Ignazio Marino le dimissioni e la bellezza del Campidoglio

Le note vicende di Ignazio Marino, sindaco di Roma, e delle sue dimissioni minacciate-presentate-ritirate-ripensate-ecc. hanno ancora una volta acceso i fari dei mass-media di tutto il mondo sul Campidoglio, sede dell’Amministrazione Comunale della Città Eterna. Tutte le televisioni e gli altri moderni marchingegni si sono attivati, fermandosi in modo particolare su quella famosa piazza e sugli splendidi palazzi che la circondano.
Distraendoci un po’ dalla cronaca, alziamo lo sguardo verso un orizzonte più ampio. Ecco, in breve, qualche notizia su questo luogo, il cui nome ha accompagnato costantemente la storia di Roma. E non solo: se la sede del Congresso degli Stati Uniti d’America si chiama Capitol, qualche motivo ci sarà!


Ignazio Marino le dimissioni e la bellezza del  Campidoglio


Tra i sette colli che formarono il primo nucleo abitativo di Roma, il Campidoglio, pur essendo il più piccolo, assunse ben presto un ruolo centrale soprattutto per motivi religiosi. Su questo colle infatti, come racconta Tito Livio (Ab Urbe condita, I, 10), Romolo fece portare le armi di uno dei re sabini da lui sconfitto, per appenderle ad una quercia sacra a Giove. Davanti alla quercia, poi, il mitico fondatore di Roma edificò una capanna e un altare per offrire sacrifici alla somma divinità. Da questa iniziale esperienza nascerà un tempio dedicato a Giove Capitolino, così chiamato a causa del luogo, tempio che diventerà il più importante santuario del mondo romano.

Di fronte al tempio di Giove sorse un altro luogo sacro dedicato a Giunone. Inoltre, alla destra della cella di Giove, c’era il tempietto di Minerva: in tal modo si formò la cosiddetta “Triade Capitolina”.
In una società che, a differenza delle moderne democrazie occidentali, non separava la religione dallo stato, è evidente che ben presto il Campidoglio divenne anche centro politico della città. I monumenti, che nel corso dei secoli ne occuparono l’area, guardavano verso il Foro che sorge ai suoi piedi.

Con l’avvento del cristianesimo in Roma, assistiamo a due fenomeni parzialmente contraddittori.
Il primo è la perdita dell’importanza religiosa del Campidoglio a favore di altri luoghi, specialmente il Laterano e in un secondo momento il Vaticano. L’altro fenomeno è una certa sopravvivenza del valore simbolico dell’antico colle: in Campidoglio, ad esempio, si installò Cola di Rienzo quando prese il potere e Francesco Petrarca vi fu incoronato poeta. Perciò, nonostante una sostanziale decadenza di tutta la zona, restarono in piedi alcuni palazzi sorti durante il medio evo sulle rovine dei templi pagani: ad esempio, la chiesa e il convento di Santa Maria in Aracoeli erano stati edificati là dove una volta sorgeva il tempio di Giunone, i cui ultimi imponenti ruderi furono distrutti nel 1911 per innalzare l’Altare della Patria.

Giungiamo, così, al periodo rinascimentale, quando i papi decisero di mettere ordine, salvando nella misura del possibile le tracce dell’antichità e dando nuove impostazioni ai diversi quartieri dell’Urbe.


Ignazio Marino le dimissioni e la bellezza del  Campidoglio


Questo è un disegno risalente alla prima metà del Cinquecento: si nota chiaramente che la parte anteriore della collina è in stato di abbandono, mentre la statua equestre dell’imperatore Marco Aurelio già appare davanti al palazzo centrale. La statua vi fu collocata nel 1538 da Michelangelo, per incarico di papa Paolo III. Dunque il disegno prospetta la situazione del colle quando Michelangelo iniziò a mettervi mano.
Nonostante le difficoltà del luogo scosceso e caotico, il grande artista concepisce l’idea di un complesso nel quale il tutto è più importante delle single parti. Imprime all’area una forma trapezoidale, in modo che colui che vi accede venga inserito in uno spazio che va progressivamente dilatandosi.
Anche le singole opere, tuttavia, manifestano una grande armonia e bellezza.

Tornando alla figura 1, notiamo l’edificio centrale, il Palazzo Senatorio, che Michelangelo trasforma da fortezza medievale in dimora rinascimentale, mentre a destra appare il Palazzo dei Conservatori, una creazione originale del genio toscano, e a sinistra il Palazzo Nuovo, realizzato da Giacomo della Porta e Girolamo Rainaldi in un sostanziale rispetto del disegno del Maestro.
Altra opera insigne è, come si diceva, la collocazione della statua di Marco Aurelio. Trasferita sul colle capitolino proprio in vista dei progettati rinnovamenti, essa è posta su un punto leggermente a cupola: ciò sia per un motivo pratico, quello di favorire il deflusso dell’acqua piovana, sia per un valore simbolico, cioè indicare il vero centro della piazza con una figura emblematica dell’antico impero e far risaltare in tal modo il potere politico che il Campidoglio continua a rappresentare.

La statua, che ora vediamo in copia poiché l’originale è all’interno dei Musei Capitolini, è il nucleo centrale di uno spazio in movimento. La superficie della piazza è animata da un gioco di linee che riproduce su un piano le costolature ricurve di una cupola intersecantesi tra loro. È questo un ulteriore elemento di dialogo con l’altra cupola, quella di San Pietro, che in quegli anni il Maestro andava progettando ed eseguendo.

La Creazione di Adamo di Michelangelo Buonarroti

È l’alba del mondo.

Su uno sfondo naturale spoglio e arido, si staglia la figura di Adamo, che, quasi sul ciglio di un abisso, tende un braccio verso Dio. Questo «contatto a distanza» delle dita è come una scintilla vitale che passa dal Creatore alla creatura e infonde energia nell’uomo, in modo tale che egli inizia a sollevarsi da terra e a distinguersi da quella materia dalla quale (e della quale) è stato fatto.

L’Eterno si avvicina in volo, con la veste purpurea. È circondato da un gruppo di angeli, impegnati nello sforzo di partecipare all’azione divina e descritti in vari atteggiamenti. Il gruppo è inserito in un grande manto violetto, gonfio di vento, che abbraccia Dio e gli angeli in una curva dinamica. Con il braccio sinistro l’Onnipotente cinge una figura femminile, la Sapienza, perché è soprattutto nella creazione dell’uomo che egli manifesta il suo infinito provvidenziale ordinamento.


La Creazione di Adamo di Michelangelo Buonarroti


In questo celeberrrimo affresco della Cappella Sistina Michelangelo ha tenuto ben presente l’insegnamento della Bibbia, che presenta Dio come «il vegliardo, i cui capelli sono candidi come la lana»: così si era espresso il profeta Daniele.

Adamo, dal corpo anatomicamente definito, poggia il braccio sul ginocchio piegato, in un significativo effetto di risveglio. Solleva lentamente il corpo e alza il dito ancora incerto verso quello assolutamente fermo di Dio. A differenza dell’intenso ritratto di Dio Padre, «l’antico dei giorni» ricco di bellezza e di energia, con la capigliatura grigia e la lunga barba fluttuante nell’aria, il volto di Adamo, di profilo e leggermente volto all’indietro, non assume un’espressione precisa: infatti l’uomo è un progetto aperto, chiamato a diventare sempre più somigliante al suo Creatore.