È morto Roger Moore, sette volte James Bond.

L’attore è morto dopo una breve malattia. Aveva 89 anni. È stato l’interprete più longevo del personaggio creato da Ian Fleming.


Sir. Roger Moore
Sir. Roger Moore



“È con il cuore pesante che dobbiamo annunciare che il nostro amorevole padre, Sir Roger Moore, è morto oggi in Svizzera dopo una breve e coraggiosa battaglia contro il cancro”. Così Deborah, Geoffrey e Christian, i figli dell’attore britannico, hanno annunciato con un tweet la scomparsa del padre, 89 anni, avvenuta in Svizzera. “L’amore con il quale è stato circondato nei suoi ultimi giorni è stato così immenso che non può essere quantificato con le sole parole”.
Quello stesso amore con il quale il pubblico, negli anni, ha ripagato la lunga e ricca carriera di uno degli attori più popolari del piccolo e grande schermo. Dai film in cui ha interpretato l’agente segreto di sua maestà (ben sette, è stato il più lungevo nel ruolo di Bond) alle serie tv, celebri anche in Italia, come Il santo, con il suo ladro gentleman Simon templar, o Attenti a quei due o, prima ancora, Ivanohoe.


Sir. Roger Moore
Sir. Roger Moore



Figlio di un agente di polizia, negli anni quaranta viene arruolato nell’esercito britannico poco dopo la fine della seconda guerra mondiale, prestando servizio per un certo periodo nella Germania Ovest, per poi dedicarsi al teatro e in seguito al cinema.
Dopo la serie televisiva Ivanhoe (1958), trasmessa poi in Italia nei primi anni sessanta alla Tv dei ragazzi, a cui seguono The Alaskans e Maverick, è la serie Il Santo, dove interpreta il ladro gentiluomo Simon Templar, ad aprire definitivamente le porte del successo a Roger Moore. La prima serie di questo filone è datata 1962 ed è girata ancora in bianco e nero, mentre la seconda (a colori) prende il via nel 1966. L’attore veste questo ruolo dal 1962 al 1969 e alcuni degli episodi sono stati adattati per il grande schermo.
La carriera televisiva di Roger Moore si arricchisce di un ulteriore successo grazie alla serie Attenti a quei due, telefilm, che nel 1971 lo vede al fianco di Tony Curtis. Questa serie in Italia arriva solo nel 1973 ed è un trionfo.


Sir. Roger Moore
Sir. Roger Moore



Nello stesso anno l’attore inglese eredita il ruolo di James Bond, l’agente segreto precedentemente portato al successo dallo scozzese Sean Connery. I produttori permettono a Moore di adottare qualche modifica rispetto al Bond di Connery, onde evitare le recensioni negative che già avevano colpito il primo sostituto di Connery, George Lazenby. L’esordio di Moore in Agente 007 – Vivi e lascia morire riscuote un successo strepitoso sia di critica sia di incassi. A questo punto la notorietà del personaggio (e anche del suo nuovo interprete) crescono ulteriormente. Roger Moore interpreta nel frattempo altre quattro pellicole della saga, Agente 007 – L’uomo dalla pistola d’oro, La spia che mi amava, Moonraker – Operazione spazio, Solo per i tuoi occhi, ma comincia a essere stanco del personaggio.
L’ultimo Bond di Moore fu in 007 – Bersaglio mobile (1985), all’età di 58 anni, criticato dallo stesso attore per la sua violenza e in parte rinnegato in quanto si sentiva troppo anziano per la parte. Fino a oggi, Moore è l’interprete che, nella serie ufficiale, ha interpretato più volte il ruolo di 007.


Sir. Roger Moore
Sir. Roger Moore



Dal 1990 Roger Moore è Ambasciatore Umanitario per conto dell’Unicef, l’Ente Mondiale che tutela i diritti dell’infanzia. L’attore svolge questo incarico con costante impegno e si fa spesso promotore di campagne di sensibilizzazione. Nel 2003 la Regina Elisabetta II lo ha nominato Cavaliere dell’Impero Britannico, da cui il titolo di Sir.
Sposato dal 2002 con la multimilionaria di origini danesi e svedesi Kristina Tholstrup, Moore aveva alle spalle tre precedenti matrimoni; nel 2011 è tornato a recitare prendendo parte alla commedia natalizia Natale a Castlebury Hall, mentre nel 2013 partecipa al tv-movie The Saint, remake della famosa serie-tv degli anni sessanta di cui fu protagonista.
Si spegne il 23 maggio 2017, all’età di 89 anni e 7 mesi, a Crans-Montana, dopo una breve e intensa lotta contro il cancro. I funerali si sono svolti, per suo testamento, in forma privata, a Monaco.


Sir. Roger Moore
Sir. Roger Moore



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James Dean: il fascino del “Bello e Maledetto”

James Dean, riassume nella sua persona il titolo del suo più celebre film: Gioventù Bruciata. Pellicola nella quale ricopre il ruolo di un adolescente ribelle, dal nome Jim Stark. La sua incredibile popolarità deriva da soli tre film di cui è stato protagonista: La valle dell’Eden, Gioventù Bruciata ed Il gigante. Egli rappresenta una celeberrima icona culturale, sicuramente senza tempo, da cui ancora oggi molte persone traggono spunto sia per l’intramontabile classe nell’abbigliamento e sia per il suo atteggiamento da “Bello e Maledetto”.


James Dean


Studiò recitazione, frequentò l’Actors Studio e fu scelto, a soli 20 anni, per interpretare il personaggio di Cal Trask, nel film La valle dell’Eden. A James Dean si aprirono immediatamente  le porte del successo e fu presto considerato un eroe della gioventù americana, rappresentante del suo straniamento e della sua incomprensione: portavoce di un’intera generazione.


James Dean
James Dean



Lo stile di James Dean era semplice e pratico, rispecchiava i tempi che stava vivendo: contrario al conformismo e agli status sociali. Pettegolezzi dell’epoca sul suo conto lo ritraggono come un ragazzo amante del pericolo e bisessuale: frequentò i letti di molti personaggi di spicco del suo tempo. Una delle sue più grandi passioni fu quella per le auto, in particolar modo per le Porsche. Fu proprio su uno di questi veicoli brillanti che trovò la morte a soli a soli 24 anni, la sera del 30 settembre 1955 per la precisione, quando la sua Porsche Spider non poté evitare la collisione con un altro veicolo che aveva invaso la corsia che stava percorrendo.


James Dean
James Dean



Il suo motto fu:


“Sogna come se potessi vivere in eterno, vivi come se dovessi morire oggi”


I capi che lo contraddistinguono sono:


– I jeans Lee 101 Riders a sigaretta, taglio classico


– La polo a maniche corte bianca


– Giubbino di pelle nero


– Maglioni dalle tonalità marrone e ocra


– Completi eleganti sartoriali, dalle linee morbide


– Converse e stivaletti classici


James Dean
James Dean



Uno stile easy-chic, casual senza mai apparire indossato per caso, ma ancora impregnato di quella carica eversiva che gli ha regalato Dean, che torna a conquistare la moda. Le giacche a vento, perfetto connubio tra sport ed eleganza cittadina, capospalla ideale nei climi di transizione, hanno volumi definiti, lineari, ma la consistenza di materiali iper-moderni, neoprene e tessuti impermeabili di ultima generazione e si colorano di nuance accese, vitaminiche. L’abbinata perfetta è con il jeans a gamba dritta, dalle venature che gli regalano un’allure vissuta. Sono proprio i pantaloni il centro focale del look; sportivi con il giubbotto a vento, assumono un’aria di rilassata nonchalance se abbinati ad un blazer in tweed, la t-shirt coperta da una camicia di un bianco immacolato, come J. Compendio essenziale, boots in pelle, Chelsea e stivaletti.


James Dean
James Dean



James Dean rappresenta l’adolescente tipico con la sua espressione mutevole di un’età che custodisce gli stupori dell’infanzia, nella loro disarmante spontaneità, e l’asprezza di chi si affaccia al mondo incomprensibile degli adulti e cerca di abbatterne quelle convenzioni soffocanti, provando ad affermare quell’io ancora sfuggente a se stesso. Un’età senza età, la prima età in cui l’uomo comincia a vivere e che non dura mai abbastanza, quell’età immersa in mille pensieri e la cui profondità dello sguardo si perde in un orizzonte che solo pochi riescono ancora a vedere o forse non hanno mai visto. James Dean incarna l’età che da sempre irrita i conservatori per quella spasmodica ricerca di risposte sul motivo della nostra esistenza su questa terra, in cui i sentimenti vengono estremizzati, l’amore idealizzato e l’umore diventa vittima altalenante di ribellioni urlate ed altre ostinatamente silenziose.


James Dean
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Robert Redford : nato nell’anno degli Uomini Alfa

Andiamo verso la stagione autunnale e mi sembra doveroso consigliare agli uomini che vogliono farsi ispirare dalle vere icone di stile, un capo reso celebre da un certo signore, Robert Redford.
Il capo in questione è il Caban, un classico intramontabile, il cosiddetto giaccone da marinaio, diffuso ampiamente fra la gente di mare, pescatori e marinai, fin dal Settecento, dal Nord Europa al Nord America. In panno blu abbastanza pesante (circa 800 gr), presenta questi dettagli classici:


– doppiopetto con sei grossi bottoni;


– ampi revers che si possono chiudere e allacciare con un sottogola;


– maniche a giro;


– due tasche scaldamani verticali;


– linea dritta, confortevole;


– lunghezza a metà coscia.


Robert Redford - Caban
Robert Redford – Caban



Robert Redford - Caban
Robert Redford – Caban



Il 18 agosto del 1936 nasceva Robert Redford, uno degli attori e registi più carismatici e talentuosi di sempre, aiutato anche da un fascino che non passava inosservato… occhi azzurri, capelli biondi e un viso spigoloso che ancora oggi riscuote tanto successo, malgrado qualche ruga e la chioma imbiancata.
È facile dirlo adesso, ché è arrivato a 80 anni e quindi è ovvio tirare le somme, ma i tipi alla Robert Redford sembrano nati per contraddire e per avere, alla fine, sempre ragione loro. Sarà che è nato in un anno da uomini alfa, il 1936, lo stesso di Papa Francesco e di una pletora di fondatori di imperi. Sarà che al cinema ha messo assieme un bel campionario di outsider, personaggi ben determinati a smontare il sistema (da “La stangata” a “I tre giorni del Condor”). Sarà che viene da una famiglia scozzese-irlandese, ma il punto è: in quanti, Redford a parte, sarebbero riusciti ad impiantare un festival cinematografico sotto la neve dello Utah, nella terra dei Mormoni, una cosa nata con 13 volontari e che oggi attira 50 mila spettatori?


Robert Redford
Robert Redford



Redford possiede il fascino della sua terra, la California: indomito, primordiale, ribelle. Un luogo insieme elitario e popolare, con un’atmosfera incomparabile che nasce da un tormento interiore, impetuoso come le onde marine e il vento che smuove le cime dei pini marittimi. Robert Redford è l’esponente perfetto di un’estetica senza fronzoli e orpelli, che si nutre dell’essenziale, donando una luce particolare e personale ad ogni cosa.
In gioventù visse un periodo turbolento: figlio di una casalinga e di un lattaio, quando la madre morì, all’età di 19 anni decise di sperimentare la vita bohèmienne degli artisti europei, girando per l’Italia e la Francia. La delusione scaturita da questa esperienza fu così forte che tornò negli Stati Uniti e dopo l’incontro con la prima moglie, smise di bere e si iscrisse nel 1958 al “Prat Institut” di New York per studiare arte. Nello stesso anno uno dei suoi professori gli affidò il primo ruolo a Broadway e nel 1962, dopo alcune esperienze televisive, fece il suo debutto cinematografico come protagonista in “Caccia di Guerra” per la regia di Denis Sanders.


Robert Redford
Robert Redford



Robert Redford
Robert Redford



Consapevole del suo aspetto, estremamente americano, da ragazzo della porta accanto, è riuscito con il tempo a trasformarlo in un punto di forza, con un tocco di ironia che ha permeato ogni suo personaggio, anche quelli più drammatici. Robert Redford sapeva di essere un cliché vivente, la versione a tre dimensioni del nebuloso “sogno americano”, e su questo lavorava e attraverso questo si divertiva a stravolgere stereotipi e a demolire certezze. Cominciando dallo stile, del tutto diverso da quello che ci si sarebbe aspettati da un uomo con la sua fisicità e la sua presenza: un po’ British, un po’ reporter d’assalto, composto da giacche e berretti di tweed abbinati a jeans leggermente scampanati, completi sartoriali con camicie sportive, occhiali da aviatore con lenti fumé.


Robert Redford
Robert Redford



Robert Redford
Robert Redford



Robert Redford
Robert Redford



Nei suoi film, dava il meglio di sé nelle vesti di gentiluomo rampante, un po’ sprezzante, come il personaggio che interpretò ne “Il Grande Gatsby” nel 1974, vestito interamente da Ralph Lauren con abiti su misura e come non ricordarlo nei panni di John Gage in “Proposta Indecente” con la stupenda Demi Moore.


Robert Redford - The Great Gatsby
Robert Redford – The Great Gatsby



Robert Redford e Demi Moore - "Proposta Indecente"
Robert Redford e Demi Moore – “Proposta Indecente”



Non si può far finta di non vedere.
La moda maschile di questi tempi è zeppa di citazioni prese dal passato. Il lascito è evidente come un tratto genetico. Dal peacoat stile Robert Redford nei “Tre giorni del condor”, al giubbotto di James Dean in “Gioventù bruciata”. E poi il cappotto cammello di Richard Gere in “American Gigolò”, al berretto sempre di Redford nella “Stangata”. Uno stile cha fa venir voglia di aprire i bauli e tirare fuori pezzi d’epoca. Vintage va bene, anche perché potrebbe dare quel quid in più di personale allo stile, che stuzzica la sensibilità (modaiola) femminile, ma non bisogna esagerare. Altrimenti si rischia di sembrare un simpatico signore agé in gita a Las Vegas.
Banditi gentiluomini, miliardari libertini, giornalisti, cacciatori: Robert Redford ha dato volto e stile alle icone maschili di tre generazioni.


Robert Redford - "Proposta Indecente"
Robert Redford – “Proposta Indecente”



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Marlon Brando Stile in divisa: Jeans e T-Shirt

Definito come “il vero ribelle di Hollywood”, Marlon Brando ha rappresentato e rappresenta il simbolo di una cultura giovanile ribelle alle regole e alle convenzioni, un sex symbol di un’America appena uscita dalla guerra, con una forte voglia di cambiamento.
Il suo stile camaleontico è cambiato nel corso degli anni, in un gioco in cui è sempre stato lui a dettare le regole, ad esempio indossando jeans alle prime dei suoi film. Un carisma ed uno charme unici, capaci di rendere il suo iconico biker look fresco come fosse ancora nel suo periodo d’oro. Celebre per la sua rude mascolinità ed il suo sguardo pensieroso, fece sì che ogni ragazzo americano volesse diventare come lui, e ogni ragazza andasse in estasi vedendolo.


Marlon Brando
Marlon Brando



Nato ad Omaha, Nebraska, nel 1924, suo padre era un fabbricante di prodotti chimici di origine francese, mentre la madre era un’attrice. Brando, dopo l’Accademia Militare nel Minnesota, dalla quale fu espulso, frequentò la Nuova Scuola per la Ricerca Sociale e si trasferì poi a New York dove iniziarono i suoi studi in Arte Drammatica, diventando poi membro dell’Actor Studio dove fu allievo della acclamata Stella Alder, da cui apprese la tecnica attoriale del cosiddetto “Metodo Stanislavsky”. La sua grande occasione arrivò con il film “Un tram si chiama desiderio”, del 1951, per il quale ottenne la nomination all’Oscar come Migliore Attore.


Marlon Brando
Marlon Brando



Il suo inconfondibile stile iconico: Jeans e Maglietta


Jeans, T-Shirt bianca e giubbotto di pelle. Gli abiti indossati nel film “Il Selvaggio” del 1954, lo celebrarono Sex Symbol del momento, a fianco di James Dean e Montgomery Clift. Una chiave di lettura che ben riassume il suo essere fuori dagli schemi, un anti-eroe dallo spiccato lato oscuro. Una simbologia ripresa nel corso della storia del cinema e del piccolo schermo, con figure come Fonzie e Dylan McKay, gli anti-eroi di Happy Days e Beverly Hills 90210.
Per l’interpretazione di questo film, decise di frequentare diverse bande giovanili come quelle della pellicola, metodo Stanislavsky VOTO: 10


Marlon Brando "Il Selvaggio"  1954
Marlon Brando “Il Selvaggio” 1954



Così come molti attori del tempo, Brando possedeva uno stile unico, quasi una firma: il binomio T-Shirt bianca e blue jeans fu uno dei suoi principali look, accostato da un pacchetto di sigarette nella mano; la foto celebre in sella alla sua Triumph rossa del film “Il Selvaggio”, rese la giacca di pelle un must per i giovani, tutti volevano apparire con un’immagine mascolina da bad boy, ed ancora oggi se si sceglie di indossare un chiodo di pelle, sono convinto che si debba ringraziare il mood Brando. Con quel suo innegabile appeal, è diventato una Icona di stile senza tempo.


Marlon Brando  "Il Selvaggio" 1954
Marlon Brando
“Il Selvaggio” 1954



Brando conosceva anche l’eleganza, sapeva indossare bene un abito e quando lo faceva appariva terribilmente affascinante; nodo della cravatta stretto sopra, giacca abbottonata con rever a lancia, brillantina nei capelli, insomma, non c’è da stupirsi se ancora oggi il suo stile continui ad essere così influente. Come non ricordare la sua interpretazione nel “Padrino” di Francis Ford Coppola, dove durante il provino improvvisò lui stesso il trucco perfetto per Don Vito Corleone.


Marlon Brando  "Il Padrino" Part I
Marlon Brando
“Il Padrino” Part I



Marlon Brando
Marlon Brando



Il suo è un fascino da gioventù bruciata, molto in voga nel dopoguerra americano, segnato dalla guerra fredda e dall’avvento del nuovo benessere. La genesi di un mito e il ritratto della periferia americana, della sua realtà più vera e della costante voglia di evadere, di andare contro il sistema. Marlon Brando attraversa il XX secolo, riassumendo bellezza e dannazione e si rispecchia nel suo tempo. Il volto della seduzione, della sessualità, del crimine e del male lo rendono uno dei maggiori esponenti del ‘900, lato oscuro che caratterizza purtroppo anche la sua vita privata, i suoi amori, i suoi affetti famigliari e la sua morte nel 2004, solo ed in bancarotta.


Io lo ricordo così:


“Comprendere il pieno significato della vita è il dovere dell’attore, interpretarlo è il suo problema, ed esprimerlo è la sua passione”
Marlon Brando



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