Addio a Pierre Bergé: ex socio e compagno storico di Yves Saint Laurent

Lutto nel mondo della moda: si è spento, all’età di 86 anni, il celebre imprenditore francese Pierre Bergé. Malato da anni di miopatia, si è spento nella sua residenza a Saint Rémy-de-Provence, in Francia. A darne la triste notizia è stata la stessa fondazione Pierre Bergé-Yves Saint Laurent.

Bergé, nel 1961, è stato cofondatore della rinomata Casa Yves Saint Laurent Couture. Dopo la sua chiusura, è divenuto presidente della Fondazione Pierre Bergé-Yves Saint Laurent. Oggigiorno, l’imprenditore francese viene ricordato soprattutto per la sua lunga relazione sentimentale con il socio Yves Saint Laurent. Anche dopo la sua fine, avvenuta in maniera ufficiale nel 1976, Bergé rimarrà al fianco del compagno fino alla sua morte avvenuta nel 2008 per colpa di un tumore al cervello. La sua passione per il grande couturier è durata innumerevoli anni, nonostante i vizi risaputi di YSL. In merito al suo amore folle, diceva: «Yves aveva bisogno di fare le esperienze anche estreme che si facevano nella Swinging London. A me diceva sempre che ero noioso, troppo preciso. Mi amava molto, su questo non ho mai avuto dubbi, però io non bevevo, non mi drogavo, facevo una vita molto normale».

Pierre Bergé è stato nel corso della sua vita un uomo provocatorio, amante dell’arte e della cultura. Egli stesso si autodefiniva un “artista mancato”. In occasione di un’intervista, durante la quale gli è stato domandato cosa avrebbe fatto se avesse avuto 20 anni, ha affermato: “Non lo so. Forse farei il terrorista. Poi guardo a quello che succede oggi e capisco l’inconsistenza di questa affermazione. Però ne apprezzo la provocazione. Viviamo in un’era di politically correct, termine odioso che per me rappresenta la morte dell’intelligenza. Bisogna tornare a essere radicali e a seguire le proprie convinzioni senza paure, fino in fondo”.

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In vita, si è molto battuto per la difesa dei diritti degli omosessuali, lottando sempre al fianco del compagno. Sempre durante un’intervista, egli ha dichiarato: “L’omosessualità è quello che è, non è una deviazione o una malattia. Yves aveva un po’ paura a parlare di questo, era un giovane timido venuto dall’Algeria. Ma io l’ho aiutato ad andare avanti per la sua strada. Volevo che diventasse il centro del mondo“.

Femminicidio: un drappo rosso per Sara e ancora casi di violenza sulle donne

Non si è ancora placato il dolore per la sorte di Sara di Pietrantonio, la ragazza di 22 anni bruciata dall’ex fidanzato a Roma sabato scorso, e già si affacciano alla cronaca nuovi casi di violenza sulle donne. Martedì a Bologna una donna incinta ha subito un tentativo di avvelenamento da parte del fidanzato. 34 anni, incinta al settimo mese, si sarebbe sentita male dopo aver ingerito un sorso di una bibita gassata che conteneva soda caustica. Dopo le iniziali ipotesi di incidente, il fidanzato ha ammesso di aver versato nella bottiglia una sostanza irritante che ha provocato alla compagna lesioni all’esofago e allo stomaco. Non si conosce ancora il movente, ma l’ipotesi più plausibile sembra quella di aver voluto provocare un aborto. Risale anch’esso a martedì il caso di un sospetto suicidio a Milano. Carlotta Benusiglio, 37 anni, è stata trovata all’alba impiccata a un albero tramite una sciarpa. La famiglia però non crede all’ipotesi del suicidio in Piazza Napoli. Carlotta era una donna felice, che stava realizzando il sogno di lavorare come stilista, era circondata da amici che ha visto anche poche ore prima di morire. “Mia sorella stava bene, era serena – ha dichiarato la sorella della vittima – l‘ultima che l’ha sentita è stata mia madre, il lunedì alle 11 di sera. Si sarebbero dovute vedere insieme per mangiare a pranzo proprio martedì. E una madre sente se la figlia sta bene o no“. La famiglia pensa a un ennesimo caso di femminicidio, poiché Carlotta era stata più volte al pronto soccorso negli ultimi mesi a causa di litigi con il fidanzato, che aveva denunciato per lesioni.


Casi di violenza sulle donne (accertata o sospettata) che dividono in due l’opinione pubblica. Il caso di Sara, bruciata dall’ex fidanzato dopo averla strangolata, ha provocato un’indignazione generale anche per la decisione del gip Paola Della Monica di escludere la premeditazione, pur convalidando il fermo a Vincenzo Paduano e le accuse di omicidio volontario e stalking. Ma se da un lato l’omicidio di Sara a Roma è stato un episodio di violenza inaudita che ha provocato reazioni di sdegno e iniziative come quella del drappo rosso contro il femminicidio, c’è ancora chi critica l’uso di questo termine. “Un omicidio è un omicidio, non importa il sesso della vittima” si legge sui social. Ma frasi come questa, seppur applicabili a determinati casi, sono fuorvianti verso quello che è un problema sociale e culturale che sta sfuggendo di mano. Viviamo in una società che ancora, nonostante le parole spese al vento per la libertà e l’emancipazione, sbeffeggia una donna che dice NO. Che dice NO all’uomo che vuole tornare con lei, all’uomo che vorrebbe farla abortire, all’uomo che vuole avere un rapporto sessuale qui e ora. La donna non ha ancora, in una cultura che si definisce moderna e civile, il diritto di scegliere per sé. Perché se sceglie di lavorare o di non lavorare, di avere più partner sessuali o solo uno per tutta la vita, se sceglie di vestirsi come vuole, se sceglie di avere figli o di non averne, di dedicarsi alla carriera o alla famiglia, sarà sempre criticata. Il minimo che possa augurarsi è di essere chiamata una poco di buono. E se poi una donna incinta viene avvelenata, una ragazza bruciata viva, una donna impiccata in circostanze sospette, sicuramente si troverà un modo per pensare che sia stata colpa sua.