John Galliano si ispira allo charme della Marchesa Casati

Evocativa ed affascinante la collezione autunno/inverno 2017-18 di John Galliano, che ha sfilato nell’ambito della Paris Fashion Week.
Tanti i riferimenti storici che costituiscono ispirazione predominante di una prova magistrale per Galliano: il designer sceglie stavolta di lasciarsi ammaliare dallo charme di una delle donne più affascinanti della storia, protagonista di alchimie misteriose e leggendaria icona di stile, la marchesa Luisa Casati Stampa di Soncino (qui un pezzo su di lei). La blasonata musa nonché amante di Gabriele D’Annunzio, sublime incarnazione della dark lady per antonomasia, tra fascino sulfureo e suggestioni oniriche, diviene protagonista assoluta del défilé di Galliano. Largo ad un tripudio di suggestioni tailoring per capi ad alto tasso scenografico, che si alternano a note rétro, a partire dagli istrionici copricapi, che ricordano da vicino lo stile iconico della marchesa, figura di spicco del jet-set internazionale. Non era raro, secondo le cronache mondane dell’epoca, incontrarla per le calli veneziane vestita solo di una pelliccia, mentre portava a spasso le sue pantere. Emblema dello stile degli anni Venti, la marchesa incarnava certo dandismo in gonnella che all’epoca appariva quantomai rivoluzionario rispetto ai diktat imperanti sulla figura femminile: potenti gli echi del passato tornano in auge in una collezione che unisce mirabilmente note mannish alla femminilità Art Déco di capi impreziositi da balze, per silhouette svolazzanti e contrasti iconici. Potenti i capispalla in jacquard di seta, che raffigurano pattern floreali con crisantemi e tapestry che profuma di antico, tra pigiama palazzo e velluti dévoré impreziositi da motivi iconici. Non mancano maglie in mohair, bluse a collo alto e capi dalle suggestioni Thirties, in un trionfo di sete plissettate.

Dior, settant’anni di gloriosa storia

Settant’anni fa nasceva maison Dior.

Era l’8 ottobre del 1946, nelle mura di un appartamento collocato nell’8° arrondissement di Parigi. Qui inizia la storia di un’azienda unica, regale, che pone la donna al centro del suo universo.

Monsieur Christian Dior, dopo aver preso accordi con il magnate del tessile Marcel Boussac, costituisce giuridicamente l’omonima maison. L’apporto del ricco industriale francese era di tipo economico, Christian Dior aveva il completo comando della casa di moda.

 

L'iconica giacca Bar indossata da Marie - Thérèse (fonte immagine dior.com)
L’iconica giacca Bar indossata da Marie – Thérèse (fonte immagine dior.com)

 

 

Il couturier, affrontò la nuova sfida con destrezza, scontrandosi con le prime difficoltà da debuttante.

Raduna a sé 85 persone (sessanta erano le operarie) e inizia a lavorare sulla collezione primavera/estate che presenterà il 12 febbraio del 1947.

Delinea la silhouette dei capi; saranno due le linee che comporranno il défilé: En 8 e Corolle.

 

Il genio di YVes Saint Laurent
Il genio di YVes Saint Laurent

 

 

Nell’appartamento decorato in stile neo-Luigi XVI da Victor Grandpierre, nell’avenue Montaigne, presenta la primissima collezione dinanzi ad un pubblico ristretto. A sedere sulle poltrone c’è anche Carmel Snow, capo-redattrice di Harper’s Bazaar.

L’esclamazione pronunciata da Snow: “Mio caro Christian, i suoi abiti hanno un tale New Look“, ha decretato la nascita di un nuovo stile.

Icona del New Look è l’iconico tailleur Bar, ottenuta da monsieur Dior modellando la stoffa su un manichino che lui stesso aveva martellato per ottenere la linea desiderata. Il modello “numéro un, numbero one” indossato da Marie-Thérèse, annuncia l’inizio di un successo senza fine.

Alla sua morte, avvenuta a Montecatini Terme, il 24 ottobre 1957, fu Yves Saint Laurent, a soli 24 anni,  a prendere le redini della direzione creativa di Dior.

 

Marc Bohan (fonte immagine grsr.com)
Marc Bohan (fonte immagine grsr.com)

 

 

Debuttò con la primissima linea, chiamata Trapezio, nel 1958. Dopo solo due anni, chiamato al servizio militare, Yves cedette il suo incarico a Marc Bohan stilista per la maison per ben 26 anni.

Gli ultimi anni del suo comando sono imperversati da problemi economici. Occasione ghiotta per l’imprenditore francese Bernard Arnault che acquisisce il gruppo Boussac di cui fa parte. Al posto di Marc Bohan viene chiamato al comando Gianfranco Ferrè, il primo italiano alla direzione creativa di Dior. Restato in carica fino al 1997, riportò opulenza al marchio, andata perduta con Bohan.

 

Gianfranco Ferrè (fonte immagine fondazionegianfrancoferre.com)
Gianfranco Ferrè (fonte immagine fondazionegianfrancoferre.com)

 

 

A Ferrè fa seguito l’eclettico John Galliano.  Il “Pirata della moda” per quattro anni ha esaltato la fisionomia della maison con collezioni teatrali. La sua collaborazione in Dior viene bruscamente interrotta a causa del licenziamento del designer sopravvenuto come conseguenza di insulti antisemiti che lo stilista aveva mosso contro un gruppo di ebrei.

 

L'eclettico John Galliano (fonte immagine supertlab.com)
L’eclettico John Galliano (fonte immagine supertlab.com)

 

 

Dal 2012 al 2015, subentra Raf Simons: uno stilista garbato che ha riportato in auge le linee En 8 e Corolle  della maison, esaltando l’iconica Giacca Bar.

La sua creatività forse troppo controllata, non è stata apprezzata completamente dai vertici e dagli estimatori del marchio così nel 2015 viene allontanato da Dior.

 

Belgian fashion designer Raf Simons acknowledges applause after the presentation of Christian Dior's Spring-Summer 2016 ready-to-wear fashion collection, presented during the Paris Fashion Week, in Paris, Friday, Oct. 2, 2015. (AP Photo/Thibault Camus)
Raf Simons (fonte immagine ilpost)

 

 

Il 2016 segna un’importante novità in Dior. Per la prima volta, una donna prende le redini della maison. Lei è l’italiana Maria Grazia Chiuri che segna un nuovo ed importante passo nella storia dell’azienda.

 

Maria Grazia Chiuri, la prima donna designer di Dior (fonte immagine dior.com)
Maria Grazia Chiuri, la prima donna designer di Dior (fonte immagine dior.com)

 

 

La collezione primavera/estate 2017 appena presentata a Parigi (qui l’articolo) conferma la donna al centro dell’universo di Dior. E’ un ritorno alle origini in chiave moderna. Finalmente una donna veste le donne Dior.

 

 

Fonte cover bloor-yorkville.com

 

 

Trasparenze garbate per John Galliano

La collezione primavera/estate 2017 di John Galliano è un omaggio alla femminilità.

Generose trasparenze sono il fulcro del progetto creativo appena presentato a Parigi. Il romanticismo della griffe John Galliano è stato appurato da abiti baby doll. La lingerie è portata a vista grazie a trasparenze che lasciano ben visibili reggiseno in pizzo e culottes alte.

L’intera collezione gioca su linee mini, su piccole ruches che rivestono  l’intera lunghezza dei long dress e sulle asimmetrie.

Alla leggerezza degli abiti, si contrappongono over coats e giacche, quest’ultime arricchite da cintura in vita che valorizza, seppur in brevi termini, una collezione che facilmente potrebbe passare inosservata.

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Fonte cover Madame le Figaro

Fonte gallery vogue.com

 

Maison Margiela. John Galliano stupisce ancora

Il pirata della moda, sembra abbia trovato la mappa del tesoro e sull’Isola Maison Margiela, la ricchezza del suo estro creativo è stata ammirata.

John Galliano è un vero narratore di storie mai ascoltate. E’ un eclettico puro, capace di trasfigurare tutto il suo sapere, sulla stoffa.

E’ un sognatore? E’ un romantico? Di sicuro è un vincente! Vince ancora la sua arte, sempre fuori le righe. La sua collezione non è stucchevole; insomma, Galliano non è di certo l’ultimo arrivato che deve a tutti i costi catalizzare l’attenzione su di sé, pur di non perdere la poltrona.

 

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Sorprendenti e bizzarri, gli abiti prodotti da Galliano per Maison Margiela, rappresentano la storia stessa della maison.

Inneggiano ad una singolare haute couture, i volumi dei capi, spesso esagerati ma sapientamente sovrapposti.

Mood military chic, nel look “napoleonico” con il bicorno attualizzato abbinato ad un maxi parka e cuissard in gomma.

Non può che sorprendere l’anticonformismo adottato nei maxi guanti/calzini in maglia a coste, abbinati ad un abito sottana in pvc.

I cappotti sono over, perdendo la loro naturale vestibilità. Le maniche sembrano attratte dalla gravità, sprofondando verso terra.

 

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La donna Maison Margiela è stravagante e rompe le regole del bon ton. Come una rappresentazione goliardica, potremmo giudicare il defilé appena presentato dalla griffe francese o, per meglio dire, la riconferma di un grande stilista che detta legge nell’Haute Couture.

 

 

 

 

Fonte immagini Madame Figaro

Il glamour anni Cinquanta visto dall’obiettivo di Lillian Bassman

Fotografie come schizzi, in cui il colore tratteggia scene di un’antica e forse perduta eleganza. Mistero, allure e glamour, la filigrana spessa che sa di antico, l’arte di padroneggiare con disinvoltura l’esposizione e le sfumature: gli scatti di Lillian Bassman ci portano in una dimensione onirica in cui moda e arte si incontrano, in un mirabile gioco di chiaroscuri.

Un profilo appena illuminato da un raggio di luce, la curva delicata di un cappellino, l’ombra di un fiocco, e ancora la suggestione dei viaggi in treno, gli sguardi persi fuori dal finestrino, i pensieri che vagano: le foto di Lillian Bassman raccontano delle storie. Scatti intimi e delicati, all’insegna di un buon gusto oggi tristemente in disuso e di una femminilità che sa ancora di trine e vezzi. Fotografie che sanno di magia, l’artista Bassman riesce ad emozionare ad ogni scatto.

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Mary Jane Russell fotografata da Lillian Bassman per Harper’s Bazaar, Le Pavillon, New York, 1950
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Barbara Mullen con un cappotto di Ben Khan, Harper’s Bazaar New York, Novembre 1954
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Suzy Parker, Harper’s Bazaar, New York 1955
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Lillian Bassman nasce a New York il 15 giugno 1917

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Nella sua lunghissima carriera Lillian Bassman ha lavorato a lungo per Harper’s Bazaar


Nata il 15 giugno 1917 a Brooklyn da due intellettuali ebrei immigrati dall’Ucraina, Lillian studia alla Textile High School di Manhattan con Alexey Brodovitch e consegue il diploma nel 1933. Durante i suoi studi conosce il fotografo Paul Himmel, con cui convola a nozze nel 1935. Lillian Bassman è stata una delle fotografe di moda più longeve in assoluto: la sua lunghissima carriera inizia negli anni Quaranta, dapprima come assistente dello stesso Brodovitch, all’epoca direttore artistico di Harper’s Bazaar. Lillian firma un contratto per Junior Bazaar e successivamente per la rivista principale.

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Un ritratto di Lillian Bassman
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Evelyn Tripp per Harper’s Bazaar, New York 1954
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Barbara Vaughn in abito Ficol, New York, 1956

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Dovima. New York, 1954


Le prime foto sono a colori; sotto la guida di Brodovitch inizia invece a scattare prevalentemente in bianco e nero, dando vita a degli insuperabili capolavori stilistici. Tra i suoi maestri vi furono anche Richard Avedon e George Hoyningen-Heune, che la iniziò ai segreti della camera oscura. Dalla fine degli anni Quaranta fino ai primi anni Settanta il lavoro di Lillian Bassman nella fotografia di moda è incessante: la fotografa è mirabile testimone del glamour anni Cinquanta.

Le sue modelle in lingerie incantano e seducono con classe, le donne da lei ritratte mentre viaggiano da sole a bordo di eleganti vagoni di prima classe sono donne indipendenti, molto diverse dall’angelo del focolare tipicamente anni Cinquanta. Donne forti, come forti sono i contrasti delle sue foto.

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Lillian Bassman studiò presso la Textile High School di Manhattan con Alexey Brodovitch
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Suzy Parker fotografta da Lillian Bassman per Harper’s Bazaar, luglio 1955
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Il treno è una costante nelle foto di Lillian Bassman, dove sofisticate signore viaggiano in eleganza
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Delusa dalla fotografia di moda, negli anni Settanta la celebre fotografa distrusse i negativi che aveva conservato durante la sua vita

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Barbara Mullen in giacca Pauline Trigère e cappello Lilly Dachè. 1955


Presto delusa dalla fotografia di moda contemporanea, alla quale si sente via via più estranea, negli anni Settanta la Bassman distrugge tutti i negativi che aveva messo da parte: è il lavoro di una vita, e sarebbe stata una irrimediabile perdita se quegli stessi negativi non fossero stati ritrovati, nel corso degli anni Novanta. Un patrimonio smisurato dal valore incommensurabile, che testimonia quasi mezzo secolo.

Negli ultimi anni della sua vita Lillian Bassman si dedica alla pittura e all’insegnamento alla Parson’s School of Design. L’artista fa un ritorno trionfale nella moda solo negli anni Novanta, dove coniuga la camera oscura alla fotografia digitale. Sicura di sé, l’avvento del digitale non la spaventa e l’artista padroneggia con naturalezza anche Photoshop per manipolare le immagini.

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Mary Jane Russell, Le Pavillon, New York, Harper’s Bazaar, aprile 1955
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Uno scatto risalente al 1955
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Ancora il topos del viaggio in treno in uno scatto che cattura il glamour anni Cinquanta
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Cappellino Philipp Treacy, Vogue Germania, 1998
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Celebrazione della femminilità Fifties, i corsetti e le piume

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La lingerie anni Cinquanta protagonista degli scatti di Lillian Bassman


Nonostante gli anni di assenza dalla scena, Lillian Bassman viene acclamata come un guru della fotografia di moda ed è ricercatissima: John Galliano le commissiona diversi lavori, così come le riviste Vogue e New York Times. Nel 2009, dopo una vita trascorsa insieme e ben 73 anni di matrimonio, muore il marito Paul Himmel. La fotografa si spegne a Manhattan tre anni più tardi, il 13 febbraio del 2012, all’età di 94 anni. Ma i suoi scatti sono ricordati come degli assoluti ed originalissimi capolavori.

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La fotografa si è spenta nel febbraio del 2012
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Suzy Parker in turbante, 1952
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La fotografia di Lillian Bassman vede un delicato gioco di luci e una femminilità antica e sofisticata
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Ancora protagonista la lingerie
Barbara Mullen, 1958
Barbara Mullen, 1958

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Lillian Bassman per Gossard, 1997



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L’arte fotografica di Louise Dahl-Wolfe

C’era una volta lo spettacolo spettacolare di John Galliano per Christian Dior

Vi trasportiamo nella teatralità di cinque sfilate di Haute Couture che, grazie all’estro di Galliano, resteranno per sempre impresse nella Storia della Maison.

Mentre nel 2015 si annuncia la fine dello stile normcore, l’avvento del genderless e un vago ricordo della tendenza hipster, a suon di condivisioni su Instagram e estemporanei video su Snapchat, il ricordo vola all’enfasi e all’aura che circondavano l’universo moda appena qualche decennio fa.
La democratizzazione è in atto e la visualizzazione delle sfilate in HD rende la virtualità un effettivo passepartout per il sistema.
Facendo un passo indietro nel tempo riaccendiamo insieme la tv sintonizzata sui notiziari che ci trasportavano nel fantasmagorico mondo delle sfilate di Haute Couture parigine, legate indissolubilmente all’immaginario iconico di John Galliano per Christian Dior.
Misticismo teatrale e coinvolgimento dei sensi, davanti allo schermo si veniva trasportati in un mondo parallelo fatto di mirabolanti creature in passerella, talvolta grottesche, senza riuscire a distinguere la linea di confine tra effettiva realtà e finzione. Sin dalla produzione scolastica , presso la Central Saint Martins School di Londra, il designer si è ispirato alle arti e alla storia, tanto da ideare, come progetto di tesi, una collezione dedicata agli Incroyables, passata oramai agli annali.
Un imprinting fatto di amore per il costume trasmesso dalla madre, insegnante di flamenco, che amava fargli indossare gli abiti più stravaganti.
Tradizione che Galliano non ha perso nel corso degli anni, infatti, la ciliegina sulla torta di ogni fashion show era la sua uscita in abito da scena.
Annoverato più volte tra i migliori designer britannici, espatriato da Londra a Parigi, prima di approdare a Dior, dal 1997 al 2012, ebbe un’esperienza da Givenchy. La fine della sua carriera presso la Maison francese venne segnata da un video in cui rivelava affinità con l’antisemitismo. Collaborazione troncata e ritorno sulle passerelle solo nel gennaio di quest’anno, con la firma delle nuove collezioni Martin Margiela.
Per rivivere le emozioni epidermiche, di quelle che configureranno per l’eternità come memorabili passerelle di Alta Moda, ecco un excursus esplicativo da portare impresso nella mente:

Il Dior Express attraversa la Cina e il Giappone per un viaggio attraverso le meraviglie dell’Asia e i suoi broccati.

Ispirato dall’ Antico Egitto il couturier porta in passerella il lusso estremo della Valle dei Re estrapolato dai geroglifici e dagli affreschi tombali.

In un giardino in cui rivive l’era edoardiana, tra ricami e trasparenze, si racconta la storia del centenario di Christian Dior reincarnato nella sensualità di suadenti dive.

Trasportati in un feudo medievale, con tanto di labirinto nel castello, Galliano si perde tra moderne Giovanna d’Arco e Carmina Burana.

Un salto in Oriente per raccontare la triste storia d’amore tra Madame Butterfly e il Capitano Pinkerton. Così il New Look di Christian Dior si incastra perfettamente alla tradizione giapponese fatta di origami.