Strage di Orlando, si indaga sul killer Omar Mateen

Cinquanta persone tra i 20 e i 50 anni sono morte nella strage di Orlando, la peggiore strage d’America compiuta a colpi di arma da fuoco. Si sospetta però che il numero delle vittime sia destinato a salire, perché dei 53 feriti molti sono in ospedale in condizioni gravi. Sul killer Omar Mateen, ucciso dalla polizia dopo aver scatenato il terrore all’interno del gay club Pulse, e sulla sua famiglia si concentrano in questo momento le indagini. Non è chiaro infatti se il 30 fosse uno squilibrato omofobo o un terrorista al servizio del Califfato. Poche ore dopo la sparatoria a Orlando, l’Isis ha rivendicato la strage tramite un comunicato del’agenzia online Amaq, confermato oggi da un bollettino radio. Omar Mateen pregava in moschea tre o quattro volte a settimana, portando con sé anche il figlio piccolo. “Finita la preghiera – afferma l’imam – se ne andava, non socializzava con nessuno. Non è mai sembrato un violento“. Eppure l’ex moglie lo dipinge diversamente: “Non era una persona stabile. Era bipolare. Mi picchiava e lo faceva anche solo perché il bucato non era pronto e cose del genere“. Il padre del killer di Orlando, Mir Seddique Mateen, sostiene che Omar avesse come unico movente l’omofobia: “Il movente religioso non c’entra nulla, ha visto due gay che si baciavano a Miami un paio di mesi fa ed era molto arrabbiato“. Ma secondo il Washington Post lo stesso Mir Seddique è stato, almeno in passato, un sostenitore dei talebani. Dei video di una trasmissione da lui condotta, in cui esprime questi pensieri, sono stati rintracciati su YouTube.


Quel che è certo è che  l’Fbi lo aveva interrogato due volte – nel 2013 e nel 2014 – come sospetto simpatizzante dell’Isis. Non appare chiaro, quindi, come l’uomo abbia potuto procurarsi legalmente le armi da fuoco usate per compiere la strage a Orlando. “Stabilimmo che il contatto era minimo e che non costituiva una relazione importante o una minaccia in quel momento“, ha spiegato l’agente Ron Hopper, ma il pensiero che l’intelligence americana non sia abbastanza efficace si diffonde sui media. E mentre si indaga parallelamente sulla pista del terrorismo islamico e su quella del fanatismo omofobo, un’altra notizia colpisce l’America: James Howell, 20 anni, è stato arrestato a Santa Monica in California in possesso di diverse ami, fucili e sostanze chimiche per la creazione di ordigni rudimentali. Era diretto al Gay Pride di Los Angeles, ma le prime indiscrezioni non fanno pensare a un collegamento con la strage di Orlando. Qualunque sia il movente, sono almeno 50 le vite spezzate in questa orribile notte di terrore in cui l’America si è sentita ancora una volta vulnerabile, anche grazie alla facilità con cui qualsiasi civile può acquistare un’arma. “Nessun atto di terrore o di odio cambierà chi siamo come americani – ha dichiarato il presidente Barack Obama – Il massacro mostra come è facile per gli americani essere uccisi a scuola, in chiesa, nei cinema o nei nightclub. Questa strage è un ulteriore richiamo a come sia facile per qualcuno entrare in possesso di un’arma. Dobbiamo decidere se questo è il tipo di Paese che vogliamo essere“.

Sembrava terrorismo, invece era matematica

Probabilmente chi insegna matematica è abituato a sentirsi dire di tutto: la maggior parte degli studenti non ha in simpatia questa materia. Ma che la matematica venga scambiata per terrorismo, è un evento raro. Eppure è successo al torinese Guido Menzio, professore di economia all’Università della Pennsylvania. Il professore si trovava all’aeroporto di Philadelphia su un volo per Syracuse per tenere un discorso alla Queen’s University di Ontario, in Canada. A bordo dell’aereo dell’American Airlines, in attesa del decollo, stava prendendo appunti cercando di risolvere un’equazione di cui avrebbe parlato durante la conferenza. Il taccuino con segni (per qualcuno!) incomprensibili, insieme ai tratti evidentemente mediterranei dell’uomo,  hanno provocato l’equivoco. Pensando che il professore dai capelli ricci e dalla pelle olivastra fosse un terrorista, la vicina di posto ha scatenato il panico. «La passeggera seduta accanto a me ha chiamato l’hostess e le ha passato un biglietto» ha raccontato il professore quarantenne scambiato per un terrorista. L’aereo, che si trovava sulla pista in attesa del segnale per il decollo, è ritornato al gate e il professor Munzio è stato interrogato da un funzionario al quale ha spiegato l’equivoco.


Niente terrorismo, era solo matematica. Il professore ci scherza su, dispiacendosi per il ritardo del volo provocato dall’assurdo equivoco. «Stavo cercando di risolvere un’equazione differenziale legata a un intervento che dovevo tenere alla Queen’s University di Ontario, in Canada –  ha spiegato – Sarebbe bastato che avessero fatto una rapida ricerca su internet per capire che non ero un terrorista». La donna però non poteva certo immaginare di trovarsi di fronte a un pluripremiato ricercatore della prestigiosa Ivy League, il network che unisce le più importanti università degli Stati Uniti. Il buffo episodio, che si è risolto con un ritardo e qualche grassa risata, rivela però la paura che gli attacchi terroristici hanno ormai instillato in tutto il mondo occidentale.