POLITICI E TALK SHOW IL RUMORE DEL NULLA

“Stessi personaggi, stessa trama, stessa osteria, stessa minestra riscaldata, stessi filmati della stessa “ggente” incazzata stessa malizia stantia nell’aizzare gli ospiti per imbonire lo stesso pubblico, falsa rappresentazione di quel pubblico, reale e non da reality, che da tempo ha smesso di guardarli perché si è rotto del rumore insignificante dei loro riti.”


E’ vero i politici di oggi sono quello che sono, addestrati a sbraitare dando fiato a polemiche sempre uguali, a stupide ripicche, a sparate demagogiche, ripetendo senza fine gli stessi slogan, gli stessi pseudo concetti. Rarissimi quelli che approfondiscono un problema, che cercano e sanno indicare soluzioni ragionevoli, praticabili. Vere mosche bianche poi quelli che non carezzano il pelo all’uditorio e alla claque che li accompagna, che hanno l’onestà e il coraggio di dire anche le verità scomode, impopolari. Se sono renziani esaltano il fare e la concretezza del leader anche quando consiste solo di annunci.

Yuppies in ritardo e ragazze sfrontate celebrano traguardi non raggiunti e risultati controversi, negando l’evidenza di una crisi economica e sociale che non ci lascia più attribuendo ai predecessori anche i propri fiaschi. Se appartengono alle opposizioni e seguono Salvini promettono di usare le ruspe contro i campi nomadi, urlano contro l’euro e l’Europa colpevoli di tutti i nostri guai comprese le migrazioni bibliche dall’Africa. Se hanno Grillo e Casaleggio per maestri si accaniscono sui vitalizi di una decina di politici in pensione come se fosse l’ultima spiaggia della moralità pubblica, ma disertano o snobbano discussione e voto sulle riforme elettorali e costituzionali come su quelle del lavoro. “Non gliene frega niente a nessuno!” pontificano però se la Corte Costituzionale boccia il taglio delle pensioni più alte e riapre una voragine nei conti dello stato gli stessi deputati che anni fa l’hanno votata brindano e si danno alla pazza gioia perché Renzi è nei guai e intimano al governo di rimborsare tutti e subito.


Se questi – ne ho contati un centinaio, sempre gli stessi – formano la compagnia di giro di politici senz’arte né parte affamati di mezz’ora di visibilità, che dire dei conduttori di talk show? Che dire degli ultimi replicanti di quelli che una volta erano anchor men, grandi giornalisti che ci tenevano incatenati al piccolo schermo? Di questi nuovi conduttori e conduttrici seriali ne ho contati più di venti solo nelle principali reti televisive – e tutti ripetono instancabili lo stesso copione. Stessi personaggi, stessa trama, stessa osteria, stessa minestra riscaldata, stessi filmati della stessa “ggente” incazzata che “non arriva a fine mese”, stessa malizia stantia nell’aizzare gli ospiti perché imboniscano nello studio tv lo stesso pubblico, illusorio campione di altra, diversa, vera e varia gente, di quel pubblico reale e non da reality che da tempo ha smesso di guardarli perché si è rotto del rumore insignificante dei loro riti. Ma i conduttori non mollano, più fomentano gli ospiti a urlare più pensano di incrementare di un decimale uno share infinitesimale. Pochi, pochissimi tra quelli della vecchia scuola si sforzano ancora di dire la loro, di frenare gli esagitati, gli sgrammaticati e sgangherati cleptomani della banalità. E la chiamano televisione, la chiamano informazione, lo chiamano giornalismo! A me fa venire in mente Mambo la bellissima scanzonata canzone di Lucio Dalla e i suoi versi disperati, “Ahh che pena, che nostalgia”.