La pittura di Angelo Morbelli in mostra alla GAM di Milano

La Galleria d’Arte Moderna di Via Palestro a Milano, da sempre, è luogo sacro per gli amanti dell’Arte dell’800 lombardo, e, ora, una mostra, allestita al suo interno, rende omaggio a uno dei più grandi artisti di questo periodo storico: Angelo Morbelli

Su Morbelli sono state allestite pochissime mostre monografiche, e l’ultima risale al lontano 1949, ma non si può dire che l’artista sia un pittore poco noto, in quanto si tratta di uno dei maestri della stagione pittorica a cavallo tra ‘800 e ‘900 e, stilisticamente, tra ultimo Romanticismo, Realismo, Divisionismo e Simbolismo. La mostra attuale, visitabile nelle sale del piano terra della Villa Reale del Pollack, da poco restituite ai milanesi dopo lavori di restauro, dal 15 marzo al 16 giugno 2019, rende onore a questa convergenza artistica nella figura di Morbelli. La curatela è stata affidata a nomi di calibro, come Paola Zatti, Alessandro Oldani, Giovanna Ginex e Aurora Scotti, mentre l’organizzazione è opera del Comune di Milano insieme alla GAM stessa.

Angelo Morbelli è milanese, ma d’adozione, in quanto nacque ad Alessandria nel 1853. Nel 1867, si trasferì a Milano per dedicarsi agli studi presso l’Accademia di Brera, dove ebbe, come maestri, l’anziano Francesco Hayez e Giuseppe Bertini. Iniziò a farsi conoscere come pittore paesaggista ma anche come autore di scene storiche grandiose e drammatiche, anche se, dall’inizio degli anni ’80, si dedicò a rappresentazioni dirette e crude della realtà milanese dell’epoca, anche sull’influenza di quanto avveniva in Francia con Courbet e Millet, con le sue opere più famose, ovvero il ciclo di tele raffiguranti i vecchioni del Pio Albergo Trivulzio, che tutti i milanesi conoscono affettuosamente con il nome di “Baggina”. Negli stessi anni, Morbelli iniziò a dedicarsi a un altro tema che avrebbe contraddistinto l’Arte italiana di fine ‘800, la Maternità. Scelse, come modella, la moglie Maria Pagani: le sue rappresentazioni sono il pendant perfetto per quelle, di analogo tema, dedicate dai contemporanei Previati e Segantini al mondo animale. Dagli anni ’90, influenzato dall’esperienza francese dell’Impressionismo, si dedicò alla scomposizione del colore, generando, con l’utilizzo di mille puntini ottenuti con pennellini finissimi, la tecnica che venne chiamata dalla critica “Divisionismo” e che fu la risposta italiana al fenomeno francese. In questi anni approfondì ulteriormente la scelta realistica e strinse amicizia con Giuseppe Pelizza da Volpedo e Leonardo Bistolfi, anch’essi alessandrini, “mandrogni”, a Milano, con cui, spesso, amava ritirarsi nella sua casa di Colma, sulle colline di Casale Monferrato. Ritrasse spesso la tenuta, insieme alle campagne circostanti e alle vicine risaie. Con i primi anni del’900, reduce dalle vittorie di premi a Milano e a Roma, ritornò sul tema dei vecchioni del Trivulzio e su quello della maternità. Nei suoi ultimi anni, si avvicinò dapprima al Simbolismo, poi al Futurismo, e lavorò soprattutto a raffigurazioni dei ghiacciai e della vegetazione della Valfurva. Morì a Milano nel 1919.

Angelo Morbelli, Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio, 1892, Olio su tela, Parigi, Musée d’Orsay
Angelo Morbelli, Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio, 1892, Olio su tela, Parigi, Musée d’Orsay


La mostra della GAM intende essere un omaggio alla milanesità di Morbelli, acquisita dopo il suo arrivo, giovanissimo, dal Piemonte sudoccidentale, ma simbolo di qualcosa che, ancora oggi, è vivo: Milano è città aperta, che accoglie persone provenienti dalle provincie del Nord, dalle Regioni del Sud e dai Paesi più poveri del Mondo. E quando sei a Milano, un po’ milanese, in fondo, lo diventi! Così fu per il giovane Angelo, che iniziò, sin da subito, a destreggiarsi tra i luoghi più suggestivi della città, immortalandoli con un tratto quasi fotografico e con la tecnica divisionista. Il punto di partenza sono sempre le opere della collezione permanente della GAM, a cui vanno ad aggiungersi altre tele, prestate da illustri musei come l’Orsay a Parigi o la Galleria d’Arte Moderna di Roma. E il punto di partenza della mostra non è, cronologicamente, la Pittura degli esordi, ma, tematicamente, quella legata al Pio Albergo Trivulzio. Realismo puro. Queste due parole riassumono benissimo il ciclo di tele che Morbelli realizzò a partire dal 1882, a più riprese, fino ai primi anni del ‘900. Si tratta di una forma di realismo di denuncia delle condizioni di solitudine e alienazione in cui si trovavano questi anziani ospiti di quella che, forse, è ancora la più conosciuta casa di riposo milanese. Morbelli traduce questo sentimento su tela con la forma più cruda, esattamente come Courbet faceva in Francia, evidenziando i volti stanchi e gli sguardi persi nel vuoto degli anziani, ma non disdegnando momenti di convivialità, come prova Il viatico, opera dall’inedito, e straordinario, taglio fotografico, a cui fa da contraltare Un Natale al Pio Albergo Trivulzio, opera di inizio ‘900 in cui il vuoto fisico diventa anche interiore. Forse, uno dei capolavori di Morbelli è Giorno di festa al Pio Albergo Trivulzio, sempre degli anni ’80, in cui il realismo tende a essere più sfumato, con lo scopo di dare maggior spazio alla tecnica divisionista.

Angelo Morbelli, Giorni… ultimi, 1882-1883, Olio su tela, Milano, Galleria d’Arte Moderna
Angelo Morbelli, Giorni… ultimi, 1882-1883, Olio su tela, Milano, Galleria d’Arte Moderna


Segue la parte che maggiormente identifica Morbelli con la Milano che lo accolse, da allievo di Bertini e Bisi a Brera. Punto di partenza, però, per un’analisi della sua Pittura degli esordi è la grande tela di soggetto storico, del 1880, raffigurante Goethe Morente, con cui divenne noto al pubblico. Partendo da questa grande opera, con il suo taglio drammatico e teatrale, si può affermare che Morbelli sia stato l’ultimo pittore romantico milanese, come prova lo sguardo della nuora di Goethe, mediato dalla pittura di Hayez e di Molteni, ma anche da quella del suo conterraneo Pagliano. Come anticipato, però, la milanesità di Morbelli si riassunse in alcuni dipinti, dal taglio realistico, con cui il pittore di Alessandria si distaccò dal vedutismo urbano del suo maestro Luigi Bisi, autore di interni di chiese e basiliche: Morbelli non disdegnò il tema, ma preferì immortalare la nuova Milano delle strutture in ferro e vetro, come quella Stazione Centrale, progettata da un ingegnere francese e da poco terminata con la sua innovativa tettoia, o la Galleria Vittorio Emanuele, anch’essa da poco inaugurata, dopo la tragica fine del suo progettista Giuseppe Mengoni. Sono immagini che paiono fotografie, episodi di una Milano sparita e da ricordare che Morbelli ci ha restituito nel suo realismo e nel brulicare di vita, tra treni in movimento e borghesi a passeggio, ieri come oggi. Non mancano, però, anche opere della maturità in cui Morbelli riprese modi e temi cari al maestro Bisi, specie negli interni di Santa Maria dei Miracoli, sull’attuale Corso Italia: ne sono prova tele come Incensum Domino, in cui lo sfumato della luce mista all’incenso durante la celebrazione della messa si unisce a una resa ancora naturalistica dei personaggi: siamo alle origini del Divisionismo.

Angelo Morbelli, La stazione centrale di Milano nel 1889, 1889, Olio su tela, Milano, Galleria d’Arte Moderna
Angelo Morbelli, La stazione centrale di Milano nel 1889, 1889, Olio su tela, Milano, Galleria d’Arte Moderna


Angelo Morbelli, Le guglie del Duomo, 1915-1917, Olio su tela, Milano, Palazzo Morando – costume, moda, immagine
Angelo Morbelli, Le guglie del Duomo, 1915-1917, Olio su tela, Milano, Palazzo Morando – costume, moda, immagine


Segue una sezione dedicata al Morbelli più intimo, con raffigurazioni della sua tenuta a Colma, oltre a opere dedicate all’amata moglie Maria, come La prima lettera (1890), che anticipa, nella scelta stilistica, il Divisionismo. In questa fase, durante i lunghi soggiorni nel Monferrato, Morbelli ebbe modo di sviluppare nuove dinamiche cromatiche e luministiche, che sarebbero sfociate nella sua ultima produzione, insieme a un’attenta, e naturalistica, analisi della vegetazione che circonda la tenuta e che rimanda, ancora una volta, ai suoi esordi da paesaggista.

Angelo Morbelli, La prima lettera, 1890-1891, Olio su tela, Milano, collezione privata
Angelo Morbelli, La prima lettera, 1890-1891, Olio su tela, Milano, collezione privata


Successivamente, un corpus di dipinti mette in evidenza il ruolo della donna secondo Morbelli. Una donna che, innanzitutto, da buon uomo dell’800, è moglie e madre, angelo del focolare, come provato dai ritratti di Maria o da Alba serena, ma che costituisce anche una sorta di monito alla caducità della vita. Varie sono le donne morenti o malate ritratte da Morbelli, anche in linea con la contemporanea Scapigliatura di Praga e Tarchetti, ma la più riuscita è sicuramente La venduta, opera del 1887 in cui l’artista di Alessandria, con un realismo degno delle sue origini e delle tele dei vecchioni, ritrae una giovane prostituta malata, con lo sguardo fisso e immobile, simbolo della rassegnazione davanti alla morte ma anche, moralisticamente, come conseguenza dello stile di vita condotto dalla ragazza. L’opera venne presentata a Londra nel 1889 all’interno di una serie di eventi legati a un’inchiesta sulla prostituzione nelle città europee e promossi da un giornale della capitale inglese: fu un successo!

Angelo Morbelli, Alba felice, 1892-1893, Olio su tela, Milano, collezione privata
Angelo Morbelli, Alba felice, 1892-1893, Olio su tela, Milano, collezione privata


La conclusione è affidata all’ultimo Morbelli, quello dei primi anni del’900, che riprese i lavori sui vecchioni del Trivulzio, che aderì, in forma velata, ai dettami simbolisti, come prova il Trittico della Vita, dal taglio liberty, e che poi, tornò a un grandioso naturalismo perfettamente espresso da Il ghiacciaio dei Forni, raffigurante uno dei più affascinanti bacini d’acqua delle Alpi, oggi in gran parte ritiratosi a causa dei cambiamenti climatici e al surriscaldamento globale. Questo è il testamento che ci lascia Angelo Morbelli, un’identificazione panica, dannunziana, tra uomo e Natura, attraverso forme titaniche di montagne e calotte di ghiaccio che diventano anche stati d’animo, oltre che testimonianze dirette di qualcosa che oggi, purtroppo, per colpa dell’uomo, abbiamo perduto. Ed è la miglior prova di quanto si sbagli il visitatore che pensa all’alessandrino esclusivamente come al pittore dei vecchioni: Morbelli è stato un trait d’union tra ‘800 e ‘900 e tra Realismo e Avanguardia.

Angelo Morbelli, S’avanza, 1892-1896, Olio su tela, Verona, Comune di Verona, Civica Galleria d’Arte Moderna Achille For
Angelo Morbelli, S’avanza, 1892-1896, Olio su tela, Verona, Comune di Verona, Civica Galleria d’Arte Moderna Achille For


Morbelli 1853-1919
GAM, Via Palestro 16, Milano
Orari: martedì-domenica 9.30-17.30
Biglietti: Intero 5,00 €, Ridotto 3,00 €
Info: www.gam-milano.com

 

 

Il genio “Futurista” di Giacomo Balla in mostra a Londra

Sono 116 le opere scelte tra bozzetti e capi di moda che fanno parte della grande collezione di Laura Biagiotti e del marito Gianni Cigna (appassionato collezionista), e che saranno in esposizione dal 5 Aprile al 25 Giugno presso l’Estorick Collection of Modern Italian Art (MIA) con la mostra intitolata “Giacomo Balla: Designing the Future”.
Una scelta desiderata e voluta quella dei coniugi, di portare a Londra le opere più significative del grande artista.


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Curata da Fabio Lenzi, direttore scientifico della Fondazione “Biagiotti – Cigna”, la mostra è la prima del millennio del grande maestro a Londra.
Il percorso di Giacomo Balla si snoda tra divisionismo, dipinti dedicati ai paesaggi, alle famose opere futuristiche e alla moda.
Già nel 2015 la stilista dedicò a Balla il progetto “Tombini Art”; “Modello di prendisole per mare” del 1930 fu l’opera scelta dalla designer, che con il nome di Futurballa” fu impressa anche su una shopping bag in limited edition.
Laura Biagiotti da sempre amante dell’arte, dedicò alle opere di Balla la passerella del 2015, e fece inoltre in modo che in occasione dell’Expo milanese (sempre dello stesso anno), il dipinto “Genio Futurista” (già presente alla grande Esposizone di Parigi del 1925 e ritenuta opera cardine per lo sviluppo dell’Art Decò), fosse presente nelle sale di rappresentanza di Palazzo Italia.


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Tra alcune delle opere in mostra, è presente una scelta di 36 dipinti a olio, tempera e pastello: Autospalla (1903), Inverno (1905), La siepe di Villa Borghese e Donna a Villa Borghese (1906), i ritratti di Egle Casarini e di Grethel Löwenstein (1911), il noto Ritratto di Tolstoij, Compenetrazioni Iridescenti e Vortice+Paesaggio.
Giacomo Balla si dedicò anche alla moda, realizzando una collezione di opere che costituiscono la più importante fusione tra arte e moda futurista: studi per giacche e completi maschili e femminili, cravatte, scarpe, borsette, foulard, ventagli, gilet, ma anche studio dei tessuti futuristici e dei bozzetti sulla figura.
Di grande interesse è anche lo studio e la realizzazione delle arti applicate futuristiche inerenti al design: paralumi, arazzi, mobili, tappeti, lumi, ceramiche, progetti per l’arredamento; questo suo studio è da attribuire all’attività di Balla con la redazione del “Manifesto della ricostruzione futurista dell’universo” (1915), il primo segno d’avanguardia nell’applicazione dell’estetica e delle opere d’arte nella vita quotidiana.





“Giacomo Balla: Designing the Future” – dal 5 al 25 Giugno – Estorick Collection of Modern Italian Art (MIA)
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