Riso Vignola 1880 porta “l’Esperienza Origini” a Identità Golose Milano 2024

Riso Vignola 1880 porta “l’Esperienza Origini” a Identità Golose Milano 2024

Riso Vignola 1880 partecipa alla diciannovesima edizione del Congresso internazionale di alta cucina con uno spazio ad hoc dedicato alla sua linea premium Origini – Capolavori di natura, che ospiterà esclusive esperienze di degustazione guidate da Chef e Pastry Chef italiani e internazionali.

Milano, 28 febbraio 2024Riso Vignola 1880, azienda specializzata nella produzione e trasformazione di riso,farine, cereali e legumi di qualità superiore, è presente all’edizione 2024 di Identità Golose Milano, il congresso internazionale di alta cucina, pasticceria, mixology e servizio di sala, in programma dal 9 all’11 Marzo presso l’Allianz MiCo di Milano.

L’azienda di Balzola (AL) sarà presente all’interno dell’Area Espositiva del Congresso con uno spazio interamente dedicato alla linea premium “Origini – Capolavori di natura”, la gamma di pregiati risi italiani e internazionali pensata per offrire a professionisti della ristorazione e appassionati gourmet nuovi percorsi alla scoperta della cultura del riso nel mondo. 

Per l’occasione, saranno presentate in anteprima due nuove varietà che, a partire dal 2024, arricchiscono la collection Origini: Fior d’Himalaya, un basmati dai chicchi eccezionalmente lunghi, aromatici e dalla texture vellutata tipico della regione del Punjab, e Oro di Spagna, un raro e ricercatissimo riso della varietà Bomba, coltivato in Spagna in aree ristrette e altamente selezionate.

Dominato da un grande tavolo centrale, la cui forma richiama quella di un chicco di riso, lo spazio Origini by Riso Vignola vuole essere un punto di incontro e racconto visivo e sensoriale della cultura del riso e del suo percorso dal campo, al chicco, alla ricetta. 

Durante i tre giorni della manifestazione, lo stand sarà teatro di esclusive “Origini Experience”: un calendario di sei degustazioni a numero chiuso, curate da altrettanti Chef e Pastry Chef di altissimo livello, in cui i partecipanti saranno guidati in un percorso gastronomico e sensoriale esaltato dalle eccezionali caratteristiche di aroma, texture e consistenza delle varietà Origini (Nero Verelé, Carnaroli Classico Bio, Basmati e Bomba). Ciascuna Experience sarà completata dall’abbinamento con prestigiosi Champagne.

Gli chef protagonisti delle sei “Origini Experience”

  • Lucrezia Giletti e Luca Pellegrini, Ristorante Condividere Michelin, Torino  
  • Stefano Callegari, Trapizzino, Roma
  • Martino Leone, Ristorante Ristorantino Michelin, Sauze di Cesana 
  • Davide Di Fabio, Ristorante Dalla Gioconda Michelin, Gabicce Monte 
  • Marco Moroni, Ristorante White Marmot, St. Moritz
  • Ariel Hagen e Giulio Izzo, Trattoria Sull’Albero Borgo Santo Pietro Michelin, Chiusdino 

La collaborazione di Riso Vignola 1880 con Identità Golose Milano 2024 si completa con la sponsorship della terza edizione di Bollicine del mondo, la Guida digitale firmata da Paolo Marchi e Cinzia Benzi dedicata all’esplorazione della migliore spumantistica internazionale.

Velier e Billecart-Salmon, disobbedienti a Identità Golose 2024

Velier e Billecart-Salmon, disobbedienti a Identità Golose 2024

Il distributore genovese e la maison di Champagne hanno portato abbinamenti e idee audaci nei laboratori del Congresso di Alta Cucina più importante d’Italia

Dal 9 all’11 marzo si è svolta al Mico di Milano la 19esima edizione di Identità Golose, il Congresso internazionale di alta cucina, pasticceria, mixology e servizio di sala. Il tema scelto per il 2024 era “Non esiste innovazione senza disobbedienza”, un tema molto caro a Velier che, assieme a Champagne Billecart-Salmon, ha convintamente rinnovato l’impegno a fianco di Identità Golose come Main Sponsor. Ecco i momenti salienti di questa edizione:

Identità di Pizza

Nella giornata di sabato 9 marzo Billecart-Salmon è stato protagonista negli showcooking di Identità di Pizza. Billecart Rosè sans Année e Blanc de Blanc sans année, presentati da Antoine Roland-Billecart in persona (sesta generazione oggi a capo della maison), sono stati abbinati in maniera insolita e “disobbediente” alle creazioni di sette grandi maestri pizzaioli. Se fino a qualche anno fa accostare pizza e champagne era considerato un gesto eretico, oggi gli addetti ai lavori si sono definitivamente convinti della bontà di questo matrimonio. Ciò che resta da fare nei prossimi anni è l’enorme lavoro di comunicazione di questa opportunità agli amanti della pizza, sia essa napoletana, contemporanea o gourmet. Ad ogni modo ciò che si è visto a Identità di Pizza 2024 ha dimostrato una volta di più che quando due tradizioni nobili si incontrano, sono in grado di stabilire nuove connessioni e suggestioni, elevandosi a vicenda.

I maestri pizzaioli presenti:

Irina Steccanella – Irina Trattoria Pizzeria 

Antonio Pappalardo – La Cascina dei Sapori

Francesco Capece – Confine Pizza e Cantina 

Davide Longoni – Panificio Davide Longoni

Vincenzo Capuano – Pizzeria Vincenzo Capuano 

Giuseppe Cutraro – Peppe Pizzeria 

Ciro Salvo – 50 Kalò di Ciro Salvo 

Identità Vegetali

Lunedì 11 marzo è stata invece la volta di Identità Vegetali, con sei chef affermati a proporre la loro visione del mondo vegetale nel piatto. Velier ha invece selezionato dal suo catalogo alcuni dei migliori distillati e liquori al mondo, per farli dialogare “a tutto pasto” con la cucina vegetariana. È stato Angelo Canessa, Mixology Manager di Velier, a portare in tavola una proposta eclettica, sia nelle temperature di servizio che nelle dosi (da poche gocce diluite in acqua, alla mixology alla bevuta liscia). Una serie di abbinamenti concettuali, prima ancora che sensoriali, partendo dall’assunto comune che oggi innovare, avere una visione sul futuro, significa paradossalmente ancorarsi a valori antichi, in distilleria come in cucina: artigianalità, autenticità, comprensione e rispetto del mondo naturale.

Chef presenti e gli abbinamenti:

  • Davide Caranchini, Materia ristorante con Calvados Christian Drouin (distillato a base di mela)
  • Tiziana Cappiello, Il Balcone con Tequila Fortaleza (distillato a base di agave)
  • Francesco Vincenzi, Franceschetta 58 con Chartreuse (liquore a base di erbe)
  • Ariel Hagen, Borgo Santo Pietro Saporium con The Balvenie Scotch Whisky (distillato a base di orzo)
  • Michele Cobuzzi Chef, Anima – Milano Verticale UNA Esperienze con Clairin e J. Bally (distillati a base di canna da zucchero)
  • Riccardo Monco e Alessandro Comasina, Enoteca Pinchiorri con Gin Engine (distillato a base di ginepro, salvia e limone)

Champagne Billecart Salmon & Riso Vignola

La cornice di Identità Golose è stata inoltre propizia anche per mettere in pratica una collaborazione stimolante tra la grande maison francese e Riso Vignola, due aziende familiari dalla storia secolare. Durante i tre giorni di fiera, sei chef hanno interpretato varie tipologie di riso dell’azienda alessandrina, servite assieme ai migliori champagne Billecart-Salmon.

Gli chef presenti:

  • Lucrezia Giletti e Luca Pellegrini – Ristorante Condividere
  • Stefano Callegari – Trapizzino
  • Martino Leone – Ristorante Ristorantino 
  • Davide Di Fabio – Ristorante Dalla Gioconda
  • Marco Moroni – Ristorante White Marmot
  • Ariel Hagen e Giulio Izzo – Trattoria Sull’Albero Borgo Santo Pietro

About Billecart-Salmon

Fondata nel 1818 a Mareuil-sur-Ay, nella Marna, la Maison Billecart-Salmon nasce dal matrimonio tra Nicolas François Billecart ed Elisabeth Salmon: un’unione tra famiglie che ancora oggi, dopo sette generazioni, rimane fedele all’impegno di privilegiare la qualità e puntare all’eccellenza nella produzione dello champagne tra i più riconosciuti e apprezzati al mondo. Lo champagne della Maison è il frutto del savoir-faire dei suoi uomini, che si prendono cura di una tenuta di 100 ettari

Le uve provengono da 40 cru della Champagne, piantati su una superficie totale di 200 ettari, 15 dei quali sono coltivati seguendo il disciplinare biologico. Gran parte delle uve per la vinificazione è coltivata in un raggio di 20 chilometri intorno al comune di Épernay, un territorio che si estende tra la Montagna di Reims, la Côte des Blancs e la Valle della Marna, in cui coesistono i grand cru di Pinot Noir, Chardonnay e Pinot Meunier. Presso la Maison, il 75% delle uve è Premier cru o Grand cru, vale a dire le più alte classificazioni possibili per la produzione.

Billecart-Salmon usa metodi di vinificazione ancestrali, combinando quindi le tecniche più antiche con le più avanzate tecnologie enologiche. Negli anni ’50, la Maison è stata la prima a introdurre la tecnica della sfecciatura a freddo e l’utilizzo di tini in acciaio inox per una fermentazione più lunga a bassa temperatura. I lieviti utilizzati sono selezionati da un ceppo isolato, seguendo dunque un metodo che non ha eguali nel mondo dello champagne. La tinaia utilizza principalmente 80 tini termoregolati di piccole dimensioni, che consentono di osservare la tracciabilità dei vitigni e delle parcelle. Questo tipo di vinificazione cru per cru e vitigno per vitigno, oltre a garantire una tracciabilità costante, consente di preservare tutte le peculiarità del terroir. Le vinificazioni avvengono invece rigorosamente secondo tradizione, in piccoli fusti di legno da cinquanta ettolitri.

Le cantine di gesso della Maison sono state scavate nel 1840, e dal XIX secolo i loro 2,8 chilometri di corridoi ospitano 24 foudre e 400 botti, ognuna delle quali è stata selezionata e prodotta con cura, per valorizzare la ricchezza e la complessità aromatica dei vini. L’80% di umidità e una temperatura costante tra gli 11° e i 12° tutto l’anno permettono una conservazione ottimale dei vini.

Con il passare del tempo, i vini si affermano e diventano più intensi. Acquistano la finezza, l’equilibrio e l’eleganza che contraddistinguono gli champagne della Maison. Gli champagne non millesimati raggiungono la piena maturazione dopo tre o quattro anni, ovvero dopo un periodo due volte superiore rispetto alla norma prevista dalla denominazione. Le cuvée millesimate, invece, pazientano per dieci anni prima di maturare completamente. Lasciare che il tempo faccia il suo lavoro: questa è la grandezza dello champagne Billecart-Salmon.

Nel 2023 Velier e Billecart-Salmon hanno celebrato i 50 anni di collaborazione con un’edizione speciale, un Blanc de Blancs 2010 presentato con un’etichetta speciale e un logo appositamente studiato per l’occasione.

“La cuvée Blanc de Blancs 2010 è stata selezionata dalla famiglia Billecart per celebrare l’anniversario dei 50 anni della nostra relazione”, ha dichiarato Mathieu Roland-Billecart, Chief Executive Officer della Maison. “È composta dai migliori grand cru della Côte des Blancs, e ha trascorso oltre 10 anni nelle nostre cantine secolari per svelare tutta l’eleganza dei grandi champagne. In un mondo in cui le relazioni a lungo termine si fanno sempre più rare, siamo fieri del legame che abbiamo creato con la famiglia Gargano, che valorizza gli champagne Billecart-Salmon in tutta Italia”.

Tutti i capolavori del ‘900 alla Milano Drawing Week

Milano non si ferma mai, è come quegli androidi di Alien che fanno tutto il lavoro ininterrottamente, giorno e notte, mentre gli altri, gli esseri umani, riposano. Ma a differenza loro è buona, perchè ci regala un’altra settimana dedicata a cosa? Al disegno. Dal 25 novembre al 3 dicembre, potrete godere dei capolavori di artisti del XX secolo, parte della Collezione Ramo che ne conta ben 700, presso le migliori gallerie di Milano, gratuitamente.

Tra un caffè in centro e una passeggiata per negozi, avrete l’occasione unica di vedere da vicino quello che rimane custodito con cura maniacale e certosina, in caveau dedicati, i disegni di Umberto Chiodi, Giorgio De Chirico, Umberto Boccioni, Alighiero Boetti, etc… selezionati per l’occasione da artisti emergenti, che avranno l’onore di accompagnare la loro opera a quella del loro idolo, mentore, maestro.

Accompagnati dalla curatrice della MDW, Irina Zucca Alessandrelli, abbiamo iniziato il percorso dal Museo di Storia Naturale, dove espone l’artista francese Mad Meg, con opere su carta di due metri e mezzo, una collezione intitolata “Patriarchi”, una denuncia dell’uomo maschilista. Sono giganti insetti travestiti da uomo, e accomunati da comportamenti bizzarramente simili, come l’impollinatore che identifica la figura femminile come mera incubatrice; o il cercatore d’oro con la testa di mosca, che riprende una vecchia fotografia di Bernard Otto Holtermann che nel 1872 trovò nella sua miniera la pepita d’oro più grande del mondo; uno sfottò alla smania ossessiva di ricchezza, che viene paragonata allo sterco cui la mosca si avvicina.

I disegni di Mad Meg sono realizzati a pennino e china, con una esposizione del particolare fatto con incredibile minuzia; le opere sono messe inoltre in relazione alle specie catturate dalla sezione entomologica del Museo di Storia Naturale, in accordo con i protagonisti della serie d’artista; sono insetti stecco giganti della Malesia, bruchi, crisalidi, lepidotteri notturni adulti, impollinatori come il bombo comune, l’ape legnaiola, l’ape domestica o da miele con esemplari di tutte le caste (regina, fuchi e operaie) e alcuni frammenti di favi, mosche della famiglia delle Sirfidi e alcuni tra i coleotteri più ricercati dai collezionisti, i carabi e le cicindele.

Mad Meg sceglie “Studi per archeologi” di Giorgio de Chirico dalla Collezione Ramo, per la terza esposizione della Milano Drawing Week, un’opera che riprende i concetti della grecia classica e dei manichini, esordio dello studio della pittura metafisica, affascinata dal modo che de Chirico ha di rappresentare gli spazi mentali e le allegorie del XX secolo.


Proseguendo il giro, alla Galleria Tiziana Di Caro, sita in Via Gioacchino Rossini 3, l’artista Luca Gioacchino di Bernardo all’interno della sua personale, sceglie dalla Collezione Ramo, l’opera di Gianfranco Baruchello, l’artista che cercò per tutta la vita l’interscambiabilità tra natura e arte. Fondò l’Agricola Cornelia spa, dove svolgeva attività di agricoltore dedicandosi alla terra, all’allevamento di bovini e ovini, dove il silenzio di una stanza d’artista era necessariamente interrotto dall’urgenza di un parto di una vacca. E nel seguito lo si vedeva ritornare con un pennello in mano, a disegnare l’opera che aveva appena vissuto sulla propria pelle.

“Ho scelto “Skizo corpus philosophica” poiché trova riscontro con una mia tutt’ora viva ricerca tra la stretta comunanza archetipica tra l’albero e la figura umana.” racconta Luca Gioacchino di Bernardo, attorniato dalle nodose radici dei suoi disegni che nascondono codici indecifrabili, espressioni, frasi oniriche. Radici portate alla luce e vivisezionate come corpi, una specie di radiografia che sembra più rivolta a se stesso che ad un oggetto preso in prestito.

Nella Galleria Renata Fabbri di Via Antonio Stoppani 15/c, troviamo il colore di Serena Vestrucci che, attraverso l’uso del pennarello e della forza che impiega nel colorare su carta, indaga l’aldilà. Lo fa toccando il fondo, stressando la carta fino al punto di rottura. Cosa troveremo al di là del foglio? Cosa si cela dietro un gesto ripetuto, ordinario, superficialmente banale del colorare? La risposta è incorniciata accanto all’originale, il retro si mostra di fianco al davanti, il mistero vicino al reale, l’ignoto accanto a ciò che ci aspettiamo. Ed è questo ignoto che ha colpito l’artista nella scelta de “I vedenti- Eterno dilemma tra contenuti e contenitori” di Alighiero Boetti, che per tutta la sua vita artistica ha ricercati l’aspetto del vedente e del visibile, anche attraverso quest’opera dedicata ai vedenti colpiti da cecità, per alludere a chi non lo è.

Nello studio di architettura e spazio espositivo indipendente, Spazio Lima, l’installazione unica di Benni Bosetto
che ricopre le pareti come carta da parati. Ripetizioni di immagini, corpi e simboli elusivi, segni grafici come codici e linguaggi nascosti, perfettamente coesi con la ricerca verbo visuale di Tomaso Binga, scelta da Collezione Ramo per questa edizione MDW con “Dattilocodice” tavola n.13 del 1978.

Bianca Pucciarelli Menna, la vera donna che si celava dietro il nome d’artista Tomaso Binga, per facilitarsi un percorso artistico al tempo chiuso al mondo femminile, lavora da sempre con la parola scritta desemantizzata, lettere che mescolate insieme, scritte l’una sull’altra, danno vita ad codice nuovo, lontano dal significato corrente che invece distrae, per riappropriarsi interamente della propria identità.


Chiude il nostro primo viaggio, il dialogo inedito tra i due Boccioni al Castello Sforzesco.

Controluce“, opera della Collezione Ramo che l’artista in vita espose ben due volte, la prima con la famiglia artistica di Milano nel 1910, e la seconda nell’estate dello stesso anno presso Palazzo Pesaro a Venezia, fu dapprima proprietà della nota intellettuale e critica d’arte Margherita Sarfatti.

Sullo sfondo, la periferia cittadina, in primo piano, una giovane donna dall’amabile sorriso, avvolta da uno scialle che le accarezza una guancia, e da una luce che penetra la figura e la inserisce, fondendola, con l’ambiente circostante.
Trattasi della svolta futurista della compenetrazione dei piani, qui ancora con un tratto a grafite divisionista, ma vicinissima al percorso stilistico che toccherà Boccioni, visibile nei capolavori affiancati de “La madre seduta con le mani incrociate“, 1911 e 1912 appartenute a Collezione Ramo e al Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco di Milano la seconda.

E’ un’occasione unica di poter vedere per la prima, e forse unica volta (chissà), due capolavori affiancati che hanno
generato la rivoluzione futurista.

Tutte le info della Milano Drawing Week qui.

Controluce“, Boccioni 1910




Blue taste e la lunga vita. Il nuovo bistrot nel cuore di Milano

Avete mai pensato a cosa state mangiando, mentre accompagnate il cibo alla bocca? Vi siete mai soffermati su quanto, a lungo andare, possa fare bene quell’alimento o possa, nonostante il gusto, nuocere alla vostra salute?
Avete mai fatto ricerca sui paesi più longevi del mondo? E vi siete chiesti qual è la loro dieta?
Se siete dei pigri, o non vi siete mai posti certi quesiti, c’è chi lo ha fatto per voi, raccogliendo tutta una serie di ricerce scientifiche e stabilendo la dieta ottimale per vivere più sani e più a lungo. Sembra un programma di Rosanna Lambertucci, e invece è il motto di Blue Taste, il nuovo bistrot milanese che ha a cuore il vostro cuore.

Blue Taste non è la patria del vegan, non è luogo di meditazione e digiuno a intermittenza, qui si mangia, ma lo si fa non solo con lo stomaco, anche con la testa! Con una scelta equilibrata dei piatti, incentrati sulla materia prima di ottima qualità (amen), sulla scelta di cotture che preservano i principi nutritivi, e sulla riduzione di spreco. E per chi come me crea una ricetta con le ultime cose rimaste nel frigo a far l’eco, è una bellissima notizia.

Ma cosa sono le BLUE ZONES a cui Blue Taste si rifà?  Sono i 5 luoghi del pianeta in cui si concentrano il più alto numero di centenari rispetto alla media mondiale, zone in cui la speranza di vita è quindi più elevata.

E quali sono le BLUE ZONES?
Sardegna (Italia), Icaria (Grecia), Okinawa (Giappone), Nicoya (Costa Rica) e Loma Linda (California).

La cosa veramente interessante, non è la scelta ipocalorica, la predilezione di frutta e verdura, il continuo movimento fisico, ma quello che aumenta l’aspettativa di vita e beneficia sulla salute, è la “condivisione” in forme differenti. Cosa significa? Tutte queste comunità vivono in simbiosi con l’altro, mangiano insieme, si incontrano spesso dopo il lavoro per creare e approfondire relazioni, creano legami profondi, si dedicano all’altro e alle religioni (come nell’area californiana, comunità avventista di Loma Linda, che mai avremmo pensato di trovare in questa lista, abituati al fast food americano).

Percorro tra le sei e le otto miglia al giorno, eccetto durante il sabato sacro.La maggior parte dei miei amici è morta. Mio marito è morto. Ma mi piace parlare con le persone. Il mio motto è: ‘Uno sconosciuto è un amico che non abbiamo ancora incontrato‘”

— Marge, centenaria di loma linda in “The Blue Zones” di Dan Buettner



Blue Taste omaggia il saper vivere e propone un menu dove proteine nobili, grassi sani, vitamine e antiossidanti, fanno da padrone; privilegia la cottura sous-vide (cottura sottovuoto a bassa temperatura) e l’impegno zero-waste.

Non le classiche bowl! Eleganza nell’impiattamento, eleganza nel gusto, consiglio vivamente il polpo che si scioglie letteralmente in bocca e il salmone mango e finocchio, sapori che non vi aspettereste da piatti così semplici e sani.

I ragazzi di Blue Taste, un gruppo di amici appassionati, hanno inserito per gli amanti della bevanda del dio Bacco, una selezione accurata di vini bio e naturali, perchè anche nelle blue zones, un calice al giorno toglie il medico di torno.

Blue taste è il nuovo bistrot nel cuore di Milano, punto di riferimento dello star bene, dove trovarsi con gli amici per un calice di vino all’ora dell’aperitivo, una chiacchierata con le girls durante il breakfast, e una cena in compagnia all’insegna della socialità, che pare essere il vero toccasana per i nostri centenari. Dovremmo ricordarcene più spesso e abbandonare i maledetti cellulari.



Blue Taste si trova in Via M. Buonarroti, 15 a Milano







Modus, la pizzeria elegante di Milano

La pizza di Briatore” è diventato argomento da bar, tutti devono dire la propria “Ah, è una ladrata“, “Ah, ha ragione ma pirla chi paga“, insomma ci si schiera o con lui, ma pensando che sia solo un furbone, o contro di lui, pensando che sia un truffatore. Io credo che il ragionamento corretto da fare sia sempre quello di avere davanti la fotografia totale della società in cui viviamo, una società che ha diversi ceti, diversi gusti, diverse potenzialità economiche. E Briatore, da imprenditore, ha scelto di trasformare un prodotto povero e popolare come la pizza, in un prodotto lusso che possa essere apprezzato anche dalla categoria “ricco”, che vuole la pizza gourmet in un locale gourmet con una cifra gourmet. Questo significa che il classico ambiente “pizzeria” a cui siamo abituati, un locale che sembra una fabbrica, dove il fracasso regna sovrano, dove i cameriere corrono e urlano perchè in due dovranno servire 50 coperti, può essere trasformato in un locale elegante, dove la pizza non costerà più 6 euro perchè quella pizza dovrà coprire i costi di personale, strutture, zona in cui è ubicata, arredamento eccetera eccetera eccetera.

Questa trasformazione, che in alcun modo declassifica la pizza, anzi la nobilita (perchè gli ingredienti rimangono gli stessi, è il contorno che cambia), l’ha pensata anche Modus, la prima pizzeria-ristorante che ha aperto nella città di Milano. Ma lo fa portando a braccetto il cliente in uno scenario accogliente, accomodante, caldo, dove la pizza non ha il costo briatoregno.

Quello che colpisce appena entrati è certamente il contesto, nell’immaginario collettivo (perchè ci siamo stati infinite volte) la pizzeria non ha questi magnifici colori english green abbinati all’oro dei dettagli, come gli schienali delle sedute al bancone bar, un bellissimo angolo arredato da arcate incorniciate a muro per dar spazio ad amari e distillati. Sui soffitti, quasi cadessero molli come gli orologi di Dalì, degli specchi ovali che catturano e riflettono la luce esterna che passa dalle vetrine; agli angoli e dalla zona soppalcata, una cascata di natura, piante che non solo arredano, ma rendono l’ambiente più gradevole; Modus è davvero una scoperta eccezionale, e a renderlo ancora più prezioso è il suo menu omaggio al Cilento, terra d’origine dello chef.
Lui è Paolo De Simone, classe 1980 e una nonna che, come spesso succede al sud, tramanda tutto il suo sapere della tavola a Paolo, che apprende così i segreti della lievitazione naturale, la regina qui da Modus.

La goduria di una pizza qui, non ve la posso spiegare, dovete andare a mangiarla!
Iniziate con degli assaggi del territorio, come le mulignane ‘mbuttunate (significa ricche si sapore!), fatte con cacioricotta, uova, pomodoro e prezzemolo, o con una parmigiana di melanzane, con fiordilatte, parmigiano, olio e il dio basilico (lodato sia).
Qui ovviamente trovate anche le mozzarelle di bufala campane, la Soppressata di Gioi, presidio Slow Food, la mozzarella di mortella (che si produce nel Parco Nazionale del Cilento), le alici di Menaica, e il pane di Paolo, quello realizzato con lievito madre e farine di grani antichi cilentani, recupero di semi e grani antichi dal parco nazionale del Cilento e di Vallo di Diano.

Da Modus potete anche divertirvi a fare un pairing pizza-cocktail, perchè qui sono buonissimi! Io ho iniziato con un “Midnight In Porta Romana“, Belvedere Vodka, acqua di lavanda, bergamotto, Oxley Gin; sono partita dalla mezzanotte e ci sono rimasta, a chiaccherare con Paolo e Vincenzo, due forze della natura.

Modus si trova in Via Andrea Maffei, 12 a Milano ‡‚ˆ­€
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Un grande mosaico alla Cittadella degli Archivi di Milano per celebrare Donyale Luna, la prima top model nera della storia

Alla Cittadella degli Archivi, il polo archivistico del Comune di Milano che raccoglie documenti della città dal 1802, è stato inaugurato un grande mosaico dedicato a Donyale Luna, la prima top model nera della storia.

L’immagine risale ad una foto scattata dal marito Luigi Cazzaniga, in una Milano degli anni ’60 dove essere nera, avere dei sogni ambiziosi e inserirsi in un contesto come quello della moda, dove tutto era bianco, non solo le modelle, era veramente difficile.

Donyale Luna, nome d’arte di Peggy Anne Freeman, ci riuscì, non solo per la propria bellezza, ma per quel fascino e quel carisma, che solo la forza e l’intelligenza possono regalare. Morì troppo presto, a 33 anni, come tanti in un periodo storico dove le droghe e la perdizione erano forti, e troppo presto fu dimenticata; ma oggi la HBO dedica a questa donna un docu-film, Supermodel, che uscirà in Italia su Sky nel 2024.

Sono felice che Donyale abbia questo omaggio in una città dove ci siamo amati e divertiti a scattare molte foto.” – commenta il marito Luigi Cazzaniga, che da oltre 40 anni vive e lavora a New York – ” Donyale era creativa e faceva spesso i dei vestiti con pellicce e mantelli, e acconciature fantasiose che la rendevano unica. Tra queste foto, tante diventate poi le cover di Vogue America, è rimasta questa immagine che oggi le rende giustizia, su questo mosaico, tecnica perfetta per riportare gli stessi colori e quella luce negli occhi“.

Il mosaico dedicato a Donyale Luna, esposto presso i muri a La Cittadella degli Archivi di Milano

Francesco Martelli, Direttore della Cittadella degli Archivi racconta – “La moda è una storia importantissima nella città di Milano e Donyale è un pezzo di questa storia, così come lo è Luigi Cazzaniga, nato qui.
Ci sono insomma tutti gli elementi affinché La Cittadella ospiti questo mosaico, creato dalla società Stone di La Spezia con quarantaquattromila tessere in pasta di vetro e intagliate a mano, nel grande progetto che portiamo avanti “Muri d’artista”, che vede impegnati più di 70 artisti decorare quasi 2000 metri quadrati di superficie di un museo a cielo aperto.”

Dream, la figlia di Donyale che perse all’età di due anni, ricorda con commozione – “Mia madre ha rotto tante barriere, ha avuto un successo contrastato e dimenticato, ma credo realmente che oggi i tempi siano maturi per concederci il lusso di inseguire i nostri sogni. Lei non ha potuto definitivamente farlo negli anni ’60, perchè essere nera e avere una vocazione così forte, non aiutava. La bellezza di mia madre è vero, è oggettiva, ma la sua vera bellezza veniva da dentro, e per me oggi è come risentirla, riaverla qui, e per la prima volta tutti e tre insieme, nelle foto che ci state scattando.

Dream, figlia di Donyale Luna, e Luigi Cazzaniga, il marito della prima top model nera della storia, con le nipoti

Gaia Romani, assessora ai beni civici “Siamo a fianco di tutte le giovani donne che vogliono realizzare i propri sogni; Donyale Luna è un modello, un esempio che ha ha avuto difficoltà ma che ha raggiunto il suo intento. Oggi per noi è un onore poter omaggiare un esempio di donna così grande”.

L’assessora Tiziana ElmiCon queste iniziative, la Cittadella degli Archivi diventa sempre più fonte di attrazione ed educazione culturale importantissima per il nostro territorio“.












Valentino Vintage, il ristorante della Belle Époque, nel centro di Milano

Al personaggio più romantico e ambiguo che conosciamo, è intitolato il ristorante Valentino Vintage sito in Corso Monforte a Milano.

Di Rodolfo Valentino qui troverete tutto, le foto in bianco e nero con quelle che furono le sue mogli (chissà quante altre amanti ha avuto in segreto), le immagini di backstage con trucco e parrucco appena fatto (qualcuno spiffera che la liason fosse con il make up artist di allora), quelle con lo sguardo magnetico a cui nessuno sapeva resistere.
E alle pareti, i più bei manifesti della Belle Époque, quel periodo dove i ristoranti erano immensi saloni a festa, l’eleganza era educazione, e c’era ancora il buon senso della leggerezza.

Da Valentino Vintage, varcando la porta, si cambia epoca; le grandi colonne in stile dorico sotto le grandi arcate, creano uno spazio arioso e maestoso, le poltrone in velluto rosso, le cornici dorate e il pianoforte a coda, regalano un’atmosfera da grande soirée (il grammofono suona ancora le canzoni dell’epoca, ed è subito magia).

Qui m’immagino deliziose cene alla Babette, e non verrete delusi perchè a stuzzicarvi il palato c’è lo chef Emanuel Menna, classe ’98 di origini campane (che è di per sé una garanzia) a Milano da cinque anni. Porta al Valentino Vintage un omaggio all’Italia e alla cucina toscana; da non perdere la tartare di Chianina con funghi pioppini, fonduta di pecorino toscano e tartufo nero, le tagliatelle fatte in casa al caffè Nannini con ragù bianco di cinghiale e cacao, e il tiramisù servito direttamente nella moka classica, rimando alla sua terra d’origine.
Per i nostalgici, la “Costoletta alla milanese con maionese allo zafferanno e bietole saltate”, un regalo alla città meneghina; e per gli amanti di Bacco, una bella selezione in cantina, consigliata dal maître Raffaello Rizzi, Antinori e Piccini, pregiati champagne francesi, vecchie annate e vini che non potrete bere altrove, come il Brunello di Montalcino 2015 di Caffè Scudieri Firenze, bottiglie della proprietà che vi consiglio di assaggiare.

Una location di rara bellezza ed eleganza, un’atmosfera magica e una cucina che vi farà sentire a casa, così come il servizio; Valentino Vintage è il nuovo place to be di Milano, da scegliere quando avrete voglia di fare un tuffo nel passato, indossare l’abito da cocktail e immaginare di vivere in un film…con Rodolfo ça va sans dire!

Intervista a max&douglas: quello che ricordiamo con più affetto è stato lavorare con Ben Harper

Max&douglas sono noti nel mondo della fotografia per i loro ritratti alle celebreties, dai cantanti agli sportivi. Nonostante la giovane età, le loro immagini sono già state esposte presso la Triennale di Milano.  Il loro lavoro si contraddistingue per la voglia di sperimentare e, al tempo stesso, cogliere l’unicità che è contenuta in ogni singola persona.


 


Giovanna Mezzogiorno



 


Il vostro punto forte è senza ombra di dubbio la ritrattistica. Cosa significa per voi ritrarre una persona?


 


Significa “semplicemente” riuscire a mostrare l’idea che ci siamo fatti del soggetto. Non necessariamente coincide con l’idea che il soggetto ha di se stesso. Le persone ci attraggono, così come le loro caratteristiche: consideriamo le particolarità di ognuno come un punto di forza, come un valore che ne determina l’unicità.


 


Donatella Rettore italian singer photographed in Venice 15/06/2006; Ph: Max&Douglas
Donatella Rettore



 


Come riuscite a conciliare il lavoro in due?


 


Dopo 20 anni di lavoro insieme viene naturale alternarci in fase di scatto e successivamente saper riconoscere, in fase di editing, le immagini migliori. Riteniamo da sempre che il confronto è crescita e la discussione sia alla base di ogni progetto artistico.


 


Quando e come nasce la vostra collaborazione?


 


Siamo nati, come coppia artistica, realizzando fotografie in luce pennellata in grande formato (20×25). L’aiuto che potevamo darci vicendevolmente era fondamentale, non solo dal punto di vista tecnico. Con l’avvento del digitale e la relativa semplificazione del processo produttivo, la solidità della nostra collaborazione non ha sentito la necessità di una separazione.


 


Lucio Dalla
Lucio Dalla



 


C’è un aneddoto riguardante la vostra attività?


In così tanti anni gli aneddoti sono tantissimi, soprattutto per il fatto di aver lavorato molto con celebrities; diciamo che quello che ricordiamo con più affetto è stato lavorare con Ben Harper che, nonostante sia un mito di fama mondiale si è concesso totalmente alle nostre esigenze, senza paletti di tempo e senza la presenza dei personaggi che normalmente accompagnano le star. Una domenica pomeriggio, insieme, come fossimo vecchi amici.


 


 


I vostri inizi vi vedono impegnati con la fotografia di moda. Cosa vi ha indotto a impegnarvi in altri generi fotografici?


 


Non è del tutto vero. Diciamo che i nostri primi lavori pubblicitari, seppur di marchi di moda come Belfe o Romeo Gigli, sempre sono stati orientati verso una fotografia ritrattistica. Non siamo mai stati fotografi di moda, anche perché non abbiamo quella sensibilità fondamentale per poter lavorare in quel campo. Per non parlare del fatto che nella moda, salvo pochissimi nomi, i fotografi sono “di moda”: passano troppo velocemente. Abbiamo sempre puntato verso la costruzione di qualcosa di più duraturo.


 


Marco Giallini



 


In cosa vi sentite cresciuti artisticamente?


 


Sicuramente nel saper rispondere alle opportunità ritrattistiche nel minor tempo possibile. La lunga esperienza ultimamente ci sta portando a realizzare sempre meno scatti e in sempre meno tempo. Crediamo che questo possa essere un valore: esattamente come potrebbe essere un valore medico quello di un dottore che riesce a fare una diagnosi con una semplice occhiata.


 


Ci sono dei generi fotografici che preferireste non affrontare?


 


Sicuramente l’idea di chiuderci in uno studio per giorni interi nella speranza di riuscire a realizzare un bello still life ci terrorizza.


 


Potete anticiparci qualcosa dei nuovi progetti?


 


Al momento stiamo lavorando su molte cose, prima tra tutte la voglia di trasmettere la nostra visione. Non siamo per i “segreti” e non ci crediamo. Non abbiamo mai nascosto i nostri backstage o minacciato assistenti che volessero semplicemente curiosare. I nostri set sono sempre stati aperti.


 


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Stefano Accorsi



 


Quanto conta la post-produzione nella vostra attività?


 


Molto. A inizio carriera (lavorando con Polaroid 20×25) nulla. O, meglio, praticamente non esisteva ancora. Con il passaggio al digitale la presenza di una post invasiva è stato il nostro marchio di fabbrica e lo è stato per molti anni. Ultimamente è andata via via scemando, concentrandoci molto di più sull’uso delle luci ma rimane sempre presente e fondamentale, seppur molto meno percepibile.


 


Quali sono i fotografi che più ispirano la vostra fotografia?


 


Tantissimi. Tutti nomi importanti: Irving Penn, Richard Avedon, Mark Seliger, Anton Corbijn e naturalmente Annie Leibovitz. Siamo però molto affascinati e sicuramente influenzati dal lavoro di Erwin Olaf: un mito.


 


Portrait of Dolores O'Riordan photographed by Max&Douglas in Milan on march 14th, 2007
Dolores O’Riordan



 


La fotografia di max&douglas è il frutto di una ricerca senza fronzoli, una fotografia che non si avvale di segreti e che, tuttavia, cura fortemente i dettagli. E’ una fotografia silenziosa che ci invita a guardare, ammirare i soggetti ed emozionarci.


 


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Jorge Lorenzo



 

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Intervista a Michele Palazzo: dove comincia il suo mondo

Michele Palazzo è il fotografo originario di Ravenna che sarà protagonista a Milano, presso la galleria Still, a partire dal 29 novembre per la sua prima mostra personale. La mostra, intitolata “Dove comincia il mondo“, è curata da Denis Curti e Maria Vittoria Baravelli.

“Dove comincia il mondo” è il titolo della sua mostra personale. Dove comincia, invece, la sua passione per la fotografia?

Comincia molto presto, negli anni della mia adolescenza alle scuole medie. Ho frequentato una scuola media sperimentale annessa all’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna, ed a differenza delle altre scuole medie tradizionali, avevamo molte più ore di materie artistiche tra le quali fotografia. Erano ovviamente gli anni della fotografia analogica e la magia di sviluppare le foto autonomamente in camera oscura mi ha completamente rapito. Da quel momento in poi, con periodi più o meno intensi, la fotografia non mi ha più abbandonato.

Come approccia con i passanti mentre fotografa? Chiede se può fotografare o, semplicemente, cattura l’immagine?

Mai. Se chiedo il permesso, interrompo la magia del momento. I miei sono tutti ritratti fatti candidamente.

Emerging from the dark - Cover Fanzine

Dalle sue immagini vien fuori un mosaico di etnie e culture differenti, che si riflette anche nei colori. Qual è l’aspetto a cui presta maggior attenzione mentre fotografa?

Ci sono molte cose che catturano la mia attenzione: i volti, i vestiti, il background o la luce. E’ una cosa che faccio quotidianamente, è un esercizio di osservazione e di curiosità continua che non mi abbandona mai, nemmeno quando non ho una macchina fotografica con me.

Che posizione occupa la tecnica nella sua fotografia?

Credo che sia una cosa acquisita per il tipo di fotografia che faccio, anche se ovviamente ci sono sempre cose da apprendere. Non sono un fotografo da studio e, quindi, quella tecnica la conosco poco e posso essere sicuramente considerato un principiante; tuttavia, se mi dovesse servire o ancora meglio incuriosire, allora mi ci dedicherei in maniera ossessiva come faccio con tutte le cose che mi intrigano.

emerging from the dark

Ci sono dei fotografi che hanno segnato particolarmente la sua visione della fotografia?

Probabilmente moltissimi, ma anche pittori, designers e architetti. Ho sempre avuto una grande curiosità visiva e una pessima memoria per i nomi, per cui le mie influenze sono le più svariate. Ho un background in architettura, un lavoro da designer nel mondo digitale, questa passione sfrenata per la fotografia e amo viaggiare: sarebbe riduttivo citare solo qualche fotografo. Poi ne scopro nuovi e vecchi ogni giorno, preferisco mantenere vivo questo senso di continua sorpresa e scoperta.

La sua visione del mondo si riflette nella sua fotografia, o la sua fotografia ha inciso nella sua visione del mondo?

Sicuramente la prima, anche se a volte riguardando le mie fotografie e a mente fresca, scopro un punto di vista inaspettato anche a me stesso. La mia macchina fotografica è un passe-partout per nuovi mondi e avventure: probabilmente senza questa mia passione quotidiana non avrei mai avuto accesso o scoperto metà delle cose che ora fanno parte di me.

Emerging from the Dark #8 2017
C’è una parte del mondo che desidera fotografare attualmente?

In senso geografico, l’Asia che non ho mai visitato e che conosco solo attraverso l’occhio di altri fotografi. Sono curioso di vedere cosa, invece, il mio occhio sia capace di catturare. Se invece non parliamo di luoghi geografici, allora vorrei fotografare i momenti persi e le persone mai viste.

C’è qualcosa, invece, che preferirebbe non fotografare?

Ci sono probabilmente dei generi a cui non mi avvicinerò mai per mia indole, ma non mi precludo nulla.

Emerging from the Dark #11 2016

Le capita spesso di emozionarsi rivedendo una sua fotografia?

Poche volte, credo di essere molto esigente con me stesso. Mi innamoro di alcune idee di fotografia che provo ad esplorare e molte volte, deluso dai risultati, preferisco continuare a inseguire quelle idee e ogni tanto raccogliere i frutti di quell’esplorazione.

Se dovesse associare una parola alla sua fotografia, quale userebbe? Perché?

Forse direi Pancia, perché la mia fotografia è un po’ viscerale, di pancia appunto.

La mostra di Michele Palazzo presenta New York in 20 scatti, città in cui il fotografo vive per esigenze lavorative a partire dal 2010. La New York ritratta da Palazzo è spesso evanescente: il fotografo imprime nelle sue immagini l’unicità e la magia di momenti irripetibili; ne deriva, pertanto, una visione del tutto personale della Grande Mela, dove culture ed esperienze di vita differenti si mescolano tra di loro e con l’esperienza del fotografo, sino a realizzare un mosaico piacevole da osservare ed estremamente affascinante.

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Alberta Ferretti, il ritorno alla semplicità – collezione SS 2018

MILANO FASHION WEEK – COLLEZIONE SS 2018 DI ALBERTA FERRETTI


C’è bisogno di leggerezza, in un periodo in cui Trump allarma il mondo intero di una possibile distruzione della Corea del Nord, c’è bisogno di eleganza, quando si sentono capi di Stato e di Governo insultarsi con espressioni senza precedenti rispetto ai loro precursori. Questo lo si evince anche da quello che ha sfilato in passerella durante la fashion week milanese.

Una su tutte, Alberta Ferretti, che nelle passate collezioni ha messo in scena le pomposità fine ‘800, tra velluti porpora e i grandi manti principeschi, colorando gli abiti delle sfumature veneziane o dei giardini di Giverny tanto cari a Monet, per la collezione Primavera Estate 2018 elimina gli imbellettamenti, niente pizzi o merletti, velluti o maquillage, Alberta Ferretti ci fa dono della semplicità.

Quella del “less is more“, ma carica di luce e di quel fulgore femmineo che la donna Alberta Ferretti sa rappresentare a pieno titolo. E allora la brillantezza del quarzo rosa, quella fiammante del corallo, e quella regale del bronzo, si materializzano in abiti dalla forma pulita ed essenziale, da silhouette lineari ma con volumi inaspettati.


Le scollature sul dorso sono totali, le piume e le paillettes creano un gioco di movimento che segue l’ondeggiare del corpo ad ogni passo, ogni ricamo ci ricorda quanto Alberta Ferretti ama le donne e quanto desidera accontentare il loro desiderio di bellezza.


Nella più pura semplicità, si crea il movimento, grazie ai preziosi ricami e all’effetto dégradé delle paillettes, gli abiti si fanno fluttuosi come le onde, quelle che decantava Virginia Woolf, nell’attesa dell’arresa.





Liquidi e ritmici, come la parola della scrittrice britannica, gli abiti in lurex, declinati nei delicati colori pastello; non mancano chiffon e trasparenze, seta e nylon e la sera il dress code si sdrammatizza con un giubbotto in suède o un parka leggero.



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Tempo di libri 2017: in arrivo la fiera dell’editoria di Milano

Tempo di libri è ormai alle porte: la nuova fiera dell’editoria di Milano debutterà quest’anno, dal 19 al 23 aprile, e promette un calendario ricco di eventi, incontri con gli autori e appuntamenti per gli appassionati di letteratura. Poco prima del Salone di Torino, che si presenterà quest’anno in una versione del tutto nuova, Tempo di libri è pronta ad aprire le porte a tutti coloro che amano i libri. Il programma degli eventi è fitto di appuntamenti divisi per le 27 lettere dell’alfabeto (compresa la @). Dalla A di Avventura alla Z di Zaha Hadid, passando per Immaginazione, Sangue, Fumetto, Luce: per ogni lettera decine di eventi, convegni, laboratori che animeranno gli spazi di Fiera Milano a Rho. Tantissimi gli ospiti attesi: la scrittrice turca Asli Erdogan sarà protagonista della lettera D come Dissidente; Irvine Welsh condurrà i lettori in un viaggio nel tempo, con destinazione Trainspotting; Carlo Lucarelli racconterà come si scrive un libro sugli intrighi italiani. E poi Roberto Saviano, Margaret Mazzantini, David Grossman, Edna O’Brien.


Si parlerà del passaggio dalla carta al digitale, di storie d’amore, di libri di ricette, di saghe fantasy e di fumetti, di giornalismo e di religione. Gli eventi sono rivolti a tutti: editori, scrittori, traduttori, bibliotecari, insegnanti e soprattutto lettori. Il primo obiettivo di Tempo di libri 2017 è quello di avvicinare tutti alla lettura, soprattutto chi non ne è appassionato. Missione difficile ma non impossibile, in un paese come l’Italia in cui si legge sempre meno. Secondo goal che la neonata fiera di Milano si prefigge è quello di diffondere sempre di più la letteratura italiana, classica e contemporanea, all’estero. Le premesse sono buone, e per assicurarsi un immediato successo Tempo di libri ha dalla sua parte degli alleati illustri. Nel corso della fiera, infatti, verranno annunciati i 12 candidati al Premio Strega, grazie a un’importante partnership con il prestigioso award della letteratura contemporanea. Tempo di Libri si avvale anche della collaborazione di Trenitalia, che offre tratte speciali e sconti per raggiungere Rho e la fiera.