Da Don Giovanni a Don Daniele

Da erotomane a sacerdote. 
Il fascino sensuale delle donne  trasformato in amore per la comunità. 

INTERVIEW: MIRIAM DE NICOLÒ 
PHOTO: GIOVANNI PISCAGLIA

Don Daniele quando hai avuto questa vocazione. Cosa è successo?
È merito della mia “ultima fidanzata” che un giorno mi disse “Sei sprecato per una sola donna”. In quell’atto di amore e di grande generosità ho compreso davvero la mia strada, un nuovo percorso di amore verso la comunità. Mi ha molto colpito quel momento, perché era evidente che il suo intuito era forte, mentre io invece mi sentivo molto confuso ed in crisi, ma una titubanza che dipendeva solo da me perché lei era splendida. Ecco allora che ho scelto di dedicarmi agli altri, di esserci per chiunque bussi alla mia porta, anche se dedicarsi ad una sola donna per creare una famiglia è un atto altrettanto nobile. Terminate le superiori a 19 anni, sono un perito meccanico, ho quindi intrapreso questo cammino, e 7 anni dopo sono stato consacrato sacerdote.

Prima dei tuoi 19 anni, come vivevi la tua vita?
Ho la fortuna di essere cresciuto in una famiglia credente, mio papà fa il catechista in parrocchia da 40 anni, mia mamma canta nei cori cristiani; la fede mi accompagna fin da quando sono bambino, e ho sempre frequentato la comunità parrocchiale di Charvensod, il paese di Aosta. Ma la vocazione arriva dalla relazione con le donne.

E a proposito di donne, noi abbiamo una cara amica in comune, la tua prima fidanzata, Francesca che, facendo del pettegolezzo, mi raccontava del tuo saltare da una donna all’altra anche volentieri, per cui possiamo dire da don Giovanni a don Daniele?
Ho sempre avuto grande empatia e delicatezza nei confronti delle donne; quando mi si è aperto il mondo femminile non ho resistito al fascino e sono entrato in un circolo vizioso, che nei primi anni di superiori è stato abbastanza impegnativo, le donne erano degli oggetti e volevo provare ogni sorta di esperienza. Solo all’interno di relazioni più mature e più stabili ho intuito che cos’era l’amore con la A maiuscola, perché si fondavano non solo sull’attrazione fisica ma sul rispetto, sulla conoscenza e accettazione reciproca, ma soprattutto testavo per la prima volta qualcosa di anomalo, la fedeltà. Quando ho capito che anche quel genere di amore, per quanto sano, non mi bastava più, ho buttato il mazzo per aria e ho cambiato completamente partita. Oggi direi che la partita è buona, ecco la nuova partita per ora sta andando bene.

Possiamo affermare che le figure religiose femminili le senti più vicine?
Si assolutamente, posso dire che a Maria e alle sante sono certamente più devoto rispetto alle figure maschili.

Come si diventa sacerdote?
Ci si affida ad un padre spirituale, qualcuno che ti accompagni. La nostra chiesa valdostana è un po’ povera di sacerdoti, ce ne sono molti anziani e non molto entusiasti di ciò che fanno, mi sono rivolto ad una decina di loro ma non ho trovato aiuto, fino a quando ho bussato le porte del Monastero Regina Pacis Saint Oyen, dove ci sono delle monache di clausura. La Priora del Monastero mi ha accolto e accompagnato fino alle porte del seminario in un anno e mezzo; come vedi un’altra donna, ecco perché per me sono davvero preziose. Il percorso di studio consiste in una laurea in teologia di 5 anni dove si fanno esperimenti di vita comunitaria con altri aspiranti sacerdoti, e un periodo di tirocinio nelle parrocchie, ospedali, carceri. 

Credo ci sia ancora un po’ di confusione tra le promesse di una vita sacerdotale e i voti che invece spettano alla vita vescovile. Puoi spiegarci le differenze?
Prima della celebrazione dell’ordinazione sacerdotale, quando il vescovo impone le mani sul sacerdote, quest’ultimo fa una preghiera di consacrazione. Quelle sacerdotali sono promesse di territorio, preghiera, celibato. La promessa di territorio indica fedeltà ad una chiesa precisa, in questo caso per me si tratta della Valle d’Aosta, siamo legati a dei luoghi, in gergo veniamo incardinati in un posto e promettiamo fedeltà e obbedienza al vescovo di Aosta e ai suoi successori, mentre i frati sono legati ad un carisma, si dedicano ai poveri, ai ragazzi, ad esempio e vengono spostati in diverse comunità, mentre il nostro territorio sarà uno solo per tutta la vita. La promessa di preghiera è forse la più interessante perché ci impegniamo attraverso la preghiera della liturgia delle ore, mattino, mezzogiorno, sera prima di andare a dormire, a pregare per il mondo intero, preghiamo per chi non prega, preghiamo per le persone che ci sono affidate, attraverso la celebrazione della messa nell’Eucaristia. L’ultima promessa, quella che scandalizza di più il mondo, è una promessa di celibato, che non è la castità a cui nella Chiesa sono chiamati anche gli sposi, un modo di vivere la propria sessualità, ma anche i propri affetti, mettendo l’altro/a prima di noi. La promessa di celibato indica la rinuncia a esercitare la nostra sessualità ma non i nostri affetti e il nostro amore, perché andrebbe in contraddizione con quello che abbiamo scelto di fare. Attraverso la rinuncia alla sessualità si sceglie di essere di tutti, la profezia della mia fidanzata, oggi lo capisco profondamente, anche se viviamo un mondo che non è casto e dove essere di tutti è difficile perché si è di tutti e di nessuno. Noi invece apparteniamo al Signore.

Come riesci a rinunciare alla sessualità avendo avuto esperienze con molte donne?
All’inizio è stato molto difficile, fisicamente, perché il corpo si può educare, la mente è più ribelle. Quando parlo con i ragazzi cerco di far capire loro che gli istinti sessuali sono quelli animali, noi invece differenziamo dalle bestie perché capaci di controllarci. Per me è stato difficile rispettare la donna ed educare il mio sguardo, che era finalizzato ad ottenere, ci sono voluti anni per approcciare in maniera diversa con le donne, lasciarle libere senza tirarle a me pensando che fossi il centro del mondo. Ho imparato a mettere l’altro al centro, a rispettare i suoi tempi, è un cammino molto difficile e al contempo affascinante, perché qui risiede la vera bellezza. In questo è maestro l’unico santo uomo a cui sono molto affezionato, San Giovanni Paolo II.
Oggi per me stare insieme ad una donna significa elevarla in tutta la sua bellezza emotiva, mentale, fisica, spirituale, psicologica senza possederla, è una sensazione bellissima su cui bisogna sempre vigilare. 

Hai avuto tentazioni nel corso degli anni?
Le pulsioni vengono un po’ a mancare quando non si esercitano più, anche se ho 30 anni; difficile è lasciar andare l’adrenalina del possesso, dell’avere una donna lì per te, e questo si ripercuote su altri tipi di attività, per chi magari come me ha forte empatia o carisma e riesce ad ottenere ciò che vuole; succede anche in parrocchia nel ricevere favori o servizi. Il sacerdote che ancora adesso mi accompagna mi aiuta a fare un po’ di luce su questo atteggiamento, una sorta di perversione, che parte come un sassolino ma può diventare valanga, un atteggiamento che nuoce noi e le persone che ci sono accanto.

Questa tua vanità non è letta come un peccato?
Io sono un egocentrico e nel cammino esiste un momento di accettazione del proprio lato umano. L’amore che vivo oggi e ricevo dal Signore è l’esperienza di amore più vero, perché si è amati per quel che si è e non per quel che si fa. Per una natura prestazionale come la mia, e lo sono tutt’ora nelle attività pastorali, è molto liberante sapere di essere amati perché esisto, mi commuove. Entrare in una tradizione di 2000 anni all’interno della Chiesa e accompagnare le persone che mi sono state affidate mi aiuta nell’esercizio della carità, perché ci sono per loro ma non sono la loro salvezza, così com’ero convinto di essere la salvezza di tutte le donne con cui sono stato. La fisicità si educa, anche se ci sono giornate meno facili. 

E cosa succede in quel momento? Tu sei a contatto con tantissime donne
La grande scelta è stata tra il monastero e il sacerdozio, dovevo scegliere se mettermi in un ambiente più protetto per non fare casini o se scegliere di vivere nel mondo e di mettere questo “dono” (ho iniziato a chiamarlo così molto tardi nel percorso, era un peso inizialmente perché procuravo dolore intenzionalmente) a servizio degli altri. In seconda superiore ho frequentato per sei mesi due donne contemporaneamente, per me era normale perché non mi sentivo “spaccato” e non avevo intenzione di ferirle, fino a quando sono stato messo all’ordine rendendomi conto che forse avevo bisogno di un ambiente ritirato. Chissà un giorno mi trasferirò in qualche eremo o monastero, con l’età o per stanchezza, perché gestire tante relazioni, come oggi, non è semplice, soprattutto quando si è molto empatici, affettuosi, è un gran dispendio di energie. 

Ci sono delle donne che ti hanno fatto delle avance, delle proposte?
Si è capitato negli anni, soprattutto all’inizio del percorso; in questi casi il nostro padre spirituale ci allerta che se qualcuno intralcia il nostro cammino, abbandonarsi non ha alcun senso

Ti è mai capitato di cedere?
Mai. Anzi cavalcando l’onda dell’entusiasmo ci si imbatte in situazioni in qualche modo cercate, per dimostrare a te stesso che ce la puoi fare. Il nostro percorso di formazione è molto protetto perché si vive in seminario tra giovani che stanno facendo quel tipo di cammino, si studia in facoltà teologica e siamo esposti solo quando veniamo catapultati nella vita di parrocchia, nel servizio, ed è il motivo per cui ho chiesto fin dall’inizio al vescovo di andare a far esperienza di vita comunitaria insieme ad altri preti.

E’ una scelta anomala perché di solito ogni prete ha il suo appartamento, corretto?
Esatto, di solito il prete è mandato in una parrocchia e ha la sua casa abbinata, vive solo. Ma la settimana prima di essere ordinato sacerdote è stato fatto l’incontro di tutti i preti della valle e il vescovo ha chiesto ai sacerdoti valdostani se ci fosse la volontà di qualcuno di loro disponibile per fare un’esperienza di vita comunitaria. Oggi vivo con 3 preti, nello stesso alloggio, mangiamo insieme, condividiamo gli stessi spazi e ci aiutiamo a vivere in fedeltà il nostro ministero, non tanto sull’aspetto delle relazioni perché la nostra casa è un porto di mare, tutti sanno dov’è la chiave per entrare, ma per centrarci continuamente sul motivo per cui noi siamo qui, quando uno di noi si siede e inizia a farsi gli affari suoi e a vivere per sé stesso e non per gli altri, ecco che il compagno punzecchia e ci riporta all’ordine.

In appartamento non avete il televisore, leggi il giornale per informarti sui fatti quotidiani?
Non sono mai stato un appassionato della tv perchè vivendo una realtà contadina stavo spesso a contatto con la natura. Nella nostra abitazione e negli appartamenti dedicati all’ospitalità, abbiamo deciso di eliminarla per dedicarci a chi abbiamo di fronte. Nelle nostre stanze poi ciascuno decide cosa leggere o magari scrive o medita. Non siamo totalmente fuori dal mondo, io ad esempio sono su Instagram. 

E Instagram non è un mezzo di distrazione?
Sono stati i ragazzi che seguo a chiedermi di entrare in questo mondo perché è utile ai fini pastorali; abbiamo la pagina del nostro oratorio, l’account della pastorale giovanile diocesana e poi da un anno anche il mio personale, che gestisco insieme a loro. Mi interessa per lanciare sul web anche qualcosa di bello.

Può permettersi di coltivare dei vizi un prete?
Sono un appassionato di LEGO e di Star Wars fin da bambino, così i miei amici per festeggiare i miei 30 anni mi hanno regalato un LEGO da collezione, il Millennium Falcon, esposto in casa come un trofeo. Do spazio al mio orgoglio, così per la musica, altro vizio che mi costringe a spendere soldi per un mega impianto auto ma anche per casa. Ascolto musica da discoteca, la stessa di quando frequentavo le superiori. Se mi limitassi a questo non sarebbe un problema, il vero cruccio non è lo sperpero di denaro, è che purtroppo finisce in fretta. 

Un prete percepisce una retribuzione? A quanto ammonta?
Abbiamo un piccolo stipendio che ci viene dato dalla Chiesa e il buon Dio è il nostro datore di lavoro. Percepiamo più o meno 900 euro al mese, legge stabilita negli anni ‘80 per omologare in Italia le disparità che c’erano tra Nord e Sud, quando se una parrocchia era molto ricca, il sacerdote percepiva un compenso alto, se invece si viveva da noi in Valle d’Aosta, in una valle sperduta, si faceva la fame. Inoltre, come per altri mestieri, si maturano gli scatti di anzianità, ogni tre anni; io sarò sempre don, modello base.

E come gestisci questo denaro?
La differenza rispetto ai religiosi che fanno voti di povertà, castità e obbedienza, che non possono possedere nulla di loro proprietà e sono costretti a mettere tutto a disposizione del convento, è che noi possiamo spendere il denaro per bisogni personali, come fare la spesa, perché la casa ci viene invece fornita dalla diocesi. L’auto che possiedo è un dono dei miei genitori, da quando sono sacerdote faccio più o meno 30000 km all’anno nelle nostre valli e metà dello stipendio in realtà lo spendo in gasolio. 

Hai anche una bella collezione di vini rossi
Regali, la gente sa che i sacerdoti apprezzano il vino e noi possiamo sempre dire come vanto che il nostro è uno di quei pochi mestieri dove si “deve” bere! 

Immagino che all’interno della coppa che usate durante la Messa non ci siano dei vini pregiati
In realtà è un vino marsalato, un passito alto di gradazione, almeno 14-15 gradi perché la bottiglia rimane aperta un mese circa e si evita vada a male. C’è chi utilizza il vino rosso chi il bianco, si può scegliere, l’importante è che non sia estremamente trattato. Alcune diocesi producono il vino che usano per la messa secondo le indicazioni precise date dalla Chiesa.

Insegni religione ai bambini e segui il percorso spirituale di ragazzi universitari, oltre a fare Messa in sette parrocchie; qual è l’ attività che ti dà più gioia?
Ti cito San Giovanni Paolo II che diceva: “Stando con i giovani si rimane giovani”. È una grande verità, sicuramente quella voglia di vivere che sprigionano da ogni poro è contagiosa ed arricchente, ed è per questo che da due anni e mezzo coordino tutte le attività dei ragazzi nella nostra valle. Ma anche la liturgia mi appassiona e per la maggior parte del tempo io sto in dialogo con le persone. 

Cosa ti piace delle persone?
Mi piace aiutarle a cogliere le bellezze che hanno dentro, far loro capire quanto si è preziosi e spiegare loro che non siamo qui per caso, esiste un disegno di amore dentro di noi, dentro quello che facciamo, anche nelle fasi difficili della nostra vita. Io sono solo uno strumento, mi sono ritrovato delle volte a non sapere cosa dire, come al funerale di un quarantenne, una giovane vita spezzata, o quando uno dei miei ragazzi di 12 anni ha perso la mamma. Cosa vuoi dire? Provo solo a portare un po’ di speranza in un mondo dove ce n’è estremo bisogno.

La cosa più brutta che ti potrebbe capitare?
Vivere con tristezza le mie giornate, e in maniera triste le relazioni, non sapere perché alzarsi al mattino e non sapere per chi vivere, ecco quello mi spaventa, quindi faccio di tutto per cercare di rimanere vivo.

Che cosa consiglieresti a chi volesse intraprendere il tuo percorso?
Di essere veri e circondarsi di persone che ti mettano di fronte alla verità come ad uno specchio, anche se scomoda. Vale lo stesso nelle coppie, essere sinceri e rispettosi è la ciliegina sulla torta delle relazioni, ma non è tutto, se quello diventa il tutto significa che non c’è altro da condividere. 

Che cosa è il tutto?
È stare uno di fronte all’altra, guardarsi con affetto, con tenerezza, con rispetto e quando uno si allontana, l’altra sceglie di andargli incontro, con la possibilità di “tenersi”, “riscoprirsi” ma mai possedersi. È un bellissimo gioco di equilibri. 

A proposito di verità, cosa pensi delle polemiche a sfondo sessuale all’interno della Chiesa che molto spesso vengono taciute?
Durante il pontificato di Benedetto XVI è esploso tutto, l’attuale Papa Francesco ha chiesto in tutte le diocesi del mondo di istituire un Ente per la tutela dei minori contro le violenze sessuali; i membri della comunità ecclesiale e i membri esterni aiutano il vescovo sia a gestire i casi e le situazioni problematiche sia a prevenire nella formazione. Ad esempio noi al centro estivo formiamo i maggiorenni sul sistema di comunicazione con i minorenni, quali sono gli atteggiamenti da evitare, comportamenti atti ad educare; evitiamo che nelle gite si dorma ragazzi e adulti insieme. Ci scandalizzano certe notizie, ma quello che vediamo e sentiamo è solo la punta dell’iceberg, il problema è la patologia di chi commette certi atti, e che purtroppo tira giù con sé, nel livello più basso dell’essere umano, persone innocenti, bambini, donne, gente fragile e in difficoltà. Grazie alle direttive di Papa Francesco oggi mettiamo tutto alla luce per permettere a chi ha commesso lo scandalo di capire. 

E’ corretto dire che all’interno della Chiesa ci si sente in qualche modo un po’ protetti, motivo per cui i casi di abusi sono frequenti?
In realtà l’ambito ecclesiale non è quello col maggior numero di casi, è solo quello che fa più rumore, perché è più scandaloso che il colpevole sia un sacerdote consacrato rispetto ad uno qualunque. Gli ambiti più a rischio sono invece le scuole, il mondo dello sport e le mura domestiche. 

Cosa leggi?
J.R.R. Tolkien, C.S. Lewis, Gilbert Keith Chesterton, la scuola che cerca di trasmettere un messaggio esplicitamente cristiano; J.K. Rowling perché sono un grande fan di Harry Potter. Avendo una formazione tecnica ho avuto qualche difficoltà nello studio della filosofia e della teologia, anche se sono risultate subito affascinanti. 

Quindi tu sei perito meccanico, ti aiuta questo?
Moltissimo, soprattutto nei lavori manuali casa, faccio tutto. 

E gli altri cosa fanno, perchè so che tu cucini…
Gli altri mi sopportano, che è già tanto. 

Descriviti con tre aggettivi
Sensibile, egocentrico, empatico

L’egocentrismo non è parte della vanità?
Dipende da come lo usi, il buon Dio elargisce doni e sta a ciascuno di noi sfruttarli al meglio, per cose buone. Io ne sono la testimonianza vivente, se non avessi fatto le esperienze che ho fatto, non sarei quello che sono, non riuscirei a essere accanto alle persone e alle donne con estrema empatia e trasporto.

Una curiosità, tra tutte le confessioni e i segreti che ascoltate, fate mai del pettegolezzo tra di voi?
Una delle regole ecclesiali molto ferrea dice che non posso più esercitare il mio ministero e si è quindi scomunicati e sollevati da tutti gli incarichi quando si riesce a risalire alla persona vittima del pettegolezzo. In media confesso tre persone al giorno e una delle gioie più grandi dell’essere prete è quella di accogliere e poter alleviare le ferite. Noi abbiamo l’obbligo di confessione una volta all’anno, anche se io lo faccio una volta al mese, mi è utilissimo per mettere un punto, incontrare le mie miserie e combattere l’egocentrismo. Sbaglio come tutti, ma vengo perdonato, esperienza bellissima perché ci si sente amati a prescindere da ciò che si fa. Se non sbagliassimo anche noi preti, diventeremmo dei moralisti, il che non rientra affatto in quello che Gesù cerca di trasmettere. 

Pensi mai alla morte?
Si con serenità, e sperando di morire giovane, perché bisogna finire quando si è in crescita non come quei cori guidati da direttori che a 80 anni non sentono più e lasciano che la musica diventi deprimente e stonata. Vorrei lasciare all’apice, vorrei un finale col botto, però vedremo, tanto è il Signore che decide.

In Paradiso, è li che troverai la tua serenità?
C’è un passo del Vangelo che dice che quando si fanno tanti gesti di amore, si coprono tanti dei propri peccati, uno dei modi che abbiamo per cercare di tappare i buchi delle nostre mancanze, cercando di amare tanto. Io ho provato questa strada.