Cà Rugate, il vino che nasce dalla cura

Ci sono due modi per far andar bene le cose: con la disciplina, e con l’ossessione.
Ed il primo modo è l’elaborazione del secondo, per cui sono destinati a viaggiare a braccetto.
Per Cà Rugate, azienda agricola che si trova a Montecchia di Crosara, in provincia di Verona, questo è il timbro di famiglia, un albero genealogico antico cento anni e che culla ben quattro generazioni.

A suggello di radici profonde e radicate, come quelle delle piante che amano e coltivano, Cà Rugate ha quale simbolo una casa, il luogo dove tutto ha avuto inizio e dove l’identità della famiglia e dell’azienda hanno preso forma.

750.000 bottiglie per gli oltre 90 ettari tra Soave Classico, Valpolicella e Lessini Durello, dove si coltivano varietà autoctone come Garganega, Trebbiano di Soave e Durella per i bianchi, Corvina, Rondinella e Corvinone per i rossi, ed un percorso importante di agricoltura biologica, salute per la vigna e soprattutto per il consumatore finale.
All’interno dei vigneti ad esempio, si è rivelato strategico l’inserimento di boschetti naturali: offrono rifugio e habitat a insetti utili che, in modo naturale, agiscono come antagonisti dei parassiti indesiderati. Un equilibrio biologico che contribuisce alla salute della vigna.


Museo del Vino – Fattoria Didattica della Regione Veneto – Fattoria Sociale

Il 50% del mercato di Cà Rugate è internazionale, esportando i propri vini in ben 45 paesi, ma l’azienda continua ad investire e credere fortemente nell’enoturismo come motore culturale: il consumatore vuole emozionarsi, essere coinvolto, vivere il vino.

Tutto, dal paesaggio, all’accoglienza in Cà Rugate, partecipa a questa narrazione immersiva, in uno scenario che ospita la Fattoria Didattica della Regione Veneto, con percorsi per istituti scolastici; una Fattoria Sociale, sede di un parco faunistico di oltre 3.000 mq. per la valorizzazione del turismo inclusivo e laboratori creativi per persone con emotività diverse; ed un bellissimo Museo del Vino, sito di interesse regionale dove è stata fedelmente riprodotta l’abitazione di un contadino inizi ‘900, gli attrezzi del mestiere (oltre 150 strumenti), la radio che manda le notizie dell’epoca, la tavola apparecchiata con tovaglia a quadri rossa e bianca e l’immancabile fiasco di vino, un tempo succedaneo alimentare, vera fonte di sostentamento nei momenti di scarsità.
Le foto della famiglia Tessari appese al muro, ricordano la fatica e il duro impegno di chi tutti i giorni combatte con qualcosa che non può controllare: natura e tempo. E allora inizia ad imparare che le cose buone vanno attese, come il buon vino.

Museo del Vino

La Storia del Vin Santo di Brognoligo
Tradizione, cultura e identità di un territori
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Nel cuore di Brognoligo, piccola frazione di Monteforte d’Alpone — il comune più vitato d’Italia — nasce una delle espressioni più autentiche della viticoltura veneta: il Vin Santo. Una tradizione profondamente radicata, tramandata di padre in figlio, che affonda le sue origini nel tardo Settecento, quando la scarsità di uva spinse le famiglie locali a produrre un vino dolce, raro e prezioso.

Prodotto inizialmente per uso medicamentoso e come moneta di scambio, il Vin Santo veniva offerto alle puerpere per rafforzarsi e utilizzato dai fittavoli come dono al proprietario terriero durante il rinnovo dei contratti agrari. Il suo valore simbolico e sociale era altissimo, e ancora oggi è celebrato con fierezza durante la Sagra del Vin Santo, giunta alla 73ª edizione, che si tiene ogni anno la prima domenica di giugno.

Solo cinque famiglie a Brognoligo lo producono ancora, e Cà Rugate non poteva che distinguersi con un metodo rigoroso: vendemmia solo nelle annate eccezionali. Anzitutto vengono appassite le uve nei picai, si vinifica a dicembre, e il vino viene lasciato in botti di rovere sigillate per sette anni senza interventi; ogni barrique è un racconto a sé, chiusa con mosaico e datata – una vera cassaforte gioiello – fino a ottenere una tiratura limitatissima: circa 300 bottiglie da 375 ml per annata.

E poiché la cultura va scritta, tramandata e celebrata, Cà Rugate ha curato tre pubblicazioni sulla storia del Vin Santo, sul Museo di Cà Rugate e su Fulvio Beo Tessari, figura chiave dell’azienda.

Barricaia



Fulvio Beo Metodo Classico

L’espressione del metodo classico firmato Cà Rugate è tutt’altro che convenzionale: si distingue per una notevole acidità, una tensione vibrante e un carattere soave. Esplorando tutto il potenziale della Garganega, vitigno iconico del territorio, e interpretandolo in una veste diversa come base spumante, si ottiene un metodo classico non canonico che nasce da una scelta coraggiosa ed eclettica.

Fulvio Beo Metodo Classico è una bollicina dedicata al padre storico di Cà Rugate, in occasione del suo centenario e celebrato nel 2015; è una Garganega spumantizzata, affinata 24 mesi sui lieviti e proposta in versione extra brut: una cuvée elegante, pensata per raccontare la longevità e la versatilità del vitigno.

San Michele Soave Classico

Accanto a questa etichetta speciale, resta immancabile il grande classico: il San Michele. Un Soave classico, garganega in purezza, vinificato in acciaio, fresco, armonico e perfetto per l’aperitivo. È il vino bandiera di Cà Rugate, esportato in oltre 45 paesi nel mondo, che ha contribuito in maniera decisiva a farne conoscere il nome a livello internazionale.


Il tempo, la cura e il rispetto della materia

Il metodo classico richiede pazienza. E passione. Al dodicesimo mese, mentre i lieviti continuano il loro lavoro silenzioso trasformando zuccheri in bollicine attraverso la fermentazione in bottiglia, il processo che ogni bottiglia segue è totalmente manuale, posizionate, spostate e monitorata a mano, perchè ogni gesto è parte di un rituale collettivo che richiede dedizione e precisione.

In cantina, il tempo è una variabile fondamentale. La geometria delle file, l’ordine, la pulizia visiva e strutturale – tutto a Cà Rugate viene fatto con rigore, non per estetica, ma per convinzione, perchè la precisione è forma di rispetto.
Il loro motto è: “La cura è il principio dell’esistere”: prendersi cura significa riconoscere valore, restituire senso, dare dignità anche alle cose. Qui ogni bottiglia ne è testimone.



Amarone – La forza dell’altitudine

Accanto alle bottiglie, anche le botti raccontano un altro volto del tempo. Amarone, Valpolicella, Recioto e Passito riposano in grandi botti di rovere austriaco da 20 ettolitri. Le botti sono firmate da Franz Stockinger, un maestro bottaio austriaco riconosciuto per la qualità e l’affidabilità delle sue creazioni, botti piegate a vapore e non a fuoco, per evitare la dispersione tipica del legno “affumicato” e lasciare che il vitigno esprima al meglio il frutto e la sua tipicità.
Il legno in questi casi, quando il tempo in cui liquido e contenitore sono a stretto contatto, diviene interlocutore vivo del vino, lo accompagna nell’evoluzione, ne scolpisce l’anima.

Esempio d’eccellenza è il Cima Caponiera, un Amarone della Valpolicella Classico Riserva Docg che riposa per cca 4 anni, i cui 600 metri di altitudine della vigna giocano un ruolo essenziale, accentuando sapidità, eleganza, linearità, e una complessità di beva che sprigiona tutti i richiami dell’uva appassita. Mora, ribes e ciliegia, sentori speziati, un vino evocativo e coerente, un vero e proprio lieu-dit, come direbbero in Borgogna.

Ogni cru di Cà Rugate è segnalato da un cippo evocativo in pietra, dove vengono incisi nome e altitudine del vigneto, ispirandosi ai modelli francesi. È un gesto simbolico, ma potente: valorizza il territorio, l’identità del cru, e conferisce ulteriore prestigio alla denominazione della Valpolicella.

I vini Gradis’ciutta in abbinamento con la cucina di Verso, 2 Stelle Michelin

Un viaggio dal Collio al centro di Milano per i vini Gradis’ciutta, che sono stati accompagnati ai piatti della cucina Verso, 2 Stelle Michelin, capitanata dagli chef Remo e Mario Capitaneo.

Un’arte l’abbinamento cibo-vino, che per questa occasione ha saputo mostrare tutte le particolarità dei grandi vini del Collio, rispettando ed esaltando la cucina stellata del duo Capitaneo.

Per iniziare, una Ribolla Collio 2022 Gradis’ciutta abbinata al benvenuto degli Chef, un vino fresco, floreale come i piatti del servizio; per la capasanta servita cruda, adagiata sotto una sfoglia nera leggera con polvere oro che ricorda il suo guscio, carote in polpa e in crema, terrina di foie gras, crema di funghi enoki, salsa prezzemolo, troviamo un Pinot grigio e un Friulano 2022 Gradis’ ciutta, mandorla dolce e fiori d’acacia per quest’ultimo.

Lacrimuccia di gioia per il piatto animella di vitello con sopra polpa di riccio di mare, salsa bernese profumata al caffè, piccola insalata fatta con puntarelle, foglia d’ostrica e acetosella- scelta minuziosamente e adagiata sui piatti con una lunga pinza- il sedano rapa che cuoce a lungo sulle ceneri (all’incirca una notte) e una nuvoletta mantecata con miele e polline. Qui l’abbinamento deve indossare necessariamente il manto regale della portata, la cantina propone quindi uno Sveti Nikolaj Rebula 2021 Robert Princic, una ribolla 100% Slovena, vino transfrontaliero tributo alla storia di famiglia e nato dal desiderio di Robert Princic di valorizzare il dna della ribolla, perfetta laddove la sua coltivazione da’ il meglio, nel territorio vocato del Collio.

Risotto al granchio reale, marasciuoli e finger lime in abbina in abbinamento con il Collio Riserva 2018 Gradis’ciutta, un blend di Ribolla Gialla, Friulano e Malvasia, un vino rotondo, morbido, di frutta matura, mela cotta, sentori di spezie e cera d’api e fiori d’acacia. Agnello lucano cotto con l’osso per preservarne la cottura, parte verde di broccoletto di Custoza, peperoni di Senise e melone cartucciaro in pairing con Monsvini 2018 Gradis’ciutta, una bella scoperta, un blend di Merlot, Cabernet Franc, Cabernet Sauvignon che fa barrique e 2 anni di affinamento in bottiglia, note di cioccolato fondente, tè nero, violette, dal tannino delicato e struttura decisa.

A chiudere in dolcezza questo viaggio meraviglioso accompagnati dalla cucina di cuore di “Verso“, 2 stelle Michelin (forse è più corretto dire “del cuore” perchè invade come un grande amore) e i vini di confine Gradis’ciutta, spinti invece ad unire i territori vocati rispettando la natura di ciascun vitigno, un cremoso di gianduia, meringata, patata americana cotta al cartoccio condita con rosmarino, more, nocciole, gelato profumato al tartufo nero pregiato e salsa di more.

Sarebbe perfetto finire questo percorso nel luogo dove tutto nasce, nei Comuni di San Floriano del Collio, Gorizia, Capriva del Friuli e Dolegna del Collio, i luoghi Gradis’ciutta, 25 ettari vitati, su un totale di 35, dove un bellissimo Borgo vista vigneti vi aspetta per farvi assaporare tutto l’impegno, la passione, la dedizione verso il vino.
Borgo Gradis’ciutta è circondato da un’atmosfera magica, i ritmi lenti della campagna, l’ospitalità di una grande famiglia e il profumi dei Colli. Si trova a Gorizia, località Gardisciuta 14.