Gli stivali più trendy della stagione

Ecco gli stivali più trendy dell’attuale stagione

Anche le tendenze in merito alla moda fanno parte del nostro patrimonio culturale: perché determinano chi siamo, e come ci rapportiamo con gli altri e con i loro giudizi estetici. Non a caso il settore fashion fa parte di ciò che è l’essere umano, nel suo intimo, in quanto anche e soprattutto fattore di comunicazione.

In tal senso, le calzature rappresentano un elemento fondante del look di una donna: ogni stagione, anche in questo argomento, porta con sé novità e tendenze sempre diverse. Gli stivali, che possono essere anche comprati online sugli store come YOOX, sono uno dei trend oggi più vivi. Ed ecco quali sono gli stivali più trendy dell’attuale stagione.

Quali sono i modelli di stivali più di tendenza?

Questo autunno-inverno 2017-2018 ha scelto un trend davvero affascinante e coinvolgente: si tratta degli stivali overknee, ovvero sopra il ginocchio. Sono amati da tutte le donne, anche per via del fatto che vengono sponsorizzati sia dagli influencer, che dalle star di tutto il mondo. Quali sono i modelli più in voga? I cuissardes dotati di tacco alto, preferibilmente in cuoio ed eleganti. Per quanto concerne i colori, c’è una vasta gamma di scelte: quelli classici marroni, insieme agli stivali overknee black e a tinte più accese come il rosso.


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Dai Seventies agli stivaletti floreali

Gli overknee boots non sono gli unici modelli ad essere di tendenza questo autunno-inverno: anche i Seventies e gli stivaletti bassi a tema floreale sono due ottime alternative. Per quanto riguarda i Seventies, si parla dei classici stivali che andavano di moda negli anni ’70, connotati dalla squadratura dei tacchi, dalle paillettes e da colori appariscenti come il diamante o l’argento. Poi ci sono anche gli stivaletti a tema floreale: obbligatoriamente alla caviglia, ideali per uno stile minimal. I modelli più fashion? Quelli con stampe o decori floreali su sfondo black.

Anche altri modelli di stivali

È ancora una volta la caviglia la protagonista degli stivali di tendenza in questa stagione: anche in questa circostanza, il taglio è classico e scamosciato, ma impreziosito dalla presenza delle frange. Questi stivaletti sono davvero versatili: essendo vintage ma non estremi, si adattano sia ai pantaloni a zampa, sia ai jeans comuni. Poi sono anche molto eleganti, e non a caso l’abbinamento perfetto li vede indossati in combinazione con un bel blazer. Infine, vale la pena concludere citando gli anfibi arricchiti con stringhe e con le perle, che possono essere di diverse dimensioni.

Intervista a Luca Bortolato: tra dialoghi silenziosi e liberi pensieri

L’incontro tra Luca Bortolato e la fotografia avviene in maniera del tutto spontanea. La fotografia è, per lui, il mezzo più adeguato per esprimere ciò che egli stesso è. E’ una fotografia intima, molto simile ad un diario personale. Le sue immagini sono la sintesi elegante di sensazioni e profonde riflessioni.


Come nasce la sua passione per la fotografia?


La fotografia è capitata per caso. Cercavo un modo per parlare, una lingua per dialogare con me stesso e per me stesso. È arrivata nel 2007 grazie una concomitanza di incontri fortuiti che segnarono i miei inizi. Le Immagini c’erano già da molto prima.


Ha più volte affermato che in fotografia, ogni immagine è un autoritratto. Come vive il rapporto con la sua identità?


Di amore e odio, di demoni e meraviglie. Un percorso tortuoso, dolce e amaro. Noi siamo esattamente le nostre foto: un concetto semplice, ma difficile da accogliere.
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Come si è evoluta la sua fotografia negli anni? Cosa desidererebbe, invece, fotografare?


Non si è evoluta, è soltanto variata perché ha fin da subito cambiato i miei pensieri. Tutto ciò che vorrei fotografare è, invece, semplicemente me stesso.


Molte sue immagini trattano il tema della solitudine in chiave ironica. Com’è il suo rapporto personale con essa?


L’ironia è solo nel mio modo d’essere. È sempre una sorta di malinconia, invece, quella che ritrovo nei miei percorsi e nei miei ascolti. La solitudine, se accolta, è una coperta che coccola, costruita su dialoghi silenziosi e liberi pensieri.


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Ci può parlare del progetto Mericans? Come nasce e quanto si reputa soddisfatto?


Questo lavoro si differenzia molto da tutta la mia produzione precedente: io, per primo, ne sono rimasto sorpreso. Viaggio e mi sposto molto, ma la macchina fotografica non è mai con me, semplicemente perché ho bisogno di vivere appieno quello che mi sta attorno. Il viaggio a New York è cominciato come un diario di ricordi, in un luogo in cui difficilmente sarei tornato, almeno non subito. Ho cominciato da qualcosa che già conoscevo bene: l’identità. I volti delle persone non mi hanno mai interessato, esse sono sempre state come uno specchio in cui affogare. New York è diventata, in quei giorni, un riflesso in cui guardarmi. Fin da subito mi è stato familiare ritrovare la solitudine e la malinconia, sensazioni tangibili e immediatamente riconoscibili in una città che in realtà vuole mostrare l’estremo opposto di sé. Sembra che in ogni istante essa possa offrire mille opportunità diverse per chi ci vive, per chi ci prova e per chi, come me, arriva da lontano sapendo di non fermarsi. Le persone erano lì, come a ripetere a se stesse che, alla fine, andrà tutto bene.


Il corpo femminile è spesso ritratto senza che si veda il volto. E’ un modo affinché chiunque si possa riflettere nelle sue immagini?


È un modo perché io possa riflettere con le mie immagini: tutto il mio percorso parla di me. Una costante ed estenuante ricerca delle mie molte sfaccettature, una sorta di esorcizzazione dei lati che amo e che allo stesso tempo non capisco.
È diventata così una “fotografia di accettazione”, un percorso del sé, un’auto-analisi attraverso gli altri. Le persone hanno sempre fatto da filtro, fra me e la realtà.


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Quali sono i fotografi che ammira particolarmente?


Quelli che ancora non conosco.


Se dovesse associare la sua fotografia a un libro che lo ha colpito, quale nominerebbe? Perché?


“Corpi e Anime” di Maxence Van der Meersch, letto molti anni fa e ripreso di recente. Racconta di realtà sospese e di solitudini strazianti: un non tempo di personaggi accomunati dal dolore.


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C’è un progetto a cui si sente più affezionato?


Ci sono stati dei giri di boa durante il mio percorso che hanno modificato il mio approccio e il mio pensiero. C’è stato l’arrivo del colore iniziale, la consapevolezza identitaria della fotografia poi. Infine, nell’ultimo anno, si è aggiunta la consapevolezza di poter dialogare e mostrare ad altri i miei pensieri, costruendo nuove interazioni attraverso la didattica.


Quali sono i prossimi progetti o eventi fotografici in cantiere?


Ho messo nero su bianco tutto il mio percorso, l’ho sintetizzato in un laboratorio che mi sta regalando moltissime soddisfazioni. Accompagno chi vuole ascoltarmi, in una profonda riflessione su se stessi attraverso le immagini che producono. Un ottimo riscontro è stato l’essere accolto con molto entusiasmo in importanti musei e associazioni con cui continuerò a collaborare nel corso di tutto il prossimo anno, costruendo assieme percorsi didattici nei quali la fotografia consentirà di smascherarci attraverso le immagini. Un nuovo, ulteriore, giro di boa.


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Lo sguardo di Luca Bortolato sul mondo non è mai intrusivo, anche quando i soggetti ritratti sono donne. La sua fotografia si serve spesso del corpo per “documentare” l’esistenza in tutta la sua immensa complessità. Quello che più colpisce delle sue immagini è senza ombra di dubbio l’atmosfera che avvolge in maniera quasi naturale le sue donne, fragili e forti al tempo stesso; ne deriva, pertanto, una fotografia intimista, delicata, suggestiva ed intellettualmente onesta.


http://www.lucabortolato.com/

Le mostre alla Reggia di Venarìa: da Boldini a Caravaggio, fino a Peter Lindbergh

Restituita alla magnificenza barocca cui fu ispirata alla metà del Seicento dal duca Carlo Emanuele II di Savoia, la Reggia di Venaria è un immenso complesso monumentale alle porte di Torino, tornato simbolo di modernità e cultura.

La Venaria Reale, dichiarata dall’Unesco Patrimonio dell’Umanità, si colloca al centro del circuito delle Residenze Reali del Piemonte ed è riconosciuta come un grande centro progettuale culturale permanente che offre opportunità di conoscenza, emozioni ed esperienze molteplici: dai concerti agli spettacoli, dalle esibizioni alle attività culturali che si propongono ogni giorno dell’anno.

Reggia di Venaria – Torino


I Giardini si presentano oggi come uno stretto connubio tra antico e moderno, un dialogo virtuoso tra insediamenti archeologici e opere contemporanee, il tutto incorniciato in una visione all’infinito: con le grotte seicentesche, i resti della Fontana dell’Ercole e del Tempio di Diana, la Peschiera, il Gran Parterre, le Allee, il Giardino a Fiori e delle Rose, l’attrazione del Fantacasino, il Potager Royal più grande d’Italia, non ha riscontri analoghi fra i giardini italiani per la magnificenza delle prospettive e la vastità del panorama naturale circondato dai boschi del Parco La Mandria e dalla catena montuosa delle Alpi.


I Giardini


LE MOSTRE

GIOVANNI BOLDINI 

Tra le mostre proposte presso la Reggia di Venaria troviamo una ricca esposizione del più grande pittore della Belle Époque: Giovanni Boldini.

La raccolta ospita oltre cento opere del maestro ferrarese e ci racconta il verbo vitale ed elegante del suo linguaggio pittorico, fatto di colli lunghissimi e braccia sottili, di donne dell’alta società agghindate di perle e fastosi gioielli, le ambienta in sale da ballo o in sontuosi palazzi. Sono ritratti carichi di vita e sensualità, personaggi straordinari da ammirare, che Boldini non esitava a rendere ancora più brillanti.


Boldini ci regala l’atmosfera che a noi è dato solo immaginare, siamo agli inizi del ‘900 e i salotti si colorano del vociare di donne dagli abiti fruscianti, dalle sete preziose che solo Boldini riesce a rappresentare con il pennello, ne possiamo godere la lucentezza e sentire il caratteristico strofinìo.

Non solo Giovanni Boldini è stato anticipatore della modernità novecentesca, ma a suo modo, un romanziere minuzioso. Ci riporta delle fotografie esatte di quello che fu la musica, il lusso, l’arte e la danza, nel ritmo sensuale del can can, nella rinascita sociale di quel periodo ineguagliabile, dove le donne, le più fortunate, si sono concesse ai suoi occhi leggeri, fatti di quella leggerezza del gusto sopraffino, di chi la moda la vive e la sente come fosse sua invenzione,.

Non c’è imitazione della realtà nella sua pittura, il tratto è deciso, scintillante, fugace come quelle donne che posano, le mise sono sfarzose, il dettaglio è così importante per Boldini che riconosciamo anche il tipo di pietra tra le dita affusolate come dei ramoscelli d’erba: sono rubini, smeraldi, zaffiri, dipinti con la stessa luce che ci rimanda una fotografia. Tutte le donne del tempo erano desiderose di avere un ritratto che possedesse quella magia, tutte volevano riconoscersi dietro un sguardo altero e sprezzante, ma con la femminilità e la sensualità che solo Giovanni Boldini poteva infondere loro.

La mostra proseguirà fino al  28 gennaio 2018


PETER LINDBERGH 

A Different Vision on Fashion Photography


7 ottobre 2017 – 4 febbraio 2018


Una grandiosa panoramica sull’imponente opera di Peter Lindbergh con materiale esclusivo tra appunti personali, schizzi dei set fotografici, polaroid, provini, film, una retrospettiva che ci regala immagini senza tempo ed inedite.

Peter Lindbergh è il fotografo della verità, quello del less is more, colui che ha tolto ogni artificio, ogni trucco, per far risplendere la personalità. Dive, attrici, modelle, note e meno note, sono state fotografate senza make up, con camicie bianche che nulla hanno a che fare con la vanità, per raccontare realmente qualcosa della loro intimità.  Sono questi volti a raccontare la concezione di bellezza, invecchiamento, femminilità, temi cari al fotografo.

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Kate Moss


La mostra “A Different Vision on Fashion Photography” si svolge secondo un percorso tematico in nove sezioni che ripercorre l’evoluzione creativa di Lindbergh soffermandosi su temi, mondi immaginari e passioni nell’arco del tempo: Supermodel, Stilisti, Zeitgeist, Danza, Camera Oscura, L’ignoto, Il grande schermo, Icone.

La sezione “Supermodels” presenta le fotografie scattate da Lindbergh a modelle che erano ancora, all’epoca, giovani sconosciute, tra le quali Naomi Campbell, Cindy Crawford, Linda Evangelista, Christy Turlington e Tatjana Patitz.

Lindbergh si dedica poi al progetto “Danza”, da sempre sua fonte di ispirazione e ritrae grandi ballerini e coreografi, da Sergei Diaghilev a Georges Balanchine fino ai contemporanei, come la ballerina e coreografa spagnola Blanca Li e il New York City Ballet. Nel 2001 ha ritratto Madonna con indosso creazioni di designer giapponesi per celebrare la grande coreografa americana Martha Graham.

Madonna


Lindbergh ridefinisce totalmente i canoni estetici, dice NO al fotoritocco, l’approccio è privo di imbellettamenti, più umanistico, più luce alla personalità che al personaggio, e le influenze cinematografiche tedesche si leggono in ogni scatto.

Libera in questo modo le donne dal dover essere belle a tutti i costi, svela i suoi set, che compaiono all’interno dello scatto con luci, attrezzature, pannelli; lo sfondo è quasi sempre il malinconico mare, l’immagine si concentra sul volto e le sue infinite espressioni.



CARAVAGGIO EXPERIENCE


Caravaggio Experience è il titolo dell’imponente video installazione presso la Reggia di Venaria.

Attraverso l’innovativo approccio espositivo delle esperienze immersive, si racconta l’opera del grande maestro della pittura: Michelangelo Merisi noto come il Caravaggio.

58 capolavori passano sui pannelli di grandi dimensioni, avvolti dalle suggestive musiche e da sintetiche didascalie. Si entra in una specie di terza dimensione, si entra dentro l’opera del pittore più cruento, violento e irrequieto di tutti i tempi.

Divertente introduzione, l’allestimento prima dell’accesso, di piccoli set con elementi d’arredo tipici dei quadri caravaggeschi, rimandi alle sue rappresentazioni pittoriche, scenografie barocche in cui poter entrare e diventarne così protagonista.

Caravaggio experience


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Lucio Vanotti Spring Summer 2018

Tra i designer che regalano forza e imponenza alla donna, un nome che spicca è senz’altro quello di Lucio Vanotti.

Una collezione, la spring summer 2018, che ricorda la donna samurai, la onna-bugeisha, poco conosciuta, ma molto potente.

E’ il corrispettivo femminile del guerriero, le donne onna-bugeisha impugnano spade e difendono la famiglia in assenza degli uomini.

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La brillantezza bronzea dei tessuti utilizzati, ricordano le antiche armature; le corde riportano al legame con la terra; la donna Lucio Vanotti porta in vita o al collo, sacche in pelle al posto delle troppo glamourous pochette da mano.

Nulla è vanitoso in lei, piuttosto troviamo del rigore e della compostezza tipici della cultura orientale. I volumi invece sono scomposti e sovrapposti, invertiti e scultorei. Lucio Vanotti esplora con libertà il movimento della libertà stessa, attraverso l’uso della materia: tela grezza, cotone, sete fluide e lascia legno e cuoio per le calzature, che si annodano alla caviglia tramite lacci alla maniera greco-romana.

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Le vite sono alte e segnate da cinture e corde, le gonne aperte e i pantaloni a fuso, le camicie lunghe da diventare abiti; oro e rame le tinte protagoniste, tocchi di ruggine, cuoio, ocra, verde acqua, e note di bianco e nero.

Sfoglia la collezione Lucio Vanotti Spring Summer 2018:



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