EXPO 2015 Viaggio intorno al cibo: una sosta letteraria

Proprio per i suoi tanti significati materiali, spirituali e sociali, è ovvio che l’arte si è interessata fortemente al cibo.

Riflettendo sul rapporto tra arte e cibo, possiamo evidenziare tre tipi di arte:


1. l’arte del cibo: la gastronomia e la preparazione della mensa.

2. l’arte per il cibo: ad esempio la ceramica utilizzata per contenere gli alimenti.

3. l’arte sulcibo: il gesto del mangiare e tutto ciò che lo prepara, lo accompagna e lo segue e l’ambiente in cui ciò avviene diventano oggetto di descrizione nella musica, nella pittura, nel cinema e nella letteratura.


Riguardo a questo terzo punto, in tanti romanzi o nelle poesie ci sono scene e situazioni che si svolgono in rapporto al bere o al mangiare. In esse, però, il cibo è più occasionale che centrale: cioè i personaggi dicono o fanno altre cose mentre mangiano, ma non è il cibo il centro dell’interesse del’autore. In una breve commedia di Luigi Pirandello (1867-1936), invece, notiamo che un frutto è proprio l’elemento centrale della composizione, il nucleo intorno al quale si svolge il racconto. La commedia, Lumìe di Sicilia (lumìe significa limoni nel dialetto siciliano), risale al 1910 ed è la riduzione teatrale di una novella precedentemente pubblicata.


La trama è molto semplice. Micuccio Bonavino è un giovane campagnolo siciliano e suona nella banda del paese. Ha aiutato una sua compaesana, Teresina Marnis, nella carriera di cantante lirica e si è fidanzato con lei. Nel frattempo Teresina si è affermata e ora vive in una grande città dell’Italia settentrionale, dove ha conosciuto e frequentato altri uomini, dimenticandosi di Micuccio. Preso contatto con la madre di Teresina, il giovane, che aveva portato anche del denaro ricevuto in prestito durante una malattia, scopre l’amara verità.


I personaggi principali sono Micuccio, Teresina (che, trasferendosi al Nord ha abbreviato il nome in Sina) e la madre di lei. L’azione si svolge in un solo atto.

Pirandello nella didascalia iniziale presenta l’ambientazione:

«La scena rappresenta una camera di passaggio, con scarsa mobilia: un tavolino, alcune sedie. […] Attraverso la camera si scorge un salone splendidamente illuminato con una sontuosa mensa apparecchiata».


Abbiamo dunque due luoghi: uno modesto, l’altro ricco e sfarzoso, pronto per una cena. Qui già si incomincia ad accennare al tema che ci interessa, cioè il cibo e i suoi significati.

Entra in scena il cameriere Ferdinando seguito da Micuccio, il quale ha compiuto un viaggio di due giorni per incontrare la signora Marta, madre di Teresina; ma la chiama ancora con un’espressione tipica del paese: “zia Marta”. Ferdinando e la cameriera Dorina escludono che il giovane possa incontrare la signora, perché: «Vedete, caro. Ci sarà una gran festa. La serata d’onore […] Questa notte si cena. Ah! E che tavolata! Che luminaria!».


Dal dialogo tra Micuccio e i due inservienti veniamo a conoscere che la bellissima voce di Sina è stata scoperta proprio grazie all’affetto di Micuccio, suonatore di ottavino nella banda musicale di Palma Montechiaro. Alla domanda di Dorina circa i suoi sentimenti, Micuccio risponde:


«Io? A Teresina? Mi fate ridere! Mia madre pretendeva che la abbandonassi perché lei, poverina, non aveva nulla, orfana di padre … mentre io, bene o male, il posticino ce l’avevo, nella banda».

E questa povertà di Teresina si precisa anche nella mancanza di alimentazione. Infatti, quando Micuccio decide di impegnarsi per far studiare canto alla ragazza, aggiunge:

«Il pianoforte costava, le carte costavano … e poi Teresina doveva nutrirsi bene per aver forza di cantare. […] Carne, ogni giorno! Me ne posso vantare!».

Anzi, Micuccio fa molto di più:


«Quando un maestro sentì Teresina e disse che sarebbe stato un peccato, un vero peccato non farle proseguire gli studi in una città, in un gran Conservatorio … io presi fuoco: la ruppi con tutti; vendetti il podere che m’aveva lasciato, morendo, un mio zio sacerdote, e mandai Teresina a Napoli, al Conservatorio. […] Quattro anni la mantenni agli studi. Quattro».

E conclude amaramente: «Non l’ho più riveduta, da allora». Nel frattempo la carriera artistica di Teresina aveva preso il volo: Napoli, Roma, Milano, Spagna, Russia. E dunque è tempo di coronare con il matrimonio il sogno d’amore di Micuccio verso la cantante.

All’improvviso suona il campanello: arrivano la madre di Sina e numerosi invitati. Il contrasto tra gli abiti sontuosi indossati da zia Marta e la sua vecchiaia sottolinea la contraddizione che la donna sta vivendo: da una parte vorrebbe tornare alla vita semplice e ai valori del paese siciliano, dall’altra accompagna la figlia ed è costretta a condividerne le scelte. Questo contrasto si esprime nel dialogo che ha con Micuccio:

«MARTA: Adesso di là si cena, capisci? Ammiratori, l’impresario … La carriera, capisci? Ce ne staremo qua noi due. Dorina ci apparecchierà subito subito questo tavolino … e … ceneremo insieme, io e tu, qui, eh? Che ne dici? Noi due soli. Ci ricorderemo dei bei tempi»

E questa distinzione tra «di là» e «di qua» tornerà continuamente nelle parole della donna.

Naturalmente non è possibile andare avanti senza porre la domanda che indica lo scopo della visita del giovane:

«MICUCCIO: E … verrà, vi ha detto? Dico … dico per … per vederla, almeno …

MARTA: Ma certo che verrà! Appena avrà un momentino …».



I due interlocutori continuano a parlare di persone e fatti del paese di origine.

Finalmente anche Marta e Micuccio mangiano. Marta si sente libera di farsi il segno della croce, perché quando è con la figlia e i suoi ammiratori ciò non le è consentito. Così tra ricordi e malinconia trascorrono i minuti, mentre ogni tanto si sentono risate che provengono «di là» e producono in Micuccio un crescente scoraggiamento.

All’improvviso giunge Sina, «tutta frusciante di seta, parata splendidamente di gemme, nudo il seno, nude le spalle, le braccia, si presenta frettolosa». Micuccio «che aveva steso la mano al bicchiere, resta col volto in fiamme, gli occhi sbarrati, la bocca aperta, abbarbagliato e istupidito, a mirare, come innanzi ad un’apparizione di sogno; balbetta il nome di Teresina». Ma lei è tutta sbrigativa e scappa via di nuovo per raggiungere i commensali.

Scende il gelo tra Marta e il giovane. È la presa di coscienza che il sogno di poter sposare la ragazza si è definitivamente infranto. In una tensione crescente che raggiunge il dramma, le parole di Micuccio e di Marta mostrano tutto il degrado morale in cui Teresina è sprofondata per «la carriera». Il giovane decide di andarsene:


«MICUCCIO: State tranquilla. Non le faccio niente. Me ne vado. Che sciocco, zia Marta! Non lo avevo capito … Non piangete, non piangete … Tanto, che fa?».

Ma proprio mentre riprende la valigetta e il sacchetto e si prepara a uscire, gli viene in mente che dentro il sacchetto ci sono i bellissimi limoni, che egli aveva portato per Teresina dal paese. «Oh, me ne scordavo: guardate, zia Marta … Guardate qua …»

«Scioglie la bocca al sacchetto e, facendo riparo d’un braccio, versa sulla tavola i freschi frutti fragranti».

In quel momento giunge Teresina: «Oh! Le lumie! Le lumie!»


«MICUCCIO: (subito fermandola) Tu non le toccare! Tu non devi neanche guardarle da lontano! (ne prende una e la avvicina al naso di zia Marta) Sentite, sentite l’odore del nostro paese … E se mi mettessi a tirarle a una a una sulle teste di quei galantuomini là?

MARTA: No, per carità!

MICUCCIO: Non temete. Sono per voi sola, badate, zia Marta! Le avevo portate per lei … (indica Sina) E dire che ci ho pagato anche il dazio … (vede sulla tavola il danaro, tratto poc’anzi dal portafogli; lo afferra e lo caccia nel petto di Sina, che rompe in pianto). Per te c’è questo, ora. Qua! Qua! Ecco! Così! E basta! Non piangere! Addio, zia Marta! Buona fortuna!».


Ed esce definitivamente, mentre cala il sipario.

Come si può vedere, in questa commedia pirandelliana il cibo diventa occasione d’incontro e di tensione e soprattutto è un simbolo che indica molti significati. Tra i principali, potremmo notare:

a. il rapporto tra città e campagna: la tavola ricca, simbolo di vita artificiale e superficiale, e i bei limoni siciliani, ricordo di una vita semplice e genuina;

b. i valori morali della tradizione in contrasto con l’immoralità e l’egoismo della modernità;

c. rapporto tra presente e passato;

d. due mondi diversi si incontrano e si scontrano: chi dei due vincerà?

e. la nascente industria dello spettacolo, che non raramente corrompe e strumentalizza i sentimenti;

f. il rapporto educativo tra madre e figlia e il senso di fallimento avvertito dalla madre.

Tutto questo e molto altro si concentra intorno alle due cene e soprattutto intorno ai limoni, che in questa commedia diventano simbolo di un’intera visione della vita, che Teresina ha ormai rifiutato.