Torna a Firenze l’Adorazione dei Magi di Leonardo da Vinci

E’ tornato alla Galleria degli Uffizi dopo 5 anni e mezzo di lavori il celebre dipinto di Leonardo da Vinci: l’Adorazione dei Magi, grande incompiuta del genio di Vinci, realizzato tra il 1481 e il 1482 per i monaci di San Donato a Scopeto, è ora al centro di un’esposizione. Dopo una complessa serie di indagini diagnostiche e un lungo restauro, realizzato nei laboratori dell’Opificio delle pietre dure, il dipinto è ora visitabile dal 28 marzo fino al 24 settembre.

L’esposizione, curata da Eike Schmidt e da Marco Ciatti e Cecilia Frosinini, è un’occasione unica per esplorare le dinamiche di una straordinaria opera di restauro, che oltre ad aver risolto problemi conservativi ha permesso un inaspettato recupero di sorprendenti tonalità cromatiche che gettano nuova luce nell’interpretazione dell’opera, accentuandone dettagli mai messi in risalto prima d’ora. “E’ un Leonardo mai visto quello che il visitatori potranno godere. Ora vediamo i colori effettivamente da lui scelti e voluti per la tavola e sono riapparse le tante figure umane e animali che erano scomparse da secoli sotto le vernici”, ha commentato Eike Schmidt, direttore della Galleria degli Uffizi.

Esposta insieme alla tavola di Leonardo anche la versione dell'”Adorazione” eseguita da Filippino Lippi nel 1496, commissionata all’artista pratese dai monaci di san Donato dopo che Leonardo partì per Milano lasciando il lavoro incompiuto. Il restauro è stato eseguito da un team di cinque restauratori guidati da Roberto Bellucci e Patrizia Riitano, sotto la supervisione di Cecilia Frosinini e del responsabile dell’Opificio, Marco Ciatti.

“Grazie al lavoro che abbiamo condotto sono emersi dettagli e particolari prima impercettibili, che ci hanno consentito di comprendere molto di più delle tecniche di lavoro di Leonardo -ha commentato Ciatti-. Una delle scoperte più importanti che abbiamo potuto fare, oltre al fatto che Leonardo ha effettuato gli studi di prospettiva direttamente sull’opera con incisioni impercettibili e non su carte, è stata il fatto che in questo dipinto, che porta la data del 1481, abbia effettuato sperimentazioni che poi ritroviamo, in forma più compiuta, in altri suoi capolavori. La zuffa di cavalieri che appare sullo sfondo ricorda molto di quanto sappiamo della “Battaglia di Anghiari”; vicino alla Vergine collocata al centro troviamo la testa di un vecchio che fa pensare senz’altro ad una sorta di studio del suo “San Girolamo”. Ed anche i riflessi d’acqua, visibili, con un po’ di attenzione sotto i piedi di Maria, evocano l’effetto visivo che comparirà, con maggiore forza nella “Vergine delle Rocce””. Al termine della mostra, l’opera sarà spostata nella nuova sala di Leonardo, sita al secondo piano della Galleria, accanto al “Battesimo di Cristo” e all'”Annunciazione”.

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Il Cenacolo di Leonardo da Vinci

Il dipinto, che copre una parete del refettorio del Convento di Santa Maria delle Grazie in Milano, si riferisce al racconto dell’ultima cena, consumata da Gesù prima della sua morte, in base al Vangelo di Giovanni: Gesù annuncia che verrà traditoda uno dei suoi amici. Leonardo modifica lo schema iconografico tradizionale per esprimere il significato più intimo e profondo dell’episodio.

In una sala semplice e armoniosa, in primo piano appare la lunga tavola della cena. Alcuni elementi prospettici, come il soffitto a cassettoni, gli arazzi alle pareti e le tre finestre del fondo, concorrono a definire l’ambiente.


Il Cenacolo di Leonardo da Vinci


Al centro è la figura di Cristo, dalla forma piramidale per le braccia distese. Ha il capo reclinato, gli occhi socchiusi e la bocca appena discostata, poiché ha appena finito di pronunciare la frase più triste che sia uscita dalle sue labbra: «In verità vi dico: uno di voi mi tradirà». Con il suo atteggiamento di serenità intima e profonda, Gesù costituisce l’asse centrale della scena, non solo sotto l’aspetto stilistico e prospettico, ma anche sotto il profilo simbolico e spirituale. Ogni particolare è esposto con grande accuratezza e le pietanze e le stoviglie presenti sulla tavola concorrono a bilanciare la composizione.

Attorno a Gesù gli apostoli sono disposti in quattro gruppi di tre, simmetricamente equilibrati. Il risultato complessivo di questa collocazione è quello di un rapido rimbalzare di emozioni e di scelte, simile a successive ondate che si propagano a partire da Cristo, come un’eco delle sue parole che si diffonde generando i più diversi stati d’animo e le più diverse reazioni. La psicologia dei singoli personaggi è approfondita, senza compromettere mai la percezione unitaria dell’insieme.


Ciò che colpisce particolarmente nel celebre affresco è un dettaglio di grande originalità. Infatti nelle scene dell’ultima cena dipinte da precedenti pittori, era Giuda ad essere raffigurato da solo, di solito al di qua del tavolo. Leonardo invece presenta il traditore insieme agli altri apostoli e sottolinea la solitudine di Gesù, isolandone la figura. Il Messia dona se stesso in un estremo atto di amore, eppure i suoi discepoli non lo comprendono e, in sostanza, lo abbandonano.

È il dramma nel quale ogni cristiano è coinvolto nella sua vita.