La collezione costumi estate 2020 Elisabetta Sammarco, eleganza in spiaggia

In “Love is a many-splendored thing” la dottoressa Han Suyin ne indossa uno intero di un giallo canarino che ne accentua la pelle candida e sottolinea la folta chioma scura: è il costume, complice di quello che sarà il primo bacio della coppia protagonista del film. 

Una bella Romy Schneider, tra le infinite effusioni con Alain Delon ne “La piscine”, luogo di baci appassionati, ne sfoggia di interi e due pezzi nelle tinte decise del bianco e del nero. 


La statuaria Ursula Andress ha invece lanciato la tendenza del due pezzi a vita alta, in quella che fu l’uscita dall’acqua da venere combattiva, del famoso film “Agente 007- Licenza di uccidere”, nel primo capitolo della serie.


Il costume è quindi protagonista di film cult che hanno reso le attrici delle icone di sensualità e di stile, indossando i bikini che da quel momento in avanti avrebbero dettato tendenza. 


Il brand Elisabetta Sammarco, sulle onde dell’elegante nudità da spiaggia anni ’70, ha realizzato una collezione costumi per la stagione estiva di questo 2020


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I colori sono delicati e vanno dal cipria al rosa confetto, dal pesca al malva, per spaziare nei brillanti due pezzi multicolore a righe. Sono prodotti totalmente Made in Italy e l’effetto cangiante della lycra cattura la luce rendendoli iridati e perlati; i tessuti velvet stretch regalano a chi l’indossa un’allure sofisticata e di classe.

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I costumi Elisabetta Sammarco sono destinati a donne che amano “vestire” anche in spiaggia, che dedicano cura e stile anche al capo che per natura meno abbiglia. Le varianti dei modelli, gli interi dalle spalline sottili, gli olimpionici con scollo all’americana, i crop top, i bottom e le culotte a vita alta, permettono a ogni donna di sceglierli in base ai loro gusti e alla loro personalità, anche se, come diceva il giornalista americano Irving R. Levine : “le statistiche sono come i bikini: ciò che rivelano è suggestivo, ma ciò che nascondono è più importante”.

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Coronavirus, 10 musei dal divano di casa

Coronavirus, 10 musei dal divano di casa 



Se la cultura è un bene di tutti, ora più che mai i paesi si uniscono per dire che è anche accessibile a tutti. 



Causa emergenza COVID-19, anche i Musei e i luoghi di culto hanno chiuso le porte ma non l’accesso virtuale; la cosa bella è che comodamente sdraiati sul divano di casa, possiamo prendere un aereo immaginario e volare fino a New York o a San Pietroburgo per visitare il MOMA e l’Hermitage. Niente code, nessuna folla davanti ai quadri, niente commenti sciocchi alle vostre spalle: “Oh bello, Oh meraviglioso, Oh cos’è sta roba?!”… Potrete goderveli e studiarveli dimenticandovi del tempo, soffermarvi sui dettagli quanto vorrete, esplorare le opere d’arte ad alta definizione, camminare verso le stanze vuote. 

Qui alcuni tra i musei nazionali e internazionali che offrono il servizio online e altri su cui potrete finalmente dedicare il vostro tempo ad imparare l’arte, e a metterla da parte. 

1. MUSEO DEL PRADO 



Una delle opere più significative dell’arte figurativa europea è il “Saturno che divora i figli” di Francisco Goya (1821-23), conservato al Museo del Prado di Madrid
Secondo la mitologia greca Crono, il più giovane dei Titani, il protagonista del dipinto, sapeva che sarebbe stato privato del potere da uno dei suoi figli, cosicche’, preso dalla rabbia, iniziò a divorarli tutti uno ad uno. La foga, la pazzia, il cannibalismo di Crono è in netto contrasto con la debolezza del piccolo corpo deturpato e sanguinolento; il piccolo non può nulla contro l’esplosione cieca della violenza. E’ un’opera cruda di una ferocia che si legge sulle mani dure e nervose di Saturno che non allenta la preda di quel corpicino innocente. Immerso nel buio più nero, la scena potrebbe significare il conflitto tra vecchiaia e gioventù, oppure il ritorno di un assolutismo in Spagna che limitava ogni forma di libertà intellettuale. 

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Francisco Goya – Saturno che divora i figli 

2. PINACOTECA DI BRERA – MILANO 

Mai quadro fu così adatto a dare speranza agli italiani come il famoso Bacio di Francesco Hayez. Un inno alla gioia, un simbolo di speranza e di patriottismo, il quadro icona della Pinacoteca di Brera
Il capolavoro più copiato e ristampato nella storia, è stato realizzato nel 1859 e ripercorre i fatti nel periodo in cui l’Italia venne suddivisa in tanti piccoli stati sotto il dominio degli Asburgo d’Austria. Periodo nel quale gli italiani, uniti nonostante la divisione, crearono dei gruppi, delle piccole società segrete che avevano lo scopo di restituire dignità al paese. Mi sembra ci sia una forte attinenza col periodo che stiamo vivendo. Un popolo che canta l’inno di Mameli in questi giorni di reclusione forzata, un popolo che si abbraccia da lontano, che col canto e con la musica regala speranza e la voglia di farcela, nonostante tutto. 

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Il Bacio – Francesco Hayez

3. BRITISH MUSEUM – LONDRA 
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4. MUSEO ARCHEOLOGICO – ATENE 
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5. MUSEE D’ORSAY – PARIGI 

Lo stagno delle ninfee” di Claude Monet riprende una serie di ponti che l’artista si accingeva a dipingere in diverse ore del giorno. La luce, questa era la migliore amica di un grande pittore, per conoscerla, per riconoscerla, bisognava studiarla notte e dì, quando era calda di Sole o fredda di Luna. Il ponte da lui stesso costruito nei giardini della sua abitazione, taglia a metà la ricca vegetazione che da un lato si erge verso il cielo e dall’altro si specchia nelle acque. Quei dolci e sussurranti fiorellini che sono ninfee dai toni pastello, ricordano tanto i giardini giapponesi e le sue rappresentazioni. In un morbido letto di verde, spuntano come piccole vite capaci di donare gioia e speranza. 

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Lo stagno delle ninfee” – Claude Monet

6. LOUVRE – PARIGI

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7. LE GALLERIE DEGLI UFFIZI – GIARDINO DEI BOBOLI – FIRENZE 

Chi ha avuto la fortuna di vagare attraverso il Giardino dei Boboli sa che un tour viruale non potrà regalare la stessa sensazione di immersione totale in un mondo astratto e ovattato.

Lo visitai per la prima volta dodici anni fa, di fronte a Palazzo Pitti esisteva ancora un Internet Point, dove mi recai per aggiornare il mio stato Facebook e raccontare del mio viaggio in solitaria a Firenze. Uno dei ragazzi del negozio mi si avvicinò e mi dette un consiglio molto prezioso, e cioè quello di non attraversare il percorso visibile dei Giardini, quello a linea retta tagliato al centro dai gradoni, ma di prendere le vie laterali e immergermi totalmente nel verde. Lo ascoltai e se potessi rintracciarlo lo ringrazierei perchè quella passeggiata nell’arte mi ha regalato non poche emozioni.


Il Viale dei Cipressi è un tunnel di arbusti fitto fitto che parte da terra e si riunisce sopra la tua testa; in piena estate creava un nido buio e silenzioso che mi proteggeva dal brusìo e dal cicaleccio dei turisti; ed erano tanti. D’improvviso, nel fruscìo delicato dalle foglie mosse da qualche animaletto indiscreto, vidi comparire dietro di me un gatto, nero, che mi fissava immobile. Non appena riprendevo a camminare, lui da dietro mi seguiva, in modo felpato, per poi rifermarsi quando dalle spalle gli mostravo il volto. Non ho mai capito cosa significasse quella strana presenza, in certi casi le domande non servono e le risposte non le vogliamo, ma so una cosa: so che quell’esperienza diede vita ad una lunga serie di viaggi in solitudine di cui rimangono un bellissimo diario, e una foto di me in lacrime con quel misterioso gatto dagli occhi gialli e il pelo nero.

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Giardino dei Boboli – Firenze 

8. NATIONAL GALLERY OF ART – WASHINGTON 

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9. NATIONAL GALLERY – LONDRA 

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10. MUSEO REALE DELLE BELLE ARTI DEL BELGIO 



Su Google Arts & Culture esiste uno strambo video che rappresenta il quadro di Pieter Bruegell il Vecchio datato 1562, la “Caduta degli angeli ribelli”, una realtà aumentata che ci porta faccia a faccia con i mostri più mostri della storia della pittura. 
Il quadro racconta un episodio biblico, la caduta degli angeli che si sono ribellati a Dio per sete di potere, uno scivolone lento e indimenticabile in cui dall’alto vediamo gli angeli che suonano il trionfo, biondi come fanciulli, degli uccelli del Paradiso, dei putti vestiti e senza vizio. 
Al centro l’Arcangelo Michele che combatte il drago dell’Apocalisse a sette teste; e verso il basso delle diapositive precise e dettagliate dei mostri di fattura Boschiana. Sono metà pesci e metà volatili; hanno il ventre squarciato a mostrare uova già marce; sono giganteschi e sproporzionati insetti; gli orifizi in mostra e le bocce avide e dai denti appuntiti e radi. E’ una scena spaventosa che rappresenta la fede da una parte e l’avidità dall’altra.

Il quadro è custodito presso il Museo Reale delle Belle Arti del Belgio 

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Le 10 cose da fare durante la dolceamara quarantena

Annoto nella prima pagina di ogni libro che leggo, la data che non scorderò mai, annoto COVID-19, e sono sicura che la memoria in futuro non avrà bisogno di altre spiegazioni. 

E’ stata dichiarata la Pandemia dall’OMS (Organizzazione Mondiale Sanitaria), siamo tutti costretti a rimanere tra le mura di casa, a uscire solo per procurarci beni di prima necessità o per urgenze mediche; c’è chi urla al complotto, cioè coloro che ritengono il Coronavirus un’arma batteriologica, e c’è chi crede nella scienza. Di certo sappiamo che la natura si sta ribellando, sta fermandoci a modo suo, l’inquinamento globale è diminuito, lo si legge nelle mappe della Nasa; nessuna auto per le città, impianti industriali chiusi, chiuse le fabbriche e i luoghi di lavoro, l’impatto di questa obbligata quarantena ha evidenziato in poche settimane un netto miglioramento atmosferico. E’ come una punizione dall’alto a cui noi tutti dobbiamo solo obbedire e prendere coscienza. Una catena che passa anche nelle case e tra gli affetti, sentiamo la mancanza di chi potevamo avere accanto ed ora non ci è concesso vedere, niente abbracci, niente baci, solo l’utilizzo di un’immagine virtuale, che cominceremo a odiare dopo troppo tempo di dipendenza. Sogniamo il caffè con un’amica, il viaggio col compagno, la passeggiata in centro; iniziamo a desiderare ciò chi di più caro abbiamo, dandogli finalmente il giusto peso, troppo impegnati prima a correre da un ufficio all’altro.

Ora abbiamo una grande opportunità e una grande risorsa: il tempo. Che ci permette di conoscere noi stessi e di elevarci a cose nobili. E allora iniziamo con l’imparare.

Qui una piccola lista delle infinite cose che possiamo fare durante questa dolceamara quarantena. 


Le 10 cose da fare in questa dolceamara quarantena:

1. Leggere il racconto “Voce di bambù fiori di pesco” di Yasunari Kawabata.
Non ci sono parole più adatte in questo momento per raccontare il rapporto uomo-natura. Un racconto-auspicio all’illuminazione. “I fiori sbocciano ogni anno, ma non tutti quelli che li vedono raggiungono l’illuminazione.” Oggi si è materializzato dinnanzi a tutto il mondo un grosso fardello, sta a noi sentire la voce che ci spinge alla luce, anziche’ il rumore che ci tende verso il basso. 

Kawata è certamente l’autore capace di descrivere questo non descrivibile. Leggete questo racconto raccolti nel silenzio delle vostre stanze. Vi aiuterà.


2. Allenare la mente con “Il giro della mente in 80 test”, un libro scientifico con simpatici test psicologici tra i più importanti e i più famosi, che misureranno la vostra intelligenza. Se siete fortunati fatelo con i vostri cari, vi divertirete a nutrire la vostra salute cerebrale. 

3. Cucinare delle cose buone e salutari, e se non siete capaci, è il momento di imparare!
Ne “Il grande ricettario” di Gualtiero Marchesi, la Bibbia degli chef, troverete ben 1200 preparazioni della nostra bellissima terra, ricette italiane regionali rivisitate dal grande maestro dell’arte culinaria. Siete ancora in tempo per cucinare una trippa alla fiorentina e giocare ai voti con i commensali come in “4 ristoranti”. Datevi un bel “Dieesci!”


4. A proposito di cucina, Philippe Daverio, noto critico d’arte ma anche ottima forchetta, ci illustra i e ci spiega con invidiabile semplicità ne “A pranzo con l’arte” edito da Rizzoli, la nascita delle abitudini a tavola. Sapevate che l’usanza di mangiare all’aperto arriva dall’epoca d’oro di re Luigi XV? Si faceva un pic-nic durante le partite di caccia e si consumava cibo cotto in precedenza dai cuochi di corte, come l’arancino, invenzione dello chef di Federico II di Svevia in Sicilia. Con Philippe Daverio non si smette mai d’imparare, divertendosi.



5. Scrivere una sorta di “diario di bordo“, delle pagine che raccontino i vostri stati d’animo, le vicende di questi giorni, ritagliatevi anche solo un’ora delle vostra giornata in cui scendete nella zona più buia e nascosta di voi stessi, e accendete una luce. Col passare dei giorni, illuminerete tutta casa.

6. Scrivere una lettera alla persona che amate. L’amore ha infinite forme, il destinatario può essere un amico, vostra madre, vostra sorella; trasformate i vostri pensieri in parole, che le parole possiedono una forza immensa. Tutto quello che la vostra timidezza, i vostri retaggi culturali e comportamentali bloccano, colorateli su un foglio bianco con parole di affetto, gentilezza, grazia. Farà bene a voi, ai vostri rapporti, sarà miele per il cuore.

7. Iniziare un corso di calligrafia. Il volume “Lettering creativo ma non solo” vi inizia all’arte della calligrafia. Tornerete all’ABC esattamente come al primo giorno di scuola elementare, ma con l’obiettivo di trasformare la vostra scrittura da medico, in scrittura da geisha. Solo allora potrete imbustare la poesia all’amore disperato, timbrarlo con la cera lacca, rigorosamente rossa, ovviamente con il timbro riportante le vostre iniziali. Scrivere in vestaglia di seta, con penna d’oca, sul coiffeuse della vostra camera da letto, vi porterà l’ispirazione.

8. Fai qualcosa che rimandi da una vita. Molto spesso troviamo scusanti per pigrizia, per mancanza di sicurezza, per svogliatezza, perchè crediamo di non potercela fare, perchè abbiamo paura del cambiamento, temiamo i risultati, temiamo il giudizio. Lasciate fuori dalla porta virus e paure, e abbandonatevi ai vostri sogni: il libro che non avete mai scritto, le foto che non avete mai fatto, le parole che non avete mai detto. Lasciatevi andare e seguite l’onda dell’impulsività, almeno ora. Fatelo.

9. Dedicarsi alla cura del tuo corpo aiuta la mente ad essere più libera e reattiva; non datelo mai per scontato. Preparate un bagno caldo con mezza tazza di bicarbonato e 10 gocce di Olio31, quel miscuglio miracoloso che serve per ogni malanno. Il bicarbonato è defaticante, rilassante e tonificante; l’Olio31 è invece antibatterico, antidolorifico e antireumatico. Mentre siete immersi, ascoltando il “Tristano e Isotta”, l’opera di Wagner, sorseggiate quel Barolo Docg del 2012 che custodivate per un momento speciale. Quel momento è arrivato. 

10. Guardare tutta la fimografia di Wong Kar-wai. Una lezione di grazia, di fotografia sublime, di poesia cinese. Maestro dell’arte erotica, del sentimentalismo romantico, le sue donne feticcio sono bellissime e ambigue. Le atmosfere delle sue pellicole, notturne e oniriche, calde come una lampada ad olio, le protagoniste, sfuggenti come lampade di carta. 
A mio parere, uno tra i più grandi cineasti viventi. 

Manintown

La FT-LAB di FABBRICATORINO con Giuseppe Buccinnà

La FT-LAB di FABBRICATORINO con Giuseppe Buccinnà


L’unione fa la forza, e quando due creativi si uniscono il risultato è doppio e promettente: così han fatto Fabbricatorino e Giuseppe Buccinnà.
Fabbricatorino è l’azienda artigianale produttrice di occhiali dal 1922, oggi sotto la supervisione di Alessandro Monticone, CEO dell’azienda, che ha deciso di creare un laboratorio sperimentale di co-branding di prodotti di alta gamma. FT-LAB, questo il suo nome, presenta quindi il suo progetto di lancio alla settimana della moda milanese insieme a Giuseppe Buccina’, brand nato nel 2015, improntato sulla ricerca di un’estetica lineare, pulita, strutturale, rigorosa e ritmica.

Grande il successo di pubblico che ha applaudito alla capsule nata da questa partnership, una serie limitata di occhiali d’ispirazione concettuale e artistica. Le figure molli dei quadri di Salvador Dalì fanno da sfondo a questi prodotti di grande personalità perché è ai consumatori dotati di identità forti che essi si rivolgono.


Sono creazioni geometriche, oniriche, possiedono il grande know-how della tradizione artigianale di Fabbricatorino e lo stampo contemporaneo di Giuseppe Buccinnà.



La capsule “FT-LAB // Giuseppe Buccinnà” risponde a un concetto di lusso contemporaneo, non dimentica l’eccellenza e la precisione rispondendo a una domanda sempre più attenta e pretenziosa, i telai sono realizzati con lastre di acetato Made in Italy e ogni singolo pezzo viene rifinito a mano.


Il Mod.GB01 Sveva è il primo prodotto che anticipa una capsule collection di sei modelli, realizzati da blocchi di acetato italiano; la nuance creata da una base nera con graffi metallici e borchie rutenio sposa perfettamente le geometrie che ritroviamo sul frontale e sulle aste; pensato in abbinamento ai capi spalmati della collezione. I volumi creati sono sostenuti da imponenti cerniere a sette svasi che conferiscono la giusta solidità e qualità che richiede un prodotto di lusso di questo tipo.

Distribuito già in 11 paesi del mondo, Fabbricatorino si apre a mercati nuovi con progetti innovativi e soprattutto vicino agli emergenti con una grande visione di mercato.
Ogni occhiale ha un carattere distintivo, magnetico e carismatico, diventa esattamente l’accessorio che fa la differenza.



Maison ARTC, la rivoluzione della moda

E’ un viaggio immaginario attraverso il deserto del Sahara; nelle esotiche giungle dove, elegantissime e silenziose, si aggirano le tigri; tra gli sfarzi luminosi e impegnati dell’oro ai tempi greco-romani; nei villaggi beduini; tra i colori africani con i suoi accessori bizzarri; la mostra di Maison ARTC durante il White di Milano è stata la più straordinaria e d’ispirazione di tutta la settimana della moda.

Un’installazione /percorso negli spazi di Tortona 27, dentro cui scoprire culture, usanze, abitudini di popoli vicini e lontani, raccontati e reinterpretati dall’artista Artsi Ifrach.

Lo stilista nato a Gerusalemme e fondatore del brand Maison ARTC, utilizza la sua memoria per creare abiti nuovi da pezzi di stoffa vintage; il passato si fonde col presente e lo rende carico di storia e di vissuto. Tutto, nell’espressione dell’abito, traspare dalla multiculturalità delle esperienze personali: Artsi Ifrach infatti si sposta da Tel Aviv a Parigi, da Amsterdam a Marrakech, dove attualmente risiede.



Totalmente “costruiti” a mano, gli abiti sono accompagnati da immagini che completano la mostra fotografica, visioni surrealiste che tanto ricordano il sodalizio Salvador Dalì – Elsa Schiaparelli, con quei guanti dalle unghie pittate di rosso che la Marchesa Casati indossò, seppur in estrema povertà, fino alla fine dei suoi giorni.


Gli spazi delle immagini sono immensi, il protagonista è l’abito che prende vita e diventa animato, come se l’animo del tessuto raccontasse tutte le sue storie passate, dai viaggi in treno passando per paesi stranieri per arrivare a noi sotto una forma nuova, con un messaggio nuovo. Ed è un messaggio di forza e speranza, di responsabilità e sensatezza, perché la fashion house marocchina lavora con materiali di recupero ed è sempre all’insegna della sostenibilità.

Le donne Moschino alla corte di Francia – collezione FW 20/21


Apparentemente frivolo, apparentemente salottiero, Jeremy Scott porta in passerella per Moschino una fotografia contemporanea, uno sfotto’ dei tempi moderni. 


L’ambientazione è settecentesca, siamo alla fine del secolo alla corte di Francia al cospetto di Maria Antonietta, moglie illustrissima di Luigi XVI, ma l’atmosfera è secondaria, un giochetto divertente per rappresentare l’edonismo che assale anche i nostri giorni. Le scarpette un tempo, i social network oggi, mezzi superficiali per soddisfare l’ego smisurato, rovina dei Millenials e della Generazione Z. 


Edonismo è la parola chiave, ricerca del piacere come unico scopo di vita ma con il minimo sforzo; fasto e sfarzo tutt’intorno, insieme a una buona dose di bonbon, torte glassate, specchi d’argento, e una collezione di porcellane di Messein che si fanno abito nella collezione Autunno Inverno 2020/21.

sx Moschino FW 20/21 – dx Kirsten Dunst interpreta “Marie Antoinette” nel film di Sofia Coppola.


Moschino collezione FW 20/21
Moschino FW 20/21



L’ironia, forse più sarcasmo, con cui Moschino denuncia un pensiero, lascia sempre il segno. Dalle stravaganze di Maria Antonietta all’ambiguità di Lady Oscar, Moschino reinterpreta il personaggio cult delle anime giapponesi diretto da Osamu Dezaki e Tadao Nagahama nel 1979, divenuto un successo anche in Italia. 

Un’ambiguità sessuale rivelata solo alla scoperta del vero amore, il personaggio di Lady Oscar, fattezze femminili e tempra maschile, sfila in passerella con broccati, velluti e passamaneria. 

sx episodio dell’anime Lady Oscar – dx Moschino FW 20/21
sx Moschino Fall Winter 20/21 – dx Maria Antonietta nell’anime Lady Oscar



Sulle ampie gonne da cortigiana compaiono biker jacket, evergreen del marchio, felpe ibride, denim con ricami dorati. Se la moda è un gioco, Moschino conosce perfettamente le regole per vincere. 

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Non c’è nessuna corsa alla novità a tutti i costi, nessuno spintone, nessun sensazionalismo, Alberta Ferretti è come quel saggio che sente, passati gli anni più difficili, di non dover dimostrare nulla a nessuno, a cui è rimasto solo il desiderio di dire la verità.

La collezione autunno inverno 2020/21 propone lo stesso codice di serietà e modernità e attualità che sono la firma del brand. Un tono su tono che parte dal capospalla e arriva fino alla stivale, arricciato, ripreso nello stesso colore e materiale del look. 



L’attitude è quella di una donna forte della sua femminilità, che le permette di indossare abiti di taglio maschile: le giacche over, le spalline importanti, i pantaloni a vita alta con le pences, i tailleur dal taglio classico.

Muliebri e delicati i dettagli: i colletti che ricordano una gorgiera, le ruches, gli orecchini che seguono le forme ondeggianti degli abiti, i maxi fiocchi alla collegiale, la trasparenza dei pizzi



Capo icona la jumpsuite in denim con cerniere profilate dorate; parola chiave “frange”, ma soprattutto “coerenza” e nessuna sottomissione mediatica, perchè l’eleganza è saper fare silenzio quando gli altri fanno rumore. 


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Rudy Profumi, il made in Italy delle essenze

Il profumo può rimanere un ricordo indelebile nella memoria perchè ha una incredibile connessione con le esperienze vissute, che inconsciamente riaffiorano quando ne sentiamo gli aromi. Pensate all’odore di caffèlatte che sentivate la mattina da bambini, una ricerca ha evidenziato che gli uomini lo eleggano a odore preferito in assoluto. Le donne invece, le mamme in particolar modo, prediligono l’odore pulito di talco della pelle dei bambini. Sono interessanti queste relazioni, perchè raccontano qualcosa di noi, tratti della nostra personalità; un profumo si sceglie come si sceglie un abito: deve vestire bene, calzare a pennello, parlare del nostro carattere e soprattutto, lasciare il segno. 

L’azienda Rudy Profumi è maestra nel settore, l’esperienza centenaria della famiglia Spiridione, che dal 1920 con il suo fondatore, il Sig. Spiridione Calabrese, rivela oggi una solidità tale che la distribuzione è presente in 30 paesi del mondo, con un marchio che si delinea come “maison di fragranze di alto profilo” e che unisce ottima qualità e grande attenzione al design. 

Le linee di Rudy Profumi sono infinite, raccolgono creme corpo, creme mani, bagnoschiuma, profumi, fragranze, saponi, colonie, in una varietà di formulazioni provenienti dalla natura e pensate per ogni gusto. 

La Botanic collection ci porta tra i fiori, nei campi infiniti di lavanda, tra i profumi delicati delle rose, della magnolia e delle peonie. Un esperto reparto di ricerca e sviluppo garantisce l’eccellenza del prodotto, seguito passo passo nelle sue lavorazioni accurate, fatte di oli essenziali, accordi, molecole di sintesi.



La Botanic collection è la più evocativa, i profumi arrivano dalla natura, ci ricordano i quadri di Monet, “Le jardin de l’artiste à Giverny”, una prospettiva diagonale in cui file di iris prendono i vari colori viola, rosa, bluastri per i giochi di luce; o gli iris di Van Gogh, uno studio sulla natura che lo ha sempre magnetizzato, così come i suoi “vasi di rose”, che raccontano molto della sua estrema sensibilità e della ricerca del bello in natura, la salvezza a portata di tutti. 



vasi di rose, Van Gogh

Le profumazioni, sono studiate in modo da ottenere suggestioni olfattive che rimandano alle inebrianti, evocative e variegate profumazioni della Natura. 

L’azienda Rudy Profumi è inarrestabile in ricerca e innovazione; ogni collezione proposta ci riporta un aroma della nostra terra, come quella della serie “Italian Fruits”, un carnevale di arance, fichi, mele glassate, nettare di pesca, succosi pompelmi, un tripudio di essenze e di aromi che dimostrano la grande passione del marchio. 



Nella Piramide olfattiva della Peonia, della serie Botanic collection, le note di testa sono fiore di arancio e limone Italia. Le note di testa sono quelle che percepiamo appena spruzzato un profumo sulla pelle, dette anche “capitali”. Le note di cuore sono gelsomino e peonia, durano di più sulla pelle e sono considerate la “personalità del profumo”; sono dette anche “corpo”. Le note di fondo, dette anche “coda”, evaporano lentamente e sono l’anima del profumo; nella “Peonia” abbiamo i legni bianchi, il vetyver, l’ambra e la vaniglia. 

Peonia – Botanic Collection Rudy Profumi



Piccolo consiglio: se volete profumare il vostro armadio, potrete spruzzare su una carta assorbente per inchiostri (la trovate in cartoleria) il vostro profumo e riporlo nell’armadio e nei cassetti: darà una nota delicata ai vostri capi e alla vostra biancheria intima. La lavanda e i fiori in generale sono un’ottima scelta! 

L’Arabesque, il cult store già cult nella Milano mondana

La parola “arabesque” deriva da “arabesco”, che indica uno stile ornamentale composto da motivi geometrici ed elementi calligrafici, un tipo di disegno che riporta gli elementi naturali delle foglie, delle onde, dei riccioli che tra loro si intersecano e si ripetono. A questo elegante intreccio “L’Arabesque” ha pensato quando ha creato il marchio: un’insieme di contenuti tutti sposi della stessa filosofia: la ricerca del bello



L’Arabesque è foodartfashion and design, uno spazio unico situato nel cuore pulsante della città di Milano, in Largo Augusto, ideato dalla mente creativa di Chichi Meroni nel settembre 2010.

L’arabesque Café e L’Île de l’Arabesque sono i due ristoranti di design ispirati agli anni ’60, il primo è un ambiente accattivante che offre ricette tradizionali italiane ispirate al libro “C’era una volta a tavola” (pubblicato nel 1999) di Chichi Meroni e, ogni mercoledi sera (19.30-22.30) e sabato a pranzo per il brunch, musica jazz live con al sax Mirko Fait; il secondo è un locale dall’aria elegante ideale per eventi privati.

Il ristorante-cafè si offre come luogo di rappresentanza in una Milano che oggi esige meno rumore e più conversazione; qui gentiluomini coltivano il buon gusto e buone maniere perchè la mondanità è anche regola e saper viver bene. Ma se la qualità degli ospiti determina il nome del locale, L’Arabesque stupisce anche in cucina offrendo un menu’ alla carta di qualità con manicaretti di stampo italiano contaminati dalla cultura orientale, esattamente come negli arredi, il cui gusto dominante proviene dal Sol Levante. Una cucina che appaga vista e gusto, in perfetta sintonia con l’ambiente; riserbo e gentilezza fanno de L’Arabesque un progetto d’amore e di costume, dove virtù e costanza vengono premiati con la fedeltà della clientela.

Accanto al cafè, la libreria di ricerca, una vera chicca per appassionati lettori, una perfetta bomboniera del sapere, dove poter coltivare spirito artistico e modaiolo. Libri introvabili di moda, arte e design vi aspettano per essere sfogliati e acquistati, seguiti e consigliati per essere meglio indirizzati; la libreria è aperta spesso anche la sera durante il mercoledi in concomitanza con la serata jazz. La biblioteca è un progetto importante che rivela nuovamente il lato di Chichi Meroni, dall’inesauribile curiosità intellettuale.

Per chi inneggia all’unicità e all’originalità, L’Arabesque Research Vintage è la speciale area dedicata alla raccolta e alla vendita dei pezzi di “storia” dell’alta sartoria. Solo qui potrete trovare capi rari di grandi firme o sartoriali unici; per gli stylist e addetti al settore si propone come luogo di ricercae di scelta per creare shooting ed editoriali moda. Una linea contemporanea di prêt-à-porterfragranze dell’alta profumeriakimono giapponesi di inizio ‘900, bigiotteria e arredi moderni di metà secolo di maestri del design europei e americani, oltre a una nuova collezione progettata da Chichi Meroni e lanciata alla Milano Design Week 2019, fanno de L’Arabesque un mondo completo del nuovo dandy contemporaneo. E per accontentare tutti ma proprio tutti, il nuovo salone fitness “Nautilus”, per allenare corpo con discipline cucite su misura e hammam, massaggi, cure fisioterapiche per coccolarvi.

Sembrava un sogno arabeggiante poter soddisfare tutti i propri desideri in un’unica soluzione, eppure questo sogno si è fatto realtà e si chiama “L’Arabesque”, il cult store già cult nella Milano mondana. 

Sangue pugliese, gusto francese, il made in Italy di Isabel Pabo

Sangue pugliese, gusto francese, Dalila Palumbo è una designer cresciuta tra gomitoli di lana e metri di stoffa. La sua storia è presto scritta e si fa spazio nel settore moda sotto il nome di Isabel Pabo, brand made in Italy, bandiera del “saper fare” italiano.
Ultima nata in casa Isabel Pabo, una collezione di borse che sono piccoli scrigni preziosi nati dalle tele di un pittore locale e impreziositi con gusto e originalità; dei pezzi unici perché ogni tela racconta un paesaggio diverso, dalle colline in fiore al tramonto marino.


Quando è nata la tua passione per la moda?

Ricordo le domeniche in famiglia, quando guardavo mio padre dipingere, trasformare la creta, creare. Ricordo gli abiti di mia madre: tailleur, abiti, cappotti vintage, copricapi bizzarri ed accessori che brillavano, tutti accuratamente conservati come dei piccoli gioielli.
Ricordo la precisione di mia nonna, quella paterna, una sarta dentro i cui cassetti si celavano fili di cotone colorati, matasse da sbrogliare, pezzi di stoffa; e quella materna che sul grande divano “sferruzzava” a maglia sciarpe, cappellini, maglioncini e babbucce durante il periodo natalizio e le scampagnate estive. Mia sorella ed io giocavamo alle sfilate di moda, nel lungo corridoio di casa, e già sognavo di vestire le donne; le bambole mi avevano già annoiato.


Perchè hai deciso di applicarti in questo settore?

Per dare concretezza ad un’idea. Perché credo nel buon gusto e nella sana vanità; vestire una donna con questi due ingredienti uniti ad un mio abito, mi rende felice.

Dove trai ispirazione?


Vivo in una terra magica, la Puglia, ricca di paesaggi, colori, profumi e tradizioni, a cui ho dedicato una linea di accessori, le borsescrigni di Puglia”. Le mie radici sono la fantasia più grande, ma le persone, quando meno te lo aspetti, sanno darti una vera scossa.

 


C’è un designer che ammiri maggiormente? E perché?

Christian Dior per la bravura di esaltare le forme femminili; Elsa Schiapparelli per la sua eccentricità e la cura dei particolari mai scontati; Gabriel Coco Chanel per la genialità nel creare capi iconici e facilmente riconoscibili; “Re” Giorgio Armani e “l’Imperatore” Valentino per l’eleganza senza tempo ed intramontabile dei loro abiti; Karl Lagerfeld per la capacità di creare e gestire contemporaneamente diverse case di moda dagli stili differenti e sempre vincenti; Maria Grazia Chiuri, attuale direttrice creativa di Dior, e Pierpaolo Piccioli, direttore creativo di Valentino, per la freschezza di collezioni che durano nel tempo, ma che mantengono sempre lo stampo del passato con un pizzico di innovazione.


A che genere di donna è rivolto il tuo prodotto?

I miei abiti appartengono sicuramente ad una donna che non vuol passare inosservata e non vuol esser scontata, una donna sicura di sé a cui piace osare. Mi diverto a creare abiti giocando con le personalità delle mie clienti non solo basandomi sulla loro silhouette. Si passa dal capo dalle linee semplici, romantiche e minimal con dettagli particolari a quello dai tagli audaci che giocano ai limiti delle trasparenze con tessuti preziosi.



Quali sono i contesti più professionali oggi, in ambito fashion?


Milano, Firenze e Roma in Italia, seppur in maniera differente, sono secondo me i contenitori dove maggiormente si incentra e confluisce il fashion system. Milano Fashion Week, Pitti, Altaroma, White,  “vetrine”  dove avvengono molte connessioni lavorative.

Esiste un’icona che vorresti vestire?


Mi piacerebbe un giorno vestire l’attrice Tilda Swinton. Sono sempre stata affascinata dalla sua immagine androgina, dalla sua bellezza eterea, dai suoi modi eleganti e dal suo spirito ribelle. Ha uno stile versatile e ricercato, passa con disinvoltura da abiti iper femminili a tailleur maschili super strutturati.


E una del passato?


Se potessi scegliere un’ icona del passato sarebbe Anna Magnani: una donna talentuosa, simpatica, dalla personalità intensa, dura e fragile al tempo stesso, sfortunata nella vita privata ma grande ed unica in quella lavorativa, altezzosa ma anche genuina e generosa; una bellezza classica ma iconica, indipendente e padrona del proprio destino.


Cosa non manca mai nel tuo armadio?

Un tubino ed un paio di décolleté.


Quali sono i pezzi must have che ogni donna dovrebbe avere?

Nell’armadio di una donna non dovrebbero mai mancare un abito basic, un pantalone classico, un jeans, una camicia, una t-shirt, un cappotto, un blazer, una décolleté, una sneakers ed una borsa.


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Come indossi il denim?

Spesso con camicie e giubbottini, è un capo passe-partout che permette di creare abbinamenti per quasi tutte le occasioni.  Indossato anche con un capo più elegante permette di “sdrammatizzare” e “alleggerire” il look.


Qual è il capo più importante di un outfit?

Il portamento e la capacità di saper indossare qualsiasi capo; è la personalità che attrae e calamita l’attenzione e l’ammirazione, non un capo in sè.


Come ti relazioni con le clienti?


Inizio con una consulenza di immagine, cercando sempre di valorizzare i loro “punti di forza” facendo risaltare la silhouette. Con ogni donna mi piace lavorare non solo sulla loro immagine esteriore, ma anche sulla loro personalità e questo mi permette non solo di creare “semplicemente” un bell’abito su misura, ma soprattutto un capo cucito sulla loro identità.

Come poterti contattare?

È possibile contattarci tramite profili social, Instagram e Facebook sulla pagina ISABEL PABO, per e-mail all’indirizzo isabelpabosrl@gmail.com e presto anche sul nostro nuovo sito internet.


 

 

Perimetro racconta Milano come non l’avete mai vista

Vi capita mai di essere convinti di conoscere qualcuno e in un attimo sentirvi estranei?
Qualcosa vi ha turbato, probabilmente le grandi aspettative che lasciano sempre spazio alle delusioni. Ma capita anche di sentirsi sorpresi, stretti nell’inevitabile pregiudizio che invece viene ribaltato e ci costringe a riflettere che le apparenze ingannano. Succede anche alle città. Le si vivono e si scoprono degli angoli ancora inesplorati, le si giudica e ci viene regalata una festa, le si snobba e si viene accolti con calore. Chissa’ quanti di noi hanno storie da raccontare… io credo moltissimi e qualcuno ha voluto farne un magazine: Perimetro!

Perimetro è un progetto fondato da Sebastiano Leddi che ha come obiettivo quello di raccontare Milano, una città ricca di eventi, di luoghi, di razze e culture, la città dove la moda nasce, dove la notte bolle e dove l’arte fiorisce. C’è chi la ama, c’è chi la odia, c’è chi non la guarda e la subisce come una condanna da scontare, ma il fermento di questi anni ci dice che c’è soprattutto chi vuole vederla vincitrice. Impetuosa e sfarzosa, la bella Milano vive un periodo di grande bellezza, così ci mostrano i numerosi collaboratori di Perimetro, tra i più grandi fotografi contemporanei e i raccontastorie.

La generosità di Milano sta nella varietà degli eventi, dei luoghi di culto, nella quantità dei musei da visitare, nella pluralità dei ristoranti dove poter viaggiare con un piatto; una Milano che si promuove, che ci rende libera la scelta di essere, chi negli eccessi, chi nella riservatezza.

Sono i reportage ad aprirci lo spioncino su Milano, i fotografi di Perimetro vi osservano anche se non li sentite, spiano le vostre vite, inneggiano i vostri amori segreti, come nelle immagini di Chiara Cappetta, milanese d’adozione, collezionista di attimi altrui che combatte l’insonnia con l’arte della fotografia, all’alba, con la luce che più la rappresenta.



Ma Milano, quando non dorme, è battagliera; lo vediamo nella serie di Gabriele Puglisi, che raccoglie immagini delle manifestazioni giovanili, la loro rabbia, il desiderio di rispetto, la volontà di far arrivare una voce, in coro, unita da un unico scopo: rivendicare i propri diritti. Reportage dove rivoluzione è uguale a cambiamento, crescita, evoluzione.



Lo spirito di Perimetro è nobile ed euforico, raccoglie seguaci come fosse una religione, forse perchè ne sentivamo il bisogno, perchè Milano è un po’ come tante altre città, è un ecosistema di persone che vogliono urlare lo scontento; o di ragazzi che vogliono mostrarvi i luoghi più insoliti della notte, come quel curioso di Robert Mapplethorpe; o di amanti di razze diverse che vi spingono all’amore e alla libertà del sentimento; o di solitari che la vivono nelle ore più insolite. A questi ultimi Marco Espertini ha dedicato le sue immagini in bianco e nero: la magnificenza di CityLife, progetto di riqualificazione del quartiere Portello, in contrapposizione alla desolazioni dell’essere umano, che appare come una piccola presenza passeggera.





Lo scrittore e giornalista Guido Piovene l’ha saputa sintetizzare molto bene:

Per capire Milano bisogna tuffarvisi dentro. Tuffarvisi, non guardarla come un’opera d’arte.