La fotografia concettuale di Pierluigi Fresia in mostra a Milano

Galleria Milano ritorna attiva con una mostra nel solco della tradizione sperimentale che ha sempre contraddistinto lo spazio espositivo di Via Turati.

Pierluigi Fresia, Blackboard, 2018
Pierluigi Fresia, Blackboard, 2018


Pierluigi Fresia, Blackboard, 2018
Pierluigi Fresia, Blackboard, 2018


Dal 22 maggio alla fine di luglio, infatti, sono qui esposti alcuni lavori di Pierluigi Fresia, sotto la curatela del professor Francesco Tedeschi, ordinario di Storia dell’Arte Contemporanea all’Università Cattolica. Si tratta di una mostra importante, e di un ritorno, in quanto è la prima esposizione realizzata dopo la scomparsa, alla fine di febbraio, della mente creatrice della Galleria Milano, Carla Pellegrini. In fondo, la mostra è dedicata anche a questo straordinario personaggio della Storia dell’Arte milanese. Senza Carla, Galleria Milano non sarebbe mai esistita e, proprio nel suo nome, lo spazio espositivo ha deciso di continuare la sua attività tra mostre ed eventi culturali.

Pierluigi Fresia, Ibidem, 2019
Pierluigi Fresia, Ibidem, 2019


Out of place è il titolo della mostra dedicata alle opere di Pierluigi Fresia. L’artista è nato ad Asti nel 1962, ma vive e lavora sulla collina torinese, tra la città e il Monferrato. Formatosi come pittore, il suo lavoro ha poi impiegato nuovi mezzi e media, dal video alla fotografia, creando un amalgama in grado di mescolare le diverse forme espressive, sulle quali viene a stratificarsi anche l’uso, comunicativo e creativo, della parola. Fresia ha allestito, negli anni, numerose mostre nel Nord Italia, dalla sua città adottiva, Torino, a Genova, Bologna e, ora, Milano.

Pierluigi Fresia, Ibidem, 2019
Pierluigi Fresia, Ibidem, 2019


L’Arte di Pierluigi Fresia è una forma di espressione concettuale, mirante a scoprire i significati reconditi del suo fare fotografia. E, per questo, si può parlare di fotografia concettuale. Out of place altro non è che una nuova indagine su quello che è il tema più caro al lavoro di Fresia, ovvero la fugacità del reale, attraverso tre serie di fotografie da lui realizzate tra il 2017 e il 2019, Afasia, Blackboard e Ibidem.

Pierluigi Fresia, Afasia, 2017
Pierluigi Fresia, Afasia, 2017


La ricerca artistica di Fresia è uno streben romantico concepito come tensione verso l’invisibile e l’impercettibile, verso un concetto che, concretamente, noi non possiamo vedere e toccare ma che, con la mente, possiamo immaginare direttamente. È proprio questo l’Out of place, ma non dobbiamo immaginarlo come un elemento trascendente, bensì come qualcosa che è puro frutto della nostra immaginazione. Le fotografie di Fresia raffigurano uno scenario grigio, a cui va a sovrapporsi un segno bianco, grafico, che ne definisce i contorni e che cerca di dare una dimensione più “con i piedi per terra” e concreta a qualcosa che, in realtà, è intangibile. Si tratta di quelli che lui stesso chiama “segni di transito”, espressioni che delineano un contorno tangibile a qualcosa che, in realtà, non lo è. Nella serie Afasia sono segni, simili a graffi, su soggetti immersi nella nebbia, mentre in Ibidem questa filosofia di fare Arte si configura in note a piè di pagina incomplete, quasi commenti testuali lasciati all’immaginazione dell’osservatore, e, ancora, in Blackboard, i “segni di transito” sono graduali cancellature su una lavagna, che, su di essa, lasciano una piccola e impercettibile traccia: una superficie nera con pochi puntini, che lascia immaginare un riferimento a un cielo notturno, al Cosmo con tutte le Stelle o a galassie lontane. Tutto questo procedimento non mira, con intento moralistico, a ricordarci che il tempo scorre e che dobbiamo morire tutti, ma a farci da promemoria sull’inesorabilità del passare dei giorni e dei mesi, con il senso di perdita che la vita si porta dietro, entrando in collisione con quel tentativo, quasi utopia, dell’artista, di fermare questo orologio, in una dimensione di “oltre-vita”, quindi “out of place”, fuori posto. E proprio questo tentativo ci porta a definire la fotografia di Fresia come una forma di Arte concettuale, che resiste allo scorrere del tempo, delle stagioni e delle tendenze creative, ma che ci ricorda come dobbiamo cogliere l’attimo e vivere la nostra vita godendocela fino all’ultimo istante. In fondo, proprio come ha fatto Carla Pellegrini, vivendo per l’Arte fino al suo ultimo respiro, e alla quale dedico questo articolo.

Pierluigi Fresia, Afasia, 2017
Pierluigi Fresia, Afasia, 2017


Pierluigi Fresia. Out of place
Galleria Milano, Via Turati 14 – Via Manin 13, 20121 Milano
Orari: martedì-sabato 10.00 – 13.00; 16.00-20.00
Ingresso libero

L’Arte di Francesco Pedrini in mostra alla Galleria Milano

Galleria Milano è uno spazio, nel centro della metropoli meneghina, da sempre rivolto allo sperimentalismo e al rapporto tra le varie forme d’Arte, a cavallo tra Pittura, Scultura e Fotografia.


Dal 18 ottobre al 6 dicembre 2018, la Galleria ospita una mostra dedicata all’artista Francesco Pedrini. Per lui, si tratta di un ritorno, nello spazio espositivo di Via Manin, in quanto aveva già esposto, in una personale intitolata Nebula, in cui affrontava il rapporto dell’uomo con il cielo, e quindi, con l’infinito. Sempre a questi due elementi, è dedicata la mostra attuale, intitolata Gli strumenti del cielo.


Francesco Pedrini è nato a Bergamo nel 1971. Dopo gli studi all’Accademia Carrara di Belle Arti nella città natale, si è trasferito a Venezia, dove ha ottenuto la laurea magistrale allo IUAV. Terminati gli studi, ha iniziato una carriera di artista che lo ha portato a esporre in varie Gallerie del Mondo. Sue mostre personali si sono tenute a Bergamo, Torino, Buenos Aires, Tirana e Berlino, così come ha esposto in collettive a Rimini, Venezia, Merano e Istanbul.


Francesco Pedrini è un artista affamato di infinito. In fondo, il suo è uno streben romantico verso il cielo, verso quella Natura che vede, come Burke, in maniera sublime e panica. Il suo afflato lo porta all’ascolto dell’elemento celeste, ed è questa la base più profonda della sua nuova mostra. Per poter ascoltare ci servono degli strumenti, che siano tramiti ma anche che producano, su di noi, effetti pari alle note prodotte da una chitarra o da una tromba. In questo senso, Pedrini si avvicina molto a Garutti e alla sua opera Egg, in Piazza Gae Aulenti: l’idea di voler ascoltare l’indeterminato, l’intangibile è la base del suo lavoro. Il suo ascolto è anche osservazione del fenomeno immateriale, che ci porta a produrre immagini, segni tangibili di questa esperienza.


Francesco Pedrini, Strumento
Francesco Pedrini, Strumento



Gli Strumenti esposti in mostra sono prova di tutto ciò, ma partono, anche, da un’esperienza storica profondamente drammatica per l’umanità, ovvero la Grande Guerra. Questi oggetti erano, infatti, usati dai soldati, un secolo fa, per intercettare l’arrivo degli aerei nemici: in fondo, anche questa è un’esperienza di ascolto del cielo e dell’infinito! Pedrini non ha certo utilizzato questi attrezzi per le sue opere, ma ne ha tratto spunto, in quanto, partendo dalle immagini fotografiche poste sulle pareti, ha collocato i suoi Strumenti, sculture in legno, rame e ottone, al centro della sala, ricostruendo, in questo modo, il momento di cattura della percezione dell’infinito attraverso un’ipotetica orchestra dell’ascolto in grado di captare il silenzio alla base dell’infinito. Le opere alle pareti prendono il nome di Momenti, e sono composte di ossidi in polvere di minima quantità, su cui l’artista ha soffiato, registrandone, poi, il peso (riportato nei titoli delle opere). Il loro titolo è ispirato all’etimologia latina della parola, momentum, ovvero quel peso minore in grado di inclinare e muovere la bilancia.


Francesco Pedrini, Momento
Francesco Pedrini, Momento



Tornadi sono un work in progress iniziato nel 2012, tratto da immagini d’archivio dei siti meteo. Partendo da ciò, Pedrini ha realizzato disegni con polveri e pigmenti, con l’obiettivo di indagare l’elemento atmosferico della tromba d’aria, ormai sempre più spesso di attualità, ma anche di stabilire un rapporto dialettico con gli strumenti di ascolto del cielo, a forma di tromba, rendendo concreto il tentativo di raggiungere l’intangibile.


Francesco Pedrini, Tornado
Francesco Pedrini, Tornado



La logica conclusione della ricerca di Pedrini è data da Taken, lavoro sugli archivi di Alexander Graham Bell, l’inventore del telefono. Chi più di lui seppe sfruttare le potenzialità dell’infinito e del cielo per creare un sistema di comunicazione che avrebbe reso le persone sempre più vicine con il passare dei decenni? L’opera consiste in fotografie raffiguranti gli esperimenti di Bell sugli aquiloni tetraedrici, che furono alla base delle prime macchine volanti inglesi. Queste opere raffigurano cieli e distese infinite, ma anche del rapporto di Bell con la moglie Mabel, la quale diviene simbolo della comunicazione tra l’uomo e l’indeterminato senza fine, attraverso il veicolo chiamato amore. Come il cielo, anche l’amore è infinito, e il disegno di Pedrini raffigura Bell e Mabel imbrigliati in un reticolo di linee, allusione alle barriere legate alla sordità della donna, da cui, solo attraverso l’amore, si può evadere, verso l’infinito e tornare “a riveder le stelle” (Dante, Inferno, XXXIV, 139).


Francesco Pedrini. Gli strumenti del cielo.
Galleria Milano, Via Manin 13 – Via Turati 14, 20121 Milano
Orari: martedì-sabato 10.00-13.00, 16.00-20.00
Ingresso gratuito
Info: o2. 29000352; info@galleriamilano.com