Intervista a max&douglas: quello che ricordiamo con più affetto è stato lavorare con Ben Harper

Max&douglas sono noti nel mondo della fotografia per i loro ritratti alle celebreties, dai cantanti agli sportivi. Nonostante la giovane età, le loro immagini sono già state esposte presso la Triennale di Milano.  Il loro lavoro si contraddistingue per la voglia di sperimentare e, al tempo stesso, cogliere l’unicità che è contenuta in ogni singola persona.


 


Giovanna Mezzogiorno



 


Il vostro punto forte è senza ombra di dubbio la ritrattistica. Cosa significa per voi ritrarre una persona?


 


Significa “semplicemente” riuscire a mostrare l’idea che ci siamo fatti del soggetto. Non necessariamente coincide con l’idea che il soggetto ha di se stesso. Le persone ci attraggono, così come le loro caratteristiche: consideriamo le particolarità di ognuno come un punto di forza, come un valore che ne determina l’unicità.


 


Donatella Rettore italian singer photographed in Venice 15/06/2006; Ph: Max&Douglas
Donatella Rettore



 


Come riuscite a conciliare il lavoro in due?


 


Dopo 20 anni di lavoro insieme viene naturale alternarci in fase di scatto e successivamente saper riconoscere, in fase di editing, le immagini migliori. Riteniamo da sempre che il confronto è crescita e la discussione sia alla base di ogni progetto artistico.


 


Quando e come nasce la vostra collaborazione?


 


Siamo nati, come coppia artistica, realizzando fotografie in luce pennellata in grande formato (20×25). L’aiuto che potevamo darci vicendevolmente era fondamentale, non solo dal punto di vista tecnico. Con l’avvento del digitale e la relativa semplificazione del processo produttivo, la solidità della nostra collaborazione non ha sentito la necessità di una separazione.


 


Lucio Dalla
Lucio Dalla



 


C’è un aneddoto riguardante la vostra attività?


In così tanti anni gli aneddoti sono tantissimi, soprattutto per il fatto di aver lavorato molto con celebrities; diciamo che quello che ricordiamo con più affetto è stato lavorare con Ben Harper che, nonostante sia un mito di fama mondiale si è concesso totalmente alle nostre esigenze, senza paletti di tempo e senza la presenza dei personaggi che normalmente accompagnano le star. Una domenica pomeriggio, insieme, come fossimo vecchi amici.


 


 


I vostri inizi vi vedono impegnati con la fotografia di moda. Cosa vi ha indotto a impegnarvi in altri generi fotografici?


 


Non è del tutto vero. Diciamo che i nostri primi lavori pubblicitari, seppur di marchi di moda come Belfe o Romeo Gigli, sempre sono stati orientati verso una fotografia ritrattistica. Non siamo mai stati fotografi di moda, anche perché non abbiamo quella sensibilità fondamentale per poter lavorare in quel campo. Per non parlare del fatto che nella moda, salvo pochissimi nomi, i fotografi sono “di moda”: passano troppo velocemente. Abbiamo sempre puntato verso la costruzione di qualcosa di più duraturo.


 


Marco Giallini



 


In cosa vi sentite cresciuti artisticamente?


 


Sicuramente nel saper rispondere alle opportunità ritrattistiche nel minor tempo possibile. La lunga esperienza ultimamente ci sta portando a realizzare sempre meno scatti e in sempre meno tempo. Crediamo che questo possa essere un valore: esattamente come potrebbe essere un valore medico quello di un dottore che riesce a fare una diagnosi con una semplice occhiata.


 


Ci sono dei generi fotografici che preferireste non affrontare?


 


Sicuramente l’idea di chiuderci in uno studio per giorni interi nella speranza di riuscire a realizzare un bello still life ci terrorizza.


 


Potete anticiparci qualcosa dei nuovi progetti?


 


Al momento stiamo lavorando su molte cose, prima tra tutte la voglia di trasmettere la nostra visione. Non siamo per i “segreti” e non ci crediamo. Non abbiamo mai nascosto i nostri backstage o minacciato assistenti che volessero semplicemente curiosare. I nostri set sono sempre stati aperti.


 


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Stefano Accorsi



 


Quanto conta la post-produzione nella vostra attività?


 


Molto. A inizio carriera (lavorando con Polaroid 20×25) nulla. O, meglio, praticamente non esisteva ancora. Con il passaggio al digitale la presenza di una post invasiva è stato il nostro marchio di fabbrica e lo è stato per molti anni. Ultimamente è andata via via scemando, concentrandoci molto di più sull’uso delle luci ma rimane sempre presente e fondamentale, seppur molto meno percepibile.


 


Quali sono i fotografi che più ispirano la vostra fotografia?


 


Tantissimi. Tutti nomi importanti: Irving Penn, Richard Avedon, Mark Seliger, Anton Corbijn e naturalmente Annie Leibovitz. Siamo però molto affascinati e sicuramente influenzati dal lavoro di Erwin Olaf: un mito.


 


Portrait of Dolores O'Riordan photographed by Max&Douglas in Milan on march 14th, 2007
Dolores O’Riordan



 


La fotografia di max&douglas è il frutto di una ricerca senza fronzoli, una fotografia che non si avvale di segreti e che, tuttavia, cura fortemente i dettagli. E’ una fotografia silenziosa che ci invita a guardare, ammirare i soggetti ed emozionarci.


 


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Jorge Lorenzo



 

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Intervista a Michele Palazzo: dove comincia il suo mondo

Michele Palazzo è il fotografo originario di Ravenna che sarà protagonista a Milano, presso la galleria Still, a partire dal 29 novembre per la sua prima mostra personale. La mostra, intitolata “Dove comincia il mondo“, è curata da Denis Curti e Maria Vittoria Baravelli.

“Dove comincia il mondo” è il titolo della sua mostra personale. Dove comincia, invece, la sua passione per la fotografia?

Comincia molto presto, negli anni della mia adolescenza alle scuole medie. Ho frequentato una scuola media sperimentale annessa all’Istituto d’Arte per il Mosaico di Ravenna, ed a differenza delle altre scuole medie tradizionali, avevamo molte più ore di materie artistiche tra le quali fotografia. Erano ovviamente gli anni della fotografia analogica e la magia di sviluppare le foto autonomamente in camera oscura mi ha completamente rapito. Da quel momento in poi, con periodi più o meno intensi, la fotografia non mi ha più abbandonato.

Come approccia con i passanti mentre fotografa? Chiede se può fotografare o, semplicemente, cattura l’immagine?

Mai. Se chiedo il permesso, interrompo la magia del momento. I miei sono tutti ritratti fatti candidamente.

Emerging from the dark - Cover Fanzine

Dalle sue immagini vien fuori un mosaico di etnie e culture differenti, che si riflette anche nei colori. Qual è l’aspetto a cui presta maggior attenzione mentre fotografa?

Ci sono molte cose che catturano la mia attenzione: i volti, i vestiti, il background o la luce. E’ una cosa che faccio quotidianamente, è un esercizio di osservazione e di curiosità continua che non mi abbandona mai, nemmeno quando non ho una macchina fotografica con me.

Che posizione occupa la tecnica nella sua fotografia?

Credo che sia una cosa acquisita per il tipo di fotografia che faccio, anche se ovviamente ci sono sempre cose da apprendere. Non sono un fotografo da studio e, quindi, quella tecnica la conosco poco e posso essere sicuramente considerato un principiante; tuttavia, se mi dovesse servire o ancora meglio incuriosire, allora mi ci dedicherei in maniera ossessiva come faccio con tutte le cose che mi intrigano.

emerging from the dark

Ci sono dei fotografi che hanno segnato particolarmente la sua visione della fotografia?

Probabilmente moltissimi, ma anche pittori, designers e architetti. Ho sempre avuto una grande curiosità visiva e una pessima memoria per i nomi, per cui le mie influenze sono le più svariate. Ho un background in architettura, un lavoro da designer nel mondo digitale, questa passione sfrenata per la fotografia e amo viaggiare: sarebbe riduttivo citare solo qualche fotografo. Poi ne scopro nuovi e vecchi ogni giorno, preferisco mantenere vivo questo senso di continua sorpresa e scoperta.

La sua visione del mondo si riflette nella sua fotografia, o la sua fotografia ha inciso nella sua visione del mondo?

Sicuramente la prima, anche se a volte riguardando le mie fotografie e a mente fresca, scopro un punto di vista inaspettato anche a me stesso. La mia macchina fotografica è un passe-partout per nuovi mondi e avventure: probabilmente senza questa mia passione quotidiana non avrei mai avuto accesso o scoperto metà delle cose che ora fanno parte di me.

Emerging from the Dark #8 2017
C’è una parte del mondo che desidera fotografare attualmente?

In senso geografico, l’Asia che non ho mai visitato e che conosco solo attraverso l’occhio di altri fotografi. Sono curioso di vedere cosa, invece, il mio occhio sia capace di catturare. Se invece non parliamo di luoghi geografici, allora vorrei fotografare i momenti persi e le persone mai viste.

C’è qualcosa, invece, che preferirebbe non fotografare?

Ci sono probabilmente dei generi a cui non mi avvicinerò mai per mia indole, ma non mi precludo nulla.

Emerging from the Dark #11 2016

Le capita spesso di emozionarsi rivedendo una sua fotografia?

Poche volte, credo di essere molto esigente con me stesso. Mi innamoro di alcune idee di fotografia che provo ad esplorare e molte volte, deluso dai risultati, preferisco continuare a inseguire quelle idee e ogni tanto raccogliere i frutti di quell’esplorazione.

Se dovesse associare una parola alla sua fotografia, quale userebbe? Perché?

Forse direi Pancia, perché la mia fotografia è un po’ viscerale, di pancia appunto.

La mostra di Michele Palazzo presenta New York in 20 scatti, città in cui il fotografo vive per esigenze lavorative a partire dal 2010. La New York ritratta da Palazzo è spesso evanescente: il fotografo imprime nelle sue immagini l’unicità e la magia di momenti irripetibili; ne deriva, pertanto, una visione del tutto personale della Grande Mela, dove culture ed esperienze di vita differenti si mescolano tra di loro e con l’esperienza del fotografo, sino a realizzare un mosaico piacevole da osservare ed estremamente affascinante.

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Alberta Ferretti, il ritorno alla semplicità – collezione SS 2018

MILANO FASHION WEEK – COLLEZIONE SS 2018 DI ALBERTA FERRETTI


C’è bisogno di leggerezza, in un periodo in cui Trump allarma il mondo intero di una possibile distruzione della Corea del Nord, c’è bisogno di eleganza, quando si sentono capi di Stato e di Governo insultarsi con espressioni senza precedenti rispetto ai loro precursori. Questo lo si evince anche da quello che ha sfilato in passerella durante la fashion week milanese.

Una su tutte, Alberta Ferretti, che nelle passate collezioni ha messo in scena le pomposità fine ‘800, tra velluti porpora e i grandi manti principeschi, colorando gli abiti delle sfumature veneziane o dei giardini di Giverny tanto cari a Monet, per la collezione Primavera Estate 2018 elimina gli imbellettamenti, niente pizzi o merletti, velluti o maquillage, Alberta Ferretti ci fa dono della semplicità.

Quella del “less is more“, ma carica di luce e di quel fulgore femmineo che la donna Alberta Ferretti sa rappresentare a pieno titolo. E allora la brillantezza del quarzo rosa, quella fiammante del corallo, e quella regale del bronzo, si materializzano in abiti dalla forma pulita ed essenziale, da silhouette lineari ma con volumi inaspettati.


Le scollature sul dorso sono totali, le piume e le paillettes creano un gioco di movimento che segue l’ondeggiare del corpo ad ogni passo, ogni ricamo ci ricorda quanto Alberta Ferretti ama le donne e quanto desidera accontentare il loro desiderio di bellezza.


Nella più pura semplicità, si crea il movimento, grazie ai preziosi ricami e all’effetto dégradé delle paillettes, gli abiti si fanno fluttuosi come le onde, quelle che decantava Virginia Woolf, nell’attesa dell’arresa.





Liquidi e ritmici, come la parola della scrittrice britannica, gli abiti in lurex, declinati nei delicati colori pastello; non mancano chiffon e trasparenze, seta e nylon e la sera il dress code si sdrammatizza con un giubbotto in suède o un parka leggero.



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Tempo di libri 2017: in arrivo la fiera dell’editoria di Milano

Tempo di libri è ormai alle porte: la nuova fiera dell’editoria di Milano debutterà quest’anno, dal 19 al 23 aprile, e promette un calendario ricco di eventi, incontri con gli autori e appuntamenti per gli appassionati di letteratura. Poco prima del Salone di Torino, che si presenterà quest’anno in una versione del tutto nuova, Tempo di libri è pronta ad aprire le porte a tutti coloro che amano i libri. Il programma degli eventi è fitto di appuntamenti divisi per le 27 lettere dell’alfabeto (compresa la @). Dalla A di Avventura alla Z di Zaha Hadid, passando per Immaginazione, Sangue, Fumetto, Luce: per ogni lettera decine di eventi, convegni, laboratori che animeranno gli spazi di Fiera Milano a Rho. Tantissimi gli ospiti attesi: la scrittrice turca Asli Erdogan sarà protagonista della lettera D come Dissidente; Irvine Welsh condurrà i lettori in un viaggio nel tempo, con destinazione Trainspotting; Carlo Lucarelli racconterà come si scrive un libro sugli intrighi italiani. E poi Roberto Saviano, Margaret Mazzantini, David Grossman, Edna O’Brien.


Si parlerà del passaggio dalla carta al digitale, di storie d’amore, di libri di ricette, di saghe fantasy e di fumetti, di giornalismo e di religione. Gli eventi sono rivolti a tutti: editori, scrittori, traduttori, bibliotecari, insegnanti e soprattutto lettori. Il primo obiettivo di Tempo di libri 2017 è quello di avvicinare tutti alla lettura, soprattutto chi non ne è appassionato. Missione difficile ma non impossibile, in un paese come l’Italia in cui si legge sempre meno. Secondo goal che la neonata fiera di Milano si prefigge è quello di diffondere sempre di più la letteratura italiana, classica e contemporanea, all’estero. Le premesse sono buone, e per assicurarsi un immediato successo Tempo di libri ha dalla sua parte degli alleati illustri. Nel corso della fiera, infatti, verranno annunciati i 12 candidati al Premio Strega, grazie a un’importante partnership con il prestigioso award della letteratura contemporanea. Tempo di Libri si avvale anche della collaborazione di Trenitalia, che offre tratte speciali e sconti per raggiungere Rho e la fiera.

Arriva a Milano la Biblioteca degli alberi

Sorgerà a Porta Nuova la Biblioteca degli alberi, prossima esclusiva novità per la vita milanese. “Una sorpresa per i milanesi, che lo ameranno”, così viene annunciato il grande parco tematico con foreste circolari e percorsi ciclabili, che sorgerà ai piedi dei grattacieli di Porta Nuova. La Biblioteca degli alberi conterà ben 23 boschi circolari: largo a campi immensi, percorsi da utilizzare come mercatini e location per eventi e giochi per i più piccoli. Un progetto originale di orticultura urbana, in un suggestivo esperimento che intende radunare singole specie per creare delle “stanze vegetali” illuminate in modo diverso dal resto del verde; trattasi di vere e proprie miniforeste collegate alle fermate della metropolitana e degli autobus attraverso viali e sentieri, con percorsi ciclabili e pedonali. Una festa di primavera è stata occasione per presentare il progetto ai cittadini: a metà aprile via libera ai lavori per il secondo lotto, che si estenderà per 95mila metri quadri e verrà ultimato entro quest’estate. Un investimento complessivo pari a 14 milioni di euro, che punta alla valorizzazione del verde urbano. La biblioteca degli alberi costituirà il terzo parco pubblico più grande del centro di Milano con 8 ettari all’interno dei quali si troveranno 23 specie diverse di piante con miniforeste circolari. “I milanesi ameranno il parco come hanno amato tutto il resto dell’intervento e cambierà l’esperienza di coloro che si trovano a vedere Milano aiutandoci anche in quel racconto della città dove ogni mese c’è sempre qualcosa da vedere”, così ha commentato Pierfrancesco Maran, assessore all’Urbanistica, che ha poi aggiunto: “Il modo in cui è stato progettato credo sarà una sorpresa per i milanesi perché è un tipo di verde diverso da quello a cui siamo abituati. Questa da area dismessa e abbandonata potrà diventare uno dei nuovi centri di Milano”.

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Aperto il giardino dei tulipani a Cornaredo, Milano

Grazie a una coppia olandese, Edwin e Nitsuhe, dalla scorsa domenica Milano ha il suo giardino dei tulipani. A Cornaredo i due hanno aperto U Pick, il più grande campo di tulipani d’Italia, per trasmettere a tutti il loro amore verso questi fiori, simbolo della loro terra. «Crediamo che tutto il mondo ami i tulipani» hanno dichiarato, felici, all’apertura del giardino. L’inaugurazione della scorsa domenica ha fatto felici tantissime famiglie, coppie e bambini che hanno potuto ammirare e raccogliere i tulipani fra 250 mila esemplari di 180 specie diverse. Un vero e proprio giardino incantato, un angolo di natura e di poesia appena fuori dalla caotica città.


A pochi giorni dall’apertura, però, Edwin e Nitsuhe hanno provato l’immenso dispiacere di vedere molti dei loro fiori abbandonati per terra. Sulla pagina facebook del giardino dei tulipani U Pick, infatti, è comparsa una fotografia di numerosi fiori raccolti in vasi di plastica. «Questi sono i tulipani che abbiamo raccolto in mezzo al campo lasciati dalle persone – hanno scritto gli ideatori di U PickSe ogni giorno sarà cosi finiranno molto presto». Sembra infatti che i visitatori, che all’ingresso pagano tre euro per avere due tulipani, li abbandonino per terra quando ne trovano altri più belli, invece di sommarli e pagarli alla cassa (ogni fiore costa 1,50€). Una situazione che addolora la coppia e che rischia di far chiudere il progetto prima del previsto. Al momento, la corsa alla raccolta dei tulipani continua incessante. Le prenotazioni per i prossimi weekend sono già sold out, e l’unico modo di accedere al giardino è andare a Cornaredo durante la settimana, quando le prenotazioni non sono obbligatorie. Edwin e Nitsuhe accolgono a braccia aperte tutti gli amanti dei fiori e del giardinaggio, sperando però che i loro adorati tulipani siano trattati dai visitatori con lo stesso amore e rispetto.


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ELISABETTA PELLINI: L’EQUILIBRIO DEI SOGNI, TRA CINEMA E REALTA’

Una domenica mattina a Milano, tra la frenesia della MFW ed una pausa caffè al tavolino di un bar, dove incontri per una chiacchierata a tu per tu la bellissima Elisabetta Pellini, volto noto del cinema e della televisione. Sguardo limpido, dolcezza infinita ed una semplicità disarmante per parlare di se, dei suoi lavori in uscita e di alcuni sogni che partono dal profondo per andare lontano, molto lontano..

Elisabetta a Milano per la MFW. Come è andata? 
“Qui ho le mie origini e ogni volta che ritorno è sempre un grande piacere ritrovare le persone care, i luoghi vissuti. Milano è una città che vive di un battito suo e mai come durante la settimana della moda ne senti le pulsazione e l’energia. Sono stata invitata ad alcune sfilate che mi hanno molto colpito per la matrice comune del volere riportare la donna ad una femminilità vera, senza spacchi o scollature ma semplice e pulita, proprio come sono state le proposte di Emporio Armani, Elisabetta Franchi con la sua collezione ispirata ad Evita Peron ed agli anni 40 o Laura Biagiotti che celebra una donna charment, vestita di bianco, rosso o colori tenui”.


Qual è il tuo ideale di femminilità?
“Femminilità va a braccetto con il concetto di eleganza ovvero riuscire ad  essere sensuali pur mantenendo la semplicità. Tradotto in poche parole: non è un abito che fa diventare una donna sexy ma il contrario”. 


In tema di moda anche la tua famiglia era nel settore ma la tua via è stata un’altra…
“Sì, fino a qualche anno fa erano proprietari di una pelleria e da li ho ereditato la mia passione. Ma il mio amore è sempre stato il cinema, fin da piccola. Del resto crescere con papà che ogni minuto ci rendeva protagonisti delle sue foto non ha certo aiutato (sorride..). Scherzi a parte, realmente il ruolo di papà, il suo amore per i viaggi, per la fotografia e soprattutto per il cinema (non a caso realizzò due documentari cult negli anni 70) mi trasmisero un fascino verso questo mondo al quale non ho saputo resistere. Il principio fu la danza classica a 7 anni: l’impegno era massimo e tutto girava intorno al saggio per il quale mi allenavo duramente anche un anno intero. Così fu anche quando entrai nel mondo del cinema, il meccanismo è lo stesso”. 


Ovvero?
“La preparazione per interpretare un personaggio deve essere molto profonda, devi entrare in quel personaggio, lo devi sentire tuo, lo devi analizzare quasi come a creare una sorta di “amico” che in parte ti porterai appresso per tutta la vita”. Allo stesso modo sarà anche molto forte la sensazione dell’abbandono quando il copione si sarà concluso. Per fare tutto questo ovviamente ci vogliono determinazione, preparazione e una grande passione”. 


Piccolo e grande schermo ti hanno vista interpretare tantissimi personaggi. Qual è il ruolo che hai amato di più?
“Tutti perché come dicevo prima diventano quasi degli amici per me. E’ stato così con Laura delle “Tre Rose di Eva” oppure Anna Ronco per “Provaci ancora Prof!” così come una grande empatia l’ho creata con il personaggio del film in uscita i prima di marzo “La mia famiglia a soqquadro” nel quale interpreto una donna che abbandona la sua veste di “casalinga”per una carriera nella moda, diventa magra ed attraente e vi sarà un avvicinamento all’uomo del quale è sempre stata innamorata (interpreto da Marco Cocci) a sua volta sposato e con figli. E da qui “mio figlio” che invidiava le famiglie degli altri compagni in quanto convito di tanti vantaggi nell’aver i genitori divorziati capirà come ciò non corrisponde alla realtà. Un film intelligente, uno spaccato perfetto della società moderna”.


 A tal proposito qual è il tuo pensiero? 
“Io sono stata fortunata perché la mia famiglia era un po’ come quella del mulino bianco, con due genitori che si sono amati tantissimo e che hanno trasmesso a noi figli dei valori fondamentali. Sono però consapevole che non sempre può andare così: capita che due persone si separino, anche per terze persone, ma la cosa più importante è che non scordino mai le loro responsabilità come madre e padre. Non è giusto che due persone stiano insieme per forza, facendo poi ricadere sui figli le loro guerre”. 


Oltre a “La mia famiglia a soqquadro” hai altri lavori in uscita?
“Sì, i primi di marzo arriva nelle sale “Gomorroide”nel quale interpreto l’esilarante parte di una moglie isterica tradita dal marito, una milanese in trasferta a Napoli, autrice di scene esilaranti che sono sicura faranno sorridere. Inoltre a breve vedrete in onda la fiction “Sorelle” di Cinzia Th Torrini, un thriller melo nella quale ho interpreta un ruolo piccolo ma fondamentale per lo svolgersi della trama. Un vero e proprio giallo con sfondo romantico diretto da una grande donna e regista che non lascia nulla al caso ma curando ogni dettaglio crea dei lavori magnifici. Lavorare per lei è stato un vero onore…”. 


Oltre a Cinzia Th Torrini sei stata diretta da molti registi nella tua carriera. Un ricordo tra tutti al quale sei più legata?
“Ve ne sono tantissimi in quanto ogni volta che sono su un set cerco di creare una famiglia, tessendo poi con tutto il cast e la produzione dei legami che permettano di generare la giusta empatia anche per la realizzazione del film. Quindi da Vanzina, a Salvatores, Ozpetek che dopo uno spot girato sotto la sua direzione mi ha voluto in un suo film, con tutti questi grandi Maestri del cinema italiano ho un ricordo speciale. E oltre a loro ho sempre un pensiero per Vincenzo Verdecchi, regista delle “Tre Rose di Eva” che purtroppo ci ha lasciato: una persona gioiosa, che amava la vita, dal quale ho imparato tantissimo”.  


Oltre al cinema nella tua carriera annoveri anche molte esperienze televisive come “Miss Buona Domenica” e altre ancora. Torneresti al piccolo schermo?
“Il mio grande amore è e resterà il cinema ma se dovessi ricevere una proposta potrei valutarla. Presentare è una cosa che ho sempre fatto, ma preferisco allontanarmi da me stessa, recitare piuttosto che presentarmi in prima persona. Se devo essere me stessa preferirlo esserlo con gli amici e con chi mi circonda, accettando le critiche per un’interpretazione più che come persona”.


Un sogno?
“Ne ho tantissimi ma sono superstiziosa per cui preferisco non rivelarli. Dirò quello generale che è di trovare serenità e felicità nei tanti sali e scendi che la vita ci riserva, dettati spesso dalla perdita delle persone care che abbiamo accanto. Questa è una delle cose con il quale sto ancora cercando di trovare il mio equilibrio che contrasti la mia parte più sensibile ed emotiva che quando sei attore serve ma va gestita nel modo migliore. E per gli altri sogni più grandi…incrociamo le dita”.


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Il cast di “Gomorroide” in uscita al cinema


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Starbucks porta le palme in piazza Duomo, Milano tra stupore e critiche

Starbucks ha (ri)portato le palme in piazza Duomo a Milano. Stamattina il capoluogo lombardo si è svegliato in un panorama del tutto nuovo: davanti alle familiari guglie e alla Madonnina d’oro, filari di palme e a breve anche di banani. Lo ha voluto il colosso americano, che nel 2018 arriverà in Italia proprio partendo da un primo punto vendita a Milano. Starbucks ha vinto il bando lanciato da Palazzo Marino per il rinnovo delle aree verdi della piazza meneghina più famosa, e ha scelto di decorarla piantando alberi esotici e arbusti dai fiori rosa. Oggi le palme, domani filari di banani e piante che si alterneranno nella fioritura durante l’anno: ortensie in estate, bergenia in primavera e canne giganti cinesi in autunno per una piazza Duomo perennemente ricoperta di petali rosa. Per quanto romantica, però, la prospettiva ha indispettito qualcuno. Non tutti i milanesi, stamattina al risveglio, hanno ammirato con stupore le novità nelle aiuole del Duomo.


Il primo a commentare, seppur sospendendo il giudizio, è stato il sindaco di Milano Giuseppe Sala che ha pubblicato su instagram uno scatto del nuovo volto della piazza, scrivendo «Milano si risveglia con palme e banani in piazza Duomo. Come nella tradizione ottocentesca. Buona o cattiva idea? Certo che Milano osa eh…». A quanto pare, infatti, già nel XIX secolo la piazza del Duomo di Milano era ricoperta di piante esotiche. Ma se a qualcuno questo sembra un piacevole ritorno alla storia, per altri si tratta di uno scempio. «La giunta chieda scusa per un obbrobrio che snatura la piazza» ha chiesto Alessandro Morelli, rappresentante della Lega a Palazzo Marino. Il Consiglio Comunale di stamattina è stato vivacemente animato anche dai consiglieri di Forza Italia, entrati in aula armati di banane gonfiabili. Anche gli esperti si dividono in merito alle palme in piazza Duomo: l’architetto Marco Bay, che ha firmato il progetto, difende l’idea «che dialoga perfettamente con il Duomo, valorizza lo spazio». L’architetto paesaggista Paolo Pejrone invece, la liquida così: «Piantare queste specie in piazza del Duomo a Milano mi sembra una follia neogotica. I banani sono una scelta coraggiosa, certo, al limite del kitsch». Alla fin fine, continua Bay, quando si tratta di alberi si litiga sempre: sia quando vengono tagliati, sia quando vengono piantati.

Paris Hilton a Milano: dj dopo le sfilate

Paris Hilton a Milano non poteva certo passare inosservata. La chioma della bionda ereditiera ha illuminato il front row di diverse sfilate della Milano Fashion Week 2017 dedicata alla moda uomo, attirando i flash dei fotografi e gli sguardi dei curiosi. Dopo le sfilate però, Paris Hilton si è dedicata all’altra sua passione che da qualche anno è anche un lavoro: dalla console del Sesto Senso, rinomata discoteca di Lonato del Garda, ha fatto scatenare i fan al ritmo della sua musica. La star 36enne è arrivata in Italia in occasione delle sfilate di Milano Moda Uomo, assistendo allo show Plein Sport (linea dello stilista tedesco Philipp Plein) fasciata in un sensuale abito lungo impreziosito da pizzo nero e borchie dorate, per poi recarsi al Sesto Senso. Lì si è accomodata alla console insieme al resident dj Denis M e alla vocalist Lara Caprotti, infiammando la sala al grido di «Italia, ti amo!». Durante la serata, la discoteca ha ospitato anche il lancio del nuovo profumo firmato Paris Hilton, Gold Rush, dopo le fragranze Paris Hilton, Just MeHeiress/Heir, Can Can, Siren, Tease e la linea Passport. 


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La vacanza a base di moda e glamour di Paris Hilton a Milano, però, non si è conclusa qui: la bella ereditiera ha assistito anche alla sfilata di moda uomo Moschino, in prima fila accanto alla fashion icon Anna dello Russo e alla sorella della sua ex migliore amica Nicole Riche, Sofia. Indossando un tubino nero con stampe dall’anima pop, dall’ultima collezione femminile di Jeremy Scott per Moschino, Paris si è divertita con l’amica e lo stilista anche dietro le quinte dello show, anche in questo caso scatenando i paparazzi e il gossip. Come accade a tutto ciò che la ricca newyorkese fa, dice, produce e che al suo tocco diventa oro. Proprio come la chioma di Paris.


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Apre a Milano la nuova Fondazione Feltrinelli

Sarà inaugurata domani 13 dicembre 2016 la nuova Fondazione Feltrinelli: un cambio di sede importante, che vede la Fondazione spostarsi dalla dimora storica di Via Romagnosi alla piramide di vetro di Viale Pasubio 5, in zona Porta Nuova. Per festeggiare l’inaugurazione la Fondazione offre cinque giorni di eventi aperti al pubblico, dal 13 al 17 dicembre.

L’edificio, disegnato dal celebre studio di architettura di Basilea, Herzog & De Meuron, ospiterà anche il nuovo headquarter Microsoft in Italia. Concepita come un “nuovo spazio di cittadinanza”, la struttura dalle impotenti vetrate vuole imporsi come uno spazio partecipativo. La Fondazione conta oggi più di 60 anni di attività ed è tra i maggiori centri italiani di documentazione e di ricerca, testimone delle tante trasformazioni che nell’ultimo secolo hanno segnato la storia europea ed internazionale.

“Abbiamo fatto una riflessione profonda su come può evolversi una fondazione come la nostra- ha spiegato Carlo Feltrinelli-e abbiamo scelto di cambiare passo e puntare su un edificio che è oggi radicale, austero, rigoroso ma caleidoscopico”.
“Il cliente è l’ingrediente più importante di un progetto -ha proseguito l’architetto Jacques Herzog-. Abbiamo lavorato a una piattaforma che permetta di incontrarsi ma anche di avere visibilità sulla città, combinando architettura ed eredità culturale”. Nei cinque giorni di celebrazioni tanti sono gli eventi in programma, suddivisi in giornate tematiche: Voices, Borders, Planet, Memory e Echoes.

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Inglot Cosmetics apre a Milano

Nuova boutique a Milano per Inglot Cosmetics: il brand polacco di make up ha inaugurato lo scorso 5 dicembre un nuovo punto vendita a Milano, al civico 31 di Piazza Duomo.

Specializzato in cosmetica professionale, Inglot cosmetics conta già due punti vendita in Italia, nelle città di Roma e Verona: ora l’apertura a Milano, considerato importante crocevia per i clienti.

“Milano è una piazza estremamente importante e ricca di aspettative che desideravamo da molto tempo”, così so è espressa la country manager Italia Edyta Wróbel. Fondato a Przemyśl nel 1983, Inglot cosmetics è presente oggi in oltre seicento flagship store di ottanta Paesi del mondo. Una realtà in continua crescita per prodotti dall’appeal accattivante.

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