Cecilia Matteucci, specchio, specchio delle mie brame

Interview: Miriam De Nicolò
Photography: Marco Onofri
Location: Palazzo Boncompagni, Bologna

Milano- Bologna in auto per intervistare la Signora mentre il nostro fotografo sta immortalandola a Palazzo Boncompagni. Una volta giunta presso la sua abitazione, luogo dell’appuntamento, una dimora nel centro storico della città, e atteso la sistemazione degli innumerevoli abiti e accessori, chiedo il permesso di entrare quando vengo fermata sulla soglia: “Ma lei sa che qui non è possibile camminare?“. In effetti ha ragione, mi basta una rapida occhiata per vedere che scatole, manichini e abiti ricoprono sedie e divani, e le riviste i tappeti. Cecilia Matteucci, la Signora in questione, è ripetuta all’infinito su tutte le cover che invadono casa, e che conserva con grande amore a ricordare la gioia e la gloria; come un enorme specchio la sua immagine è riflessa dappertutto in questa stanza dove mi ha posizionato, in un angolo di divano, sulle foto incorniciate con qualche noto artista, tra i quadretti con i politici, nei bellissimi ritratti che anche venti anni fa portavano l’identico trucco a cui è affezionata, delle sopracciglia perlate, un lungo eye-liner fino alle tempie, una bocca scarlatta, e l’iconica acconciatura a onde anni ’20.
Sono troppo stanca per fare l’intervista ora, è tutta la mattina che faccio foto e sto sui tacchi 20“. Anche se sono qui per un motivo, l’intervista, comprendo che per una signora della sua età possa essere stancante posare in un Dior su tacchi vertiginosi, così la tranquillizzo e mi zittisco in quel pezzo di stoffa del divano dove mi ha relegato mentre lei continua a sorridere alla macchina fotografica su quel pezzo di pavimento tra due manichini vestiti, accanto ad una tavola imbandita come da Galateo, i cui piatti portano il volto della Regina Elisabetta.
Mentre mi complimento per la naturalezza con cui posa e per la mise con cui entra in scena ad ogni cambio, perchè i look sono qualcosa di strepitoso, un mix and match così coraggioso che solo chi ha il dono del gusto e dello stile può permettersi, mi chiede “Lei sa chi sono? Ma si è informata su di me?”. Così trovo il fiato solo per rispondere sommessamente che sì, mi sono informata, ma non posso rivelare che tutte le interviste lette sono un copia e incolla di nomi e date, che riferiscono brand di uno o dell’altro abito che colleziona, una lista della spesa che ha dei bellissimi oggetti dal valore inestimabile. Perché Cecilia Matteucci è la più grande collezionista di abiti couture, un mestiere più che una passione, kimono giapponesi, vintage che scova nei mercatini, gli Chanel della madame francese, i Dior da monsieur Christian fino alla Chiuri, i Valentino da Garavani fino a Piccioli, i magnifici Biki indossati dalla Callas e acquistati dal catalogo Sotheby’s. “Ecco allora trova sul web tutte le informazioni“. Insomma me li faccio bastare. E ringrazio dal mio angolo di divano.
Driiiiin. Dopo due giorni ricevo una chiamata, è il fotografo che mi dice: “Cecilia Matteucci chiede di poter venire in treno da te. Ha letto le tue interviste e ti ha trovato strepitosa”.
Non posso accettare che una signora faccia un viaggio in treno per me, non è carino, basterà una chiacchierata telefonica per farle le domande che tanto diligentemente mi ero preparata sulle note del telefono.
E la telefonata inizia così: “Non deve badare a ciò che scrivono di me alcuni giornalisti, sono cose poco carine” – si riferirà alle diverse interviste in cui gli addetti al settore si fanno scappare qualche cosa sul suo spigoloso carattere, penso – “legga questa invece” e mi spedisce via whatsapp un encomio di un’abile penna che fa della Signora una contemporanea Marchesa Casati.

Biki full lenght opera coat late 1960s
Callas wore this coat in New York in 1971
Hat Philip Treacy
Sunglasses Dior
Sandals Miu Miu


Signora Matteucci, leggevo in un’intervista che sua madre, sin da ragazza, l’aveva abituata a regalare gli abiti che non indossava più, ai dipendenti
Le spiego, quando ero ragazzina i Grandi Magazzini Fratelli Lavarini di Montecatini Terme vendevano l’abbigliamento degli anni 50, mia madre siccome avevo la possibilità di prendere tutto quello che volevo delle nuove collezioni, ci teneva regalassi i capi delle vecchie ai dipendenti che non avevano possibilità economiche. Non so se questo è importante da dire, ma è successo fino a poco prima del matrimonio. Di quei pezzi ne ho tenuti solo pochi che avevo portato in viaggio di nozze, gli stessi che oggi sono alla Galleria del Costume.

Credo sia molto interessante da dire, perché lei in un’intervista ha dichiarato “Essere buoni è un duro lavoro”
No non l’ho detto io, l’ha scritto il giornalista. Se è l’intervista di Marrese, ho capito di stargli antipatica, perchè gli avevo chiesto di non dire alcune cose come quella del super sconto che fanno agli outlet e invece l’ha scritta; così come anche quella di Antonio Mancinelli su Il Foglio, che aveva iniziato a chiamarmi Contessa quando non lo sono.
L’impaginazione è bella ma ha scritto delle frasette che non mi sono piaciute; preferisco che si legga Mariuccia Casadio, che mi segue da 30 anni.

Il mestiere del giornalista è quello di riportare i fatti Signora Matteucci, un mestiere in un certo senso coraggioso. Per etica professionale e per rispetto verso se stessi e il lavoro che si è scelto, non si può far altro che riportare la realtà, la verità
Ognuno ci mette del suo, ma di me ha scritto benissimo la Eva Desiderio su Book, che credo non esista più.

Lei è tanto osannata, la chiamano “La nuova Marchesa Casati”, si ricorda invece di aver ricevuto qualche critica?
Senta, sono stata invitata ai concerti dei Maneskin e mi hanno trattata come una regina, mi fermano per la strada e vogliono foto con me. In questo momento non ricordo se sono stata criticata, certamente capisco che non si possa piacere a tutti, ma arrivo da giorni di gloria. Mi fermano e brontolano perché non ho tempo di partecipare ad eventi e rispondere ai messaggi su Instagram.
Se decido di andare a Teatro, lo faccio per rendere omaggio al direttore d’orchestra, alla Compagnia, ai personaggi noti, attraverso i miei abiti.

Lei sta dicendo che veste in maniera eccentrica in onore dei personaggi noti?
Ecco, io non potrei partecipare a certi eventi e vestire in modo semplice, nel mio guardaroba non c’è semplicità e sono sicura si offenderebbero.

Peak Alexander McQueen 2012
Coat Dior by John Galliano 2008
Skirt Dior by Maria Grazia Chiuri 2017


Hanno delle aspettative altissime quando la invitano, certo
Alla prima del teatro comunale ricordo che c’erano dei parigini che partecipavano solo per vedere me, e la cosa mi lascia sempre un po’ sorpresa soprattutto quando si parla di eventi dove sono presenti molti altri personaggi di rilievo.

La sua immensa collezione, che conta circa tremila pezzi tra abiti e accessori, è destinata ad un museo, il suo sogno. Il collezionismo, non ha forse come fine ultimo quello di rendere immortale la sua figura e non gli abiti che ha accumulato?
Certo, se i miei abiti non muoiono, nemmeno io muoio. Il fatto che le mie scelte saranno in un futuro visibili e ammirate è un po’ come non morire.

Il suo rapporto con il tempo?
Ora non rida eh, mio figlio non ha voluto figli e all’inizio ero dispiaciuta, poi ho pensato che i miei figli erano i miei tremila abiti.
Abitualmente frequento amici sotto i 40 anni, non sono molto brava con la tecnologia e molti di loro mi aiutano quotidianamente nello scrivere didascalie su Instagram, come Michela Giorgi che ha 31 anni, o nello sbrigare cose per i viaggi, come fa Fredrick che ne ha 21 anni, e sempre accanto a me c’è la carissima Eva Bonifazi, 41 anni, Visual Merchandising Deputy Director di Dior, l’ho conosciuta quando faceva uno stage al Resto del Carlino e io l’ho sempre seguita nella sua carriera strabiliante.

Biki evening Dress
Maria Callas wore this dress during the 38th Gala de l’Union des artistes at the Cirque d’Hiver (Paris,1971)

Che cosa le dà il collezionismo che lei chiama anche malattia?
Malattia perché io in casa non ci giro più, non è più un’abitazione ma un magazzino. Ho diecimila cose e per ricordarle tutte devo riguardare le foto così poi posso cercare cosa rindossare. La chiamo “malattia” perchè se vedo qualcosa che mi piace me ne innamoro e la devo avere.

È possesso?
No, è amore del bello e del particolare. Io sono sostenitrice sia di ANT che è l’associazione di cure domiciliari dei tumori, sia di Antoniano. Entrambi organizzano due vendite all’anno di vintage dove si trovano sempre delle bellissime cose, all’ultima vendita ho acquistato due abiti a 40 e 50 euro che sono di vecchie sartorie bolognesi che hanno una manifattura meravigliosa e particolare.

Total look Chanel Jacket 1960

A proposito dell’ente che ha citato, ho letto che fa assistenza domiciliare gratuita ai malati di tumore.
Io li sostengo nel senso che loro mettono la mia foto scrivendo “Dovete donare ad ANT” e lo pubblicizzano su Repubblica e Vanity Fair. All’Hotel Majestic Baglioni ho prestato i miei due Morandi in mostra per una notte, e ho chiesto che la compagnia Due Torri desse 500 euro all’associazione, oltre ad una raccolta donazioni tra i partecipanti che è arrivata a 1300 euro. Poi loro fanno le uova di Pasqua e ne ho comprate 10, e a Natale compro i panettoni.

Veil Maison Michel Paris
Coat SiSSi’s artist
Dress Bottega Veneta 2019


Ah, quindi non fa assistenza domiciliare come era stato scritto
No, li sostengo economicamente. Anni fa con Sotheby’s ho fatto una promozione sulla mostra di Chanel e loro hanno inviato mille euro, e quando devo chiedere qualcosa lo chiedo per darlo ad ANT.

Questo le fa molto onore Signora Matteucci. Ha in famiglia esperienza di malati oncologici?
No, il mio aiuto è per dare loro un servizio fondamentale che alcuni non possono sostenere.

La sua giornata tipo?
Il mio problema è che purtroppo dormo poco, la mattina mi sveglio presto e avendo molti abiti in casa li devo curare, annaffiare le piante di agrumi e occuparmi anche della casa.

È un impegno non indifferente, è un enorme museo.
Sì, bisogna spolverare gli abiti appesi dentro le buste di plastica, dare l’antitarme, mettere via tutte le pellicce.

C’è una passione che la trasporta tanto quanto quella della moda?
Io di passioni ne ho tante, il direttore più bravo al mondo è Teodor Currentzis e vado a Salisburgo per lui, Muti non mi apprezzerà ma pazienza. Se devo nominare una cantante bravissima Carmela Remigio.

Total look Gucci di Alessandro Michele


Mi sta dicendo che è un’amante dell’opera? Quella che più la rappresenta?
La Traviata mi piace da morire, Tosca è bellissima, La regina della notte di Mozart, non posso sceglierne una sola.

Le faccio l’ultima domanda di rito, quanto è Snob Cecilia Matteucci?
Se è Non Per Tutti, moltissimo.

Driiiiin, squilla il telefono, alla Signora Matteucci non sono arrivate le prove di copertina.
Ricevuta adesso ma è la prima che ricevo, prima non l’ho mai ricevuta quindi datevi una mossa e non dite balle” così cita il quadratino bianco su whatsapp seguito da giudizi e critiche all’operato altrui.
E subito penso che non possiamo scegliere se nascere con i capelli biondi o mori, se nascere in Africa o in Italia, se avere la pelle bianca o nera, ma le buone maniere sì, quelle le possiamo scegliere. E in questi momenti mi tornano alcuni pensieri che Proust ha messo sulle labbra di alcuni suoi protagonisti de “La Recherche”, come su quanta totale assenza di gusto si basino i giudizi artistici della gente di mondo, impegnati più a vestire l’abito buono che a studiare l’opera che stanno ascoltando, o che esiste una odiosa e diffusissima vendetta di persone per le quali si direbbe che la maleducazione verso altra gente sia il naturale complemento di un abito da cerimonia.