Gli scatti unici di Ilaria Facci

“Non confondere la buona salute con il non essere malati. Una vita veramente sana è quella spesa per la creazione di valore. Affrontando le sfide lanciate contro di noi per tutta la vita, cercando di realizzare qualcosa di degno e significativo; espandendo continuamente le frontiere della nostra vita.”


bozza preparatoria self portrait ©Ilaria Facci d-art


Questa citazione è dell’umanista buddista giapponese Daisaku Ikeda, ed incarna alla perfezione la vita di Ilaria Facci, romana, classe1982. Il quote non è casuale: Ilaria Facci è buddista ed ha certamente reso proprio il principio buddista della “rivoluzione umana” dell’invididuo.


Essa parte dalla comprensione che tutti gli esseri umani, nessuno escluso, evita quattro avvenimenti (nascita,malattia, vecchiaia, morte) durante l’esistenza. Da questa consapevolezza deriva la massima espressione del potenziale umano, in termini di empatia e realizzazione. Un avvenimento segna la vita di Ilaria: a due anni si ammala di tumore e perde l’occhio sinistro. Sempre parafrasando il buddismo, l’artista ha “trasformato il veleno in medicina”.


Dopo l’adolescenza trascorsa in Argentina, nel 2000 Ilaria torna a Roma. Dopo aver abbandonato la facoltà di Lettere a La Sapienza, si iscrive all’Accademia di Costume e moda. Alla continua ricerca di sè, prosegue gli studi con un Master in Comunicazione, ed in seguito si iscrive al DAMS a Roma.


Dopo aver vissuto per un anno nella capitale catalana, nel 2010 approda a Milano, dove intraprende la carriera di Stylist e costumista. Ha lavorato nella redazione di Cosmopolitan ed in quel periodo ha collaborato con celebri fotografi, tra cui il pluri-premiato Mustafa Sabbagh.


Poi, proprio quando la sua carriera nel fashion system era ormai decollata, una folgorazione, avvenuta grazie al cadeau di un’amica, che le dona una macchina fotografica.


Io – dichiara Ilaria – non so quello che faccio. Non so molto della tecnica fotografica, dello studio delle luci, del ritocco. Non so molto della macchina che sto usando. Anzi ‘lei’, la macchina fotografica, è apparsa nella mia vita così, per caso, come l’amore, come quelle storie che nascono da un incontro fortuito, che so, in un parco: ‘lei’ mi è stata donata da un’amica, che non se ne faceva più nulla. E così l’ho presa ed ho iniziato a scattare, che per me ora so, significa scavare. Dentro di me.”


Dal 2013 Ilaria abbandona la carriera di stylist e si trasferisce a Londra.
Da quel preciso istante, dall’incontro fortuito con la macchina fotografica, Ilaria prosegue senza sosta a ritrarsi in autoscatti realizzati senza premeditazione.

Dante non muore©Ilaria Facci d-art


E’ questo, per Ilaria, il bello della fotografia: essa è un macchinario ed uno specchio. “E all’improvviso – dichiara – come uno schiaffo, ti mostra chi sei”.


Nace così la prima serie ‘Autoscatti sbagliati’. I media si accorgono di lei: viene pubblicata su VOGUE.IT, INSIDE ART,The Post internazionale, Vanity Fair, Wall Street International etc.
Con la sua prima serie fotografica, “Retinoblastoma” (omaggio al suo tumore, che l’ha privata di un occhio) inizia a vendere le sue opere a privati.
Nel 2015 lancia il progetto ‘Artists against cancer’ con lo scopo di coinvolgere iniziative artistiche ed artisti, per sensibilizzare e raccogliere fondi per la Ricerca contro il cancro.
Arrivano anche i premi: nel 2016 è la vincitrice della sezione “Fotografia” al XXIII International cultural Exchange of Art and XV Art Salon di Roma.


Collettive d’arte, mostre, esibizioni: attualmente Ilaria si trova a Londra dove lavora in un hotel e porta avanti la sua arte legata a battaglie importanti.
Quest’anno tornerà a Buenos Aires dove sta organizzando la sua mostra personale intitolata “Madres”.


La cosiddetta “creazione di valore”, altro principio cardine del buddismo per la creazione di una società più giusta e orientata verso valori umanitari, è uno squisito leitmotiv nella produzione dell’artista che si immortala senza preparazioni.


Ciò avviene tramite l’opposta metodologia seguita da una sua antecedente ed illustre collega: la fotografa americana Cindy Sherman, che metteva se stessa in scena nelle sue foto come fosse un’attrice, studiando pose ed allestendo il set con meticolosità. Eppure la teatralità della mise-en-scene e l’allure da interprete si evince nelle produzioni di entrambe, sebbene impieghino metodologie agli antipodi, parlando della realizzazione della foto.


L’arte di Ilaria Facci ci invita nel suo intimo mondo con uno sguardo che la rende unica, diversa da tutte.

Gli stracci di Atlante selfportrait Ilaria Facci d-art

PEECH – monili d’artista

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Secondo quanto la storia insegna, la necessità di agghindarsi con monili pare essere più antica del bisogno di vestirsi. Le testimonianze certe risalgono addirittura al Neolitico, ovvero l’ultimo periodo dell’Età della Pietra (XI millennio a.C. circa). Il gioiello segue da sempre i cambiamenti delle mode, così come il suo grado di sfarzo rappresenta un faro nell’assai mutevole “oceano” dell’odierno mercato del lusso.


Chiamarli “accessori” è oramai evidentemente riduttivo. Sempre più spesso i bijoux rubano la scena agli abiti.


Hanno conquistato la ribalta anche gli oggetti decorativi in oro e la piccola pelletteria Made In Italy di Peech, brand che nasce dall’estro del siciliano Amedeo Piccione, certamente tra i più divertenti tra quelli visti alla recente kermesse Super, organizzata da Pitti Uomo a Milano.


Un gioco di simboli enigmistici ed enigmatici, medaglie e monete sulle quali il giovane designer si dedica nel racconto di “nuove storie” da interpretare per ricavarne messaggi…a libera interpretazione.


A cavallo tra l’esoterico ed il pop, le raffigurazione sulle piccole medaglie di Peech sono certamente la massima espressione del giovane talento siciliano e del suo consolidato know-how nel fashion system e nell’illustrazione (Amedeo Piccione è l’illustratore ufficiale della storica kermesse fiorentina di Pitti).


Monili spiritosi: il cadeau perfetto, magari, per augurare un buon auspicio.


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Youth Culture: dICTIONARY PROJECT® di Andrea Manzoni

dICTIONARY project® è un progetto artistico e di moda visto dagli occhi di Andrea Manzoni, che ama viaggiare alla scoperta del mondo. Visioni, grafiche hipster: per Manzoni la moda è un divertissement che celebra le cose belle.


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Andrea Manzoni nasce nel 1993 ed è bergamasco. Ha fondato BAD Blog ed è stato contributor per alcuni importanti webzine. Ha lavorato come stylist e consulente d’immagine per note case discografiche tra cui Sony Music (per le Donatella, Ola e Omi), giovani cantanti e icone pop degli anni 80 come Sabrina Salerno.


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La particolarità di ogni capo dICTIONARY project® è la stampa del significato di ciascuna parola in relazione all’immagine rappresentata o della patch applicata.


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Prodotti basici che danno risalto alle parole, in maniera molto semplice ma studiata, e che descrivono ciò che si andrà ad indossare.


La collezione SS17 dICTIONARY project® indaga il mondo subacqueo e i suoi fondali. E’ il caso di dirlo, Manzoni cavalca l’onda del pop e dell’urban conferendo alle stampe dell’ Orca, Delfino, Granchio, Ippocampo, Medusa, Ostrica, Stella Marina e Polpo un’identità ben precisa, molto contemporanea.


Felpe e t-shirt tutti rigorosamente in versione genderless, e prodotte in cotone 100% biologico per il rispetto della natura, dell’ambiente e degli amici animali.


La selezione di alcune t-shirt riportano un ricamo del soggetto in piccolo, applicato direttamente alla t-shirt. Ogni stagione l’immagine coordinata del brand si rinnova e per la SS17, le illustrazioni dei cartellini vendita e il merchandising del materiale stampa, le grafiche dei social network, sono a cura di Elenia Beretta.


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dICTIONARY project®: casualwear in cui l’appeal del graphic design incontra il genderless fashion.

Youth Culture – MGNSQVAD

Con l’avvento del digitale e la “wake-up call” mondiale dopo l’elezione di Trump negli States, l’ abbigliamento rappresenta sempre più non uno status symbol, bensì l’espressione più originale della personalità di ognuno.


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Al bando i trend di stagione: stanno letteralmente scomparendo. O meglio, ad ogni stagionalità è presente una possibilità di scelta talmente ampia nel mercato, che risulta riduttivo quantificarne solo alcuni. Si possono individuare delle macrotendenze, ma veramente ce n’è a volontà secondo il gusto di ognuno. In questo contesto trovano sempre maggiore spazio realtà imprenditoriali di nicchia e che fanno leva sul guerrilla marketing, cavalcando l’onda dei social network.


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Le realtà underground esercitano il loro fascino ora più che mai: è il caso del ghetto brand lodigiano MGNSQVAD. “Noi non vogliamo essere pacchiani, né tantomeno una gang: vogliamo rappresentare dove siamo cresciuti…” sentenzia deciso Eric Folli durante la nostra conversazione telefonica. E’ lui la mente creativa del progetto assieme ad Eros Folli, suo cugino.


I due sono legati come in un vero rapporto fraterno: hanno entrambi un tatuaggio con su scritto “Like a Brother” (Come un fratello, ndr). Sono esordienti, si fanno molte domande ed hanno molte idee. Ogni giovane dell’interland milanese si sarà chiesto “Perchè andare sempre a Milano?” almeno una volta nella vita durante il weekend.


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Da questo interrogativo sono nate le serate MGN,organizzate dai due cugini e con altre persone, a Lodi dal 2014.
Così, per gioco, hanno ideato una tee nera con un pugnale, chiamandola Genesis.
Eric è un architetto, si è formato al Politecnico di Milano, mentre Eros lavora nel terziario: i due hanno deciso di puntare sul loro brand, MGNSQVAD, dal 2016.


Amo la grafica – dichiara Eric – mi ispiro ai quadri di Dalì, all’impressionismo… osservo, mixo e realizzo i disegni. L’osservazione di questi artisti è il punto di partenza per realizzare grafiche il cui fil rouge sta nella bicromia e nell’ossessiva ricerca del tratto grafico tramite cui giungere all’espressione di un concetto.”


Grafiche minimali, ad esempio composizioni di rettangoli, black and white: ecco in sintesi l’estetica tosta e senza fronzoli di MGNSQVAD.


Non producono soltanto tee: hanno realizzato un anello/sigillo in oro con su impressa la scritta MGN, ed anche in argento.
A dicembre a Lodi con un party esclusivo, la cui location rimane top secret, uscirà una nuova collezione di gioielli del brand.


MGNSQUAD: hardcore streetwear made in Italy.


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CHIARA MAZZOCCHI – BODY PERFORMANCE DEL SUBCONSCIO

"White-Metamorphosis" di Chiara Mazzocchi
“White-Metamorphosis” di Chiara Mazzocchi



Certamente buona parte dell’indagine artistica dagli anni Novanta sino ai giorni odierni riguarda il corpo umano, sì come luogo misterioso, ma anche, paradossalmente, come veicolo di autoconoscenza.


Questo trend si colloca nella storia dell’arte come corollario della liberazione del corpo dai vincoli imposti da un’etica molto rigida, per poi arrivare in Occidente a una sua liberazione ed emancipazione, fino al culto della sua celebrazione nei consumisti anni Ottanta fino ad oggi.


In abbigliamento questo ha significato per la donna l’abbandono dei rigidi busti, passando attraverso la rivoluzione di stile voluta dalla lungimirante stilista francese Coco Chanel, che ha liberato il corpo femminile prendendo in prestito le silhouette dal guardaroba maschile, come in molti di noi sappiamo.


Tornando all’arte, sicuramente il processo di liberazione del corpo ha avuto un punto di svolta quando, nei tardi anni Settanta, alcuni artisti hanno iniziato ad usare il corpo stesso come unico strumento espressivo. Stiamo parlando della body art e della performance.


La performance è il campo indagato anche dalla ligure Chiara Mazzocchi, classe 1978, la quale, con la video art e la fotografia, ha fatto della propria alienazione il fil-rouge della sua produzione, nonché il suo sostentamento principale.
L’avvicinamento all’espressione artistica è un bisogno viscerale: “L’Arte – dichiara Mazzocchi – è per me una necessità fisica e mentale. È più forte della mia voglia di vivere”.


La sua ricerca artistica esplora la fotografia, la videoarte e la performance tramite processi interiori consapevoli, motivo per il quale Chiara lavora su sè stessa utilizzando la tecnica dell’autoscatto fotografico e dell’autoripresa video con una reflex in modalità manuale e premendo il telecomando durante la fase del processo da lei definito come “lettura di se stessa”.
Mazzocchi non vede sé stessa né durante lo scatto, né durante l’autoripresa: questa metodologia viene da lei usata come auto-terapia di ascolto che le permette di connettersi con la sua immagine interna, eliminando aspettative, trasgredendo quando capita le regole fotografiche.


Autodefinisce i suoi scatti “listening” (l’atto di ascoltare,ndr), ovvero proiezioni, visioni, vibrazioni, manifestazioni dell’ascolto guidati dall’emisfero destro del cervello.


L’artista, che vive a Berlino, subisce da sempre la forte attrazione del mistero del corpo. Ex ballerina, ha studiato diversi tipi di danza: contemporanea, jazz, moderna, africana e caraibica.
Per l’artista il corpo è il mezzo più efficace sia simbolico sia psicofisico, quindi veicolo di comunicazione, per parlare con sé stessa, il mondo, il tempo e lo spazio.


Fotografa, regista, performer, maestra d’arte, diplomata in Fotografia e Regia. L’arte per Chiara non è un intrattenimento: è una sfida nel far pensare, è una provocazione, spesso un disturbo, una costante ricerca di verità, un mezzo per scuotere le coscienze.
Motivo per il quale la sua ricerca artistica-concettuale che nasce da un bisogno fisico, in ascolto con il corpo, è basata nell’autoscatto fotografico e nell’auto ripresa video fusa nella performance, nel quale il corpo si dona liberamente come mezzo simbolico e psicofisico di scambio con se stessa in connessione con lo spazio attorno.
Nei suoi autoscatti e nei suoi video descrive l’incoerenza e il disagio che la coscienza universale ci ha messo in condizione di vivere.


L’intento è attivare la stimolazione del fruitore attraverso l’autoanalisi, ovvero il “sentirsi” coinvolti in un processo di “lettura interiore”.


"Wannsee" di Chiara Mazzocchi
“Wannsee” di Chiara Mazzocchi

Drusilla Clothing: un’emergente realtà moda di Roma

Lucilla Ferretti,28 anne e romana, laureata al DAMS, al compimento dei 25 anni ha inseguito il sogno ricorrente che la “perseguitava” sin da bambina: fare la stilista.

Avevo collezionato ormai centinaia di bozzetti, così ho deciso di dar finalmente voce a quella parte di me che ho chiamato Drusilla – racconta Ferretti – Quell’anno, nel tempo di un’estate, ho dato vita alla mia prima collezione di abiti. L’impresa non era facile. Sentivo di dover affrontare qualcosa che percepivo più grande di me, così iniziai a pensare alle grandi donne del passato, alle loro scelte coraggiose e al modo in cui avevano influenzato la mia crescita, e in quel momento le idee hanno iniziato a fluire, la collezione ha preso vita ed è iniziato questo grande viaggio che sto ancora vivendo.”


Drusilla è il suo Alter ego, è la parte selvaggia di Lucilla, quella libera dagli schemi. Tutta la ricerca di Ferretti attinge  al suo amore per i viaggi e per le culture di altri paesi.


La donna che ama Drusilla, prosegue la stilista, “non si veste per compiacere gli altri nè per farsi accettare dal branco, si veste per piacere a se stessa. A quella donna mi ispiro e per quella io disegno”.


Attualmente il brand Drusilla ha in attivo due collezioni di abiti femminili: “Precious” e “Melting Pot“. Entrambe si compongono sia di capi da giorno che abiti da sera, costruiti mescolando stoffe africane, di origine senegalese,  con varie stoffe occidentali (taffetà, vari tipi di pizzo, tulle, velluto). L’utilizzo di stoffe africane è centrale nella sua produzione. Nella sua seconda collezione in particolare ha deciso di fondere 4 culture apparentemente molto diverse tra loro: quella africana, di cui ha impiegato le stoffe per la maggioranza degli abiti, quella cinese (rintracciabile nel taglio di alcuni abiti e dal frequente utilizzo  del colletto alto e rigido), quella giapponese che ha omaggiato dando vita ad un’abito ispirato al mondo dei samurai ma reinterpretato in chiave femminile, e infine quella occidentale con la creazione di un’abito ispirato all’Ottocento europeo.


Drusilla Clothing: un’emergente realtà capitolina ibridazione di tradizione sartoriale e haute couture.


Drusilla Clothing
Drusilla Clothing

Youth Culture: Place to be – Studio LI



Nel quartiere tanto amato (dato che ci abitavano) da una celebre coppia di comici di Zelig, che sta vivendo una vera e propria rinascita sociale, tra i primi ad essere crocevia di culture ed etnie diverse tra loro, è presente dal 2015 una vera e propria officina culturale.


Stiamo parlando di Studio LI in via Davanzati 51 (il nome deriva dalla conversione in lettere della cifra del civico scritta in romano) in zona Dergano a Milano.


Si tratta di un ampio loft sotterraneo industrial su due livelli e composto da tre ambienti, in un equilibrato accostamento di tonalità white, legni e metalli, cui è stata data una seconda vita: adesso è uno spot dove avvengono mostre, workshop, performance.
E’ un luogo dove l’aggettivo “alternativo” ha ancora senso di esistere: non inteso come avversione coatta a tutto ciò che é ordinario; quanto piuttosto perché propone genuinamente cose non mainstream in un ambiente familiare e accogliente.


Attualmente è in corso allo Studio Li l’installazione “Contemporary Visions – Video Art in Loop”, patrocinata dall’Unesco e strutturata in contemporanea in diverse parti del mondo .
In ognuna di queste città, in contemporanea, in location indicate da una mappa condivisa, verranno proiettate opere selezionate di videoarte in loop, così che le persone possano accedervi in qualsiasi momento, anche incontrandole in modo casuale.
Le stesse opere, gli stessi artisti, le stesse emozioni nello stesso momento in tanti posti del mondo.
Per due settimane, dal 1 al 16 ottobre 2016 chiunque potrà godere della visione gratuita di opere di grandi artisti contemporanei ( nello specifico di: Sergio Albiac | Donato Arcella | Atotonilco Estudio | Augenblick | Federica Barcellona | Steven Briand | Silvia Camagni & Grace Zanotto | Francesco Carbone | Massimo Cappellani, Katia Di Rienzo, Emanuela Fiorelli | Pablo Caviedes | Daz Disley | DORI&GREY | Maurizio Follin | L’Appeso Videoproduzione | Kasumi | Fenia Kotsopoulou | Francesca Lolli | Ruggero Maggi | Shimrit Malul | Chiara Mazzocchi | Rasoul Moareknejad | Nadia Perrotta | Anna Pozzuoli | Punto Critico | Giordano Rizzardi | Marco Rocca | Candas Sisman | Elena Tagliapietra).


Studio Li è anche occasione attualmente di visionare le opere di tre giovani artisti.


Samantha Vichi
Samantha Vichi



Samanta Vichi, toscana, classe 1988, ha studiato presso l’Accademia di Belle Arti di Bologna. Il suo lavoro artistico si basa principalmente sulla rivisitazione della tecnica xilografica, spogliandola del tecnicismo classico che la grafica richiede ed adattandola ad un proprio linguaggio personale, intimo, femminile e punk. 
Pittura, collage e xilografia collaborano insieme nel mondo immaginato da Vichi. L’inusuale tecnica di stampa, l’uso del collage e l’avvalersi di una resa pittorica parlano di come si possa rendere la stampa sempre differente e quindi capace di mutare, concetto base all’interno del lavoro dell’artista.


Samantha Vichi
Samantha Vichi



Giacomo Patrini
Giacomo Patrini



Giacomo Patrini, milanese, classe 1988, studia all’Accademia di Belle Arti a Bologna. Affascinato dal mondo della creta, comincia un percorso che lo porterà a realizzare opere in terracotta.
Attualmente Patrini indaga su un mondo surreale popolato da creature che sono sogni e fantasie per la scultura, e per la pittura subisce una forte fascinazione della raffigurazione espressionista del soggetto, in cui caratteri istintivi (come l’uso della tecnica dell’action painting) giocano un ruolo chiave.


Giacomo Patrini
Giacomo Patrini



Sabrina Casiroli
Sabrina Casiroli



Sabrina Casiroli, classe 1981, è una performer/fotografa che ha conseguito il diploma di fotografa professionale presso la Bauer di Milano . Uno dei focus principali della sua ricerca artistica è il corpo, che si fa catalizzatore di emozioni ed è utilizzato come veicolo per raccontare storie proprie o altrui. Il risultato degli scatti sono delle vere e proprie foto/performance che superano la bidimensionalità della carta e ci accolgono nell’intimo mondo riot e poetico dell’artista.


Sabrina Casiroli
Sabrina Casiroli




Questo è il primo di un anno di eventi che lo spazio organizzerà: Studio LI è il place to be per vedere racconti artistici non ordinari e, perché no, raccontarsi.