CUZZIOL CRAFT PRESENTA HOXTON SPIRITS IN ESCLUSIVA NAZIONALE

Nel Gennaio 2023 Cuzziol Craft ha presentato ufficialmente la linea di distillati di Hoxton Spirits, ospiti della meravigliosa cornice dell’iconico locale Justme di Cavalli a Milano.
Cuzziol Craft collabora con Hoxton Spirits dal 2020, importando e distribuendo i loro prodotti sul territorio nazionale. Per questa occasione è stato presente Gerry Calabrese, ideatore e fondatore del brand, che ha raccontato il suo progetto e svelato alcune novità per il 2023.

HOXTON SPIRITS
Hoxton Spirits è stato creato nel 2012 da Gerry Calabrese, con l’intento di convogliare lo spirito dell’omonimo quartiere londinese nei suoi distillati, caratterizzati da una forte impronta artistica oltre ad uno stile alternativo ed innovativo.
Gerry Calabrese è un fanatico del dettaglio, impiegando mesi per sviluppare ogni ricetta che poi affida alle sapienti mani del mastro distillatore Gabriel Boudier a Digione.
L’unicità del prodotto viene ricercata fin dai metodi produttivi usati per realizzarli, con lunghe infusioni e materie prime prodotte eticamente.
L’obiettivo è quello di trasportare verso un viaggio fatto di ingredienti emozionanti, sapori inaspettati e miscele distintive.
Distillati decisamente peculiari partendo dalle prime creazioni quali l’Original Gin con cocco e pompelmo, il Pink Gin con tè Gunpowder e boccioli di rosa canina e un blend di Rum caraibici con un’aggiunta di banana.
Novità della serata: un immancabile Dry Gin, lo Spiced Whisky e lo Spritz, liquore aperitivo che smaschera le origini italiane di Gerry.

ROUGE NOIR

Nell’oscurità intima di una stanza, il tempo sembra sospeso, fumoso come in una pellicola noir, seguiamo una donna che lascia una sola forma di pensiero: il rosso.

PHOTO: ANDREA GARUTI
STYLIST: CRISTINA NAVA
ART DIRECTOR: ROBERTO DA POZZO
MODEL: CHLOE BOEBAERT / THE ONE MODELS MANAGEMENT
MAKEUP & HAIR: PEDRO PIANTO PER OREA MALIA DAVINES @ETOILEMANAGEMENT

SI RINGRAZIA PER LA CASA DANIELE DAMINELLI DI STUDIO 2046

Top OBLIQUE CREATIONS
Bracciale ETRUSCA GIOIELLI
Abito in seta HUI
Bracciale ETRUSCA GIOIELLI
Maglia a coste in seta CIVIDINI
Set lenzuola e federe in lino SOCIETY LIMONTA
Top a maniche lunghe ADELBEL
Pantaloni in ecopelle DAVII
Borsa VALEXTRA
Anello ETRUSCA GIOIELLI
Abito in ecopelle e seta DAVII

A San Valentino regala un profumo

San Valentino è la festa che celebra l’amore, l’amore per il proprio partner e l’amore per se stessi. Quale miglior occasione di questa per regalare o regalarsi un profumo?
Non solo i profumi sono un regalo romantico e personale, ma hanno anche un significato simbolico.
I profumi sono associati alla memoria e all’emozione: regalare una fragranza vuole simboleggiare la volontà di creare un legame emotivo con la persona amata, le note floreali sono associate alla delicatezza e alla femminilità, mentre le note speziate sono associate alla passione e all’intensità.
Quasi una macchina del tempo che permette di compiere viaggi multisensoriali. Il profumo è depositario della memoria, ricorda attimi e persone attraverso la sua forza evocativa. Ma soprattutto ha una grande forza aspirazionale, ci proietta nel futuro vestendo sogni, progetti, trasformazioni.

Forever e Forever Gold For Her di Laura Biagiotti sono le due fragranze perfette per suggellare la tua storia d’amore ricordando la purezza e la forza del sentimento che la unisce. 

FOREVER è il  profumo per donna che coglie l’attimo e lo rende infinito… Così come è infinito l’amore che ogni donna dona nella sua vita, con generosità e passione. Una Eau de Parfum racchiusa in una bottiglia che riproduce in verticale il simbolo dell’infinito, costruito dalle preziose volute di un nastro metallico che in alto forma il tappo e sotto abbraccia il flacone di cristallo. Una complessa partitura olfattiva per la Eau de Parfum che appartiene alla famiglia floreale / chypre / gourmand. Le note di testa sono forti ed evidenti con bergamotto italiano, bacche di rose CO2, ribes nero, accordi di mela e pera. Le note di cuore – rosa, mughetto, violetta, praline e tuberosa – sono vibranti. Vaniglia, musk, fava tonka e benzoino del Laos sono le note di fondo: sottili e persistenti, affidabili come l’amore di una donna.


Il profumo della luce dedicato all’infinita capacità di amare delle donne. FOREVER GOLD FOR HER è una fragranza firmata Laura Biagiotti avvolgente e sensuale come un raggio di sole sulla pelle. Di nuovo, una preziosa bottiglia che riproduce il simbolo dell’infinito per celebrare la capacità di amare senza limiti, tipica delle donne. Un’ elegante partitura olfattiva che esprime lusso, bellezza e luminosità, celebrando l’universo femminile.
 Le note di testa si aprono con la piccante freschezza dell’olio di zenzero del Madagascar, esaltata dalla dolcezza dei germogli di ribes nero. Le note di cuore inglobano l’ipnotico aroma dell’ylang ylang e nelle note di fondo la profondità dell’ambra trasmette il senso dell’infinito.

RHIZOME TROPICAL DANCE è un ballo tribale di gioia su un’isola tropicale. Questa fragranza trova la principale ispirazione nella dolcezza intensa e naturale dei frutti e nell’ambiente ricco e resinoso delle latitudini tropicali. Un viaggio intenso che sa di vacanza, avventure notturne in paesi lontani.
Desert Dusk è una fragranza fatta di contrasti. E’ secca come il deserto e verde come un oasi. Abbiamo immaginato di trovarci in un deserto al tramonto, l’ambiente comincia a raffreddarsi e la vegetazione rada comincia a rilasciare il suo aroma naturale . Una fragranza con un cuore botanico e legnoso, bilanciato da una nota asciutta in testa e calda alla base.

Con la sua leggerissima profumazione sulla pelle, piacevole, semplice e delicata grazie alla sua piramide olfattiva, questa fragranza apre con note di Iso E Super, (una) molecola\e creata\e in laboratorio che, combinate con il cedro e il muschio, trasmettono un’aria eterea e morbida. Éthéré è un profumo misterioso ed intermittente: ha una spiccata tendenza a scomparire per poi riapparire. Non farti però ingannare dal suo velo di morbidezza! Les Secrets Éthéré ha un aroma molto sensualeun’anima avvolgente che cattura e coccola chi lo indossa ed anche chi lo percepisce, a seconda del tuo tipo di pelle e delle tue emozioni.

EQUIVALENZA celebra l’amore e la stagione invernale attraverso il ruolo fondamentale degli agrumi e lancia Citrus Vert, una fragranza effervescente e allo stesso tempo raffinata, un’esplosione di bergamotto e cedro creata su mi sura per coloro che non vogliono passare inosservati e amano l’eleganza.

PINK ME UP scintilla e risplende, la sua lucentezza migliora l’umore. Lasciatevi sedurre dalla felicità, dalla gioia di vivere, abbandonatevi alla frivolezza. PINK ME UP è come una gioiosa bollicina che volteggia in un calice di cristallo, simboleggiando i piaceri della vita. 

Par Amour Pour Elle, Lucien Ferrero è un inno d’amore per lei. Gli accenti primaverili del Giacinto selvatico, l’aura accattivante della Tuberosa delle Indie, la sensualità misteriosa del Gelsomino bianco. Ed ancora, la grazia immacolata del fiore d’Arancio ed i sentori muschiati dalla potente scia erotica…Per una fragranza dalla scrittura olfattiva misteriosa come l’amore.

Superlady , Pierre Guillaume Paris presenta una composizione aperta da un fiore di magnolia, declinato in maniera originale e ornato dal verde della sua foglia. Il profumiere ha scelto di utilizzare non più l’essenza di magnolia, ma una nota olfattiva in grado di catturare sia le sfaccettature fresche e terrose del fiore dell’albero, sia la verde luminosità delle sue foglie. 

Crystallised Sugar, Aether è una fragranza a base di Ethyl Maltol. Una molecola al profumo di caramello, pestato e nocciole. Un profumo dalle note pralinate e gourmand.

RAJANI Ashanti, la tribù africana degli Ashanti è conosciuta per la sensuale e lunare bellezza delle sue donne. Colli allungati, pelle serica, portamento regale: sono le Regine dell’Africa profonda. A loro è dedicata questa intensa fragranza, che esplode in un’overdose di tuberosa che permane ossessivamente sulla pelle. A renderla più calda e materica, le note di fondo di oud, patchouli e legni speziati. NOTE DI TESTA: Bergamotto, arancio dolce, pepe rosa NOTE DI CUORE: Tuberosa, gardenia NOTE DI FONDO: Oud, patchouli, legni speziati, cardamomo 

BOUCHERON PRESENTA LA NUOVA COLLEZIONE DI ALTA GIOIELLERIA HISTOIRE DE STYLE, LIKE A QUEEN 

In occasione di Paris Haute Couture, Boucheron presenta la sua nuova collezione di Alta Gioielleria Histoire De Style,“Like a Queen”Come una storia narrata in diciotto capitoli, “Like a Queen” va oltre una collezione di Alta Gioielleria per offrire il guizzo del genio creativo di Claire Choisne. 

Nel 1944, in occasione del suo diciottesimo compleanno, la regina Elisabetta ricevette una spilla a doppia clip Boucheron in acquamarina e diamanti. Ha indossato questo design dal grande valore sentimentale durante il suo regno. Nel 2020, Claire Choisne, direttrice creativa di Boucheron, ha deciso di ispirarsi a quel pezzo unico per creare una collezione di Alta Gioielleria che reinterpretasse il famoso stile Art Déco attraverso diciotto modelli dal design contemporaneo. “Like a Queen” trova ispirazione da un’icona il cui stile ha trasceso i decenni. 

Ispirandosi allo stile distintivo della regina Elisabetta, Claire Choisne ha deciso di catturare l’essenza del gioiello regale traducendola nel linguaggio dei giorni nostri in una collezione che va al di là del genere. 

“Tre anni fa, mentre stavo cercano ispirazione per questa collezione negli archivi di Boucheron, non riuscivo a smettere di pensare alla spilla Art Déco a doppia clip”,spiega Claire Choisne, Direttrice Creativa di Boucheron. “L’austerità e la geometria del design Art Déco, addolcita dalla leggerezza del celeste delle pietre di acquamarina, mi avevano sempre affascinata. Ero toccata dal valore affettivo di quella spilla, che Elisabetta indossò in momenti cruciali del suo regno”.   

LUCA LARENZA COLLEZIONE FALL/WINTER 2023-24

Luca Larenza recupera dal suo passato di street artist lo studio cromatico che declina su maglieria e outerwear, enfatizzato dalla matericità dei filati utilizzati.

L’uomo di Luca Larenza è contemporaneo e sofisticato, classico ma irriverente, che non rinuncia a una vestibilità confortevole, resa ancora più particolare grazie a un gioco di sovrapposizioni di volumi e pattern. Il mood resta sempre positivo e rilassato. La particolarità della collezione va ricercata, oltre che nelle lavorazioni, nella dissonanza cromatica utilizzata per comporre la palette colori. Il rosso corallo è declinato su un cardigan realizzato con un filato di merino extrafine e caratterizzato dall’alternanza di due punti differenti: treccia e costa grossa. Si prosegue ancora con un pull a treccia nei toni del giallo ginestra interamente filato a mano.

Queste tonalità brillanti si stemperano con colori più tenui e neutri che si ritrovano in alcuni dei capi chiave della collezione: una work-jacket in bouclè giallo zolfo e un maglione dolcevita patchwork a spalla scesa realizzato con punti alternati dove il blu cobalto si mescola con l’albicocca. Completano i look le overshirt, i cappotti e i pantaloni cargo arricchiti da tasconi in lana a contrasto dalla trama diagonale.

I filati sono tutti preziosi e Made in Italy, come i misti alpaca, la lana merino 100% extrafine certificata Gots, il merino super wash, filato che viene reso molto morbido e arioso grazie a un particolare trattamento di asciugatura ad aria. Nell’ottica di mantenere una filiera sempre più sostenibile, il brand lavora esclusivamente con piccoli laboratori artigiani a conduzione familiare.

A completare il mondo lifestyle del brand, Luca Larenza, introduce una linea homeware. La collezione caratterizzata da toni e pattern ispirati alle sue collezioni, è composta da ceramiche uniche, realizzate a mano nei laboratori di Villa Elisa, casa di famiglia nei dintorni di Caserta, rifugio e hub creativo del designer.

La collezione Fall/Winter 2023/24, insieme a una ricercata selezione della linea homeware, verrà presentata lunedì 16 gennaio all’interno dell’intimo contesto dello studio del designer in Via Manzoni 39.

L’attore Francesco Serpico, noto per il suo ruolo di Nino Sarratore ella serie TV l’amica geniale, è il protagonista degli scatti del lookbook FW 23-24.

KB HONG – Collezione autunno/inverno 2023-24

Omaggio al cielo con la giada

KB HONG, l’iconico brand cinese di abbigliamento maschile business-casual di alta gamma del gruppo K-BOXING, è tra i pochi marchi cinesi ad approdare per la quarta volta consecutiva nel Calendario della Camera Nazionale della Moda italiana nella prestigiosa cornice della Triennale di Milano.

KB HONG presenta la Collezione autunno/inverno 2023 “Omaggio al cielo con la giada”: una sinfonia tra tradizione e futuro; la filosofia orientale si basa sul concetto che la vita e la sua forza siano un dono della natura. Tradizione e futuro si intrecciano come fili da ricamo, infondendo lo spirito dell’Oriente in una nuova collezione contemporanea. I capi pensati per questa stagione richiamano gli antichi disegni di pesci, fiori e draghi, che sono stati tramandati di generazione in generazione per millenni: tra i più rilevanti vi è sicuramente il ricamo con crine di coda di cavallo che vengono intrecciati e lavorati per creare delle opere d’arte. 

Questi pezzi esclusivi costituiscono un dono prezioso da tramandare per generazioni, con una combinazione tra il vivace stile orientale e la filosofia di KB HONG. L’arte del ricamo è decostruita ed applicata con tecniche di design moderno per presentare una varietà di texture e stili come il cappotto in cashmere ben strutturato e sartoriale, la silhouette rilassata e morbida del maglione. Lo stile elegante e casual del “gentleman rivoluzionario” è un mix di vintage e romanticismo, antico e moderno, Oriente e Occidente.  

Vento dall’Est: tradizione e modernità

In questa stagione, la collezione di KB HONG unisce l’Oriente e l’Occidente attraverso ago e filo, facendo sì che due stili apparentemente diversi diventino tutt’uno grazie all’abilità sartoriale ed alle cuciture. Ispirandosi agli abiti tradizionali cinesi, KB HONG conferisce nuovi e creativi dettagli e silhouette agli stili classici della moda maschile. Il classico colletto cinese è abbinato a pantaloni a gamba larga o applicato alla giacca stretta in vita, alla giacca in stile biker, alla giacca leggera e sportiva con un collo esagerato e oversize. Con un mix di texture, giunture, blocchi di colore e l’uso di sovrapposizioni, la collezione Autunno/Inverno 2023 di KB HONG utilizza con disinvoltura la cultura estetica orientale focalizzandosi sulle esigenze dell’uomo contemporaneo e cosmopolita, amante delle tradizioni e dell’eleganza senza tempo. 

Un mix tra estetica orientale e occidentale: la scelta di tessuti pregiati e colori ricercati

KB HONG ha insistito sull’utilizzo di tessuti e materiali pregiati Made in Italy come cashmere, seta e lana dal touch confortevole, tessuti strutturati dallo stile astratto, jacquard unici; la presenza di fili d’oro e d’argento conferiscono al capo uno stile raffinato. 

La combinazione di colori di questa stagione è audace ed innovativa: colori e disegni presentati in modo elegante e all’avanguardia; il color giada di KB HONG, legato al tema chiave “Omaggio al cielo con la giada”, si ispira ai tesori della giada cinese mentre l’uso del grigio passa dallo scuro, che trascende un senso di atemporalità, ad un grigio porpora, estratto dallo spettro cromatico tradizionale cinese, fino ad un grigio blu ardesia. Troviamo in seguito il viola lavanda ed il fresco e chiaro blu ceruleo. Dall’eleganza e semplicità del beige chiaro alla fermezza ed al calore del marrone sella, la collezione cerca di ricreare una bellezza stratificata armoniosa e calda. Con l’aggiunta di colori vivaci, come il simbolico rosso di K-BOXING ed il verde-blu, ovvero il cosiddetto “misterioso colore dell’intero universo”, KB HONG è in grado di far emergere la versatilità e le emozioni interiori dell’uomo contemporaneo, sia nella ricerca della qualità di alta gamma, che nell’armonia estetica tra l’Oriente e l’Occidente, ridefinendo l’estetica dell’abbigliamento maschile cinese.

Attraverso il linguaggio della moda contemporanea ed i simboli della cultura cinese, la collezione KB HONG esplora e fonde l’estetica orientale e l’eleganza italiana in una prospettiva unica, riattualizzando l’essenza dell’abbigliamento maschile tradizionale tramite un design innovativo che dimostra l’alta qualità dell’abbigliamento maschile cinese. Eleganza, qualità dei tessuti e modernità sono le parole chiave per descrivere la visione estetica di KB HONG. un brand che mira a conquistare visibilità internazionale. 

Galleria Poggiali

Claudio Parmiggiani e Gilberto Zorio Stand C51

Per la sua prima partecipazione alla fiera artgenève, la Galleria Poggiali di Firenze presenta una
selezione di opere di Claudio Parmiggiani e Gilberto Zorio.
La galleria espone opere della serie delle Delocazioni realizzate da Claudio Parmiggiani con il fumo e la fuliggine nel corso degli ultimi cinque anni: fiale, librerie, farfalle e perfino un teschio.
Accanto a queste, due opere di Gilberto Zorio: Stella Africa, grande stella in terracotta su pelle e Stella Anniversario, opera su carta di oltre tre metri raffigurante una stella dipinta con inchiostro a china, sabbia di Stromboli e fluoresceina.

Presentando questi due artisti, la galleria ha deciso di concentrarsi su opere particolarmente
significative, con l’intento di facilitarne la lettura ed offrire una visione poetica degli artisti.
Artista internazionale, Claudio Parmiggiani (nato a Suzzara nel 1943) è noto per aver dato vita ad un approccio concettuale che deriva dall’Arte Povera. Il processo, intitolato Delocazione, nasce per caso durante la mostra collettiva Arte e Critica’70 (Galleria Civica di Modena). L’artista aveva scelto di esporre oggetti appoggiati alle pareti quando, ritirandoli per lavorare, decise di sottolineare le sagome degli oggetti disegnati con polvere e fumo creando opere inedite.
I legami dell’artista con la città di Ginevra sono importanti e storici, tanto che il MAMCO – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Ginevra gli ha dedicato una grande retrospettiva nel 1995. Da allora, la sua opera Cripta e una serie delle sue Delocazioni figurano nelle collezioni del museo.
Questa prima grande esposizione al MAMCO ha permesso di consolidare la reputazione transalpina di Parmiggiani, il quale fu poi invitato più volte in Francia, in particolare al Museo delle Belle Arti di Lione, a quello di Nantes, al Centre Pompidou e al Museo del Louvre, e poi in Belgio, al Palazzo delle Belle Arti di Bruxelles.

Claudio Parmiggiani ha partecipato già cinque volte alla prestigiosa Biennale di Venezia, l’ultima volta nel 2017.
Qui fu presentata una grande àncora in collisione con un muro di cristalli, esposta in seguito per la prima volta alla Galleria Poggiali di Firenze nella mostra A Cuore Aperto del 2019, sotto il commissariato di Sergio Risaliti, direttore del Museo Novecento di Firenze.
Gilberto Zorio (nato ad Adorno Micca nel 1944) è un artista di fama internazionale e membro dell’Arte Povera. L’opera di Zorio enfatizza il processo e l’alchimia, esplorando i fenomeni naturali di trasformazione della materia come l’evaporazione o l’ossidazione e gli effetti prodotti sui materiali da questi interventi chimici. Nelle sue opere l’artista utilizza frequentemente materiali fragili per creare, in particolare, grandi stelle. L’artista tende a sospendere o a bilanciare questi elementi in installazioni volontariamente precarie, suggerendo la tensione e la fugacità del mondo fisico.
Gilberto Zorio ha partecipato a numerose grandi mostre monografiche e collettive, spesso insieme a Parmiggiani, che furono cruciali per il movimento dell’Arte Povera. L’artista ha esposto al Solomon R. Guggenheim Museum, a New York e al Kunstmuseum Luzern, a Lucerna, allo Stedelijk Museum, ad Amsterdam, al Museo Nazionale d’Arte Moderna di Parigi, al Centro d’arte Contemporanea di Ginevra, allo Stedelijk Van Abbemuseum di Eindhoven e al Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato.

Art dealer presenta la collezione Fall Winter 2022/2023 “Change”

Change: “A never ending process of readjustment and readaptation”.
Tutto cambia e si evolve, così anche la donna a cui questa collezione si ispira e per cui è pensata: una donna forte, protagonista della sua vita, che non ha paura di farsi notare con capi ricchi, scenici e speciali.
Elemento simbolico è la rosa, una presenza forte in tutta la collezione.
Tutti i capi infatti sono contraddistinti da questo fiore, che ritroviamo nelle etichette e nei patch sulla maglieria.
Il risultato è una collezione dai toni dark ma luminosa, termini all’apparenza in contrapposizione ma che ne racchiudono perfettamente l’essenza, rappresentando uno spirito contemporaneo, poiché sfaccettato e ricco di sfumature e di umanità, che contraddistinguono la donna a cui il brand si rivolge, una donna reale e quindi talvolta anche imperfetta e contraddittoria, proprio per questo, particolarmente affascinante nella sua imprevedibilità.
Un punto fermo di Art dealer rimane la grande attenzione alla qualità dei materiali, dalla seta alla lana, i tessuti utilizzati sono sempre il meglio del Made in Italy.

Nella collezione FW22 troviamo diversi nuovi modelli, che saranno i must have della stagione.
Gli slip dress Rachel, introdotti nella scorsa stagione, questa volta sono stati pensati e realizzati in versione mini e proposti in due nuance: nero e tie dye rosa/nero; a renderli unici sono il prezioso pizzo sulla scollatura e sull’orlo inferiore e le cascate di paillettes sulla parte davanti dell’abito.
Il piccolo gioiello della collezione estiva, la Lily mini skirt, è stato ripreso e declinato in una versione più invernale, proponendolo in tre varianti colore: verde e nero, realizzato in 100% lana, e rosa, realizzato in un pregiato mix di lana e viscosa di un setificio comasco. La mini skirt è impreziosita da un disegno di paillettes sul davanti e la sua peculiarità è l’orlo asimmetrico che scopre una coscia, rendendo il capo più grintose sensuale.
Le camicie iconiche Charlie di Art dealer diventano oversize, sia monocolore sia in stampa tie dye, con e senza piume, come sempre versatili e perfette dal giorno alla sera.
Tornano anche gli abiti Diane e Bella, due dei modelli più amati di sempre, sia per cerimonie che per eventi, questa volta in tre nuove varianti colore: vinaccia, cipria e carta zucchero.
Anche il grande successo della SS22 l’Iris mini dress, è stato riproposto in chiave invernale.
Realizzato in 100% seta jacquard, questa volta in color nero, e con doppio boa di piume sulle maniche per un effetto ancora più voluminoso e scenico.

Nella collezione, inoltre, l’intramontabile completo “L’appuntamento”, caratterizzato dagli iconici bottoni Art dealer a forma di margherita, è stato realizzato in versione panna e arricchito con doppio boa di piume sulle maniche, per un outfit fancy e chic.

La Lily mini skirt viene declinata nella versione invernale in Julia, di lunghezza midi, nera con una cascata di paillettes e spacco laterale.
La maglieria rappresenta un elemento distintivo di questa collezione, pensata per essere abbinata alle gonne per un look più elegante e audace, sempre femminile, o con un semplice denim per un look easy ma sempre cool. Nella collezione troviamo le polo Zoe ed i maglioni Willow entrambi in due varianti colore, tutto realizzato in un morbidissimo mix di lana e mohair.

Fucibo: dopo le patatine ecco i biscotti agli insetti, è il nuovo trend per i food lover

Novel food, presto sul mercato anche la pasta realizzata con farine di insetti da Fucibo, start up vicentina già produttrice di chips e biscotti: è l’unica azienda italiana a proporre questo cambio di paradigma nell’alimentazione. Lorenzo Pezzato: “Chef e appassionati ci richiedono questi prodotti, gli insetti saranno il nuovo trend gastronomico per i prossimi anni, è anche una scelta etica e sostenibile”.

Già nel 2013 secondo la FAO due miliardi di persone nel mondo si nutrivano abitualmente di insetti. Oggi l’utilizzo degli insetti in cucina o nella produzione di alimenti oggi è ormai una tendenza, un vero trend del settore food.
Tanto che tra i food lovers e i food blogger di tutto il mondo impazza già questa nuova moda.
La start up vicentina Fucibo ha deciso di investire tutto in questa direzione. Dopo aver lanciato, prima in Italia, sul mercato le patatine (chips) a base di farina di insetti, presenta ora un nuovo prodotto. I biscotti fatti con farina di insetti, grande novità dell’estate 2022 che sta già destando parecchio interesse tra gli addetti ai lavori e nel mondo dei food bloggers. I cookies Fucibo sono prodotti utilizzando tra gli ingredienti farine di insetti autorizzate dalla UE. Sono disponibili in 2 gusti: Classic e Cacao.
La scelta degli insetti è orientata alla sostenibilità.
Gli insetti sono molto più efficienti degli animali di allevamento nel processare il cibo che assumono per trasformarlo in proteine. Per essere allevati hanno bisogno di poco spazio e poca acqua, si riproducono velocemente e il loro ciclo vitale comporta l’emissione di pochissimi gas serra. Sono facilmente collocabili all’interno di un sistema di economia circolare, dove fungono da veri e propri trasformatori di scarti alimentari in nuove preziose proteine.
Gli insetti contengono inoltre tutti gli elementi nutritivi essenziali, soprattutto proteine complete, grassi, ferro e zinco. Le proteine sono uno dei nutrienti la cui richiesta è in aumento vertiginoso. “I biscotti di Fucibo rappresentano il nuovo punto di incontro fra tradizione e innovazione – spiegano Davide Rossi e Lorenzo Pezzato, cofounder di Fucibo – una ricetta leggera e deliziosa in cui si sposano alla perfezione farina di mais, burro, uova, zucchero, aroma di vaniglia e limone, capace di far rivivere il sapore e il profumo dei biscotti fatti in casa dalla nonna.
La parte innovativa della ricetta è ovviamente la farina di insetti, che li rende più sostenibili e speciali anche dal punto di vista nutrizionale con un notevole apporto di proteine, vitamine, grassi buoni e fibre”. 
Si tratta di una vera rivoluzione per tutto il settore dolciario che sta già riscuotendo parecchio successo.
Fucibo ha da poco stretto un accordo con Postalmarket, grazie al quale i cookies (oltre alle chips) saranno acquistabili sul portale on line Postalmarket.it
Da settembre sarà disponibile all’acquisto anche la pasta con farina di insetti.
Per maggiori informazioni: www.fucibo.com

ADD FW23-24 PREVIEW

Come unire in un piumino calore estremo, leggerezza e alta qualità? Dal 1999, è questo l’obiettivo di add®. Un mondo rivoluzionario in cui la protezione conquista forme ultra light, dove l’eleganza si scopre sportiva, ma anche sostenibile. La piuma add® è infatti originaria dalla filiera alimentare. Il suo filling power 850 garantisce leggerezza, comfort e
performance tecniche, isolamento termico e resistenza all’umidità, abile nel recuperare tutto il proprio volume dopo la compressione. Ogni piumino, coibente e resistente all’acqua, non impedisce mai la traspirazione del corpo.
L’amore per l’ambiente, prima di tutto: portato nella Green Couture Capsule fra capi in piuma e tessuti biodegradabili,frutto di un lavoro intenso sull’unione di eleganza e praticità.
Ma la sostenibilità, con il progetto add®cares, trova una visione a tutto tondo: ogni modello accoglie infatti una speciale tasca Wave Shielding catarifrangente, realizzata in uno fra i tessuti EMF schermanti più potenti, voluta per custodire i nostri smartphone proteggendoci dal 99% delle radiazioni emesse da qualsiasi apparecchio, senza ridurne la potenza.
La vestibilità? Come sempre, gioca un ruolo importante. I capi più lunghi sono dotati di zip laterali che garantiscono maggiore praticità e libertà di movimento. Senza dimenticare colli avvolgenti in tessuto morbidissimo che possono sostituire la sciarpa per proteggere da ventate d’aria fredda. Inoltre, grazie all’inserimento di pinces, tutti i capi add® sono dotati di cappucci perfettamente aderenti al capo per essere utilizzati come layering-pieces. Ogni modello custodisce poi al suo interno comode bretelle che permettono di togliere il capo in totale rapidità, senza mai abbandonarlo. Mentre in ogni capsule, volumi fittati si uniscono a inserti stretch laterali che, nei modelli più lunghi, portano al punto vita un’elasticità montata 2,5 cm più in alto, per garantire una silhouette slanciata. La collezione add® Inverno 23-24 si esprime così tra dinamismo tecnico, visioni classiche e spirito fashion. Un mondo in cui la piuma diventa materia viva: protagoniste le strisce imbottite e montate su reti traspiranti breathable, con manuale artigianalità. Segreto di calore e protezione per piumini e cappotti, con imbottiture portabili su modelli in cotone, tessuto stretch ma anche cappotti in lana dall’interno reversibile, per uomo e donna. Nella collezione Heritage, per la prima volta un morbido tessuto stretch brilla in modelli lavorati a canale, dove piume inserite riga dopo riga, perfettamente sigillate, evitano l‘uso di sottofodere. Mentre un nylon lucidissimo alterna alla classica trapuntatura lineare quella di geometrie chevron o effetto “wave”, con onde visibili sul retro di ogni capo. Un universo che nel mondo uomo si declina fra giacche e gilet dove la trapuntatura esplora linee astratte e asimmetriche. Sviluppata per add®, con Cocoon Light giacconi donna dalla linea più che over lasciano spazio a capi sdoppiabili: piuminetti da portare sotto giacche in cotone indossabili anche separatamente nella mezza stagione. Arrivando all’iconica coperta Cocoon, che da ampio bomber con maniche staccabili si trasforma in poncho facilmente ripiegabile, anche in viaggio. È poi il resistente (e water-resistant) cotone Heavy Cotton Army a portare una nuova sartorialità nel piumino, con modelli dai precisi tagli in vita e pinces disposte per ottenere un fitting architettonico, fra giacche con collo staccabile e ampio fondo a ruota. Che nell’uomo tocca conquista giubbottini motorcycle, bomber e lunghi parka, anche tricolore.
Dalla piuma… al senza piuma. È il segreto di cappotti e mini-coat ispirazione cerimonia, in lucido duchesse colorato e caldissimo grazie a un interno in ovatta eco-sostenibile, per usare in occasioni speciali capi destinati a un utilizzo leisure. Una visione preziosa che giunge fino alla capsule in tessuto Loro Piana sostenibile. Capi offerti anche in panno di lana o tessuto tecnico 3-layer, ognuno con il suo imbottito in flanella o rete traspirante: per arrivare a una giacca in cashmere Storm System® (anche al femminile) e una camicia in tessuto jerseley, caratteristico del mondo Loro Piana Active. Fra le proposte d’avanguardia, brillano modelli realizzati con impunture di bottoni effetto borchia: luci argentee su cui applicare tasche da muovere a piacere e cinturine staccabili. Bagliori che tornano anche in un nylon cangiante, dal bagnato effetto “Wet”: volumi morbidissimi, con coulisse femminili, da portare con o senza tasche. Ispirazioni che nel mondo maschile si rispecchiano in bomber dalle diverse vestibilità e con tasche zippate. I modelli sono anche realizzati nel nuovo signature jacquard add®con doppio layer di tessuto imbottito in piuma leggerissima.

Riflessioni sparse tra l’eti(li)co e l’erotico

TEXT: CARLO MARIA FOSSALUZZA, PhD
PHOTO: IRVING PENN, GIRL BEHIND THE BOTTLE, 1949

Il vino è sicuramente un elemento unico, che da millenni accompagna la storia dell’uomo. 
È una sostanza entusiasmante, conturbante, misteriosa, sensuale, ricca e povera, sofisticata e schietta, simbolica e potente. 

Ha accompagnato l’uomo nelle celebrazioni di riti, come farmaco, come bevanda inebriante, come compagno della fatica dei campi, come booster dei momenti speciali.
Negli ultimi anni, possiamo vedere che il vino è entrato in una fase pop, è di moda, di grande tendenza.
Prima limitati ai pochi esperti o alle persone del settore, i discorsi sul vino sono entrati oggi nei dialoghi di tutti i giorni di sempre più appassionati. Su di lui sono stati scritti trattati, poesie, odi ed è poi diventato oggetto di manuali specifici per tecnici e per consumatori; ora come ora è sulla bocca di molti, per non dire di tutti, anche solo per dire “non sono un intenditore, ma se mi piace o non mi piace lo sento subito, anche se non so perché”.
Le ormai iper-inflazionate guide sui vini, che da anni influenzano i mercati e spesso anche i palati più facilmente condizionabili, sono ormai quasi sorpassate, obsolete, e in effetti sempre più spesso ne nascono di nuove, che si prefiggono di essere uniche ed innovative, finendo poi per esser sempre la solita minestra riscaldata.
Già oltre un decennio fa, il grande storico della fotografia Italo Zannier riscontrava che ogni giorno, attraverso i media e internet, vengono pubblicate un numero di immagini enormemente maggiore rispetto a tutte quelle che sono state dipinte nell’intero Rinascimento, e denunciava che, proprio ora che ne abbiamo così tanta disponibilità davanti agli occhi, siamo quanto mai analfabeti visivi, siamo incapaci di leggere e valutare le immagini per quello che sono e per quello che significano.
Il ruolo della didascalia appare spesso fondamentale, ma è evidente come la presenza delle parole abbinate all’immagine faccia sì che due diversi medium si trovino a interagire, spesso l’uno condizionando l’altro.
Cerco di spiegarmi meglio con un esempio. Se ci troviamo ad osservare in una rivista l’immagine di un deserto di sabbia col sole che tramonta all’orizzonte, la nostra percezione di tale immagine cambia radicalmente se la relativa didascalia recita “la vista da uno dei nostri splendidi villaggi in Algeria”, oppure “considerando gli attuali cambiamenti climatici questo potrebbe essere il panorama che vedranno i tuoi nipoti dal balcone di casa”.
Vogliamo considerare, poi, le immagini cosiddette, “di repertorio”? Quelle custodite in enormi data base online dai quali i grafici e i professionisti dell’editoria “pescano” per accompagnare i testi dei loro articoli o delle pagine web? Non è questa la sede, ma bene rifletterci. Bene, al giorno d’oggi sempre più immagini sono dedicate al vino, alle bottiglie, alle vigne, alle cantine diventate spesso strutture ricettive o addirittura SPA o resort; proprio come tutte le altre immagini, ci mettono davanti al problema: cosa c’è di vero?
Un problema essenzialmente e dannatamente etico. Il fatto che rapportarsi con il mondo del vino richieda anche un’attenzione all’etica è testimoniato da tutta una serie di evidenze e fattori, basti pensare che solo pochi anni fa al tema è stato dedicato un vero e proprio manifesto, il “Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto”, ma diversi altri se ne possono trovare come fondamenti di interi movimenti o associazioni di produttori, soprattutto nel controverso mondo dei vignaioli “naturali”.
I vini naturali, di cui tanto si parla, nel bene e nel male, oggi, non hanno alla base un vero e proprio disciplinare che li certifichi, ma condividono delle linee di produzione che forse merita qui considerare. Le uve devono derivare da viticoltura preferibilmente biologica, se non addirittura biodinamica, e prodotte dal vignaiolo stesso. I vini devono essere ottenuti solamente attraverso fermentazioni spontanee (lieviti indigeni), non filtrati e senza l’utilizzo di alcuna correzione se non un limitato uso dell’anidride solforosa.
Non intendo esprimermi sul valore enologico di questo tipo di vini in questa sede, perché quel che ritengo interessante è chiedermi perché si sia avvertita, ormai più di venti anni fa, la necessità di doversi distinguere in un qualche modo da un contesto del vino che sempre più era, ed è, condizionato dai grandi produttori, dalle mode, dalle esigenze del mercato, dall’affidamento alla chimica ed alla tecnica esasperate, dall’omologazione dei prodotti e dalla produzione in larga scala. Cosa veniva, e viene, meno? Venivano meno i territori, le tradizioni, l’unicità di un prodotto legata alla mano del suo produttore, la veracità e il nerbo di un vino figlio del luogo, della terra, dell’artigiano.
Ma tutte queste cose non sono proprio la verità del vino a cui facevo riferimento prima? Io ritengo davvero di sì, pertanto ben vedo che un piccolo nucleo di resistenza enoica abbia contribuito a rimettere in discussione la distinzione essenziale che c’è tra il Vino, con la V maiuscola, quello che cantava Hölderlin sulla tavola accanto al pane, e il vino, più concettualmente simile a una bibita ed edulcorato di tutto il suo spirito, della sua Anima potrei dire.
Abbiamo qui compiuto un distinguo molto importante, fra due mondi che in effetti, a parte stare sotto al cappello della stessa categoria merceologica, hanno ben poco a che fare l’uno con l’altro. Ne consegue, viene da sè, che le immagini del vino che in enorme maggioranza riempiono (mi scapperebbe di scrivere “intasano”) le riviste e le pagine web, sono proprio quelle dei prodotti belli e senz’anima, parafrasando una ben nota canzone. Il modo in cui tali immagini condizionano il consumatore è evidente da anni.
I famosi “bevitori di etichette” costituiscono una grande parte non solo dei fruitori, ma anche alla fin fine di quelli che ora sono “influencer” o “opinion leader” e che mai e poi mai potrebbero dar ascolto al loro palato, alle loro papille gustative, al loro naso e demolire a cordiali e virtuali schiaffoni vini di aziende prestigiose, o molto rinomate, magari pluripremiate da diverse guide “autorevoli” (I simulacri, à la Baudrillard, esistono anche nel mondo del vino, purtroppo). Appare ben evidente che questo fenomeno abbia ben bene a che vedere con l’etica del prodotto, sia perché i critici con “la schiena dritta” sono sempre più delle mosche bianche, sia perché quella poca formazione che viene fatta alla massa dei consumatori (lasciamo perdere le nicchie, sono nicchie per qualcosa) è del tutto fuorviante e capziosa: il bevitore di vino perde la capacità di capire se quel che beve sia buono o cattivo.
O è buono per forza essendo un Quelqualcosa della cantina Taldeitali oppure può passare addirittura come neutro, un vino “per neofiti” (come se i neofiti dovessero bere cose cattive proprio all’inizio della loro carriera di bevitori), un vino semplice senza pretese. La peggiore delle definizioni, però, proprio in base a quanto fino ad ora scritto, è “un vino senza pretese, con un ottimo rapporto qualità/prezzo”. Orrore e raccapriccio.
Se non si sa riconoscere l’effettiva qualità, come si può decidere se sia corretto il prezzo. Spesso molti vignaioli più naïf non sanno neppure in prima persona dire perché un prezzo di un loro vino sia quello o un altro, figurarsi un consumatore. La qualità, poi, non viene riconosciuta, in base a quanto ho descritto sopra. Pertanto? Flatus vocis. Un bel dire di nulla da dire. Parafrasando Ludwig Wittgenstein fuor di contesto: di ciò di cui non si può parlare si deve tacere.
Nella assoluta maggioranza dei casi la definizione “un buon rapporto qualità/prezzo” può tradursi con “non mi ha colpito granché, ma costava poco”. Da qui in avanti mi riferirò solamente al vino artigianale, a quello che Sandro Sangiorgi chiama il liquido odoroso, e che sopra distinguevo come Vino con la V. La questione sopra accennata della correttezza di un prezzo di vendita di una bottiglia, mi porta a spiegare ancheperché, fra i vari manifesti di vini naturali o simili, ho scelto sopra di citare “Il Manifesto Slow Food per il vino buono, pulito e giusto”. La scelta è dettata dal fatto che, almeno a mia memoria ora come ora, sia l’unico a preoccuparsi, in uno dei dieci punti in cui è strutturato, di precisare che un vino, per essere anche “giusto”, deve aver riconosciuto il giusto a tutte le persone che hanno contribuito a portarlo in bottiglia. Ciò significa che tutti coloro che sono stati coinvolti nel lavoro agricolo, nel lavoro di trasformazione, di magazzino, di gestione dell’azienda, di amministrazione, anche la manodopera saltuaria o da lavoro iterinale, tutti devono aver avuto il giusto riconoscimento economico, professionale ed umano.
Il rispetto per l’ambiente, per il nostro habitat naturale, la scelta di lavorare senza l’utilizzo di prodotti di sintesi in vigna, l’utilizzo di attrezzature sempre a minor consumo di carburante e innovative, la scelta (e l’obbligo) di non inserire nulla di potenzialmente dannoso o anche dubbio nel vino, tutto ciò, secondo me, è del tutto inficiato e vanificato se le stesse attenzioni non sono state rivolte a tutelare e valorizzare la componente umana che ha fatto sì che quel vino trovasse dimora in una bottiglia di vetro.
Rispettare un lavoratore (parlo del comparto agricolo, ma sicuro che molti ragionamenti possano essere trasposti ad altri settori) significa anche mettere a sua disposizione tutti i dispositivi possibili affinché non si faccia del male, che possa lavorare fisicamente comodo, ad orari consoni: sicurezza e dignità.
Posso fare anche il miglior vino del mondo, ma se un trattorista o un cantiniere non ha di che pagare il mutuo per colpa mia, allora sull’eticità di quel vino c’è molto da discutere. Che fare vino sia strettamente connesso con il “voler bene”, secondo me, dovrebbe essere stampato nei manuali di enologia. Voler bene significa, innanzitutto, rispettare.
Se, come poco sopra ho scritto, è necessario rispettare tutti coloro che stanno dalla parte della filiera che è la produzione, importante è voler bene anche a coloro cui il vino è destinato, i consumatori finali. Il vino è un alimento, una cosa che ingeriamo e che nel nostro organismo lascia traccia, venendo metabolizzato.
Certo, non è un bene di primaria necessità, il vino non serve a dissetare, per quello c’è l’acqua, ma serve a migliorare, a intensificare, a celebrare momenti speciali, da un semplice pasto quotidiano ad un momento unico della propria vita.
La sua ragion d’essere è interamente legata ad una dimensione edonistica, connessa al piacere ed al buono. Mi sia concesso ricordare che il Buono ed il Bello, fin tanto che ancora restiamo umani, sono cose necessarie! Questo legame intrinseco con il piacere deve far sì che un calice di buon vino porti solamente valori aggiunti positivi al momento in cui abbiamo deciso di berlo; non deve essere possibile dover pagare a caro prezzo, con malessere, mal di testa, mal di stomaco, la scelta di aver fatto un brindisi.
E qui emerge l’importanza del “voler bene” di chi fa vino. Il fatto che il vino venga ingerito è assolutamente una questione di intimità, e il buon vignaiolo deve esser mosso da un senso di responsabilità che gli impedisce di utilizzare procedimenti o sostanze che possano in qualche modo far male, intaccare quella zona di cristallo che è il piacere e che è la casa del vino contaminandola con tutta quella serie di sgradevoli conseguenze che prima ho citato.
Non parlo di sonore ubriacature, ma solo di un calice in compagnia. Non si può sempre ricondurre alla (iper)sensibilità soggettiva di una persona il fatto di non sentirsi bene a causa di un bicchiere, bisogna invece cercare di far sì che tutti possano godere senza soffrire, perché il vignaiolo non sa in quale bocca andrà il suo vino. Il buon vino, poi, non lascia solamente traccia a livello metabolico, ma anzi e innanzitutto nell’anima. Il vino parla, racconta, esprime; certo, bisogna ascoltarlo e saperlo ascoltare, ma il vino buono ha sempre bei messaggi da imprimere nella memoria. Un ricordo lieto è una sorta di coccola che resta in un cassetto in un qualche luogo della nostra memoria, e che riemerge quando serve, generalmente in una situazione di emergenza, per portarci conforto e pace; un vino può diventare uno di questi ricordi, e farci una carezza quando proprio ne abbiamo bisogno.
Questo sì che è voler bene! Il vero amico che si vede nel momento della necessità! Non è bellissimo pensare che all’origine del lavoro del vignaiolo ci sia proprio questa necessità di fare del bene provocando piacere, creando ricordi, coccolando il consumatore, attraverso un lavoro che parte dalla Natura, passa attraverso le sue mani e la sua interpretazione, e torna alla Natura in un sorso di pensiero liquido? Qualcosa di simile ad un’opera d’arte? Forse sì.
Fare vino significa prender parte ad un processo straordinario che permette al vignaiolo di riconoscersi in una dimensione naturale, di trovare il suo posto nella natura. Il vignaiolo vive la vigna assieme alle viti stesse, come un pastore di vagamente heideggeriana memoria.
Non può certo controllare tutto, ma può guidare e seguire. In un luogo ci sono le piante, con le loro radici ben fisse nel terreno, che da una parte spingono in giù verso la terra e dall’altra nutrono verso l’alto il fusto, che si allunga verso il cielo. Dalle radici, lungo il fusto passa il nutrimento per le foglie, alimentate anche dalla luce del sole.
Protetti dalle foglie, e da esse sostenuti insieme alle radici, figli di terra e di cielo, ci sono i grappoli, il frutto della vite, che la pianta destinerebbe alla propria riproduzione, ma che il vignaiolo invece cerca e cura per fare il suo vino, per accompagnare tutto quello che la terra ed il cielo, in quel luogo e in quella pianta, hanno condensato in quelle bacche fino alla cantina.
Lì, con le sue idee e le sue capacità, con la sua filosofia, interpreterà quei frutti unici per esprimere l’annata in un liquido unico. Interpreterà.
L’interpretazione è il passaggio fondamentale per tradurre quello che la natura fornisce in un’opera unica, perché non esistono quattro mani capaci di produrre lo stesso vino partendo dalla stessa uva. Ogni vignaiolo è unico, e con lui il suo vino. Ma non è forse questo un processo assimilabile a quello artistico? Io penso di sì.
L’artista raccoglie quello che il contesto in cui vive gli offre e lo elabora, lo trasmuta, lo gira e lo rigira, lo mescola, lo lascia sedimentare.
Arriva poi il momento in cui l’artista avverte la necessità di esprimere tutto quello che nella sua testa si è stratificato e sedimentato, e di interpretarlo secondo il medium da lui scelto (pittura, scultura, musica, cinema…) per creare qualcosa di nuovo, indipendente da lui dal momento stesso in cui completa l’opera e che veicolerà il messaggio che la sua urgenza di esprimersi ha voluto imprimergli.
La bottiglia finita è un’opera d’arte, ormai svincolata dal suo creatore, lasciata al giudizio e alla comprensione di chi la stapperà. Una bottiglia potrà finire in mani esperte come no, potrà rovinarsi perché conservata male, o durare per anni nelle teche di un collezionista. Un vino può essere essenziale, barocco, avanguardista, vecchio stile, manierista, raro o comune, proprio come un’opera d’arte di qualsiasi altra natura.
Gustav Klimt sosteneva che tutta l’arte è erotica. D’accordo o meno che si possa essere con questa affermazione, non posso non pensare che il vino, frutto di interpretazione artistica, abbia a che fare strettamente con l’Eros, perché alla fin fine è un grande gesto di amore.
È certamente una delle più belle sensazioni sentirsi amati, ma lo è anche amare senza ombra di dubbio.
Il vignaiolo ama lavorando la terra e facendo il vino, e in questo anelito di amore si pone nella straordinaria dimensione privilegiata di dare e ricevere questo prezioso sentimento, del quale ubriacarsi è la più meravigliosa delle trasgressioni.