Il glamour anni Cinquanta visto dall’obiettivo di Lillian Bassman

Fotografie come schizzi, in cui il colore tratteggia scene di un’antica e forse perduta eleganza. Mistero, allure e glamour, la filigrana spessa che sa di antico, l’arte di padroneggiare con disinvoltura l’esposizione e le sfumature: gli scatti di Lillian Bassman ci portano in una dimensione onirica in cui moda e arte si incontrano, in un mirabile gioco di chiaroscuri.

Un profilo appena illuminato da un raggio di luce, la curva delicata di un cappellino, l’ombra di un fiocco, e ancora la suggestione dei viaggi in treno, gli sguardi persi fuori dal finestrino, i pensieri che vagano: le foto di Lillian Bassman raccontano delle storie. Scatti intimi e delicati, all’insegna di un buon gusto oggi tristemente in disuso e di una femminilità che sa ancora di trine e vezzi. Fotografie che sanno di magia, l’artista Bassman riesce ad emozionare ad ogni scatto.

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Mary Jane Russell fotografata da Lillian Bassman per Harper’s Bazaar, Le Pavillon, New York, 1950
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Barbara Mullen con un cappotto di Ben Khan, Harper’s Bazaar New York, Novembre 1954
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Suzy Parker, Harper’s Bazaar, New York 1955
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Lillian Bassman nasce a New York il 15 giugno 1917

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Nella sua lunghissima carriera Lillian Bassman ha lavorato a lungo per Harper’s Bazaar


Nata il 15 giugno 1917 a Brooklyn da due intellettuali ebrei immigrati dall’Ucraina, Lillian studia alla Textile High School di Manhattan con Alexey Brodovitch e consegue il diploma nel 1933. Durante i suoi studi conosce il fotografo Paul Himmel, con cui convola a nozze nel 1935. Lillian Bassman è stata una delle fotografe di moda più longeve in assoluto: la sua lunghissima carriera inizia negli anni Quaranta, dapprima come assistente dello stesso Brodovitch, all’epoca direttore artistico di Harper’s Bazaar. Lillian firma un contratto per Junior Bazaar e successivamente per la rivista principale.

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Un ritratto di Lillian Bassman
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Evelyn Tripp per Harper’s Bazaar, New York 1954
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Barbara Vaughn in abito Ficol, New York, 1956

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Dovima. New York, 1954


Le prime foto sono a colori; sotto la guida di Brodovitch inizia invece a scattare prevalentemente in bianco e nero, dando vita a degli insuperabili capolavori stilistici. Tra i suoi maestri vi furono anche Richard Avedon e George Hoyningen-Heune, che la iniziò ai segreti della camera oscura. Dalla fine degli anni Quaranta fino ai primi anni Settanta il lavoro di Lillian Bassman nella fotografia di moda è incessante: la fotografa è mirabile testimone del glamour anni Cinquanta.

Le sue modelle in lingerie incantano e seducono con classe, le donne da lei ritratte mentre viaggiano da sole a bordo di eleganti vagoni di prima classe sono donne indipendenti, molto diverse dall’angelo del focolare tipicamente anni Cinquanta. Donne forti, come forti sono i contrasti delle sue foto.

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Lillian Bassman studiò presso la Textile High School di Manhattan con Alexey Brodovitch
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Suzy Parker fotografta da Lillian Bassman per Harper’s Bazaar, luglio 1955
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Il treno è una costante nelle foto di Lillian Bassman, dove sofisticate signore viaggiano in eleganza
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Delusa dalla fotografia di moda, negli anni Settanta la celebre fotografa distrusse i negativi che aveva conservato durante la sua vita

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Barbara Mullen in giacca Pauline Trigère e cappello Lilly Dachè. 1955


Presto delusa dalla fotografia di moda contemporanea, alla quale si sente via via più estranea, negli anni Settanta la Bassman distrugge tutti i negativi che aveva messo da parte: è il lavoro di una vita, e sarebbe stata una irrimediabile perdita se quegli stessi negativi non fossero stati ritrovati, nel corso degli anni Novanta. Un patrimonio smisurato dal valore incommensurabile, che testimonia quasi mezzo secolo.

Negli ultimi anni della sua vita Lillian Bassman si dedica alla pittura e all’insegnamento alla Parson’s School of Design. L’artista fa un ritorno trionfale nella moda solo negli anni Novanta, dove coniuga la camera oscura alla fotografia digitale. Sicura di sé, l’avvento del digitale non la spaventa e l’artista padroneggia con naturalezza anche Photoshop per manipolare le immagini.

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Mary Jane Russell, Le Pavillon, New York, Harper’s Bazaar, aprile 1955
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Uno scatto risalente al 1955
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Ancora il topos del viaggio in treno in uno scatto che cattura il glamour anni Cinquanta
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Cappellino Philipp Treacy, Vogue Germania, 1998
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Celebrazione della femminilità Fifties, i corsetti e le piume

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La lingerie anni Cinquanta protagonista degli scatti di Lillian Bassman


Nonostante gli anni di assenza dalla scena, Lillian Bassman viene acclamata come un guru della fotografia di moda ed è ricercatissima: John Galliano le commissiona diversi lavori, così come le riviste Vogue e New York Times. Nel 2009, dopo una vita trascorsa insieme e ben 73 anni di matrimonio, muore il marito Paul Himmel. La fotografa si spegne a Manhattan tre anni più tardi, il 13 febbraio del 2012, all’età di 94 anni. Ma i suoi scatti sono ricordati come degli assoluti ed originalissimi capolavori.

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La fotografa si è spenta nel febbraio del 2012
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Suzy Parker in turbante, 1952
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La fotografia di Lillian Bassman vede un delicato gioco di luci e una femminilità antica e sofisticata
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Ancora protagonista la lingerie
Barbara Mullen, 1958
Barbara Mullen, 1958

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Lillian Bassman per Gossard, 1997



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Paolo Solari Bozzi cattura sguardi ed emozioni nel libro fotografico “Zambian Portraits”, in esposizione a Milano

Fino al 22 settembre alla libreria Hoepli di Milano (Via Ulrico Hoepli, 5), sarà esposta un selezione di immagini di Zambian Portraits, il nuovo libro fotografico di Paolo Solari Bozzi – edito da Skira – che segue la prima pubblicazione dell’autore (Namibia Sun Pictures, Tecklenborg 2013), e che è un’ulteriore testimonianza del suo amore per la poesia dell’Africa e dei suoi popoli.

 

Paolo Solari Bozzi© - Great East Road # 1, Zambia, 2009
Paolo Solari Bozzi© – Great East Road # 1, Zambia, 2009

 

Per quattro mesi, nel 2014, Paolo Solari Bozzi ha viaggiato a bordo del proprio fuoristrada in compagnia della moglie Antonella attraverso lo Zambia, in totale autonomia, coprendo oltre diecimila chilometri, per lo più su strade sterrate e spingendosi fino alle zone più remote e sconosciute di questo affascinante Paese, comprese le paludi del Bengweulu, dove gli abitanti non hanno quasi mai incontrato un viaggiatore europeo.

 

Paolo-Solari-Bozzi©-Great-East-Road-3-Zambia-2014
Paolo Solari Bozzi© – Great-East-Road, Zambia 2014

 

Utilizzando macchine fotografiche meccaniche di medio formato e grandangoli, Paolo ha immortalato in 122 immagini in bianco e nero – sviluppate e stampate personalmente nella sua camera oscura – le persone incontrate, nel loro naturale habitat, per lo più lavorativo. Nel tentativo di captarne lo stato d’animo, il fotografo si è concentrato sulle loro espressioni facciali, in particolare sui loro sguardi.

 

Paolo Solari Bozzi © - Kawaun Village, Zambia 2014
Paolo Solari Bozzi © – Kawaun Village, Zambia 2014

 

Dopo aver viaggiato a varie riprese nei Paesi desertici del Maghreb, Paolo Solari Bozzi si è invaghito dell’Africa Australe, a tal punto da acquistare due lodge (Sausage Tree Camp e Potato Bush Camp), situati in Zambia in un Parco Nazionale, lungo le sponde del fiume Zambesi. In Zambian Portraits, il fotografo ritrae alcuni aspetti “di un Paese meraviglioso e  sconfinato, ricco di meraviglie umane e naturali, e di cultura” come ha spiegato lui stesso.

 

Paolo Solari Bozzi © - Near Lusaka , Zambia, 2014
Paolo Solari Bozzi © – Near Lusaka , Zambia, 2014

 

Durante i 70 giorni di viaggio trascorsi in Namibia nel 2010 e nel 2012 e i 4 mesi trascorsi nel 2014 in Zambia, Paolo Solari Bozzi ha affrontato ogni scattocon quel rispetto dovuto a chi ti ospita e non, come spesso vedo fare oggi, stravolgendo la scena e “mettendola in ordine”, insomma piegando gli scenari ai dogmi imposti dalle riviste patinate”.

 

Paolo Solari Bozzi© - Munali Coffee Farm, Zambia, 2014
Paolo Solari Bozzi© – Munali Coffee Farm, Zambia, 2014

 

L’uso del bianco e nero, “s’inserisce nel lungo filone di quei grandi fotografi e registi (uno per tutti: Ingmar Bergman) che hanno scelto la profondità, il dettaglio e la magia viva della monocromia per i propri capolavori. Sono sempre stato convinto che il colore, per quanto stupendo, distragga e non possa restituire l’animo delle persone, le loro cicatrici e sofferenze, il loro amore”.

 

Zambian Portraits_1