Penelope Tree: icona della Swinging London

Un viso dai lineamenti particolarissimi, una bellezza che ridisegnò i canoni allora vigenti: Penelope Tree è stata una modella unica nel suo genere.

It girl della Swinging London e musa di fotografi del calibro di Diane Arbus e David Bailey (che fu anche suo compagno di vita per 6 anni), Penelope Tree ha un volto che non si dimentica facilmente.

Due occhi enormi dallo sguardo curioso e vivace, tratti fanciulleschi che la rendono simile ad un folletto ed una personalità sfolgorante ne hanno fatta un’indimenticabile icona.

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Viso dai lineamenti particolari ed occhi enormi, Penelope Tree ridisegnò i canoni di bellezza


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Icona della Swinging London e musa di David Bailey


Innumerevoli gli scatti pubblicati su Vogue, fotografie piene di pathos e poesia, interpretate da una icona geniale della moda mondiale.

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Penelope Tree nacque il 2 dicembre 1949


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La sua carriera nella moda venne inizialmente ostacolata dai genitori


Classe 1949, Penelope è nata a New York in una ricca famiglia di origine inglese dell’Upper East Side. Il padre Ronald è un politico e giornalista e la madre un’attivista e una socialite. Il conservatorismo della famiglia ostacola la carriera di Penelope nella moda, tanto che il padre, quando la vede ritratta per la prima volta in uno scatto di Diane Arbus, minaccia di portarla in tribunale.

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Look gipsy per Penelope Tree
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La modella fu fotografata da Diane Arbus, Cecil Beaton e David Bailey, di cui fu compagna nella vita

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Foto di Patrick Liechfield, 1969


Il debutto in società di Penelope avvenne durante il Ballo Bianco e Nero di Truman Capote: all’evento erano presenti oltre cinquecento persone, tutto il jet set newyorkese, personalità come Marella e Gianni Agnelli, Mia Farrow e Frank Sinatra e la madre di Penelope, la socialite Marietta Peabody Tree. Il dress code della serata imponeva outfit optical rigorosamente in bianco e nero, in linea con le tendenze dei Sixties. Protagonista indiscussa della serata fu la allora diciassettenne Penelope, la cui eterea bellezza incantò gli ospiti.

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Il compagno David Bailey definì Penelope Tree “un grillo parlante”
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Penelope Tree in Yves Saint Laurent

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La bellezza fuori dagli schemi di Penelope Tree


Poco dopo la ragazza, lottando contro il volere dei genitori, decise di trasferirsi a Londra, dove iniziò a lavorare come modella. Posò, tra gli altri, per Cecil Beaton, Richard Avedon e David Bailey. Dopo aver iniziato una relazione sentimentale con quest’ultimo, nel 1967 si trasferì nel suo appartamento a Primrose Hill. La genialità di David Bailey, che la definì “un grillo parlante”, contribuì a trasformare la sua bizzarra bellezza in un mito.

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Foto di David Bailey, 1968


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Scatto di David Bailey


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La comparsa di un’acne tardiva pose fine alla carriera di Penelope Tree nei primissimi anni Settanta


Il suo clamore negli anni Sessanta fu tale che venne spesso paragonata ai Beatles. Celebri, a questo proposito, le tre semplici parole con cui John Lennon la descriveva: “Hot hot hot, Smart Smart Smart”. Intelligente e sexy, Penelope lo era davvero, come testimonia la sua carriera nella moda, breve ma sfolgorante.

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Penelope Tree in uno scatto di John Cowan per Vogue, novembre 1969


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Look boho-chic tipico degli anni Sessanta


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La Tree era figlia di un giornalista ex deputato e di una socialite di origine inglese


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Ancora uno scatto di David Bailey


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Penelope Tree fotografata da David Bailey per Vogue 1969


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Foto di David Bailey, Vogue 1 agosto 1968


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Penelope Tree in India, foto di David Bailey, Vogue UK, gennaio 1968


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Vogue UK ottobre 1968, foto di David Bailey


Negli anni Settanta dovette abbandonare la sua attività a causa di un’acne tardiva. Fu il crollo di un mito. Passata in breve dagli albori delle cronache al dimenticatoio, nel 1972 fu arrestata per possesso di cocaina e due anni più tardi, nel 1974, si trasferì a Sydney dopo la fine della sua storia con Bailey.

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Uno scatto per Vogue, 1969


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Foto di David Bailey per Vogue, 1 gennaio 1969


Pochi anni dopo convolò a nozze con il musicista sudafricano Ricky Fataar, già membro di gruppi storici degli anni Settanta/Ottanta, come The Flames e i Beach Boys, da cui ebbe una figlia di nome Paloma. Dalla relazione con uno psichiatra australiano, Stuart MacFerlane, ebbe invece un figlio di nome Micheal.

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Ancora uno shoot ambientato in India, foto di David Bailey


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Mood bohémien


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Foto di David Bailey


Impegnata nel sociale e sul fronte umanitario, oggi l’ex modella è presidentessa di Lotus Outreach, un’organizzazione che si batte per il diritto allo studio delle ragazze della Cambogia. Il mito Penelope Tree è tornato a posare nel 2012 per il genio di Tim Walker, che ne ha colto l’essenza più intima. Inoltre ha preso parte ad un video di Mario Testino ed è stata testimonial per Barneys New York.

Diana Vreeland. La regina dello stile.

Nasceva oggi il personaggio più eclettico e rivoluzionario della moda. Unica, ironica come nessuna, visionaria, folle. Diana Dalziel poi Vreeland (cognome del marito) nasce a Parigi il 29 luglio del 1903. La madre, la socialite Emily Key Hoffman, vanta una parentela con George Washington e con Pauline de Rothschild.
Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale, la famiglia si trasferisce a New York, dove la giovane Diana fa il suo debutto in società nel 1922, comparendo -quasi una premonizione del suo imminente futuro- su Vogue proprio per l’occasione.
Due anni più tardi, il primo marzo 1924, sposa il banchiere Thomas Reed Vreeland, da cui avrà due figli.


Diana


La coppia si trasferisce per un periodo a Londra. Qui Diana apre una boutique che annovera tra le clienti Wallis Simpson. Frequenti sono i viaggi di Diana a Parigi, dove conosce Coco Chanel, nel 1926. Nel 1935 il lavoro del marito li riporta nella Grande Mela.


Diana


L’anno successivo, il 1936, segna l’inizio del mito di Diana Vreeland. Notata per il suo stile nel vestire da Carmel Snow, lungimirante fashion editor di Harper’s Bazaar, le viene proposta una rubrica all’interno del magazine. Nasce così “Why don’t you…?”, la rubrica che fece conoscere al mondo l’ironica Diana.


Diana


Deliziosamente sopra le righe, in bilico tra l’umorismo più sottile e certa leziosità femminile che mai passerà di moda, Vreeland gioca coi suoi lettori, consigliando loro, tra le altre cose, di “tappezzare le camere da letto dei loro figli di stampe tratte dagli atlanti geografici, affinché essi non crescano con un punto di vista provinciale”, o di “esaltare il biondo naturale dei loro capelli lavandoli con lo champagne”.


Diana


Lasciare carta bianca al suo genio fu certamente mossa vincente per la Snow, che di certo contribuì alla creazione di un mito. Diana Vreeland fu talent scout ante litteram. Innumerevoli sono i volti che scoprì, da Lauren Bacall a Marisa Berenson, da Twiggy a Loulou de la Falaise e ancora Penelope Tree, Jane Shrimpton, Veruschka von Lehndorff, Edie Sedgwick.


Diana


Affiancata come nuova fashion editor di Harper’s Bazaar da fotografi del calibro di Richard Avedon, Louise Dahl-Wolfe, Alexey Brodovitch, nel 1962 passò a Vogue: qui ricoprì l’incarico di editor-in-chief dal 1963 al 1971. Pochi anni, se vogliamo, ma durante i quali avvenne una vera e propria rivoluzione culturale. Diana Vreeland è forse la donna che ha maggiormente influenzato l’arte visiva e la cultura visiva del secolo scorso. Non solo una semplice fashion editor ma la protagonista di una vera e propria rivoluzione che ha interessato il panorama culturale in toto. Addentrarsi negli anni Sessanta, i fatidici Swinging Sixties, il decennio in assoluto più rivoluzionario, con una guida così progressista, era garanzia di successo.


Diana


Sopra le righe, certa che “troppo buon gusto fosse noioso e che un pizzico di cattivo gusto serviva a dare un po’ di sapore”, Diana Vreeland odiava le convenzioni e le vecchie ideologie legate allo stile. Il cognome da nubile, Dalziel, in gaelico antico “Io oso”, è già un programma. Celebri, le sue frasi, che ci aprono nuove prospettive.


Diana


Come quando si espresse sul bikini, che definì “l’invenzione più importante dai tempi della bomba atomica”. Una iron lady della moda, granitica e rivoluzionaria. Nel 1965 veniva annoverata dalla Hall of Fame tra le donne meglio vestite al mondo.


Diana


Clamorosamente licenziata da Vogue (ebbene sì, incredibile ma vero!), nel 1971 le venne affidato l’incarico di curatrice dell’Istituto di Costume del Metropolitan Museum of Art. Nel 1984 ultimò la sua autobiografia, “D.V.” e morì nel 1989 per un attacco cardiaco.


Diana


Nel settembre 2011 venne creato il sito a lei dedicato, mentre il suo impero viene oggi curato dal nipote Alexander Vreeland, che lo scorso anno le ha dedicato delle fragranze. Nel settembre 2011 é uscito invece il documentario The Eye has to Travel, a cura di Lisa Immordino Vreeland, moglie di Alexander.