La Risurrezione di Lazzaro di Caravaggio

Nel quadro, oggi custodito nel Museo Regionale di Messina, Caravaggio ha immaginato la scena in un luogo chiuso, una catacomba, sul cui pavimento appaiono teschi e ossa di defunti. Per tutta l’altezza della pala, sulla sinistra, il pittore ha rappresentato un pilastro che svetta come una torre a definire lo spazio. Qui era stato seppellito Lazzaro, un amico di Gesù.

In questo luogo, nel quale la morte aveva celebrato la sua ennesima vittoria, entra il Signore della vita. Come Dio nella Creazione di Adamo di Michelangelo chiamava all’esistenza l’umanità stendendo la sua mano, così Gesù allunga il suo braccio chiamando nuovamente alla vita colui che era sceso nella fossa.


La Risurrezione di Lazzaro di Caravaggio


E quella fossa si apre al comando di Gesù: accanto a lui vediamo un uomo che, inondato dalla luce, solleva la pietra tombale permettendo, così, che altri conducano fuori il cadavere di Lazzaro. La luce, che è la protagonista di tante opere di Caravaggio, qui diventa materia salvifica che squarcia l’oscurità dell’antro e definisce i vari personaggi.

Tutti rimangono strabiliati di fronte al miracolo di uno che, morto da quattro giorni e ormai in decomposizione, ritorna alla luce. Tra loro si evidenziano un uomo dietro il Cristo, del quale si intravede il volto con l’espressione della bocca nell’atto di gridare, e il necroforo che sorregge il cadavere.


Il corpo di Lazzaro, semicoperto da un lenzuolo, è colto in una rigida posizione diagonale, nello straordinario e difficile equilibrio tra la vita e la morte. Mentre la sua mano sinistra si solleva dalla zona del teschio e delle ossa, la destra è energicamente sollevata per rispondere al gesto di Cristo e costituisce il punto centrale della tela.

Sul lato destro Marta e Maria, sorelle di Lazzaro, si protendono in un atto di affetto verso il fratello, accogliendo con fede e gratitudine Cristo, vera luce del mondo.