Frank Chamizo è il nuovo volto di Timonier. Il lottatore italo cubano, campione del mondo e, dallo scorso marzo, campione europeo di lotta libera è il testimonial della storica azienda lombarda specializzata nella produzione di underwer, nightwear e homewear maschile di qualità.
Ventiquattro anni, Chamizo ha partecipato alle Olimpiadi di Rio 2016 ed è stato protagonista di Sfide, la trasmissione sportiva di Rai Tre. Lo sportivo non è nuovo a collaborazioni con aziende di moda: è stato infatti Brand Ambassador per altri importanti brand come Noberasco e Enervit. Timonier lo ha conquistato per la morbidezza e il comfort di tutti i capi. Inoltre il campione ha indossato i capi del brand durante il soggiorno a Cuba finalizzato alla preparazione olimpica. Una sorta di affinità elettiva tra Chamizo e il brand, come sottolineato da Paola Bonizzoni, titolare dell’azienda, secondo la quale Frank incarna pienamente quelle qualità tipiche dell’uomo Timonier che predilige l’essere all’apparire, la purezza della forma agli artefatti. Un testimonial, dunque, la cui condotta privata e sportiva sposa in pieno i capi saldi della filosofia Timonier.
La collezione FW2016 propone un’ampia selezione di capi che si contraddistinguono per l’eleganza e la raffinatezza del design e la cura per ogni dettaglio. Timonier si rivolge da sempre ad una clientela esigente e selezionata che non rinuncia allo stile e al comfort, neanche nel privato. La collezione di pigiameria è all’insegna del soft touch e della morbidezza di pregiati filati 100% cotone, punto Milano e Interlock. Tripudio di delicate fantasie jacquard e tessuti monocromatici impreziositi da micro check sulle profilature e nei pantaloni in tela.
Le giacche da camera sono in pura lana o in caldo cotone trapuntato, disponibili in nuances e fantasie coordinate che ben si accompagnano ai pigiami e all’homewear, altra punta di diamante della proposta invernale: largo a morbide maglie girocollo e calde felpe con cappuccio. Infine occhi puntati sull’underwear: l’intimo firmato Timonier contempla i classici continuativi, noti per l’ottima fattura e durevolezza. Inoltre tantissimi sono i modelli di slip e boxer fantasia abbinabili agli altri capi.
Gambe chilometriche su una figura sottile, il viso scarno incorniciato da lunghi capelli biondo platino e uno charme unico: Betty Catroux, valchiria dall’allure androgina, ha incarnato alla perfezione lo Zeitgest degli anni Settanta. Figura di spicco della coterie di monsieur Yves Saint Laurent, la modella dal fascino ambiguo e dallo sguardo enigmatico è stata una it girl ante litteram.
La sua infanzia è avvolta da un’aura di mistero che sembra accrescere ulteriormente il fascino di una delle più amate icone di stile degli anni Sessanta/Settanta. All’anagrafe Elizabeth Saint, detta Betty, la giovane nasce a Rio de Janeiro il primo gennaio 1945, figlia unica di Carmen Saint, socialite di origine brasiliana, ed Elim O’Shaughnessy, diplomatico americano che lei stessa definirà “il sosia di Peter O’Toole”. Trasferitasi con la famiglia a Parigi quando ha appena 4 anni, Betty frequenterà poi la scuola in Inghilterra.
Altezza svettante e fisico esile, la giovane sembra nata per le passerelle: è la baronessa Maggie Van Zuylen ad informare la madre della ragazza che Chanel è in cerca di mannequins. Corre l’anno 1967 e Betty, appena diciassettenne, ottiene subito il lavoro per la celebre maison, salvo poi definire mademoiselle Coco “la vipera più geniale di tutti i tempi”. Ma appare ben presto evidente che sfilare -e lavorare, in generale- non fa per lei, spirito libero amante dell’ozio e dell’edonismo più sfrenato. Eccentrica e ribelle, Betty rifiuta puntualmente i diktat che le vengono imposti dall’esterno, fashion trend compresi: lei, che incarna perfettamente lo stile degli Swinging Sixties, non segue la moda ma la detta. Eppure quell’altissima e dinoccolata ragazza (sembra che superi il metro e ottantatré centimetri di altezza), sotto i cuissardes dall’aria aggressiva nasconde un’indole timida ed introversa. Amante del lusso, vive in modo bohémien e, misteriosa come un angelo azzurro, illumina le notti parigine.
Betty Catroux in uno scatto di Jeanloup Sieff per Vogue, 1969
Betty Catroux con Yves Saint Laurent e Loulou de la Falaise all’inaugurazione della boutique londinese di Yves Saint Laurent, 1969
Betty Catroux ed Yves Saint Laurent negli anni Settanta
Il 1967 è anche l’anno che cambia irrimediabilmente il suo destino: al Regine’s, fulcro della movida gay parigina, avviene l’incontro con Yves Saint Laurent. Tra i due è amore a prima vista: trattasi di una vera e propria affinità elettiva, un intimo riconoscersi per le loro anime, assolutamente complementari. Entrambi aborrono la quotidianità, entrambi ambiscono a rivoluzionare i codici estetici vigenti. Scandalosi e timidi, sono come due corpi in un’anima e si amano di un amore fraterno e puro. Lui la definisce “la sua gemella” e la considera quasi la sua incarnazione femminile. La loro amicizia durerà per tutta la vita, fino alla morte del couturier, avvenuta nel 2008.
“La prima volta che vidi Betty”- raccontò Yves Saint Laurent, “era al New Jimmy’s, la discoteca del Régine, credo fosse il 1967. Lei indossava una gonna in plastica di Prisunic. Quel che mi impressionò fu il suo stile, l’androginia, il corpo, il viso, i capelli…”
All’epoca lo stilista aveva appena lanciato Rive Gauche, la sua linea di prêt-à-porter, e Betty incarnava fedelmente il suo ideale di donna, con un tocco sulfureo e infinite contraddizioni.
Lei ricorderà quell’incontro così: “Yves era biondo platino, in total look in pelle nera. Ci assomigliavamo. Era così timido che dovette mandare qualcuno al mio tavolo. Poi mi chiede se volessi sfilare per lui. Io dissi di no. Avevo fatto delle foto di moda all’epoca ma non era per me. Era solo un guadagno facile per andare a bere e fare casino”. Betty, che sarà all’unanimità considerata l’alterego femminile di Yves Saint Laurent, lei che ne divenne la musa prediletta, si rifiuterà sempre di lavorare per lo stilista ma lo ispirerà per tutta la vita, ergendosi ad arbiter elegantiae e devota confidente.
SFOGLIA LA GALLERY:
(Foto: Vogue)
Loulou de la Falaise, Yves Saint Laurent e Betty Catroux, foto di Guy Marineau, 1978
Loulou de la Falaise, Yves Saint Laurent e Betty Catroux a Londra, 1969
Betty Catroux il giorno delle nozze con François Catroux, Cap Ferrat, 1967, foto di Horst P. Horst
L’icona in uno scatto di Olivier Zahn per Purple Fashion Magazine, 2010
Betty Catroux in una foto di Horst P. Horst, 1970
Betty Catroux, foto di Irving Penn, Vogue 1969
Betty Catroux, foto di Jeanloup Sieff, 1969
Tra i fumi dell’oppio e le illusioni dell’alcol, Betty e Yves si abbandonano a voli pindarici per evadere dalla mediocrità della vita, in un esistenzialismo decadente che non lesina in eccessi di ogni sorta. I due sono soliti ritrovarsi nell’appartamento di lei, sito nel VII arrondissement, e bere vino bianco; sullo sfondo gli echi di un Sessantotto ancora in fermento, tra la incalzante ribellione giovanile e un tripudio di edonismo declinato in chiave bohémien.
“Tutto il mondo ha bevuto vino bianco con Betty”, dichiarerà lo stilista. “Lei mi rende felice, il suo stile eclissa quello delle altre donne”: secondo Saint Laurent lo stile di Betty Catroux è precursore della modernità. “Nel suo modo di essere, di muoversi, di vestirsi, penso che Betty abbia inventato la modernità”.
La bionda Betty ama bere e trasuda sex appeal, come nelle foto di Jeanloup Sieff, che la ritraggono nuda sul divano, intenta a sorseggiare una coppa di champagne. Dopo la sua ascesa nell’olimpo della moda sarà immortalata dai più grandi, in primis Helmut Newton e Jean-Jacques Bugat. Non mancano gli aneddoti in cui la sua ribellione ebbe la meglio, come quando venne fischiata all’Opéra perché osò mostrare il petto di un giovane musulmano. Inoltre a Betty Catroux si deve la coniazione del termine “rotten chic”.
La venerazione che Yves Saint Laurent nutre per lei la renderà personaggio assai temuto da Pierre Bergé, storico compagno di vita dello stilista. Lei dichiarerà più volte di aver avuto con Yves una vita da favola. Lo stilista sarà anche la prima persona della sua cerchia di amicizie che Betty vedrà morire. Ad investigare il rapporto tra i due anche il film “Saint Laurent” (2014), per la regia di Bertrand Bonello: qui Betty Catroux è interpretata dalla modella Aymeline Valade.
L’icona immortalata da Jeanloup Sieff per Vogue, 1969
Betty col marito François Catroux, foto di Horst P. Horst, 1970
Loulou de la Falaise, Yves Saint Laurent e Betty Catroux in un celebre scatto di Guy Marineau, 1978
Il ruolo di Betty al fianco del re della moda francese è principalmente quello di ispirarlo: sarà grazie al suo stile che lui creerà alcuni dei suoi capi più iconici. “Pensavo a lei quando ho immaginato il completo pantalone, poi la pelle. Tutti i codici maschili che ho applicato alla donna. Se Paloma Picasso e Loulou de la Falaise ispirano la mia fantasia, Betty ispira il mio fisico rigoroso”, disse Yves Saint Laurent. Betty appare semplicemente perfetta in sahariana e cuissardes, come anche nello smoking indossato sulla pelle nuda.
Grazie ad un innato senso per lo stile, Betty Catroux viene ben presto consacrata ad icona internazionale d’eleganza: ma dimenticate overdressing e coup de théâtre, Betty è un’amante sfegatata del minimal-chic. Incarnazione dello stile parisien per eccellenza, anticonformista ed eccentrica, Betty ama i jeans, i capi in pelle, il colore nero ed i capelli sporchi e ostenta una naturalezza quasi grunge. Disdegnando apertamente lo stile iperfemminile, l’icona, che si è sempre professata per niente interessata alla moda, sfoggia un’intrinseca nonchalance ed un’irresistibile personalità, dichiarando più volte di vestire allo stesso modo da quando è nata.
Fedele per tutta la vita ad un’estetica personalissima e rigorosa, Betty Catroux ha adottato una sorta di uniforme che non ha mai più abbandonato: nel suo guardaroba solo maglie a collo alto, pantaloni a sigaretta neri, blazer neri, raramente abiti da sera. Immancabili gli occhiali da sole neri. Perché per essere chic basta veramente poco, ça va sans dire. Come ammesso più volte dalla stessa Catroux, questa sorta di divisa rappresenta l’emblema del suo stile.
Nel 1968 la modella convola a nozze con l’interior designer francese François Catroux, nipote del generale Georges Catroux. L’icona di stile non si smentisce neanche il giorno delle nozze, sfoggiando per l’occasione shorts e stivali di vernice al ginocchio, sotto ad una pelliccia bianca e nera dalle suggestioni optical. La coppia ha avuto due figlie, Maxime, editor della casa editrice Flammarion, e Daphné, sposata al conte Charles-Antoine Morand.
Grande amante del jazz, oggi Betty Catroux vive tra Parigi e la Provenza. Considerata da più parti la quintessenza della passività, Betty non ha mai lavorato nella sua vita, salvo danzare ogni giorno per quindici anni di fila. “Mi ritengo straordinariamente fortunata perché sono stata regolarmente presa sotto l’ala protettrice delle persone giuste”, ha dichiarato a tal proposito. Il suo stile iconico continua ad ispirare diversi stilisti, da Marc Jacobs ad Hedi Slimane per Saint Laurent, mentre Tom Ford le dedicò la sua sfilata di debutto alla direzione creativa di YSL Rive Gauche.
Pochi giorni fa ha spento 85 candeline Rosita Missoni, signora della moda e moglie dell’indimenticabile Ottavio, scomparso il 9 maggio 2013. Una vita vissuta all’insegna dello stile ed un amore, il loro, quasi da fiaba. Rosita Jelmini è nata a Varese; la sua famiglia possedeva una fabbrica di scialli e tessuti ricamati a Golasecca, nel Varesotto.
La giovane conosce Ottavio Missoni a Londra: lei ha appena 16 anni ed è in viaggio studio, lui di anni ne ha 27 e corre la 400 ad ostacoli alle Olimpiadi. L’amore sboccia nell’estate del 1950: lui viveva a Trieste ma i due si scambiavano tre lettere alla settimana. «Mia madre mi sorprese in flagrante, a scrivere. I miei erano perplessi: lui era più grande di me e non aveva ancora un mestiere preciso». Ottavio, detto Tai, cercò di entrare nelle grazie di nonno Piero, a cui scrisse: «Mi creda, sono un gentiluomo».
Il 18 aprile 1953 le nozze. Intanto Ottavio aveva aperto un laboratorio di maglieria a Trieste, in società con un amico, il discobolo Giorgio Oberwerger. Con la moglie avvia un’attività in via Cattaneo, a Gallarate: è un capannone in affitto a vedere gli albori di quello che si imporrà come uno dei marchi più famosi al mondo, vanto mondiale del made in Italy. Successivamente la coppia sposterà l’intera produzione artigianale a Sumirago, che diventerà a tutti gli effetti il quartier generale Missoni.
Nel 1954 la nascita di Vittorio, scomparso nel 2013; nel 1956 nacque Luca e nel 1958 Angela. Sabato 19 novembre grandi festeggiamenti hanno avuto luogo in casa Missoni, insieme ai figli Luca ed Angela, ai nove nipoti, ai due bisnipoti (con un terzo in arrivo a breve) e agli amici più cari. Lunedì 21 novembre festeggiamenti anche in azienda, nel quartier generale di Sumirago.
Una idea innovativa per una cucina destrutturata: la cucina Credenza, disegnata da Michele De Lucchi per Veneta Cucine, ha ricevuto la Special Mention del German Design Award 2017. Una menzione speciale all’interno della categoria Kitchen and Household per Credenza, la cucina disegnata dall’architetto Michele De Lucchi per Veneta Cucine.
Il prestigioso riconoscimento internazionale viene attestato a progetti e personalità che si siano contraddistinte per un approccio pioneristico al design e all’architettura. La cucina destrutturata ideata da Michele De Lucchi per Veneta Cucine di certo rientra a pieno titolo nella definizione: una nuova concezione di cucina, in cui è l’individuo a ridefinire i confini e le modalità di utilizzo.
Un’idea che attinge al passato ma guardando anche al futuro per quanto riguarda la gestione degli spazi. Legno massiccio con ante rientranti e raffinate finiture cromate, per un elemento dalle spiccate connotazioni totemiche e suggestive. Ogni anta ha una sua funzione ben precisa, di contenimento, cottura e lavaggio, spazio per ospitare le stoviglie e conservare gli alimenti. Design e funzionalità si fondono in un progetto esclusivo, apprezzato anche all’estero.
Cresce l’attesa per la 15esima edizione di Art Basel Miami Beach, che si terrà dal 1 al 4 dicembre presso il Miami Beach Convention Center. La fiera più glamour a livello internazionale non si smentisce neanche per quest’edizione, la seconda curata da Noah Horowitz.
Saranno presenti oltre 269 gallerie internazionali e 4000 gli artisti che esporranno sculture, installazioni, disegni, dipinti, fotografie, stampe, film, opere in edizione limitate e arte digitale. Sono invece nove i settori in cui la manifestazione è suddivisa: Galleries, Positions, Edition, Nova, Kabinett, Public, Film, Magazines e Survey.
Largo a talk tra artisti, curatori e direttori di musei, collezionisti, scrittori e storici dell’arte. Art Basel Miami Beach e David Gryn, curatore di Artprojx and Daata Editions, presenteranno un programma serale di alcune opere in cui la musica diventa protagonista assoluta: rientrano nel progetto 28 cortometraggi con il denominatore comune “Best Dressed Chicken in Town”. E quest’anno non manca un omaggio all’Italia, con il lungometraggio dedicato a Maurizio Cattelan, Maurizio Cattelan: Be Right Back, selezionato dal curatore Marian Masone come proiezione speciale al Teatro Colony.
La manifestazione ospiterà diverse collezioni, come “Design Miami,” “The Haitian Cultural Arts Alliance,” “The Margulies Collection at the Warehouse,” “de la Cruz Collection,” the “Rubell Family Collection”. Inoltre, come di consueto Art Basel Miami Beach si caratterizza anche quest’anno per diverse fiere satellite, in cui trovano spazio artisti emergenti, per un evento che strizza l’occhio anche al futuro del design.
Fino al 4 dicembre è possibile visitare la mostra Normali Meraviglie. La mano, presso il Triennale Design Museum. L’iconica esposizione, a cura di Alessandro Guerriero e Alessandra Zucchi, intende reinterpretare la Mano disegnata dall’artista Mimmo Paladino. Oltre 50 artisti e designer internazionali si cimentano nella reinterpretazione dell’opera, donata da Paladino alla Fondazione Sacra Famiglia. Il disegno è stato riprodotto in 54 sculture alte 50 cm dagli ospiti del laboratorio di ceramica dell’ente, attivo nel sostegno a persone con disabilità complesse.
Alessandro Guerriero ha coinvolto, oltre allo stesso Paladino, 53 artisti e designer italiani e stranieri di fama internazionale, chiedendo loro di rielaborare queste sculture con disegni, dipinti, oggetti. Durante la Charity gala Dinner prevista per la serata del 3 dicembre, presso la sala d’Onore della Triennale di Milano, le Mani verranno assegnate con una lotteria a chi avrà acquistato i relativi biglietti numerati. Il ricavato andrà a favore della Sacra Famiglia per lo sviluppo e il sostegno dei laboratori occupazionali che la Fondazione promuove, affiancando ad attività assistenziali, sanitarie e riabilitative, interventi abilitativi e di socializzazione.
L’operazione è parte di Normali Meraviglie, iniziativa promossa dalla Fondazione per tutelare e valorizzare il concetto di “Fragilità”, in collaborazione con l’Associazione Tam Tam, scuola di eccellenza di attività visive, che ne coordina la direzione creativa.
Si terrà dal 9 all’ 11 dicembre la seconda edizione di Matera Design Weekend. Un evento imperdibile per tutti gli appassionati di design. In una location dal fascino unico si riuniranno i protagonisti del design contemporaneo per tre giorni. Un calendario ricco di eventi, che prevede talk, workshop e dibattiti tra professionisti del settore e non addetti ai lavori.
Un incontro esclusivo che unisce progettisti, artigiani, commercianti, aziende, in un’estetica nuova, che unisce tradizione ed innovazione, sperimentazione e classicismo. La Capitale Europea della Cultura 2019 si appresta a raccogliere la sfida, disegnando un futuro per il mondo del design, come affermato da John Thackara, ospite d’onore di questa edizione.
I progettisti provenienti da tutta Italia e Europa animeranno il festival con vari workshop ed installazioni, ognuno con il suo tipo di design, spaziando dall’open design al game design, garantendo una ventata novità agli appassionati del settore e suscitando curiosità nei non addetti ai lavori.
Un nuovo weekend di festa, tra incontri e dibattiti sul tema del Design Immateriale. Saranno presenti all’evento designer italiani ed internazionali, realtà affermate e brand emergenti. Tra i temi trattati il design digitale, l’open source, la grafica, web 2.0, e ancora game design, open design, service design.
Sarà la Miami Design Week 2016 l’evento scelto per la presentazione dell’installazione Intro, che segna la collaborazione tra Natuzzi e Fabio Novembre. Un allestimento inedito che vede il più grande marchio di arredo Made in Italy collaborare con l’architetto e designer Fabio Novembre per un progetto custom made.
Novembre dà vita ad un’opera dal design accattivante e pregno di simbolismi, che rivoluziona il flagship store all’interno del Design District con un’installazione che unisce l’iconica poltrona Re-vive Natuzzi ed Intro, disegnata in occasione della XXI Triennale di Milano per la mostra Stanze.
“Intro è un processo di introspezione che faccio con me stesso ma che è contemporaneamente un invito alla condivisione con gli altri. Una stanza, morbida e accogliente come un uovo, che invita a distendersi e a ritrovarsi”, queste le parole con cui il designer descrive l’opera, che si snoda in una alcova dalla forma ovoidale. Un simbolismo iconico che ricorda il grembo materno, in cui il visitatore viene accolto dalla voce di Willem Defoe. L’attore recita alcuni passi tratti dal libro Il design spiegato a mia madre, firmato da Fabio Novembre, e da 8 e 1/2 di Federico Fellini.
Sensualità ed ispirazioni multiformi per l’opera, che sarà visibile nello store Natuzzi dal primo al sette dicembre. Pasquale Junior Natuzzi, Communication and Deputy Creative Director del brand, ha dichiarato: “Quella con Novembre è una collaborazione che nasce da una profonda affinità di idee e da un modo di vedere il mondo che ci accomuna. Intro è per noi un progetto che dimostra la voglia di Natuzzi di innovare e di sperimentare facendo leva su un know-how impareggiabile dei nostri artigiani. Con questa operazione a Miami vogliamo promuovere ancora una volta l’eccellenza del Made in Italy e la creatività tutta italiana che Novembre e Natuzzi rappresentano all’estero”.
Si terrà dal 30 novembre al 4 dicembre la Miami Design Week 2016, forum globale per gli amanti del design da collezione e crocevia di talenti provenienti da tutto il mondo. Una rassegna che si è ormai imposta come uno degli eventi più attesi: qui si riuniscono i più rinomati galleristi, designer, critici e collezionisti.
La fiera vanta collaborazioni con le maggiori istituzioni per esporre delle opere di design avanguardistiche: largo ad installazioni, mostre e presentazioni di oggetti unici, tra sperimentazione e design. Ad impreziosire la Miami Design Week 2016 sarà Design Curio, una nuova esclusiva piattaforma espositiva che intende esplorare la storia del design attraverso un’iconica collezione di oggetti e manufatti preziosi.
Tra i temi affrontati all’interno dell’edizione 2016 della Miami Design Week il riciclo e l’uso di materiali ecosostenibili anche in ambito artistico. Inoltre grande attenzione verrà riservata ad ogni artista che esporrà, per una fiera ricca di spunti interessanti e protesa verso il futuro del design e dell’arte ed un evento imperdibile per gli appassionati.
“Retrospettiva a luce solida” è il titolo della monografica che celebra l’arte di Fabio Mauri: un percorso che si snoda negli spazi del Madre di Napoli e che vedrà esposte oltre cento opere, installazioni, azioni e documenti.
Una mostra esclusiva, organizzata in stretta collaborazione con lo Studio Fabio Mauri: dal 26 novembre 2016 al 6 marzo 2017 la città partenopea renderà omaggio al genio di Fabio Mauri (Roma, 1926-2009), esponente di spicco delle neo-avanguardie della seconda metà del XX secolo.
L’esposizione, a cura di Laura Cherubini e Andrea Villani, si snoda in un interessante percorso che ospita le opere con cui l’artista esplora la comunicazione di massa non disdegnando di fare ricorso anche ad un’estetica pop. Dal terzo piano del polo museale una sezione che culmina nella serie degli Schermi (anni Cinquanta-Settanta) e in alcune proiezioni, da quelle in 16mm degli anni Settanta su corpi ed oggetti (vari esemplari di Senza e Senza ideologia, la ricostruzione di Intellettuale-Pasolini), fino alle più recenti su supporto digitale e di impianto ambientale.
Performance di Fabio Mauri, 1988. (Foto: Elisabetta Catalano)
La seconda sezione dell’esposizione si sviluppa al piano terra nella sala Re_PUBBLICA MADRE e presso le tre sale del mezzanino. Qui si intende celebrare la matrice performativa e teatrale della ricerca dell’artista, con una selezione delle più importanti azioni di Mauri, presentate attraverso materiali documentari e alcune componenti “sceniche”.
La terza sezione della mostra, che si sviluppa nella Sala delle Colonne, al primo piano dell’edificio museale, è incentrata sulla presentazione inedita dell’integrale corpus delle maquette architettoniche, che ricostruiscono i percorsi espositivi delle principali mostre dell’artista. La “luce solida” che dà il titolo alla mostra si riferisce alla luce proiettata dalla lampadine con i raggi solidificati, grazie alle quali Mauri riusciva a conferire una consistenza quasi fisica al raggio che congiunge proiettore e schermo cinematografico, nel tentativo di fornire una dimensione reale anche al pensiero e all’immaginario. Una mostra imperdibile per celebrare il genio di un artista indimenticabile.
Milano omaggia i 90 anni di Arnaldo Pomodoro con una straordinaria antologica che racconterà il percorso artistico del Maestro dal 1955 ad oggi. Cuore dell’esposizione sarà la Sala delle Cariatidi di Palazzo Reale ma saranno coinvolte anche numerose sedi espositive dal prestigio internazionale.
La mostra, ideata e prodotta dalla Fondazione Arnaldo Pomodoro e Palazzo Reale con la collaborazione di Mondo Mostre Skira, è curata da Ada Masoero. Dal 30 novembre 2016 al 5 febbraio 2017 sarà possibile ripercorrere le tappe fondamentali della carriera del grande scultore, in un percorso di trenta opere scelte dallo stesso artista, per rivivere gli oltre sessant’anni di carriera di Pomodoro.
La Triennale di Milano e la Fondazione Arnaldo Pomodoro ospiteranno quattro progetti “visionari” che indagano il dialogo tra l’opera scultorea, l’architettura e lo spazio circostante. Opere che si sviluppano dal genio del visionario Pomodoro per farsi paesaggio urbano: dal Simposio di Minoa a Marsala al Carapace, la Cantina delle Tenute Lunelli a Bevagna, in Umbria (presentati in Triennale, con la cura di Aldo Colonetti) fino al monumento di Pietrarubbia e al progetto per il nuovo Cimitero di Urbino (in Fondazione, con la cura di Ada Masoero).
E ad essere indagata sarà anche la grande passione del Maestro per il teatro, attraverso sedici teatrini ospitati al Museo Poldi Pezzoli nella Sala del Collezionista: un omaggio al lavoro di Pomodoro per il palcoscenico svolto tra il 1982 e il 2009. Si potrà inoltre riscoprire la Sala delle Armi, da lui progettata nel 2000. Un suggestivo itinerario artistico che collega più punti della città, a partire da Piazza Meda con il Grande disco, scelto dai milanesi come simbolo della città, fino a Largo Greppi, con Torre a spirale collocata di fronte al Piccolo Teatro.