“Quello che so di lei” la vita e la morte nel film di Provost con Catherine Deneuve

Se siete facilmente impressionabili non è il film adatto a voi! Perché la cosa davvero impressionante è che la scena d’apertura, la nascita di un neonato in sala parto, è del tutto reale! Martin Provost, sceneggiatore e regista del film “Quello che so di lei“, ha deciso di rendere ancora più reale il reale, filmando in Belgio (dove la legge lo consente) le nascite dei bambini, una rappresentazione che è l’essenza dell’amore e c’è chi, probabilmente, a tutto questo amore non è abituato.

Ebbene la protagonista è un’ostetrica, Claire, una donna che dedica la sua vita al servizio degli altri, salda di principi, nel momento in cui le verrà chiesto di abbandonare il piccolo reparto maternità dove lavora per approdare in una struttura che fa del rendimento il proprio scopo, rifiuterà. I soldi non sono la sua priorità, la logica del profitto le fa ribrezzo e la cosa a cui tiene di più è l’umanità che il suo lavoro porta con sé per definizione.

Claire ha un figlio che ha appena lasciato casa e un padre che ha lasciato questa terra molti anni prima, con un atto di suicidio. Un colpo di pistola al cuore. Ovviamente per amore.
La diabolique, la donna che ha lasciato il vuoto nel cuore di quell’uomo non poteva che essere interpretata da Catherine Deneuve. Béatrice, nome che ricorda più un angelo che la ribelle interpretata, è la cicala di quella favola dove la saggia formica stipava mentre lei sperperava. Non possiede alcun reddito nonostante sia sempre impeccabile nei suoi abiti alla moda, è una giocatrice d’azzardo, beve come un uomo, è di un sarcasmo cinico e leggero, vive la vita giorno per giorno, è generosa e allo stesso tempo egoista. La sua vita dissoluta, quasi al limite della sregolatezza, un bel giorno le da’ il conto da pagare: Béatrice scopre di avere il cancro.

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E’ in quel momento che ferma la giostra su cui gira da ragazzina, per riflettere su cosa di veramente importante la aspetta a terra, per quel poco che le rimane da vivere. E le torna in mente quell’uomo, che ora cerca disperatamente. Trova solo Claire, la figlia irreprensibile che le da’ la brutta notizia. Nasce allora un riavvicinamento tra le due donne: una pronta ad accogliere e perdonare, l’altra bisognosa di cure e dell’amore che si è sempre negata.

E’ un film che racconta della solidarietà tra donne, le predilette di Provost e sull’amore tra donne, un amore materno, l’amore che porta con sé il dono dell’amicizia, della vicinanza, dell’abbandono.

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Due personalità così diverse si compenseranno e Béatrice regalerà a Claire quella leggerezza vanitosa di donna che le mancava, che sopiva da tempo, si specchierà con piacere, colorandosi la bocca di rosso e conoscerà un uomo a cui aprirà la porta di casa, la sua intimità.



Catherine Deneuve
è perfetta nei panni di Claire, la sua ironia è pungente e seria, divertente e amara, ricorda la mangiauomini interpretata da Fanny Ardant in “8 donne e un mistero” di Francois Ozon, quando cantava:


A quoi sert de vivre libre
Quand on vit
Sans amour?


E alla fine, quando Claire l’avrà accolta nella sua casa, dopo averla perdonata, dopo essersi presa cura di lei, dopo essersi concessa delle piccole pazzie giocando a “Thelma e Louise“, Béatrice sparirà di nuovo.
Provost commenta così: “E’ un gesto d’altruismo, Béatrice sa quando uscire di scena e lascia il tempo e lo spazio a Claire, di vivere una nuova storia d’amore“.
Io ci ho letto un suicido.


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