innovazione nel cuore del Monferrato

Nel cuore del Monferrato, a Canelli, patria e capitale dello spumante italiano, sorge Cantina Coppo, da 130 anni simbolo dell’eccellenza enologica italiana. Fondata nel 1892, l’azienda ha saputo coniugare la tradizione familiare con una visione innovativa, diventando punto di riferimento nel panorama vitivinicolo nazionale e internazionale.

Le Cattedrali Sotterranee: Un Patrimonio UNESCO

Elementi distintivi della Cantina Coppo, sono le sue storiche cantine sotterranee, dichiarate Patrimonio Mondiale dell’Umanità dall’UNESCO nel 2014.

Le “Cattedrali Sotterranee” sono il tempio dedicato al vino, un riconoscimento prestigioso dove storia, natura e uomo si intrecciano. Scavate nel tufo a partire dal XVIII secolo, si estendono per oltre 5.000 metri quadrati, raggiungendo una profondità di 40 metri sotto la collina di Canelli. Sono spazi suggestivi, dove riposano i grandi vini Coppo, destinati alla distribuzione Ho.re.ca., il canale attraverso cui le aziende che producono vini, vengono destinate a selezionate strutture food&beverage. Una scelta fondamentale per Coppo, che è presente sulle carte dei più importanti ristoranti in tutta Italia, nonostante la grande presenza di competitor.
Tra le strutture dove trovate Coppo in carta: Mandarin, Bulgari, Langosteria, Milano Fiorichiari, Gruppo Vesta, Belmond, Twiga, Ribot, Zuma, Giacomo Milano, Relais San Maurizio, Da Vittorio Bergamo, Cracco, Portrait, etc..

le Cattedrali Sotterranee

Un’Offerta Enologica di Eccellenza

La produzione della Cantina Coppo si distingue per la qualità e la varietà dei suoi vini. E’ dal 2001 che aderisce al protocollo ufficiale di agricoltura integrata: pratiche agronomiche a basso impatto ambientale e filosofia attenta ai principi comuni delle tecniche biologiche e biodinamiche.

Orgoglio di Coppo, la presenza al 50% sul mercato italiano, e la stessa percentuale è ancora oggi coperta dalla produzione della Barbera, nei formati Barbera d’Asti e Nizza DOCG. Un vitigno un tempo percepito come popolare, oggi invece riveste un ruolo di estrema riconoscibilità di territorio, definendo così una nuova eccellenza vitivinicola italiana.

L’altra fetta della torta si divide tra gli spumanti, vini bianchi, Chardonnay, Agave e Moscato, e in ultimo Barolo, grazie agli investimenti della famiglia Saldadino-Lanci che ha acquisito le cantine Coppo nel 2021.

Tra le etichette più rinomate:

Pomorosso: una Barbera d’Asti che ha contribuito a elevare il prestigio di questo vitigno.
Monteriolo: uno Chardonnay di grande eleganza e longevità.
Moscato d’Asti Moncalvina: proveniente dalla sottozona “Canelli”, recentemente riconosciuta come DOCG.
Spumanti Metodo Classico: come il “Luigi Coppo” e il “Clelia Coppo”, che testimoniano la maestria dell’azienda nella produzione di bollicine di alta qualità.
E le due riserve di famiglia, l’Alta Langa DOCG Riserva Piero Coppo (Riserva del Fondatore), il più raro per un numero limitatissimo di bottiglie. Solo annate eccezionali, vino longevo, ancora oggi si possono degustare bottiglie di oltre vent’anni, che hanno preservato tutta la loro peculiarità aromatica qualitativa; e l’Alta Langa DOCG Riserva Coppo, il più importante delle cantine, complessità minerale, struttura e grande longevità.

Su 82 ettari vitati, la cantina Coppo coltiva oggi varietà autoctone come Barbera, Moscato, Nebbiolo e Freisa, oltre a internazionali come Chardonnay e Cabernet Sauvignon tra Canelli, Agliano e Barolo.


Villa Giada by Coppo: Una Nuova Selezione di Eccellenze

Ulteriore progetto a latere, Villa Giada, una casa colonica del ‘700 immersa tra i i filari delle vigne, e circondata dalle colline.
Gli appartamenti, permettono un soggiorno di vero relax, in stanze affrescate ed elegantemente arredate, con la possibilità di dedicarsi alle degustazioni proprio accanto, dove sorge la cantina.


I Vini:
Dalle colline del Roero, ricche di calcare e sabbia, nasce il Roero Arneis. Un vino giovane, fresco, dai delicati sentori di fiori d’acacia e biancospino che si alternano a note fruttate.
Per la proposta spumante, il 1934 Brut Chardonnay, vendemmia manuale anticipata per mantenere un buon livello di acidità delle uve; fermentazione in acciaio e presa di spuma secondo il metodo Martinotti.

Vera chicca, la Gamba di Pernice, chiamata così per il vitigno Gamba Rossa, terreni calcareo marnosi, con alternanze di marne limose e ridotte frazioni argillose. Vendemmia a mano, agricoltura da lotta integrata; lunga fermentazione e contatto con le bucce che regalano un vino elegante, di grande complessità, dal bouquet ampio con sentori di sottobosco, spezie e note balsamiche, che necessita di affinarsi in bottiglia per almeno un anno.

Cantina Coppo è il risultato di come il rispetto per le radici, unito alla ricerca continua di innovazioni e spirito di miglioramento, diano prodotti di grande eccellenza. Con una storia ricca di passato ed un futuro sempre più promettente, Coppo è l’autentico gioiello del patrimonio enologico italiano.

Solo 200 bottiglie per il Single Malt Whisky più vecchio mai rilasciato da Macallan

Macallan compie 200 anni e accende la macchina del tempo

Con la Time : Space Collection, il passato, il presente e il futuro della distilleria si intrecciano in un viaggio affascinante tra whisky e arte

Sono passati 200 anni da quando il fondatore Alex Reid pose la prima pietra della distilleria Macallan, nel cuore dello Speyside scozzese. Così ha avuto inizio una serie ininterrotta di successi che ha portato Macallan a diventare sinonimo perfetto di eccellenza e di maestria nell’arte della produzione di whisky. Il 2024 è l’anno in cui si celebra la storia dell’icona Macallan, ma è anche il momento per chiudere il cerchio del tempo e connettere un heritage glorioso a nuovi orizzonti futuri, a partire dal lancio della straordinaria TIME : SPACE COLLECTION.

In occasione di questo traguardo Macallan ripercorre tutte le tappe che decennio dopo decennio l’anno resa semplicemente The Macallan, ribadisce i pilastri produttivi su cui poggia ogni goccia di whisky che si fregia del suo nome, ma apre anche nuovi scenari: la creazione di whisky dal design futuristico, una rinnovata sensibilità per l’ambiente naturale e nuovi modi di comunicare. E su quest’ultimo aspetto, proprio l’Italia, che con Macallan può vantare una lunga storia d’amore, vede una collaborazione speciale.

Macallan ha infatti l’onore di affiancarsi a figure di riconosciuto prestigio nei loro campi di appartenenza le quali, in un cortometraggio d’autore realizzato da UNFOLLOW adv ed Eliofilm, si interrogano sul senso del tempo. Il tempo come ingrediente fondamentale per raggiungere l’eccellenza e creare prodotti capaci di sfidare il tempo stesso.
La gallerista Lia Rumma, lo scrittore Nicola Lagioia, lo chef stellato Mario Uliassi, lo stilista Ottavio Missoni e il guru dei distillati Luca Gargano ci parlano della loro personale concezione del tempo in un corto diretto da Serena Corvaglia e con la partecipazione di Kasia Smutniak.

TIME : SPACE COLLECTION.
Dove passato e futuro si incontrano

Per celebrare i suoi 200 anni di vita, Macallan ha creato due nuovi whisky che rappresentano una vera e propria macchina del tempo, grazie all’incontro tra un’ingegneria all’avanguardia e a un’antica maestria artigianale. Il primo è TIME : SPACE, una ruota avveniristica con un doppio scompartimento che contiene nella camera esterna il Single Malt Whisky più vecchio mai rilasciato da Macallan, unione di due sole botti con vintage 1940 e 84 anni di maturazione; nel secondo alloggio troviamo invece un Single Malt che contiene i primi whisky prodotti dalla nuova distilleria nel 2018, uno sguardo sul futuro di Macallan, che è garantito proprio dalla qualità eccezionale dei nuovi distillati. I due whisky sono imbottigliati rispettivamente a 43.4% e 54.9%.

Su TIME : SPACE, Kirsteen Campbell, Master Whisky Maker di Macallan, ha commentato: “È stato un assoluto privilegio poter tornare indietro nel tempo e selezionare stock degli anni ‘40 per onorare e celebrare il nostro 200° anniversario. Un’occasione eccezionalmente rara nella vita di un produttore di whisky e di cui farò tesoro”.
Per l’annata 2018 invece “la selezione di una botte più giovane è stata un’esperienza elettrizzante, un’opportunità per mostrare una visione del futuro di Macallan. La prova che, grazie alla fusione di savoir-faire e scienza, abbiamo garantito la continuità del carattere del nostro whisky”.

Sono stati prodotti solo 200 esemplari di TIME : SPACE, uno per ogni anno di vita della distilleria, incastonati in una scultura lavorata a mano di quercia americana ed europea, progettata appositamente per accentuare il colore naturale al 100% del whisky. Nel suo complesso questa opera d’arte simboleggia l’impegno di Macallan a proteggere e coltivare questo mestiere per il futuro e al tempo stesso l’intima connessione circolare tra passato e futuro.

200 punte che riecheggiano l’arte degli origami adornano la scultura, mimando il modo in cui la natura custodisce ciò che è più prezioso e fragile. Allo stesso modo questo intricato gioco di spigoli serve a proteggere ciò che è più prezioso per Macallan, il suo incomparabile whisky.

Il secondo imbottigliamento celebrativo della serie è TIME: SPACE MASTERY, un Single Malt a 43.6% estremamente complesso e ideato selezionando 14 diversi tipi di botti, tra cui rovere europeo e americano ex Sherry ed ex Bourbon. Per Euan Kennedy, Lead Whisky Maker di Macallan, “ispirandoci ai maestri del passato, abbiamo esplorato tutte le sfumature organolettiche presenti nelle nostre cantine per catturare la complessità che botti diverse per origine, dimensione e contenuto possono donare al whisky. Il risultato è un Single Malt davvero speciale, il cui cuore è l’eleganza fornita dalla quercia europea”.

Easter Elchies House

Il passato: una storia meravigliosa

Le origini di Macallan risalgono al 1543, quando le terre di Easter Elchies vengono donate alla famiglia Grant dal Vescovo di Moray. Qui John Grant costruisce la Easter Elchies House, vera e propria casa spirituale del brand ancora oggi rappresentata in etichetta. Nel 1820 l’agricoltore e insegnante Alexander Reid si stabilisce presso la tenuta, prendendola in affitto tre anni prima dell’Excise Act, punto di svolta per la storia del whisky scozzese, grazie al quale vengono concesse licenze per la distillazione legale. Alexander Reid coglie dunque questa opportunità e avvia i lavori per una delle prime distillerie munite di licenza. La produzione di Macallan comincia nel 1824. La proprietà passa poi a James Stuart, che amplia produzione e distribuzione, mentre è il futuro proprietario, Sir Roderick Kemp, a introdurre una novità che diventerà un elemento fondamentale nello stile di Macallan: l’utilizzo di botti che in precedenza hanno contenuto Sherry.

Nella prima metà del Novecento il mondo attraversa le tenebre delle due guerre mondiali. In casa Macallan la figlia di Sir Kemp, Janet Harbison, rimane vedova in giovane età e prende così la guida. Anche lei, come il padre, si dimostra una grande innovatrice, pensando a lunghi invecchiamenti del whisky: decide insomma di investire nel tempo. È l’inizio di una filosofia che sarà davvero una delle caratteristiche fondanti della distilleria. Nel Dopoguerra Macallan consolida il suo status di marchio di whisky più prestigioso al mondo. Gli imbottigliamenti usciti a partire dagli anni ‘70 e ‘80 sono oggi delle leggende liquide, whisky ambiti dai collezionisti di tutto il mondo. Nel 1996 Macallan entra a far parte del gruppo Highland Distillers, che viene poi acquistato da Edrington Group, colosso degli spirits e oggi proprietario della distilleria.

La distilleria Macallan



Il presente: celebrare l’heritage di Macallan

In un momento di grandi cambiamenti per il whisky, che sta vivendo una vera e propria golden age, Macallan lavora ogni giorno per ribadire la sua leadership, da sempre fondata su una doppia aspirazione: da una parte la conservazione dei metodi di produzione tradizionali, dall’altra la ricerca di soluzioni innovative, sempre al servizio della qualità.
E la nuova distilleria di Macallan, inaugurata nel 2018, è l’approdo naturale di questo approccio. Progettata dal noto studio Rogers Stirk Harbour + Partners, è un vero capolavoro di design contemporaneo, un progetto suggestivo finalista al prestigioso Stirling Prize nel 2019. La costruzione ha previsto l’utilizzo di materiali come la pietra locale e il legno, per rendere omaggio alle materie prime usate per la produzione di whisky. Le linee pulite e le ampie vetrate creano un’atmosfera idilliaca. Ad avvolgere l’edificio è lo spettacolare tetto verde, composto da oltre 1800 travi, che si fonde armoniosamente nel contesto naturale. Non manca anche l’impegno verso la sostenibilità: la distilleria utilizza fonti di energia rinnovabile, riduce al minimo l’impatto ambientale e si impegna attivamente a preservare la biodiversità del territorio.

La grandezza di Macallan poggia inoltre su una filosofia produttiva molto rigorosa: piccoli alambicchi che donano grande struttura al distillato bianco; la ricerca dei migliori legni di rovere e l’utilizzo massiccio di botti ex Sherry, un fatto ormai molto raro in Scozia. Per questa ragione nel 2023 Macallan ha acquisito il 50% del Gruppo spagnolo Estevez, proprietario di Valdespino, una delle più antiche aziende vinicole di Sherry. L’obiettivo è chiaro: avere accesso alle migliori botti ex-Sherry. E infine il valore della genuinità: il colore dei whisky Macallan dipende soltantodal processo di invecchiamento, rigorosamente senza aggiunte di coloranti.




(immagini gentilmente concesse da Ufficio Stampa)

Jury Chechi: “Ho aperto un agriturismo e produco vino”

INTERVIEW BY FIORELLA PALMIERI
PHOTOGRAPHY DAVID GLAUSO

Jury Chechi: “Ho aperto un agriturismo e produco vino”

Il campione e l’uomo: la storia di Jury Chechi e della sua vita in equilibrio

Con resilienza e passione dominava la forza di gravità e la trasformava in poesia, un mix di disciplina e grazia che ha reso Jury Chechi un’icona dello sport italiano e mondiale.
Se parliamo del Signore degli Anelli, possiamo qui dire a gran voce che non c’è nulla di fantasy e irreale, ma un grande uomo che ha saputo trasformare le difficoltà in un trampolino di lancio verso la gloria.
Jury Chechi è stato il primo ginnasta della storia a vincere cinque titoli mondiali consecutivi agli anelli al 1993 al 1997, un’impresa che lo ha consacrato come una vera leggenda della ginnastica artistica italiana. Ma non solo, a questi strabilianti successi si aggiungono anche quattro titoli europei nel 1990, 1992, 1994 e 1996, un Oro Olimpico ai Giochi di Atlanta del 1996, e un Bronzo ad Atene nel 2004 all’età di 35 anni. L’immagine di questo campione mentre esegue una routine perfetta agli anelli è incisa nella memoria degli italiani, così come il silenzio gelido e nervoso del pubblico, seguito dal clamore, dall’annuncio del punteggio, da quell’Oro atteso per troppo tempo, anzi no, per il tempo giusto, come lui stesso direbbe. Nessuno, ancora, è riuscio a fare di meglio.

Ma sotto la corazza dura, e baciata dagli abbaglianti dei riflettori, del più grande ginnasta di tutti i tempi, si nasconde un uomo dal pensiero profondo, l’animo buono e una straordinaria intelligenza emotiva. Nel 2000, dopo il grave infortunio che gli chiuse le porte delle Olimpiadi di Sidney, avrebbe potuto fermarsi, eppure ad Atene 2004 riesce ad essere di nuovo protagonista, conquistando una medaglia di bronzo dal sapore aureo. In quel momento Jury Chechi lasciava i suoi panni da atleta per indossare quelli di un uomo coraggioso capace di dimostrare al mondo che la vera vittoria sta nel non arrendersi mai.

Ma Jury è molto più di un campione olimpico, è una vera e propria ispirazione, un ideale, un esempio concreto di come il sacrificio, la dedizione, la pazienza e la fede nei propri sogni possano portare a risultati straordinari.

Oggi si dedica alla famiglia e al suo agriturismo “Colle del Giglio”, aperto nel 2013 a Ripatransone nelle Marche insieme a Silvia Arzillo, e alla sua piccola azienda vinicola. Un amore, quello per il vino, che nasce dal rispetto per il territorio e dalla volontà di fare qualcosa per e con gli altri, un modo per regalarsi del tempo e prendersi cura di ciò che ha un valore più sentimentale che economico.

Ma questo campione è sempre in prima linea anche nello sport con la sua Jury Chechi Academy, dove promuove la ginnastica e il calisthenics, dedicandosi alla formazione di nuovi talenti e alla diffusione dei valori sportivi.



Medaglia d’Oro alle Olimpiadi di Atlanta 1996, Medaglia di Bronzo alle Olimpiadi di Atene del 2004, Medaglia d’Oro al valore atletico, altri 200 premi vinti. Il re degli anelli. Come ci si sente ad essere il più grande ginnasta di tutti i tempi?

Onestamente non so se questo sia vero, ma a sentirlo ci si sente bene, ed è bello ricordare quei successi, perché sono sempre stati il mio obiettivo, fin da bambino. A nove anni a scuola ci diedero da fare un tema (che tutt’ora conservo) dal titolo: “Cosa vuoi fare da grande?” La mia risposta fu chiara: “Voglio vincere le olimpiadi”.

La tua disciplina e specialità erano gli anelli. Sono passati alla storia i tuoi esercizi fluidi e di una stabilità impressionante come il “cross”, che altri atleti non riescono ad eguagliare. Come si arriva all’eccellenza?

Col lavoro e con l’allenamento. Avevo indubbiamente dele doti, ma se il talento è il 30% del risultato, il restante 70% è lavoro. Per far sembrare fluidi e semplici degli esercizi che in realtà non lo erano affatto, mi sono allenato molto sbloccando la muscolatura del viso rispetto a quella del corpo (cosa non del tutto naturale) per dare l’impressione di non fare fatica e di offrire uno spettacolo ancora più bello. Non è stato facile, ma ho trasformato sfide che potevano sembrarmi difficoltose e cruente in opportunità.

Hai scritto pagine di storia, sei diventato una leggenda e un esempio da seguire per tutti i futuri ginnasti, immaginiamo che lo sport sia per te anche uno stile di vita. Da quando ti sei ritirato qual è la tua quotidianità?

Inizialmente mi sono preso un necessario periodo di pausa. Poi però si è palesata l’esigenza fisica e mentale di riattivare il mio corpo in attività sportive meno impegnative di quelle agonistiche, ma mirate al benessere, ed è stata una meravigliosa sorpresa perché ho iniziato a fare sport non per vincere ma per trovare la serenità.

Sei competitivo anche nella vita?

Sono competitivo solo con Antonio Rossi (ride). Io e Antonio siamo molto amici, ci sfidiamo spesso, è un gioco che ci piace. Gli voglio molto bene, è una bellissima persona estremamente spiritosa ed io ho bisogno di circondarmi di positività. Nel mio passato di agonista l’obiettivo era vincere, non ho mai gareggiato per partecipare. Ora non ne ho più bisogno, il che non significa non mettersi in gioco.


Nel 2022 per aiutare la Società Ginnastica Etruria, la palestra in cui hai mosso i primi passi, hai messo all’asta circa 200 premi vinti in diverse specialità, a eccezione delle medaglie d’oro. A Prato hai poi aperto la Jury Chechi Academy, una scuola per futuri campioni. Sei molto legato al tuo territorio?

Sì, perché devo molto a questa città, qui ho iniziato la mia attività ed ho scoperto la mia passione e il mio sogno. Allo stesso modo mi sento legato al territorio marchigiano, dove ho aperto “Colle del Giglio”, il mio agriturismo. Ma sono legato anche ad altri luoghi visitati in giro per il mondo.

Hai aperto “Colle del Giglio” nel 2013, dove hai anche una piccola produzione di vino, frutto della tua passione. Sappiamo però che durante le gare il vino è un lusso proibito; stai recuperando il tempo perso?

Sicuramente mi piace il vino e mi piace bere in maniera moderata, e qualche volta anche smoderata (ride). La mia è una piccola produzione che mi dà moltissime soddisfazioni. Abbiamo reimpiantato nel 2007 una vigna già esistente, e nel 2011 la prima vendemmia. Pecorino, Passerina, Montepulciano e Sangiovese, solo uve autoctone per una produzione di circa 30.000 bottiglie.

Trovi che ci sia un comune denominatore tra la produzione del vino e lo sport?

Sì, il tempo. Un concetto che spesso non riusciamo a rispettare, ma l’eccellenza necessita di attesa. Agli inizi della mia carriera ero irrequieto e volevo raggiungere gli obiettivi il prima possibile, poi ho capito che quel tempo era necessario. Così è con il vino, per produrre qualità è bene imparare a comprendere quando raccogliere l’uva, imbottigliare e infine stappare una bottiglia.


Il progetto “Colle del Giglio” com’è nato?

È nato da un’idea comune con amici di famiglia. Volevamo una casa da vivere e da aprire anche agli altri. È stata una piccola vittoria anche quella, su cui progettare ancora oggi.

Ti vediamo spesso in tv, come opinionista e ospite, ma com’è la tua giornata tipo e com’è cambiata rispetto a prima?

Prima era tutto programmato, dal risveglio a quando andavo a letto la sera. Alienante ma bellissimo. Ora non ho programmi, la priorità è prendermi del tempo per me, perché tutto nella vita si può recuperare, ma il tempo proprio no.

Abbiamo letto che parteciperai alla prossima edizione di “Pechino Express”, ti va di raccontarci un po’ questa esperienza?

Ho partecipato a “Pechino Express” con Antonio Rossi, un grande amico. Mi avevano chiesto di farlo altre volte con i miei figli (che si tengono alla larga dai riflettori), ma non ho mai accettato. Pensando che Antonio avrebbe rifiutato, ho detto di sì. Peccato che lui abbia fatto la stessa cosa. Ed eccoci qui, ad affrontare nuove sfide con una predisposizione fisica e mentale, ma vi assicuro molto complicate, il che ha stupito entrambi. L’esperienza più grande è stata averla vissuta insieme a lui, sostenendoci nei momenti di sconforto. Abbiamo visto posti straordinari e conosciuto persone pazzesche, che non posseggono nulla, eppure sono capaci di darti molto.

GIANMARCO SAURINO

INTERVIEW BY ALESSANDRO MANNUCCI
PHOTOGRAPHY MARCO ONOFRI
STYLING NICK CERIONI
GROOMING COTRIL
PRESS OFFICE ANDREAS MERCANTE
LOCATION THE DOPING BAR, MILANO
STYLING ASSISTANTS NOEMI MANAGÒ,
NIKO PRETE, MARCO SPAGNUOLO, ILARIA TACCINI

Confesso con un certo senso di colpevolezza di non avere dato recentemente molte chances al cinema italiano. A maggior ragione tenendo conto che non mi ritengo particolarmente schiavo dell’egemonia cinematografica statunitense: guardo molti film coreani, giapponesi, qualcuno indiano (fenomenale), tedeschi, francesi, scandinavi, italiani però pochi, al netto dei grandi autori celebrati internazionalmente, il solito Sorrentino, di cui ultimamente amo ogni intervista molto di più dei film, Garrone, Guadagnino. Sicuramente è colpa del mio preconcetto sull’industria nostrana contemporanea che in passato è stata in grado di imporsi con uno stile e una visione assolutamente peculiare, vitale e iconoclasta mentre oggi mi sembra spesso paludata negli stilemi ben delineati dal meme “Cinema Italiano Starter Pack”: il solito impeccabile Favino, attrici ansiose che strillano, scene girate in interni, ragazzi giovani che parlano romano indipendentemente dal periodo storico o dalla connotazione geografica, qualche faccione televisivo a impreziosire come cameo. Di Gianmarco Saurino ammetto candidamente di non aver mai visto un film o una serie che lo annoveri nel cast, ma basta uno sguardo superficiale e poco esperto (il mio, per esempio) per capire che non si farà perchè si è fatto già, grazie a commedie di successo come “Maschile Singolare,” la miniserie Rai “Per Elisa – Il caso Claps” , la serie storica targata Netflix La Legge di Lidia Poët 2“ e ovviamente “Doc – Nelle tue mani”, la fiction che gli ha regalato una certa riconoscibilità presso il grande pubblico. E l’impressione generale è che Saurino finora abbia solo scaldato i motori e, come diceva un navigato musicista emiliano amante del lambrusco “il meglio deve ancora venire”.

Total look Etro



Ciao Gianmarco, sei nato lo stesso giorno del mio secondo figlio, il 12 dicembre, quindi partirei da qui. Se lui mi dicesse in futuro “papà, voglio fare l’attore” io gli risponderei “ma certo, se è quello che vuoi”. Poi mi chiuderei nel mio studiolo e inizierei a piangere sommessamente senza farmi vedere. Ecco, i tuoi genitori come reagirono?

Ahhaha. Io vengo da Foggia, un paesone di 170mila abitanti, di cui spesso si parla molto male perchè finisce quasi sempre in fondo a quelle classifiche delle “città con la migliore qualità della vita”. Io ci sono affezionato, ci ho vissuto 18 anni della mia vita ed è il posto dal quale vengo, e come dice una canzone molto bella (1984 di Salmo, N.d.A.) “dove cazzo vai se non sai da dove vieni?”. La mia era una famiglia di ceto medio basso: mio padre faceva il ferroviere, mia madre la casalinga ma laureata in psicologia. Dire a Foggia che volevi fare l’attore era come dire “vorrei fare l’astronauta”.

Ti rispondono: “ma non potevi nascere gay come tutti gli altri?

Ahahha, si sarebbe stato forse meglio. Ma ho avuto la fortuna di avere due genitori stupendi e mio padre (che ora nega perché non si ricorda) mi disse “sappi che noi possiamo sostenerti nel tuo trasferimento a Roma, ma se non dovessi farcela potrebbe non essere completamente una tua responsabilità”. Non è una perla detta da un uomo pragmatico che non aveva nessun legame col mondo dello spettacolo.

Tuo padre come il mio, appartiene alla generazione del posto fisso, educata a una cultura del lavoro, giusto?

Sì, a volte non aveva gli strumenti emotivi per gestire la visione artistica del mestiere. Tutta la mia carriera, soprattutto ora, dipende da scelte. E spiegare questo a mio padre che si è sempre spaccato la schiena tirando su tre figli, è molto difficile. Ma sono stato indubbiamente molto fortunato.

Total look MSGM

Ti confesso che ho dei pregiudizi nei confronti del cinema italiano contemporaneo. Come diceva Cobain, “so che è sbagliato ma che posso farci?” Magari posso chiedere a te che ci lavori, in che stato è il cinema italiano oggi? A me pare ci siano da un lato piccoli film cotti e mangiati girati in luminosi appartamenti di Prati, dall’altro i grandi autori innamorati delle loro metafore visive. In tutto questo mi sembra che il nostro cinema fatichi a trovare un pubblico.

Il fatto che nel nostro paese ci sia una donna come Alice Rohrwacher, mi lascia ben sperare. Per me la cosa più importante è raccontare una storia. Ed il modo in cui scegli di raccontarla definisce chi sei.

La mia era un pò un’iperbole, mi piace esagerare. Come scegli i progetti ai quali lavorare?

Ho le idee chiare su quello che non mi va più di fare. Scelgo un progetto sulla base della trama; d’altronde da piccolo volevo fare il cantastorie. Il lavoro non è il fine, è il mezzo.

E cosa non ti va più di fare?

Le cose facili. Sembra una risposta del cazzo ma ha senso. Quando trovo facile una sceneggiatura, perdo interesse. Mi piacciono le sfide, le cose complesse: non intendo i ruoli per i quali devi ingrassare 60 kg, camminare su una gamba sola, usare accenti particolari, ha più a che fare con la complessità del bagaglio emotivo da portare in scena.

Total look Ferrari

Tu ci credi all’esistenza del “cinema italiano starter pack”? Parlo di Savino, Germano, un po’ di attori romani che parlano con forte accento e una storia di papà per caso ambientata in una periferia romana che non esiste veramente?

In questo paese non esiste lo star system. Abbiamo però le nostre star, che sono i cinquantenni Favino, gli Accorsi, Michele Riondino che c’è arrivato tardissimo, e lo stesso vale per le donne. È molto difficile che sui trentenni si riesca a fare un lavoro di marketing importante; sei bello, puoi fare l’amante; sei brutto, puoi fare il caratterista; sei bionda puoi fare la svampita. Non puoi essere cool e allo stesso tempo popolare, e questo è limitante. Josh O’Connor, Paul Mescal, trentenni con una grande responsabilità, mentre noi combattiamo le etichette.

Il tuo aspetto ti ha in qualche modo penalizzato nell’attribuzione dei ruoli?

I no che dici sono dei segnali che mandi al mercato. Ho fatto delle commedie brillanti e sapevo che a un certo punto avrei dovuto togliere la maglietta, Chissà, magari fra due mesi mi vedi fare un cinepanettone, ma in verità la direzione che mi piacerebbe prendere è quella del sociale, che oggi forse hanno solo cinema e servizio pubblico.

Total look Versace

Ti è mai capitato di essere associato dal pubblico a un personaggio che hai interpretato?

Succede continuamente! Nella serie Per Elisa il ragazzo che interpreta Danilo Restivo, l’assassino, mi ha raccontato di aver perso delle possibilità lavorative perché pare che in Italia, sulla tv generalista, il ruolo che ti viene affibbiato diviene quasi un tutt’uno con la tua persona. Nella serie tv su Totti, Gianmarco Tognazzi che interpretava Spalletti, a Roma fu trattato di merda. Eppure sono due persone diverse! Forse dovremmo fare come dice Ricky Gervais: togliere dalla candeggina la scritta “non si beve” e rifare le elezioni.

Tu hai fatto il teatro, il cinema, la grande fiction, le serie sulle piattaforme, qual è il lavoro che ti ha dato il bagaglio esperienziale più grande?

Professionalmente tutte, per essere democristiano, ma la grande fiction, che rappresenta il 65/70% dell’industria di questo paese, è forse la più grande palestra per un attore. Quando ho recitato in “Che Dio ci aiuti”, la nota serie con Elena Sofia Ricci, stavo sul set tutti i giorni a girare una quantità notevole di scene, è un lavoro durissimo di cesellatura e credibilità del personaggio. Se a dirigerti è Scorsese, immagino che il copione sia già perfetto.

Non lo immaginavo. Tutti parlano del teatro come della tana delle tigri di ogni attore capace. Invece è “Gli occhi del cuore” ad essere il vero incubatore e vivaio. Quando ti hanno fatto fuori in “Doc – Nelle tue mani” sei andato dagli sceneggiatori come Martellone a dire “io non posso morire, ho un dono speciale, sono l’unico che può comunicare con la piccola Natalia” ? (Il riferimento ovviamente è a Boris, se non sapete di cosa stiamo parlando non possiamo essere amici).

Hahahahah. Dopo aver palesato agli sceneggiatori la mia volontà di uscire dalla grande fiction (“Io gradirei morire”, disse il compianto Herlitzka a Pannofino), sono stati molto bravi perché hanno evitato l’escamotage “è partito per l’America, chissà se tornerà” . Hanno fatto morire il mio personaggio di Covid.

Hai fatto anche un video con Giancane! C’è un esperienza professionale che ti manca?

Quest’anno ho fatto il mio primo lavoro per una piattaforma americana, una serie francese. Mi piacerebbe però essere diretto da un grandissimo, un regista che amo, Martin Scorsese. Temo sia difficile anche solo per la sua età.

Eh si, bisogna muoversi. Credo sia anche il mio regista preferito. Ricordo, quando uscirono gli ultimi suoi due film, “The Irishman” e “Killers Of The Flower Moon”, la critica si spaccò. Non è più contemplato lo spazio per il dibattito, è tutto polarizzato tra “capolavoro, non lo capite perchè siete idioti!” e “è una merda assoluta, io lo avrei fatto meglio!”

Totalmente d’accordo. Ma poi: come fai a criticare quei film? Il finale di Killers of The Flower Moon è incredibile e Al Pacino da solo in The Irishman è devastante. Io li ho amati incondizionatamente. Ormai la critica mi sembra stia scivolando in questa trappola, curva nord o curva sud.

Jacket Golden Goose
Shirt Etro
Trousers leather Leonardo Valentini

Qual è il più grande pregiudizio sul tuo lavoro?

Se fai l’attore hai i soldi. Non è necessariamente vero. Questo succede perché il pubblico non vede quello che facciamo per i 264 giorni l’anno escluse le paillettes delle Mostre e delle presentazioni, alle quali siamo spesso costretti ad andare. Dietro c’è un enorme lavoro psicologico per tenere insieme la tua struttura mentale e cercare di essere sempre all’altezza.
In una meravigliosa intervista a Tom Hanks, lui dice: “Va tutto male, non ti chiama nessuno, sbagli tutti i provini, ti senti un incapace. Passerà. Sei il numero uno, tutti ti vogliono, sei in cima, hai vinto tutti i premi. Passerà”. È un flusso, è la meraviglia di questo lavoro. La cosa importante per me è cercare di fare qualcosa di rilevante ed essere credibile.

Se passassi dietro la macchina da presa, come tanti tuoi blasonati colleghi, che storia vorresti raccontare?

Bella domanda! Da qualche giorno sto scrivendo una commedia romantica perché tutte quelle che arrivano non mi piacciono. Io voglio parlare delle cose reali, e le relazioni sono le sceneggiature perfette. Vorrei mettere in scena i trentenni perché sono la fascia meno raccontata in Italia, sempre così poco cool per il cinema. Niente effetti speciali, niente americanate. Un esempio? Aftersun di Charlotte Wells. Perchè in Italia non si può fare un film così?

Questo numero di Snob è incentrato sul rapporto Giorno/Notte. Tu che sei giovane, figo, senza figli, insomma il contrario di me, come vivi la notte?

La amo molto, ma la vivo con il senso di colpa perché mi costringe a svegliarmi tardi il mattino. Forse sto invecchiando.

Domanda di rito, quanto sei SNOB?

Se snob significa non temere il giudizio degli altri ma emergere con il proprio pensiero critico, essere se stessi fino in fondo, allora forse qualche volta snob lo sono stato.

Gianmà, com’è andata questa intervista? Ho la sensazione che sia la prima e l’ultima volta che mi chiamano per farne una.

Guarda, ad oggi è la migliore che mi abbiano fatto! Puoi scriverlo!

Antonino Cannavacciuolo lancia CONTRATTINO, il nuovo aperitivo

L’aperitivo rosa che berresti su ogni cosa

Antonino Cannavacciuolo firma CONTRATTINO

Se è sempre l’ora dell’aperitivo, quale miglior momento per lanciare Contrattino? Antonino Cannavacciuolo non ha dubbi e sfida l’estate che arriva con un ready to drink rinfrescante, dal moderato tenore alcolico e in un formato elegantissimo. 

La storia però è molto più lunga di così. 

Per parlare di Contrattino, infatti, dobbiamo tornare indietro negli anni, per un viaggio alla scoperta di un prodotto che ha bruciato i tempi e che ora torna, con nuove ed interessanti vesti, prepotente sulla scena.

Sono gli inizi del 1900 e l’aperitivo diventa un momento importante, di condivisione e chiacchiere, soprattutto nella classe intellettuale e artistica italiana. Qui, nei bar, si celebra un nuovo modo di vivere e assaporare la convivialità. 

Arrivano gli anni ’20 e ’30, la moda dall’aperitivo è popolare e nascono cocktail che faranno la storia, come il Negroni e l’Americano. È in questo momento effervescente che CONTRATTO, cantina vinicola fondata a Canelli nel 1867, inizia a proporre sul mercato due prodotti pensati anche per la miscelazione, il CONTRATTO BITTER (1933) e il CONTRATTO APERITIF (1935). Ma è solo un anno dopo che nasce quello che possiamo definire l’antenato dei moderni ready to drink, L’APERITIVO TONIC NORMAL G. CONTRATTO CANELLI. Il successo è immediato e negli anni ’50 arrivano anche le declinazioni TONIC NORMAL e TONIC BITTER, reclamizzati come “gli aperitivi degli intenditori”, oggetto di un’iconica campagna pubblicitaria dell’artista Mario Gros.

Contrattino Aperitivo Italiano

Contrattino è il frutto della meticolosa e incessante ricerca di casa Contratto che, facendo tesoro della sua storia, propone un prodotto biologico, dal basso tenore alcolico, elegante e fresco, in linea con le attuali tendenze di consumo. 

Un’elegante bottiglia in stile Art Déco da 20 cl, una gradazione alcolica del 5,5%, una gradevole sensazione rinfrescante e floreale. È questo l’identikit del nuovo aperitivo dell’estate, creato da Paolo Dalla Mora imprenditore già fondatore di Gin Engine, Vermouth  & Bitter Strucchi e Sgrappa, Giorgio Rivetti, proprietario di Contratto e Luca Gargano, presidente di Velier. Una compagine di imprenditori di successo a cui si è aggiunto lo chef Antonino Cannavacciuolo, che ha deciso di sposare un progetto che lo vede al suo debutto nel mondo del beverage. 

Che sapore ha Contrattino

Contrattino regala una percezione dolce ed equilibrata e una parte amaricante variegata, che si differenzia dalla classica genziana o artemisia di molti aperitivi. La sua parte floreale è piacevole e decisa, così da amplificare molto il bouquet aromatico. Il colore rosa è assolutamente naturale e gli è donato dal succo concentrato di carota nera. 

Tutto questo mix porta ad una beva coinvolgente, dove un sorso chiama l’altro. Grazie all’ottima gestione del bilanciamento fra dolce, amaro e aromatico, il palato rimane sempre pulito e mai appesantito dalla parte zuccherina. 

L’aperitivo biologico

Contrattino è preparato con zucchero di canna biologico, aromi naturali di piante officinali e agrumi. La gradazione del 5,5% deriva da alcol biologico. 

Il perfect serve è liscio freddo senza ghiaccio, liscio in bottiglia con ¼ di fetta d’arancia (versione birretta) e versione 1×2 (due bicchieri, un contrattino e vino spumante) con metà Contrattino (10 cl) e metà vino spumante (10 cl).

Il brindisi è d’obbligo e necessita di pacca sulla spalla a completamento. 

Nuovo allestimento in Pinacoteca Ambrosiana, alla scoperta di Brueghel

BRUEGHEL 1625-2025

Riallestimento espositivo e installazione multimediale

Pinacoteca Ambrosiana Sala 7

In occasione dei 400 anni dalla morte del pittore fiammingo Jan Brueghel il Vecchio (1568-1625), la Pinacoteca Ambrosiana presenta, con il sostegno di intesa Sanpaolo, il riallestimento della sala 7 dedicata ai pittori fiamminghi – 32 capolavori tra oli su rame e vetro, tele e smalti su avorio – e una nuova installazione multimediale progettata per creare un’esperienza nel contempo coinvolgente e didattica.

Le opere furono collezionate dal Cardinale Federico Borromeo – fondatore della Biblioteca Ambrosiana nel 1607 e della Pinacoteca Ambrosiana nel 1618 – fin dagli anni giovanili in cui viveva a Roma, dove ebbe modo di conoscere personalmente due autori, ai quali resterà particolarmente legato: Jan Brueghel e Paul Brit. Divenuto Arcivescovo di Milano, portò con sé Jan Brueghel, col quale poi mantenne un continuo rapporto di committenza anche quando il pittore tornò ad Anversa, come testimonia il carteggio conservato in Ambrosiana. La straordinaria collezione annovera alcuni capolavori come il Vaso di Fiori con gioiello, monete e conchiglie (1606 Jan Brueghel), l’Allegoria del fuoco e l’Allegoria dell’Acqua (1608-1621 Jan Brueghel ), la Veduta marina (1611 Paul Bril), e persino l’acquasantiera (1606-1607 Jan Brueghel, Girolamo Marchesini) usata da Federico Borromeo.

Jan Brueghel, Allegoria del Fuoco

L’arte dei due pittori era particolarmente congeniale al cardinale Federico, che scrisse: “Dio si rivela non solo nella storia sacra, ma anche nel grande e mirabile libro della natura e della creazione“. Questi dipinti, non sono, quindi, semplicemente quadri di genere, ma intendono essere anche opere teologiche, poiché attraverso la contemplazione della natura tendono a manifestare la gloria del Creatore.

Il riallestimento della sala, progetto dell’arch. Alessandro Colombo in collaborazione con la Veneranda Biblioteca Ambrosiana, nasce dall’idea di valorizzare il nucleo di pittura fiamminga appartenente alla donazione del cardinale Borromeo del 1618.

La necessità di riconfigurare la distribuzione dei capolavori presenti nella sala dei Fiamminghi posta al primo piano della Pinacoteca Ambrosiana di Milano, ha portato ad una soluzione basata sull’impiego di “piani espositivi a parete” che permettono di circoscrivere gli insiemi delle opere secondo i nuovi criteri curatoriali. Seguendo la direzione di un allestimento che possa scomparire il più possibile e permettere la migliore fruizione delle opere d’arte, è stata scelta una riconfigurazione cromatica di tutta la sala con un blu studiato in consonanza con le tonalità dei dipinti. I piani espositivi si collocano, così, tono su tono sulle pareti in uno spazio rinnovato che rispetta totalmente le caratteristiche architettoniche della sala raccolta ma preziosa.

La scelta della ridistribuzione delle opere per autore anziché per ambito comporta una serie di vantaggi soprattutto in termini di narrazione, valorizzazione e non ultima fruizione.

L’approfondimento monografico permette ai visitatori di comprendere meglio la tecnica e lo stile di un singolo artista favorendo una lettura più intima e profonda del percorso creativo dell’autore. Secondo le parole di mons. Alberto Rocca, Direttore della Pinacoteca: “Siamo molto lieti che la sinergia con Intesa Sanpaolo ci abbia permesso di celebrare questo importante anniversario con un allestimento che non solo valorizza le opere con un nuovo stile espositivo, ma aiuta il visitatore a entrare nei dettagli di questi lavori miniaturistici grazie alle tecnologie più innovative“.

L’installazione multimediale dedicata a Jan Brueghel e al Cardinale Borromeo realizzata da Black Srl con la collaborazione di Limiteazero offre un’esperienza digitale che unisce arte, scienza e spiritualità. Grazie a 3 schermi touch interattivi, i dipinti si rivelano nei dettagli più nascosti, immergendo il visitatore in un percorso interattivo tra bellezza, conoscenza e meraviglia. Un dialogo tra passato e presente che restituisce all’arte il suo potere di ispirare e farci vedere il mondo con occhi nuovi.

SITEROOM ACCENDE I RIFLETTORI SULL’EDITORIA D’AUTORE CON SNOB MAGAZINE 

SITEROOM ACCENDE I RIFLETTORI SULL’EDITORIA D’AUTORE CON SNOB MAGAZINE 

Ospite Miriam De Nicolò, CEO e direttrice di Snob, in dialogo con il critico d’arte e curatore Luca Cantore D’amore: un  dialogo sul valore dell’editoria culturale per raccontare il mondo con stile e profondità

Lunedì 16 giugno 2025 ore 19:00 – Via Washington 106, Milano

Dopo l’incontro con l’artista e la scrittrice, SITEROOM torna ad accendere i riflettori sulle arti e la cultura con un nuovo appuntamento dedicato all’editoria contemporanea. Lunedì 16 giugno alle ore 19:00, negli spazi di via Washington 106 a Milano, ospite della padrona di casa, Maria Grazia Vernuccio, sarà Miriam De Nicolò, fondatrice, CEO e direttrice editoriale del magazine internazionale Snob, in dialogo con Luca Cantore D’Amore, brillante curatore e critico d’arte con uno sguardo innovativo sulla scena contemporanea.

Perché presentare una rivista? Perché SITEROOM è uno spazio dedicato alla cultura in tutte le sue forme, aperto alle sfide e alle trasformazioni del pensiero contemporaneo. Una rivista è un progetto artistico, creativo, complesso, frutto di un lungo lavoro di ideazione, scrittura, ricerca iconografica, progettazione grafica, fotografia e linguaggi visivi. In un momento storico in cui l’editoria è messa alla prova da profonde trasformazioni, SITEROOM sceglie di portare attenzione e rispetto verso l’universo dei magazine indipendenti, da sfogliare – sì – ma soprattutto da leggere, guardare, approfondire.

Snob è un progetto editoriale nato da un’idea precisa: promuovere la cultura come strumento di crescita sociale. C’è qualcosa di forte che spinge al cambiamento. Quella forza è l’amore,” afferma la direttrice. Il magazine, pubblicato due volte l’anno e distribuito in Italia, Europa, USA e Asia, unisce contenuto e forma in un prodotto bilingue di alta qualità. Ogni numero si sviluppa intorno a due tematiche opposte: quello attualmente in distribuzione è dedicato al binomio Night & Day, esplorato attraverso l’arte, la musica, la filosofia, l’immagine e la letteratura.

E intorno a Snob, c’è un universo, perchéè molto più di una rivista: è una community, un club esclusivo di membership, che promuove eventi, mostre e progetti culturali, con l’obiettivo di connettere individui che condividono valori comuni, una visione estetica e un interesse autentico per ciò che si cela dietro l’eccellenza: la persona, prima del personaggio.

SITEROOM, in via Washinton 106 a Milano è il nuovo spazio milanese dedicato all’arte e alla sperimentazione, ideato da Maria Grazia Vernuccio: un laboratorio fluido di idee, linguaggi e visioni nel cuore di uno dei quartieri più vitali della città.

SITEROOM – VIA GIORGIO WASHINGTON 106, MILANO

DATA 16.06.2025

ORARIO 19.00

INGRESSO LIBERO fino ad esaurimento posti 

Per partecipare inviare conferma a: mariagrazia@siteroom.it

IG: @site.room

Press office: mariagrazia.vernuccio@mgvcommunication.it

Tel. 3351282864

Danielle, da XFactor alla vita per la musica

Photography Giulia Bianco
Styling Diletta Pecchia
Make up/Hair Alice Bulgarelli

Il suo vero nome è Daniel Gasperini, pesarese, 29 anni e fa musica da quando ha ricordi.
Conosciuto al grande pubblico dopo il percorso al talent show XFactor 2024, Danielle conquista subito il giudice Manuel Agnelli dopo aver cantato Mare d’inverno di Loredana Bertè. Ma già aveva rapito il cuore di chi ama il cantautorato italiano con la sua prima esibizione di “Sfiorivano le viole”, di Rino Gaetano.


1 – Hai partecipato a XFactor 2024 conquistando i giudici con l’esibizione di “Sfiorivano le viole” di Rino Gaetano. Ci spieghi la scelta di questo testo?

Ho sempre ascoltato molta musica straniera nella mia vita, finché non ho scoperto Rino Gaetano. I suoi album mi hanno aperto le porte della nostra storia musicale.
Gli devo molto e ho voluto omaggiarlo cosi, scegliendolo come compagno di quell’avventura pazza.

Il testo di “Sfiorivano le viole” ci racconta il ricordo di una storia d’amore nata in una caldissima estate; quello che più mi colpisce, oltre alla musica che è incredibile, è la delicatezza nelle parole. Un capolavoro.

2 – Il tuo futuro è la musica? 

Assolutamente si.

3 – Oltre al tuo progetto da solista, sei in altri gruppi musicali? Come vivi questo dualismo?

Si certo. Al momento ho altre due band.

“Tangerine Stoned”, è un progetto che ho con mio fratello Christian, facciamo tutt’altro genere rispetto a Danielle. È una delle mie facce, più rock, più internazionale, più psichedelico. Incarna tutto ciò con cui sono cresciuto e mi fa sentire totalmente a casa.
Poi suono nei “Crema”. Da anni ormai; prima ci chiamavamo “I Camillas”. Facciamo pop italiano pazzo pazzo pazzo! Mi diverte molto e mi fa sentire vivo suonare con altre band, mi piacerebbe fare ulteriori esperienze musicali nelle sue infinite sfumature. Sono nato per questo.

4 – Ci sono dei cantautori che ti hanno ispirato maggiormente nella vita? E perchè.

Diversi personaggi mi hanno ispirato. Tra i piu influenti Michael Jackson, che amo totalmente. I suoi show erano pazzeschi, non è mai esistito niente di simile; mi piace pensare sia il mio animale guida, il mio santino.
John Frusciante in età adolescenziale mi ha rapito e mi ha fulminato con i suoi dischi solisti e con il suo modo di suonare la chitarra, da cui ho preso tanto.
Rino Gaetano per i suoi testi, per il suo gusto. Lucio Battisti (in tutte le sue forme) per il genio musicale e ovviamente Vasco per aver dato una nuova sfumatura al solito cantautorato italiano.

5 – Hai sperimentato diverse forme d’arte, tra cui la fotografia. Sappiamo che sei un collezionista ossessivo di macchine fotografiche. Com’è nata questa passione? 

Ahahaha! Si, ho avuto un periodo in cui ero totalmente fissato e compravo un sacco di macchine fotografiche strane ai mercatini. Una passione nata quando studiavo a Urbino quando con gli amici mi divertivo a sperimentare.

6 – Quali altri oggetti collezioni? 

In questo momento non ho particolari fisse se non quella di scrivere più canzoni possibili!
Quindi direi che colleziono canzoni nuove per i miei album.

7 – Quanto è importante comunicare chi siamo attraverso quello che indossiamo? 

Sinceramente io la vivo sempre come un gioco. Per me indossare vestiti di qualsiasi genere è una cosa divertente, non deve necessariamente comunicare chi sono. È bello confondersi, cambiare, evolversi. Voglio dire, adoro Michael Jackson e John Frusciante che sono gli opposti, e un giorno posso decidere d’essere Michael J. e andare in giro con strass e mocassini, e l’altro essere John F. e indossare camice di flanella e jeans larghi ma comunque sarei sempre io. Questo è il bello.

8 – Hai 29 anni, ti riconosci nella storia musicale odierna? O se potessi cambiare qualcosa, cosa cambieresti? 

Non cambierei nulla perchè d’oggi ci sono tutte le scene musicali che uno desidera.  Questo è prezioso e ti permette di suonare tutto trovando il tuo spazio nel mondo.

9 – Credi che in passato ci fosse più autenticità nella scena musicale e oggi, invece, i frontman delle band siano costruiti a tavolino? 

Come in tutte le epoche ci sono scene più autentiche rispetto ad altre. Una cosa è certa, se sei real resti nel tempo, se non lo sei, è difficile.

10 – Quali sono i messaggi che vuoi esprimere/lanciare ai giovani d’oggi con le tue canzoni? 

Io racconto storie nelle mie canzoni, a volte autobiografiche, a volte di qualcun altro, ma sono le storie di tutti in fondo.
Quello che mi interessa è che ci si possa immedesimare sentendosi protagonisti, capiti, sentire di non essere gli unici ma parte di un grande insieme.

La musica, le canzoni, sono state inventate per migliorare le nostre vite, i nostri ricordi, i nostri momenti più intimi.

11 – Cosa ti ha lasciato l’esperienza a XFactor? 

X Factor è stata una bella esperienza, molto intensa. Mi ha permesso di conoscere grandi musicisti, persone stupende e mi sono anche divertito nello scoprire le dinamiche televisive. 
È stata l’ennesima conferma che la musica in tutte le sue forme mi piace ed è ciò che mi tiene vivo.

camicia: Antonio Marras

Pistache, il nuovo sorprendente Eau de Parfum firmato Laurent Mazzone

Un passato nel settore moda, una naturale predisposizione nel riconoscere profumi e sapori da cui continuamente prende ispirazione, come per l’ultima novità in casa Laurent Mazzone – brand che prende il suo nome – PISTACHE, l’eau de parfum omaggio all’oro verde.

La coccola cremosa che si concede in Italia dopo cena (le origine sono del Bel Paese), viene trasformata e trasferita in quella bottiglia squadrata che ricorda gli edifici newyorkesi tanto affascinanti per Mazzone, durante il suo primo viaggio nella Grande Mela.

Del pistacchio, frutto di origini antichissime originario della Mesopotamia e noto rimedio medicinale (è ricco di antiossidanti, vitamine, minerali e fibre, migliora la salute cardiovascolare, il metabolismo del glucosio e la salute degli occhi, ha proprietà antimicrobiche contro alcuni batteri e virus) ha esaltato la sua ricchezza aromatica e sensoriale.
Arricchito da note di cacao scuro e caffè, l’Eau de parfum PISTACHE stupisce per persistenza e quella note dolce ma mai stucchevole, pregio del naso che fa dell’eleganza il suo marchio di fabbrica.

Pistache è un profumo vellutato, caldo ma con una nota di leggera e delicata freschezza data dal muschio bianco e fiori bianchi. Tra le altre note di fondo il legno di sandalo e l’assoluta di fava tonda.
Prezioso, originale, intenso, profondo e persistente con grazia, PISTACHE è davvero una novità in campo di profumi, di quelli che più passano le ore, più ti piace, più l’indossi e più non riesci a farne a meno.