Le Donne del Whisky

“Come awa’ ben, I’m just baking.” (Entrate, sto cucinando)

Queste le parole attribuite ad Helen Cumming, matriarca che portò la famiglia dall’essere distillatori illegali fino a diventare pilastri dell’establishment, mentre apriva la porta agli agenti delle accise locali pronte alla verifica degli alambicchi illegali che sicuramente lei gestiva.

Si narra che quando questo succedeva nella Cardow Farm, successivamente rinominata Cardhu nel 1981, Helen era solita preparare un pasto ai funzionari delle gabelle e mentre loro si rifocillavano lei senza farsi notare issava una bandiera rossa dietro casa per avvisare i vicini dell’imminente controllo. 

Quando l’Excise Act del 1823 permise la distillazione legale furono proprio i Cummings ad acquistare una delle prime licenze. Mantenendo le qualità degli alambicchi e non volendo far seguito alla fase di forte espansione restarono una delle più piccole distillerie di Scozia guadagnandosi il rispetto dei competitors per la gran qualità del suo prodotto.

distillerie Cardhu in Scozia

Nel 1872 un’altra importante donna nella storia di Cardhu prese le redini della Farm e della distilleria, Elizabeth Cumming. Due decenni di innovazione tra cui la registazione del marchio e la costruzione di una nuova distilleria per stare al passo con la crescente domanda. I vecchi alambicchi furono venduti a William Grant che stava costruendo una sua distilleria chiamata Glenfiddich.

Nel 1886 fu proposto ad Elizabeth, da uno dei loro più grandi clienti, di vendere la distilleria. Il suo pensiero fu:

“Non potevo assolutamente nutrire un’idea del genere poiché non avrebbe reso giustizia alla mia famiglia”.

Tuttavia nel settembre 1893 accettò di vendere Cardow alla John Walker & Sons per £ 20.500, più 100 azioni della società per un valore di £ 5.000 ed un posto nel consiglio per suo figlio John, a cui sarebbe stato pagato un stipendio minimo annuo di £ 200.

Elizabeth Cummings morì un anno dopo la vendita che si rivelò una manovra fondamentale per la sopravvivenza della famiglia e della distilleria che si sarebbe trovata ad affrontare la recessione dovuta al “Pattison Crash” del 1898.

Grazie alla tenacia e lungimiranza delle donne Cumming oggi Cardhu si fregia di essere una delle più vecchie distillerie dello Speyside e di produrre un whisky single malt realizzato esclusivamente con malto d’orzo ed invecchiato minimo 12 anni in botti di rovere americano “ex bourbon”. 

Nel suo sapore leggero ma ben strutturato troviamo note aromatiche che lo rendono semplice ma non semplice in quanto regala sfumature delicate ma allo stesso tempo dolci e leggermente fruttate. Al naso ritroveremo miele, pere mature, erbe aromatiche, cacao ed un punto di fumo che lasceranno spazio, dopo essere passato in bocca, a note di pere e mele, miele, cioccolato e spezie dolci. Il finale racchiude  sentori di miele, biscotto, cereali tostati e cioccolato leggero.

Ava Gadner e Frank Sinatra

Ad Ava Gadner la chiusura di questa pagina con le sue parole:

“Voglio vivere fino a 150 anni, e il giorno in cui muoio voglio avere una sigaretta in una mano e un bicchiere di whisky nell’altra.”






(in copertina Errol Flynn and Beverly Aadland, 5th May 1959)

Le frasi sessiste contro le donne: “Non vuoi avere figli?”, “Hai le tue cose?”

Ogni giorno vengono utilizzate alcune parole nei confronti delle donne che risultano sessiste pur non facendoci molto caso.
L’effetto provocato non è quello dello sdegno o della vergogna, bensì di una consapevolezza taciuta: le donne sono oggetto di una sottocolutura maschilista che si è cementata all’interno della società in cui viviamo.


Il regista e fotografo Pietro Baroni e Luz hanno voluto girare un video che portasse alla luce alcune delle frasi che lasciano il ruolo della donna in un contesto di scherno, derisione e disagio nei confronti del mondo.
Non è facile tirarsi fuori da luoghi comuni, da generazioni e generazioni di cultura maschilista che ha deciso di annientare il ruolo della donna per primeggiare in un limbo sociale gerarchico.
Il progetto intitolato “Parole d’Amore – Words of love” vuole essere un invito non agli uomini affinché smettono di discriminare, offendere e deridere la femminilità, bensì alle donne affinché siano consapevoli di queste frasi sessiste e riescano a non cedere ad essere, a non sentirsi come il mondo vuol che si sentano.


Ecco #ParoleDAmore.

BEAUTY – BELLEZZE OLIMPICHE – LA BELLEZZA VINCE AI GIOCHI OLIMPICI DI RIO 2016.

BEAUTY- Durante i giochi Olimpici di Rio abbiamo visto tantissimi talenti, ma oltre al talento c’è chi possiede anche il dono della bellezza. Questa edizione ci ha presentato tante donne sexy, affascinanti, capaci e competitive che hanno sostenuto grandi valori come la solidarietà.

Da esempio la schermitrice Elisa Di Francisca, che ha dedicato la sua medaglia d’oro alle vittime del terrorismo di Parigi e Bruxelles, sventolando la bandiera dell’Unione Europea.


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Ci sono donne che si sono distinte per il loro credo nella pace e nell’uguaglianza come Ibtihaj Muhammad, prima giovane schermista del team statunitense, a partecipare alle Olimpiadi con il velo, dando vita ad un grande coinvolgimento delle donne islamiche nello sport. C’è chi ritiene che la partecipazione femminile delle donne musulmane non si addica ai Giochi Olimpici: per fortuna, ad infrangere questi preconcetti ci pensano le dirette interessate, dimostrando coraggio, determinazione, talento e dedizione. Non solo nel conquistare una medaglia ma soprattutto nel rappresentare tutta una categoria sociale e lottare con essa per nuove future opportunità.


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Vi mostriamo le bellezze di Rio che hanno ammaliato il mondo, sotto una veste sexy come non siete abituati a vederle:


Brazie – Jacqueline Carvalho (Pallavolo)


In piedi a 185,928 cm da terra, questa bella bruna è la giocatrice di pallavolo dalle curve perfette che sicuramente qualsiasi squadra vorrebbe dal proprio lato del campo.
Vincitrice di due medaglie d’oro e un premio Best Spiker dal 2010 FIVB World Grand Prix.


Qui vediamo Jacqueline nello spot Pantene accanto a Gisele
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USA Natasha Hastings ( Sprinter )
Etichettata la “Diva dei 400m” durante i suoi anni di college all’Università del South Carolina . Natasha quest’anno volerà verso il traguardo ancora una volta dopo la vittoria d’oro olimpico nel 2008 .


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Olanda – Ellen Hoog (Field Hockey)
Stella affermata alle Olimpiadi, la giocatrice di hockey Ellen Hoog è tornata ancora una volta a dimostrare che la sua statura non impedisce al pubblico di riconoscere il suo nome come uno delle migliori atlete del mondo .


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Gran Bretagna – Amber Hill (Tiro a segno)
A 18 anni, Amber Hill è diventata una delle tiratrici più complete della Bretagna, grazie alle classifiche top e medaglie da lei guadagnate nelle molteplici competizioni internazionali. Inoltre è sponsorizzata da una ditta di lingerie sensuale : ma non aspettatevela armata di pistola in pizzo nero!


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Femminicidio: un drappo rosso per Sara e ancora casi di violenza sulle donne

Non si è ancora placato il dolore per la sorte di Sara di Pietrantonio, la ragazza di 22 anni bruciata dall’ex fidanzato a Roma sabato scorso, e già si affacciano alla cronaca nuovi casi di violenza sulle donne. Martedì a Bologna una donna incinta ha subito un tentativo di avvelenamento da parte del fidanzato. 34 anni, incinta al settimo mese, si sarebbe sentita male dopo aver ingerito un sorso di una bibita gassata che conteneva soda caustica. Dopo le iniziali ipotesi di incidente, il fidanzato ha ammesso di aver versato nella bottiglia una sostanza irritante che ha provocato alla compagna lesioni all’esofago e allo stomaco. Non si conosce ancora il movente, ma l’ipotesi più plausibile sembra quella di aver voluto provocare un aborto. Risale anch’esso a martedì il caso di un sospetto suicidio a Milano. Carlotta Benusiglio, 37 anni, è stata trovata all’alba impiccata a un albero tramite una sciarpa. La famiglia però non crede all’ipotesi del suicidio in Piazza Napoli. Carlotta era una donna felice, che stava realizzando il sogno di lavorare come stilista, era circondata da amici che ha visto anche poche ore prima di morire. “Mia sorella stava bene, era serena – ha dichiarato la sorella della vittima – l‘ultima che l’ha sentita è stata mia madre, il lunedì alle 11 di sera. Si sarebbero dovute vedere insieme per mangiare a pranzo proprio martedì. E una madre sente se la figlia sta bene o no“. La famiglia pensa a un ennesimo caso di femminicidio, poiché Carlotta era stata più volte al pronto soccorso negli ultimi mesi a causa di litigi con il fidanzato, che aveva denunciato per lesioni.


Casi di violenza sulle donne (accertata o sospettata) che dividono in due l’opinione pubblica. Il caso di Sara, bruciata dall’ex fidanzato dopo averla strangolata, ha provocato un’indignazione generale anche per la decisione del gip Paola Della Monica di escludere la premeditazione, pur convalidando il fermo a Vincenzo Paduano e le accuse di omicidio volontario e stalking. Ma se da un lato l’omicidio di Sara a Roma è stato un episodio di violenza inaudita che ha provocato reazioni di sdegno e iniziative come quella del drappo rosso contro il femminicidio, c’è ancora chi critica l’uso di questo termine. “Un omicidio è un omicidio, non importa il sesso della vittima” si legge sui social. Ma frasi come questa, seppur applicabili a determinati casi, sono fuorvianti verso quello che è un problema sociale e culturale che sta sfuggendo di mano. Viviamo in una società che ancora, nonostante le parole spese al vento per la libertà e l’emancipazione, sbeffeggia una donna che dice NO. Che dice NO all’uomo che vuole tornare con lei, all’uomo che vorrebbe farla abortire, all’uomo che vuole avere un rapporto sessuale qui e ora. La donna non ha ancora, in una cultura che si definisce moderna e civile, il diritto di scegliere per sé. Perché se sceglie di lavorare o di non lavorare, di avere più partner sessuali o solo uno per tutta la vita, se sceglie di vestirsi come vuole, se sceglie di avere figli o di non averne, di dedicarsi alla carriera o alla famiglia, sarà sempre criticata. Il minimo che possa augurarsi è di essere chiamata una poco di buono. E se poi una donna incinta viene avvelenata, una ragazza bruciata viva, una donna impiccata in circostanze sospette, sicuramente si troverà un modo per pensare che sia stata colpa sua.

Papa Francesco: donne diacono, storica apertura della Chiesa

Papa Francesco ha spiazzato tutti ieri, parlando del ruolo delle donne nella Chiesa durante l’udienza con l’Unione internazionale delle superiori generali. Per secoli la presenza femminile nelle cariche religiose è stata quasi un tabù, ma Bergoglio è pronto a mettere in discussione la questione. La proposta è quella di permettere il diaconato femminile: si tratta del primo grado dell’ordine sacro, con cui si possono celebrare per esempio i matrimoni e i battesimi. Dialogando con le suore, Francesco ha raccontato di essersi posto la questione qualche anno fa con un «buon, saggio professore». Le donne diacono erano presenti nella Chiesa primitiva, ma il loro ruolo e le loro funzioni sono tuttora sconosciuti. «Mi sembra utile avere una commissione che chiarisca bene questo ruolo» ha detto il Papa nel corso dell’incontro.


Non è la prima volta che la questione del clero esclusivamente maschile e del ruolo della donna nella Chiesa vengono messi in discussione. Sembra che Bergoglio si è sempre interessato alla cosa, probabilmente influenzato dalla sua provenienza sudamericana. Lì le cariche clericali al maschile sono un vero problema per la Chiesa cattolica, tanto da favorire la partecipazione femminile alle sette. Subito dopo la sua elezione, Papa Francesco ha parlato di “teologia delle donne” e in una lunga intervista del 2013 ha dichiarato «Le donne stanno ponendo domande profonde che vanno affrontate. La donna per la Chiesa è imprescindibile. Il genio femminile è necessario nei luoghi in cui si prendono decisioni importanti. La sfida oggi è proprio questa». Ancor prima, nel Congresso Eucaristico di Siena 1994, era stato il cardinale Carlo Maria Martini a proporre di reinserire la figura delle donne diacono nella Chiesa cattolica. Proposta ripresa nel Sinodo dei Vescovi lo scorso ottobre dal reverendo Jeremias Schroeder, presidente della Congregazione benedettina di St.Ottilien, in Baviera, senza però avere alcun seguito.


Riprendendo il discorso sulle donne diacono ieri all’udienza dell’Uisg, Papa Francesco si è detto pronto a coinvolgere le donne nelle posizioni decisionali, auspicando «anche che possano guidare un ufficio in Vaticano». Non si tratta di femminismo, ha concluso il Pontefice, ma di «un diritto di tutti i battezzati: maschi e femmine».

Salute femminile: da domani visite gratuite negli “ospedali in rosa”

Una giornata dedicata alla salute della donna: il 22 aprile, data di nascita di Rita Levi Montalcini, diventa un’occasione per informarsi, conoscere, prevenire le malattie e i problemi di salute delle donne. La Giornata nazionale dedicata alla salute della donna, istituita dal Ministro della Salute Beatrice Lorenzin, è promossa da Onda (Osservatorio Nazionale sulla salute della Donna) e segue il motto “Chiedi, conosci e previeni“. Tantissimi ospedali in Italia, contrassegnati dal bollino rosa (l’elenco è consultabile sul sito ufficiale di Onda) offriranno visite mediche ed esami strumentali gratuiti, consulti e risposte a domande sulla salute femminile, sulla gravidanza, sulla cura dei neonati.


Le aree specialistiche coinvolte sono sono: diabetologia, dietologia e nutrizione, endocrinologia, ginecologia e ostetricia, malattie cardiovascolari, malattie metaboliche dell’osso, neurologia, oncologia, reumatologia, senologia e sostegno alle donne vittime di violenza. “Migliorare l’accesso delle donne al Servizio Sanitario Nazionale, promuovere l’informazione sulle diverse patologie femminili per garantire un progresso nella Medicina di genere, sono tra gli obbiettivi dei 248 ospedali con i Bollini Rosa“, spiega Francesca Merzagora, Presidente di Onda. L’iniziativa andrà avanti fino al 28 aprile, coprendo un’intera settimana detta (H)Open Week. La giornata inaugurale si aprirà con il Laboratorio Gestazionale, un evento a Roma in cui si discuteranno le azioni da realizzare nei prossimi anni per tutelare la salute delle donne. Articolato in 10 tavoli su temi diversi, il laboratorio coinvolgerà associazioni di settore, esperti del Ssn, professionisti del mondo dei media, associazioni di cittadini.


Tante le associazioni di settore che si sono schierate a favore di iniziative come questa, tra cui Federfarma che domani offrirà a tutte le donne una misurazione gratuita della pressione arteriosa e che ha inaugurato lo spazio informativo virtuale “Lo sai mamma?“. Sul sito di Federfarma si potranno infatti consultare le schede informative relative a problemi e malattie del neonato e del bambino, in collaborazione con l’Istituto Irccs di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano e l’Associazione culturale pediatri. “La farmacia è molto sensibile al tema della salute femminile – afferma la presidente della federazione titolari, Annarosa Racca – perché ogni giorno vi entrano con fiducia oltre 2 milioni di donne, che cercano consigli e risposte per soddisfare le proprie esigenze di salute, ma anche e soprattutto quelle dei loro familiari. Dalla nostra esperienza quotidiana risulta infatti che sulle donne pesa la responsabilità della salute della famiglia e che le donne pensano più alla salute dei propri cari che alla loro. Ben venga, quindi, una giornata per sensibilizzare le donne sui loro diritti di cura e sui doveri di prevenzione“.

Donne e tecnologia: Microsoft incentiva la formazione con il progetto Nuvola Rosa

Si chiama Nuvola Rosa il progetto di Microsoft dedicato alle donne che vogliono lavorare nell’ambiente digitale, presentato oggi a Roma. Giunto alla quarta edizione, Nuvola Rosa si dedicherà quest’anno al sud Italia, e in particolare a tre città: Bari, Napoli e Cagliari. Nelle giornate tra il 9 e il 13 maggio, mille ragazze italiane e straniere tra i 17 e 24 anni potranno seguire dei seminari gratuiti a tema donne e tecnologia. Dai social media al personal branding, dal marketing allo storytelling, i corsi offriranno una panoramica completa delle competenze da sviluppare per poter lavorare efficacemente sul web.


Dopo Firenze, Roma e Milano, protagoniste delle passate edizioni, Nuvola Rosa si dedica quest’anno alle grandi città meridionali per permettere alle loro donne di aprirsi al mondo digitale e cercare lavoro nel web. Durante i seminari, infatti, laureande e neolaureate potranno partecipare ai colloqui con le aziende partner e ottenere concrete offerte di lavoro. In Italia la presenza femminile nelle aziende informatiche raggiunge appena il 28-30% del totale, e va peggio nelle startup. Nelle aziende di nuova creazione le donne sono solo il 13,1%. “Tra il 2013 e il 2025 – racconta l’amministratore delegato di Microsoft Italia Carlo Purassanta – la Commissione UE stima la disponibilità di 2,3 milioni di posti di lavoro nelle scienze e nell’ingegneria, eppure noi stessi troviamo grosse difficoltà a reperire risorse femminili con competenze in questi ambiti“.


Con progetti come Nuvola Rosa di Microsoft, o Crescere in Digitale di Google e Unioncamere (rivolto a partecipanti di entrambi i sessi) l’Italia si apre a nuovi mercati e sperimenta nuove opportunità di lavoro per i suoi giovani.

Donne e successo: quando la voglia di riscatto prevale su tutto

C’è chi si lamenta del proprio status sociale senza muovere dito e chi smuove mari e monti pur di arrivare in alto.

Se nascere sotto una buona stella è già di buon auspicio, è altrettanto vero che fissare i propri obiettivi nella bacheca delle nostre priorità è un gran passo avanti per il proprio riscatto.

Questo è quanto accaduto ad alcune “wonder women”, che, dai margini della società, sono riuscite con forza di volontà a costruire un impero.

Il caso più eclatante, arriva dal lontano Oriente e più precisamente in un villaggio sperduto della Cina. La storia di Zhou Qunfei potrebbe esserci di grande insegnamento.

 

Zhou Qunfei (fonte forbes.com)
Zhou Qunfei (fonte forbes.com)

 

 

La donna, sfruttata dal suo datore di lavoro e stremata da ore di turni disumani, è riuscita, renminbi su renminbi, a creare un vero e proprio impero. La sua società, la Lens Technology, è stata fondata in un laboratorio anonimo e oggi, adesso fornisce il vetro per lo schermo degli apparecchi telefonici più gettonati (vedi Apple e Samsung). Ora, ZHou è una delle donne più ricche della Cina.

Sono noti a tutti, i problemi economici della bella e talentuosa (nonché milionaria) Jennifer Lopez che, prima di diventare un’attrice e cantante affermata, dovette emigrare assieme alla sua famiglia da un paesino del Portorico per trovare fortuna a New York e più precisamente nel Bronx, quartiere difficile e malfamato che riuscì a sviluppare in lei quell’ardente voglia di riscatto. Ed i successi di JLO, ne sono una conferma.

 

Jennifer Lopez (fonte boomsbeat.com)
Jennifer Lopez (fonte boomsbeat.com)

 

 

Anche l’Italia, conosce le sue valorose donne. Giuliana Benetton, dall’alto dei suoi settantotto anni, potrebbe davvero insegnare il valore del riscatto.

In lei, rivive una donna caparbia, intelligente e volenterosa, capace di fondare un marchio apprezzatissimo in tutto il mondo iniziando da una vecchia macchina da cucire.

 

Giuliana Benetton (fonte diasimesistories.blogspot.com)
Giuliana Benetton (fonte diasimesistories.blogspot.com)

 

 

Dai maglioni cuciti a mano e venduti dal fratello Luciano, alla prima pietra miliare nel 1965, quando assieme ai fratelli Carlo e Gilberto, lancia la sua omonima azienda, che oggi racchiude Playlife, United Colors of Benetton, Killer Loop e Sysley.

E per chiudere in bellezza, non può che essere citata l’istrionica conduttrice americana  Oprah Winfrey, nata da una famiglia poverissima nel Missisipi e che oggi è ritenuta la regina dello show americano (conduce il The Oprah  Winfrey Show n.d.r.).

 

Oprah Winfrey (fonte emaze.com)
Oprah Winfrey (fonte emaze.com)

 

 

Non solo, durante la sua brillante carriera ha fondato Harpo Studios che le ha fruttato ben trecento milioni di dollari.

 

 

Fonte cover makers.com

 

 

 

 

#ViajoSola: il grido dei social per il diritto di viaggiare da sole

#ViajoSola è l’hashtag virale che sta invadendo tutti i social network del mondo. E questa volta no, non si tratta della bizzarria di qualche celebrity o di un giochino di popolarità tra ragazzi. Stavolta si tratta di una cosa seria, di un argomento che tocca tutti da vicino e al quale nessuno di noi può dichiararsi indifferente. Perché se sei una donna ti senti in costante pericolo, e se sei un uomo tua sorella, tua moglie, la tua fidanzata, tua madre si sente così. Tutto parte dalla storia di due ragazze: Maria Coni e Marina Menegazzo, di 21 e 22 anni, che decidono di fare un viaggio insieme (insieme, non da sole), zaino in spalla all’avventura in Ecuador. Se fossero stati due ragazzi, tutti avrebbero sorriso all’idea di una vacanza tra amici, con pochi mezzi e tanta voglia di divertirsi, esplorare, conoscere.  Ma Maria e Marina sono due ragazze, due giovani donne, e così quando sono state barbaramente uccise da due uomini e poi abbandonate sulla spiaggia in due sacchi neri, nessuno ha pensato al legittimo desiderio di divertirsi e fare un’avventura tra amiche. In Argentina molti hanno pensato, detto, scritto “Se la sono cercata“. Perché due ragazze sole non dovrebbero viaggiare per il mondo, camminare per la strada, conoscere gente. Se la sono cercata, chissà come erano vestite, chissà se avevano bevuto. Finché una ragazza paraguaiana, Guadalupe Acosta, ha riversato tutto il suo sdegno per l’umiliazione vergognosa e sessista che le due ragazze hanno dovuto subire dopo la morte. Guadalupe ha scritto un lungo post su facebook, che in pochissimo tempo è diventato virale al grido di #ViajoSola: sono una donna e ho il diritto di viaggiare, lavorare, vivere, divertirmi e non essere aggredita per questo.

 

Ieri mi hanno uccisa. Non mi sono fatta toccare e mi hanno spaccato il cranio. Ma peggio della morte è stata l’umiliazione che è venuta dopo. Dal momento in cui è stato trovato il mio corpo nessuno si è chiesto dove si trovasse l’uomo che aveva ucciso i miei sogni, le mie speranze, la mia vita. Anzi, hanno iniziato a farmi domande inutili. A una morta, che non può rispondere. Che vestiti avevi? Perché viaggiavi da sola? Sei entrata in una zona pericolosa, cosa ti aspettavi? Hanno criticato i miei genitori per avermi insegnato a essere indipendente, come qualunque essere umano. E da morta mi sono resa conto che per il mondo non sono uguale a un uomo. Che la mia morte, in fondo era colpa mia. Mentre se a morire fossero stati due ragazzi le persone starebbero parlando del dolore per quelle morti e chiederebbero la pena maggiore possibile per i loro assassini.

Lottiamo insieme, e vi prometto che un giorno non ci saranno abbastanza sacchi per metterci tutte a tacere.

Polemiche che conosciamo bene, perché nel nostro civilissimo mondo quando una donna viene rapita, aggredita, massacrata, violentata, è sempre colpa sua. Così è successo per Pippa Bacca nel 2008 in Turchia, per la giornalista Giulia Innocenzi che dopo un viaggio in Iran ha scritto di essere stata importunata pesantemente. E quindi? ha risposto l’opinione pubblica sui social. Che ci facevano in quei Paesi? Perché non sono rimaste a casa? Perché non si sono fatte accompagnare da un uomo? Essere importunate è il minimo, e forse essere stuprate è da tenere in conto, quando si viaggia da sole, ma anche in discoteca, di ritorno dal lavoro, o in qualsiasi altra situazione. La donna deve frenarsi, nascondersi, vivere nella paura. Perché l’uomo ha certi istinti, si sa, e non può mica frenarsi lui! La maggior parte degli italiani risponde così sui social a ogni notizia di questo genere, e sono gli stessi italiani che criticano la barbarie dell’Isis e la sottomissione della donna nel mondo arabo.

Non potremo mai parlare di parità di genere finché non avremo abbattuto questa mentalità, finché ogni donna non potrà dire #ViajoSola.

I diritti delle donne: il punto della situazione sull’uguaglianza di genere

L’8 marzo si è celebrata la cosiddetta festa delle donne (in realtà Giornata Internazionale della Donna) e in Italia, come nel resto del mondo, si sono moltiplicate iniziative, celebrazioni, dibattiti sull’uguaglianza di genere. A che punto si trova il nostro Paese? Lo rivelano le numerose ricerche di enti specializzati.

 

In Italia le donne si laureano più e prima degli uomini, e ottengono voti più alti. Nonostante ciò, però, fanno più fatica  a trovare un’occupazione commisurata al proprio titolo di studio e alle proprie capacità. Lo racconta Valore D, partner dell’azienda di telefonia Vodafone, durante l’evento HeForShe. Un passo avanti. La parità di genere riguarda tutti. Anche gli uomini. Ad un anno dalla laurea, il 68% delle donne trova lavoro contro il 77% dei neolaureati uomini, e una volta ottenuta un’occupazione, lo stipendio è inferiore di circa 200€ rispetto a quello dei colleghi maschi. Il dossier Trova l’intrusa del blog Openpolis, invece, indaga la presenza femminile nelle istituzioni: numericamente in crescita, ma ancora poche nei posti di rilievo. Numeri, comunque, non troppo lontani dalla media europea. Su 145 Paesi, l’Italia si trova al 41° posto della classifica delle differenze di genere (Global Gender Index). Le donne che occupano posizioni manageriali nelle aziende italiane sono il 29%. Secondo il rapporto del Centro Studi Internazionali IBR, un dato in leggera crescita rispetto all’anno scorso e quindi indice che qualcosa si sta muovendo. Ma non è abbastanza. «Senza un aumento del lavoro femminile, – ha dichiarato il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante la celebrazione della festa della donna al Quirinale – il paese non avrà la crescita che tutti speriamo e non potremo parlare davvero di uscita dalla crisi. Non è vero che il lavoro allontana la donna dalla maternità. E’ vero il contrario: proprio l’aumento del lavoro femminile può diventare un fattore favorevole alle nascite. Le politiche per la famiglia, comprese quelle di conciliazione dei tempi di sua cura con quelli di lavoro, sono un contributo essenziale allo sviluppo equilibrato e sostenibile del paese».

 

Mentre l’Italia riflette sulla questione delle differenze di genere, ieri si è celebrato il 70° anniversario dell’estensione del diritto di voto alle donne. Il 10 marzo 1946, infatti, le donne italiane votarono per la prima volta durante le elezioni amministrative di circa 400 comuni. «Sentivo di contare – racconta all’Ansa la signora Maria Giulia Tonini, che quel giorno si recò per la prima volta alle urne – il mio voto valeva come quello di un uomo, come quello di Benedetto Croce, che all’epoca per me rappresentava la massima espressione dell’autorevolezza maschile». Un passo fondamentale nella battaglia per i diritti delle donne, giunto nell’Italia post-fascista con diversi anni di ritardo rispetto agli altri Paesi occidentali. In Inghilterra, per esempio, il diritto di voto alle donne è arrivato nel 1928 dopo un decennio e più di battaglie. Lo racconta il film Suffragette, proprio in questi giorni nelle sale. Diretto dalla regista inglese Sarah Gavron, e con un cast che vanta Helena Bonham Carter, Carey Mulligan e Meryl Streep, parte dalle vicende del 1912-1918 e giunge all’estensione del diritto di voto alle donne britanniche. La critica è divisa sulla qualità del film, definito da alcuni “troppo semplicistico” in merito alle battaglie dell’epoca, ma sicuramente da vedere per comprendere le motivazioni e le lotte che oggi ci permettono anche solo di parlare di uguaglianza di genere.

LELLA COSTA: DALLA PARTE DELLE DONNE

Attrice, scrittrice, doppiatrice e Ambassador Women for Expo. Una donna, mille volti. Questa Lella Costa uno dei personaggi femminili oggi più noti del panorama artistico italiano che, con la sua sensibilità e dolcezza, miste a determinazione, ha conquistato intere platee… e anche noi.

Dagli inizi nel mondo dello spettacolo ad oggi si è dedicata a radio, cinema, teatro. Quando ha capito che questa sarebbe stata la sua strada?

“Non vi è stato un momento preciso ma bensì è stata la raccolta di ami gettati intorno a me, come l’accademia filodrammatica, i seminari con Renzo Rosso o Mrozek, che ad un certo punto mi hanno reso consapevole di ciò che volevo essere nella vita. Poi nel 1980 il mio lavoro d’esordio con un’autrice altrettanto esordiente che fece da anticamera, nel 1987, al mio primo vero monologo semplice, Adlib. Quella fu la presa di coscienza assoluta che forse potevo farcela da me”.

Cosa ricorda della sua prima volta sul palco?

“Il saggio finale della scuola di Mrozek, quando Maurizio Michetti mi scaraventò in scena per un’improvvisazione. Ricordo la grande emozione mista a tensione ma anche, in antitesi, quella tranquillità dettata dalla consapevolezza di essere dove volevo essere. L’emozione poi, non va mai dimenticato, é il carburante del nostro lavoro: se non la provi sarà dura tu possa perseguire questa strada”.

Oltre quindi all’emozione cos’ altro ha caratterizzato in questi anni la sua carriera?

“Sicuramente la consapevolezza della grande fortuna di poter fare questo mestiere e la gratitudine verso un pubblico che mi ha sempre seguito, indipendentemente io facessi un lavoro al cinema, in tele o in radio. E in questo ho scoperto una grande magia: quella di cambiare città e di trovare sempre persone pronte ad accogliermi e ad applaudirmi e, diversamente da quanto immaginavo, non solo persone che con gli anni mi avrebbero seguito e sarebbero “invecchiate”con me, ma anche gente giovane, interessata alle mie parole. Forse questa la risultante di aver sempre messo in scena temi urgenti in un dato “momento sociale”.

Oggi quale tematica vorrebbe affronterebbe sul palco?

“L’immigrazione, ma non considerata come “gli altri che vengono nel nostro Paese” bensì un fenomeno che riguarda tutti noi, gente di paesi privilegiati, che stiamo vivendo comunque un medesimo fenomeno di migrazione verso altri stati. Questo come conseguenza di un’urgenza, di uno smarrimento dei popoli alla ricerca di una nuova identità e un tema che, non a caso, sarà il fulcro dello spettacolo che ho scritto con un mio caro collega, Marco Mariani, dal nome Uman che tratterà appunto di questa sorta di Odissea o Eneide del quale tutti siamo partecipi ogni giorno”.

Entrando in questo campo così controverso, quale visione ha di questa “Italia 2015”?

“Uno dei privilegi di fare il mio mestiere è quello di avere un contatto diretto con le persone, girando in largo e in lungo. Quello che posso dire è che, diversamente da quanto si può pensare, le brave persone, con sani principi e valori ci sono, e sono tantissime. Certo lo spaccato vuole anche che una certa parte sociale non rispecchi questo stesso identikit ed ecco forse spiegato il perché l’afflusso alle urne oggi è sempre meno, sintomo senza dubbio di uno scoramento, una disillusione tangibile che spero tanto possa cambiare”.

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Expo ormai agli sgoccioli. Lei è stata Ambassator Women for Expo: com’è andata?

“Avremmo potuto avere maggiore visibilità e voce in capitolo per sottolineare l’emancipazione femminile ma nel complesso siamo riuscite a dare segnali precisi. Poi certamente non va dimenticato che il tema dell’Esposizione è stato centrato appieno sia a livello di contenuti che di idee, per cui non posso che darne un giudizio positivo”.

Quale messaggio vorrebbe lanciare alle donne, in particolare a quelle italiane?

“Io amo ascoltare quindi faccio fatica a pronunciare messaggi. Quello che però posso dire è che credo nell’aiuto reciproco tra donne e nella solidarietà femminile, diversamente da come molti pensano. Questa a mio avviso è una potentissima arma al servizio delle donne e in questo vorrei fungere da “altoparlante” per fare sì che tutte le donne lo capiscano. Un esempio? In questi anni di crisi quante attività sono state salvate dall’impegno delle donne, dalla loro capacità di mantenere una rotta, con chiarezza? Questo è un chiaro dato di superiorità femminile”.

Nonostante la sua formidabile carriera coltiva ancora un sogno?

“Continuare a lavorare fino a quando riuscirò e finché avrò qualche cosa da dire e trasmettere al mio pubblico. E poi di essere riconosciuta un giorno come una voce che ha avuto un senso e le cui parole seminate non sono andate perdute”.

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