SNOB ROOM: “Valore Sociale e Mercati Globali” – Made in Italy e responsabilità del futuro
Il secondo panel affronta il nodo cruciale dell’eccellenza italiana: competere senza perdere l’anima
A cura del Fondatore e Direttore Responsabile Miriam De Nicolò
Dopo il successo del panel inaugurale “Cultura che cambia“, che ha aperto una riflessione profonda sul ruolo trasformativo della cultura nell’Italia contemporanea, venerdì 17 ottobre la SNOB ROOM ha ospitato il suo appuntamento più atteso: “Valore Sociale e Mercati Globali”.
Un dialogo che ha messo al centro la questione fondamentale del nostro tempo: il Made in Italy può competere sui mercati internazionali continuando a generare benessere diffuso, investendo nelle persone e costruendo futuro per le nuove generazioni? O siamo condannati a scegliere tra successo commerciale e responsabilità sociale?
Il panel, curato e moderato da Miriam De Nicolò, Fondatore e Direttore Responsabile di SNOB Magazine, ha riunito voci autorevoli capaci di guardare al Made in Italy da prospettive complementari: la ricerca sociale, l’internazionalizzazione, la comunicazione strategica e la gestione fieristica. Un confronto senza retorica celebrativa, che ha scelto la lucidità della diagnosi rispetto alla consolazione del mito.
REMO LUCCHI: “La crisi del Made in Italy è una crisi di formazione”
Remo Lucchi, Presidente Advisory Board presso Eumetra MR, tra i massimi esperti italiani di cambiamento sociale, ha aperto il panel con una fotografia severa anzi, come lui stesso ha definito, “un film” – dell’Italia post-lockdown e post-crisi globale.
“L’economia ha subìto freni strutturali. I giovani che hanno interrotto gli studi universitari non ce l’hanno fatta e sono caduti nel precariato. Questo malessere genera populismo, contrapposizione, perdita di progettualità collettiva,” ha esordito Lucchi, ponendo immediatamente l’accento sul legame profondo tra benessere sociale e capacità produttiva.
Il punto centrale del suo intervento è stato netto: “La colpa dei giovani non è dei giovani.” La responsabilità, secondo Lucchi, è di un sistema educativo che non sa più fare “marketing di se stesso”, che non riesce a rendere desiderabile la formazione, che interrompe il percorso culturale proprio nel momento in cui i ragazzi stanno costruendo senso critico ma non hanno ancora acquisito etica e relazionalità positiva.
“Il Made in Italy nasce dalla Creatività Sociale – dalla capacità di creare insieme, di condividere visioni, di costruire attraverso la relazionalità,” ha sottolineato. “Ma questa creatività richiede cultura, formazione completa, investimento nelle persone. Senza questo, il Made in Italy diventa solo un’etichetta vuota su un sistema in crisi.”
Lucchi ha concluso richiamando l’urgenza di rifondare la scuola e la formazione come luoghi di coinvolgimento emotivo e progettualità condivisa: solo così si può rigenerare quella Creatività Sociale che è alla base dell’eccellenza italiana.
MICHELANGELO TAGLIAFERRI: “Il Made in Italy non è ideologia, è filiera di valori”
Michelangelo Tagliaferri, sociologo e Fondatore di Accademia di Comunicazione, ha spostato il focus sulla sostanza narrativa e identitaria del Made in Italy, ponendo una domanda scomoda: cosa rende davvero “italiano” un prodotto?
“La filiera del Made in Italy come italianità non è ideologica ma fatta di cultura, valori e regole condivise per fare le cose,” ha affermato Tagliaferri. “Molto di ciò che chiamiamo Made in Italy ha solo l’ultimo processo produttivo fatto in Italia. Ma quali sono le regole che rendono compatibile un prodotto per essere chiamato italiano? Qual è il contenuto etico, culturale, relazionale che lo rende autentico?“
Tagliaferri ha richiamato la necessità di un rebranding profondo, che non si limiti a comunicare meglio il Made in Italy, ma che riparta dai fondamenti: dalla formazione dei comunicatori, dall’etica della narrazione, dalla capacità di raccontare verità invece che costruire simulacri.
“Comunicare il Made in Italy significa comunicare un sistema di valori, non solo un’estetica. E questo richiede consapevolezza, responsabilità, cultura profonda – non solo marketing.“
IL VIDEO INTEGRO:
MICHELE TOMEA: “Il Made in Italy che vende è il lifestyle, non il prodotto”
Michele Tomea, General Manager della Camera di Commercio Italo-Thailandese, ha portato lo sguardo dall’Italia ai mercati globali, con una case history concreta: come il Made in Italy viene percepito e acquistato in Asia.
“I consumatori thailandesi apprezzano profondamente il Made in Italy. Ma cosa comprano davvero? Non solo il prodotto – comprano il lifestyle italiano, il bel vivere, l’idea di una vita più bella,” ha spiegato Tomea. “La Thailandia è un paese ricco, con 70 milioni di abitanti, inserito in un Sud-Est asiatico da 650 milioni di consumatori – 250 milioni in più rispetto all’Europa. È un’opportunità straordinaria per l’Italia.”
Tomea ha però messo in guardia dalle illusioni: “Parliamo con piccole e medie imprese che si affacciano con fatica ai mercati esteri. Devono capire le problematiche, trovare il giusto asset di mercato. I thailandesi viaggiano, conoscono l’Europa, hanno senso del gusto raffinato. Non tutto ciò che produciamo va bene per il loro mercato, ma abbiamo sempre un certo appeal – soprattutto nel lusso, design, moda.”
La provocazione finale di Tomea ha colpito nel segno: “Le ambasciate thailandesi promuovono ‘Italian lifestyle‘, non più ‘Made in Italy’. Perché il Made in Italy, come certificazione di origine, è difficilmente rispettabile nei mercati globali. Dobbiamo essere onesti: ciò che vendiamo è una narrazione culturale, non solo un’etichetta.“
Ha concluso sottolineando un dato sorprendente: “Gallerie Lafayette a Parigi, la Rinascente di Milano e altri mall iconici sono di proprietà thailandese. Loro stanno comprando i luoghi simbolo del lusso europeo. Noi dobbiamo far conoscere l’Italia alle aziende thai tanto quanto loro fanno conoscere il loro mercato a noi.”
ILARIA DAZZI: “Mercanteinfiera è specchio dell’Italia – con le sue luci e le sue ombre”
Ilaria Dazzi, Brand Manager di Mercanteinfiera, ha offerto la prospettiva di chi osserva il Made in Italy dal campo, attraverso una delle Fiere più importanti d’Europa che accoglie 55.000 visitatori per edizione.
Alla domanda di Miriam De Nicolò – “Da questo osservatorio privilegiato, cosa vede del Made in Italy? È fossilizzato o in evoluzione?” – Dazzi ha risposto con lucidità: “Vedo luci e ombre. Dal punto di vista economico, la scelta di acquistare un brand dipende da dove viene acquistato e dove viene collocato. Ma dietro questo c’è un problema di natura culturale.”
Dazzi ha portato l’attenzione sulle nuove generazioni: “È fondamentale creare eventi come la SNOB ROOM perché i giovani possano avvicinarsi alla cultura attraverso le nuove forme di comunicazione e i social network. Dobbiamo parlare il loro linguaggio senza banalizzare i contenuti.”
“Mercanteinfiera è un contenitore che raggiunge migliaia di persone. Non possiamo limitarci a raccontare dati economici – dobbiamo raccontare storie, esperienze, visioni di professionisti e interlocutori qualificati. Per questo ho creduto nel progetto SNOB dandoci nuovi appuntamenti, prossime edizioni, altri spazi di confronto culturale. Questo è solo l’inizio.”
LA CHIUSURA DI MIRIAM DE NICOLÒ: “Il Made in Italy ha bisogno di miglior cultura, non di nuova comunicazione”
A chiudere il panel, le parole nette e visionarie di Miriam De Nicolò, che ha ricondotto tutti gli interventi a un unico, potente messaggio:
“Il Made in Italy non ha bisogno di una nuova comunicazione. Ha bisogno di una migliore cultura. E per cultura intendo investire nelle persone, negli individui, nei giovani, nel loro modo di sognare, di fare, di creare insieme. Se non lo facciamo noi, nel nostro piccolo, tutto il resto diventa solo tante belle storie vuote.”
Una dichiarazione che racchiude il senso profondo del progetto SNOB ROOM: andare oltre la celebrazione dell’eccellenza per interrogarsi sulle fondamenta che la rendono possibile. Rifiutare la retorica del Made in Italy come mito intoccabile per farne un progetto vivo, responsabile, capace di generare benessere diffuso e non solo fatturato.
Un progetto che continua
Il secondo panel della SNOB ROOM ha confermato la necessità di spazi di pensiero all’interno delle manifestazioni commerciali. Non basta vendere – serve interrogarsi su cosa si vende, come si produce, quale impatto si genera.
Mercanteinfiera, grazie alla sensibilità di Ilaria Dazzi e alla visione di SNOB Magazine, si conferma terreno fertile per questo tipo di dialogo: un luogo dove l’eccellenza materiale incontra la riflessione culturale, dove il commercio diventa occasione di pensiero condiviso.
Info: info@snobnonpertutti.it
(Foto e Video Danny Torres)
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