Il personale è Politico, il Politico è personale

Al XXI congresso nazionale dello Spi-Cgil, Il sindacato dei Pensionati Italiani, tenutosi a Fiera di Verona dal 21 al 24 febbraio 2023 ha preso vita la mostra Il personale è politico, il politico è personale a cura di Tiziano Tancredi (Roma, 1989) che ha voluto interpretare in chiave artistica e con un approccio visivo il concetto di complessità. Quest’ultimo figura infatti come uno dei sottotitoli del congresso: INTERESSE GENERALE (Stato sociale – Rappresentanza – Complessità – Comunità). Il curatore emergente che si divide tra Roma e Parigi, arte urbana e mondo dell’arte legato alle gallerie, ha selezionato 4 personalità: Federica Di Pietrantonio, Verdiana Bove e i due collettivi Guerilla Spam e Collettivo FX.  Verdiana Bove (Roma, 1996) vive e lavora a Roma, è co-fondatrice dell’Artist-Run Space CONDOTTO48 di Torre Angela. Federica Di Pietrantonio, coetanea di Bove, vive a Roma ed è dal 2018 componente di Spazio In Situ, artist-run space e luogo di co-working situato a Tor Bella Monaca. Nel 2021 è stata selezionata da NAM – Not a Museum per la residenza Superblast presso Manifattura Tabacchi (Firenze), collabora con The Gallery Apart. Simone Ferrarini (Reggio Emilia, 1976) ha fondato nel 2010 Collettivo FX che, innamorato della terra, opera “su tutte le sue superfici, senza porsi limiti se non quelli di preservare tutte quelle storie troppo importanti per passare sotto silenzio”.

I Guerilla Spam sono, dal canto loro, nati nel 2010 a Firenze come spontanea azione non autorizzata di affissione negli spazi urbani. By-passando le gallerie, le loro opere sono già in tre musei (Pinacoteca Civica di Follonica, del Museo Archeologico del Casentino di Bibbiena e del Museo e Parco Archeologico dell’Antica Kaulon di Riace).

Abbiamo intervistato il curatore Tiziano Tancredi e posto una domanda a ciascun artista o rappresentante del collettivo di riferimento, per sciogliere i nodi concettuali dell’esposizione, del pensiero e dell’etica/estetica dei protagonisti di Il personale è politico, il politico è personale.

1. Come hai scelto il nome del progetto e come si è inserito allinterno di INTERESSE GENERALE, XXI congresso nazionale dello Spi-Cgil?

Tiziano Tancredi: Il nome del progetto “Il Personale è Politico | Il Politico è Personale” trae ispirazione nella prima parte da un celebre slogan femminista degli anni ’70 coniato da Carol Hanish, e nella seconda da una volontà di integrarlo, rafforzandolo tramite un suo rovesciamento sintattico, ma non di senso. L’intenzione è stata dunque di proporre uno sconfinamento, un incontro, tra le pratiche personali di Federica Di Pietrantonio e Verdiana Bove, e quelle politiche di Collettivo FX e Guerrilla Spam. Le ricerche di Federica Di Pietrantonio e Verdiana Bove si nutrono infatti di archivi personali, intimi, privati, frutto di ricordi reali o esperienze virtuali, mentre quelle di Collettivo FX e di Guerrilla Spam assumono una connotazione più marcatamente politica, che si alimenta di spunti emersi in laboratori, dibattiti e confronti, nello spazio pubblico e non, con gli abitanti di un dato territorio. In mostra, le diverse opere dagli esiti formali e stilistici vari (figurativo “puro” di Collettivo FX, figurativo tendente all’astratto di Verdiana Bove, dallo stilizzato al simbolico di Guerrilla Spam, grafico di Federica Di Pietrantonio) si incontrano, dialogano tra di loro, creando una possibile declinazione artistica della parola “complessità”, uno dei sottotitoli del nome dato all’XXI congresso nazionale dello Spi-Cgil, INTERESSE GENERALE.

2. Se dovessi associare ogni artist* in mostra a un genere letterario, cosa sceglieresti?

Tiziano Tancredi: Direi che Collettivo FX è giornalismo, Federica Di Pietrantonio architettura, Guerrilla Spam saggistica, Verdiana Bove poesia.

3. Come si colloca il progetto allinterno del tuo percorso curatoriale?

Tiziano Tancredi: Il Personale è Politico | Il Politico è Personale” è stato in assoluto il progetto più complesso e ambizioso con cui mi sono mai confrontato nel mio percorso, nonché la prima mostra collettiva mai curata. Fino a maggio dell’anno scorso (inizio del lavoro alla mostra), mi ero occupato quasi esclusivamente di mostre personali in gallerie medio-piccole. Quando sostieni un artist* nella realizzazione di una mostra personale in una galleria medio-piccola, si instaura un lungo e intimo dialogo, fatto di confronti e germinazioni quotidiane, intuizioni condivise e validate che, passo passo, prendono forma definitiva in mostra. Il che comunque non esclude cambiamenti all’ultimo minuto. Curare invece una mostra collettiva in un contesto fieristico all’interno di un congresso nazionale di un sindacato, ti pone davanti tutta una serie di obiettivi che allenano la tua mente a ragionare per scadenze, intese come punti di non ritorno: definizione del concept e degli artisti e validazione da parte dello Spi-Cgil; contatto e coinvolgimento effettivo degli artisti; progettazione dello spazio espositivo (non relazionandoti con uno già dato, come in galleria); selezione delle opere con gli artisti, avendo un’attenzione particolare nel caso di nuove produzioni (per l’opera “Da prendere e portare” di Collettivo FX, la progettazione ha coinvolto anche Lorenzo Rossi Doria dello Spi-Cgil); l’organizzazione logistica del trasporto delle opere; in termini di allestimento, il perseguimento di una visione d’insieme che armonizzi i rapporti di contrasto e/o di vicinanza formale tra opere di artisti diversi; la finalizzazione del foglio di sala con mappa e testi.

Vorrei ringraziare chi mi ha assistito nella realizzazione di questo progetto, carico di soddisfazioni professionali e splendidi ricordi scaligeri: tutti gli artisti; Lorenzo Rossi Doria, Claudio Cervellini, Isabella Sconda, Fabrizio Ruggeri, tutti della famiglia dello Spi-Cgil; Gianni Cioni, la fotografa Flavia Rossi. E ancora Chiara, Valeria Cetraro, Mimmo Rubino, Roberto D’Onorio.

4. A proposito dellallestimento, come lo hai pensato?

Tiziano Tancredi: L’allestimento che ho immaginato riflette l’articolazione dello spazio espositivo, strutturato come un percorso in cui due elementi speculari si intersecano verso il centro. Secondo il principio scacchistico denominato appunto “conquista del centro”, è proprio lì che si condensano la maggior parte degli stimoli visivi tra le opere: Saltare lo spazio di Guerrilla Spam dialoga con Youre in a post-apocalyptic bathroom with water dripping 03 di Federica Di Pietrantonio che a sua volta dialoga con il Trittico alla mia nazione di Guerrilla Spam; When will you see from my side?, Youre in a post-apocalyptic bathroom with water dripping 02Youre in a post-apocalyptic bathroom with water dripping 04 di Federica Di Pietrantonio entrano in contatto visivo tra di loro; È chiaro che ci andrei di Verdiana Bove entra in relazione con My bathroom is a public space di Federica Di Pietrantonio; in un unico colpo d’occhio è visibile il trittico di Verdiana Bove ovvero Stagione rossa, Buio rosso e Stanza dInverno.

Parlaci della tua poetica attraverso le opere scelte per la mostra

Federica Di Pietrantonio: Il mio bagno è uno spazio pubblico 2019 è una dichiarazione forte: da luogo privato, il bagno diventa spazio di confronto verso l’esterno, favorendo l’autodeterminazione. L’identità si definisce così in un luogo in cui ci si confronta con la propria immagine allo specchio e con la cura del corpo; ciò vanta un valore politico, non solo intimo. Per la serie “you’re in a post-apocalyptic bathroom with water dripping” la stampa dei frame è in PVC, i tubi sono quelli idraulici in polipropilene che normalmente servono per il passaggio di flusso e per il collegamento, mentre qui diventano pilastri di sostegno dell’immagine. L’immaginario a cui attingo deriva da videogiochi come The Sims, eppure avvicino il pubblico con uno sguardo che non si aspetta: il videogioco nasce nel settore dell’intrattenimento ma diventa per me campo di ricerca. Mi ispirano anche la Vaporwave o la Poolcore Aesthetic,corrente sugli spazi liminali, si tratta di una sottocultura web in cui circolano video di piscine enormi e vuote che, sembrando abbandonate, favoriscono una sensazione d’inquietudine nonostante il liquido, allo stesso tempo, rassereni. Il lavandino assume la forma di fontana come fosse un monumento commemorativo. Le pareti del bagno sono piastrellate ma l’ambiente non è connotato da altre componenti. 

“When will you see it from my side?” è stata realizzata appositamente per la mostra mentre i frame di “you’re in a post-apocalyptic bathroom with water dripping” sono stati selezionati da tre cortometraggi in cui un personaggio compie diverse azioni in tre diverse tipologie di bagno. Uno dei fotogrammi è ripreso da “Rain on me”, episodio conclusivo della trilogia in cui il Sim beve dell’acqua senza riuscire a fermarsi e viene enfatizzato il suono della deglutizione. Il video sarebbe infatti da installare su un soffitto in modo che il fruitore possa guardarlo con il volto rivolto verso l’alto: ciò è essenziale sia per rievocare il movimento della pioggia che cade seguendo la gravità, sia perché la posizione in cui il fruitore è costretto stimola l’epiglottide. Piano, piano la narrazione cambia: il personaggio incanala l’acqua nel suo corpo finché la stessa non inizia a sgorgare fuori dal bicchiere; a quel punto, il personaggio si immobilizza in una posa plastica. Diviene una scultura o, meglio ancora, una fontana.

Parlaci della tua poetica attraverso le opere scelte per la mostra

Verdiana Bove: Lavoro con fotografie d’archivio – spesso i personaggi ritratti, sospesi tra cielo e terra, sono componenti della mia famiglia – o con immagini che scatto in luoghi verso cui mi muove un’empatia particolare. Attraverso la fotografia metto in luce alcuni elementi, aspetti, eventi della mia vita essenziali. Lavoro per stratificazioni a olio, usando anche l’acrilico ma sempre in funzione dell’olio. Le stratificazioni sono metaforiche e alludono alle relazioni che intercorrono tra i personaggi che rappresento, calati e colti in una realtà immaginifica e sognante, in un mondo che non è di qua né di là. In molti dipinti si nota una luce preponderante, elemento di calore, che rimanda a un concetto di soglia. I contrasti tonali non sono mai eccessivi, il colore è usato in maniera allegorica. Mi interessa creare anche un’ambiguità di fondo, pensando anche alle posture delle figure, e che ci sia una narrazione non del tutto esplicita.

In “È chiaro che ci andrei” due personaggi stanno uscendo dall’acqua, sono degli amici che vantano una posa fiera adolescenziale. È come se scavassi nei motivi più intimi del mio fare pittorico. C’è un rapporto tra luci e ombre, tra ciò che voglio lasciar fuoriuscire e ciò che preferisco nascondere in una storia, come la dimensione celestiale che sottende alla dimensione quotidiana e mortale: una sorta di Paradiso terrestre. Le figure non sono mai descrittive e tracciate integralmente, assomigliano a delle presenze fantasmatiche. Lavoro spesso sulla stessa iconografia in maniera ossessiva, creando declinazioni differenti. La fotografia però è solo un espediente, una chiave di lettura visiva, una prima impronta. Scatto spesso immortalando scene personali o dinamiche biografiche altrui. La texture è frutto di miscele tra olio e acqua, acrilico, olio e smalto, quando trovo l’equilibrio che mi dà la sensazione di un’assolutezza formale, tra astrazione e figurazione, mi fermo.

Il trittico composto da “Stagione rossa”, “Buio rosso”, “Stanza d’Inverno” è più essenziale a livello formale, ci troviamo in un interno, come se assistessimo a una scena domestica. Ricalco una scatola, un microcosmo delimitato. Nei nuovi quadri come “Stanza d’inverno” le figure piombano in basso come se fossero cadute, sono mortali, terrene. L’astrazione pittorica spinge invece verso l’alto. La mia nuova personale, curata da Simone Zacchini, si intitola proprio “Quando cosa felice cade” riprendendo una poesia di Rilke sul dolore, sulla fine dell’esistenza e sulla ricerca di una beatitudine in ciò che perisce, si esaurisce e si consuma. Non è un guardare al passato in maniera nostalgica ma gioiosa. In questo trittico all’inizio c’è l’idealizzazione di un rapporto di coppia, poi un allontanamento e uno sviluppo verso la solitudine. In “Stagione rossa” le due figure potrebbero essere i miei genitori mentre “Stanza d’Inverno” presenta una sorta di autoritratto ma la figura potrebbe essere chiunque… è un lavoro sugli archetipi, sui legami primari. 

Come agite sul territorio, qual è la vostra pratica?

Guerilla Spam: Non facciamo mai mostre, solitamente non usiamo format di  (tele, sculture) rispetto al foglio A4 dei bozzetti e ai murales della dimensione pubblica. Lavoriamo facendo muralismo, poster, installazioni, workshop, seminari (nei carceri, con i bambini, con i rifugiati). Per il collezionismo privato facciamo stampe, riproduzioni, libri. L’opera del 2016 è un’eccezione, era per un progetto in una galleria di Torino che non esiste più. Per la prima volta abbiamo dipinto delle tele, per esasperare questa operazione siamo andati sul classico, scegliendo la tecnica ad olio, le tele e il trittico. La particolarità del lavoro è che le 12 tele in mostra insieme con il trittico, potevano idealmente essere unite per formare un’unica immagine. Infatti fotografando tutte le tele e stampando le immagini a mo di poster abbiamo attaccato il polittico in strada, in vari punti di Torino. L’opera completa era in strada, per ribadire che il nostro interesse è agire nel territorio pubblico. Nessuno avrebbe potuto comprare l’intera opera o almeno era irrealistico. L’opera in mostra è ispirata Alla mia Nazione, poesia di Pasolini degli anni ’60 che muove una critica agli italiani medi, con la chiosa augurio al Belpaese “sprofonda in questo tuo bel mare”. Il trittico è ispirato alla pittura a olio dei fiamminghi come Bosch e Brueghel ed è ricco di dettagli riferiti al testo: nella parte centrale, ad esempio, l’Italia sprofonda nel mare con il peso della televisione. È una trasposizione in chiave attuale che guarda all’Italia negli anni Duemila, attanagliata da guerra e violenze. Il personaggio che ha l’imbuto sulla testa si ispira a raffigurazioni fiamminghe e allude alla stoltezza.

Come agite sul territorio, qual è il vostro modo di rapportarvi con le comunità?

Collettivo FX: Siamo nati a Sant’Ilario, ci lamentavamo con alcuni amici di numerose questioni politico-sociali e così abbiamo deciso di metterci in gioco. I primi manifesti che abbiamo affisso erano legati alle agitazioni della Primavera araba. Abbiamo un DNA legato all’educazione sociale e alla lotta operaia. Vogliamo fornire uno strumento per provocare azioni/reazioni all’interno delle comunità. Ad esempio, al nord, ci hanno chiamati per arginare il fenomeno delle Baby Gang. Ad alcuni ragazzi che hanno commesso atti delinquenziali viene data la possibilità di fare recupero sociale invece di finire nel carcere minorile. L’importante è far sì che, in tre mesi di confronto, discussione e progettazione, questi adolescenti si sentano liberi di condividere i propri pensieri, la propria rabbia e le proprie idee da cui si partirà per realizzare un’opera collettiva nello spazio pubblico. C’è l’opera e l’operazione, a noi interessa sollecitare e guidare la seconda. Fondamentale è anche il ruolo della memoria storica. Ad esempio, se pensiamo alla Strage di Bologna, ci sentiamo più propensi a realizzare un’opera che serva non tanto a ricordare le vittime ma a sollevare la questione della giustizia, non raggiunta da più di 40 anni. Nell’entroterra siciliano sono stati chiusi alcuni ospedali con il rischio di spopolamento dei borghi più isolati… si sono formati dei comitati che hanno richiesto il nostro intervento. Noi forniamo uno strumento, come un murales, tuttavia è la comunità a doverlo attivare per conferenze stampa e incontri di sensibilizzazione.

Lavoriamo anche con le carceri, “Non me la racconti giusta” è un progetto portato avanti con la fanzine Ziguline. Abbiamo creato un progetto anche per la Reggiana, squadra di calcio della Serie C  ma molto importante per la comunità di Reggio Emilia e per i suoi momenti di aggregazione. In quel caso, abbiamo attinto alla memoria storica indiretta, omaggiando la storia dei suoi giocatori dagli anni Venti fino a oggi. Abbiamo creato due murales. Il primo ritrae calciatori degli anni Quaranta, uniti in un’unica azione, l’altro offre un punto di vista diverso sugli allenatori, quali mentori e personaggi di cultura – l’ambientazione prende infatti spunto da La Scuola di Atene di Raffaello.

Per “Da prendere e portare”, installazione composta da 42 opere tempera su tela 50 x 50 cm, ho usato la vernice al quarzo, solitamente impiegata per gli esterni dei palazzi. Non mi interessa la bella pittura, per me la pittura è medium per esprimere un contenuto specifico, un linguaggio tecnico di traduzione di principi e valori. Ci sono alcuni artisti come Marlene Dumas che hanno una potenza innata nel segno; dal mio canto, mi preoccupo di ciò che voglio comunicare, cerco di farlo nel modo giusto, con i vocaboli più consoni a estrinsecare il messaggio. Mi adatto al contesto e alla tematica, se dipingo per strada o in piazza, a Rione Sanità o sulle montagne della Valtellina. Ho creato qui un effetto di sintesi, chiaro a colpo d’occhio. Il disegno preparatorio solitamente è tracciato in giallo, qui ho usato il rosso in riferimento alla CGIL. I volti sono presi da foto d’archivio di manifestazioni del passato e del presente, mettendo insieme i motti e le parole d’ordine dagli anni Sessanta con le urgenze attuali. L’accordo è che questa serie venga usata dal mondo della CGIL ogni qualvolta sia richiesta, potendo essere spediti anche solo alcuni dei riquadri del puzzle complessivo.