Altaroma: grafismi optical in passerella da Nino Lettieri

Caleidoscopici grafismi otpical caratterizzano la collezione haute couture primavera/estate 2017 di Nino Lettieri, che ha sfilato nell’ambito di Altaroma: lo stilista campano si diletta con lunghi abiti da cocktail e da sera in un tripudio di stampe geometriche nei toni del black & white. Il défilé, che ha avuto luogo nella prestigiosa location del Westin Excelsior Hotel di via Veneto, ha visto sfilare in passerella circa 40 outfit nei toni del bianco e nero, eccezion fatta per due caftani in rosso corallo e giallo. La collezione, intitolata “Geometria”, ha visto una prevalenza di abiti fluidi, tra sovrapposizioni di leggiadri chiffon, organze preziose e satin tessuti dagli antichi telai risalenti al 1700 della storica azienda Gustavo De Negri: largo a virtuosismi grafici, tra righe, pois e figure geometriche. Ad impreziosire i capi dettagli in tulle, sete plissé e reti in macramè. I lunghi abiti fluidi e le tute sono stati indossati dalle mannequin con soprabiti in broccato di seta e cotone impreziositi da paillettes. Lo stilista si lascia affascinare dalle figure geometriche che sin da ragazzino amava scarabocchiare sui quaderni di scuola: suggestioni evergreen che ispirano al couturier partenopeo una collezione iconica, che incarna perfettamente l’estetica della maison. Poesia e charme timeless si uniscono a stampe caleidoscopiche in un gioco di righe, quadrati e rettangoli. Pietre preziose e delicate piume impreziosiscono i lunghi abiti da sera. La sposa chiude come di consueto la sfilata: moderna e avanguardistica la mise scelta, un caftano in candido bianco in organza sovrapposta a leggeri veli in chiffon impreziosito da ricami e paillettes. Le calzature scelte sono le più classiche décolleté a punta con cinturino al tallone, declinate in materiali come camoscio e vitello. La clutch è realizzata dai maestri artigiani napoletani Albano, mentre i bijoux, in agata ed onice, sono firmati da Albaserena.

Altaroma: la Grande Bellezza di Camillo Bona

Un’estetica che parte dalle vestigia della Città Eterna per ripristinare il concetto di bellezza. Suggestioni divine che rimandano ad ideali di purezza ed eternità, per una bellezza imperitura ed immortale, vissuta come un’esigenza. Camillo Bona parte dalla sua Roma per una collezione haute couture primavera/estate 2017 intrisa di echi nostalgici: la bellezza diviene metro di giudizio per muoversi nella realtà contemporanea ma anche per proiettarsi in un futuro che appare remoto. Ripensa ai fasti imperiali Camillo Bona, ma anche al glamour della Dolce Vita, quando Roma era al suo apogeo. Il couturier tuttavia non si lascia sopraffare da sterile nostalgia ma rielabora il topos della grande bellezza per sopravvivere ai mala tempora attuali, in cui versa la Capitale d’Italia. E’ una Roma offesa quella che accoglie il défilé di Camillo Bona, che si rifugia in un mondo ideale in cui la classe e lo charme divengono i valori supremi. Il couturier rielabora i codici stilistici che hanno reso l’alta moda italiana grande in tutto il mondo: in passerella sfilano suggestioni bon ton per capi dalle linee ladylike. La donna immaginata dallo stilista indossa tailleur declinati in nuance pastello ed impreziositi da cuciture e rouches scultoree. Mistica e riflessiva, la collezione è un’ode all’artigianalità italiana, tra capi che richiedono numerose ore di lavorazioni e complesse applicazioni tessili. Un candido bianco domina la palette cromatica, aprendo il défilé: si alternano sulla passerella 30 uscite di finissima fattura. Non mancano i toni del rosa baby, del giallo, del verde acqua e del celeste. Chiude come di consueto la sposa, che appare virginea e poetica. Camillo Bona guarda ad un passato fatto di sete plissettate e cashmere, ma anche chiffon e rafia, che rievoca nelle forme le architetture della Città Eterna. Perle, coralli e pietre dure impreziosiscono il collo delle mannequin, tra cascate di fili di perle. Una collezione sofisticata e minimale, che auspica il ritorno alla vera bellezza, l’unica forza motrice in grado di salvare il mondo.

Altaroma: la couture favolistica di Gattinoni

Si intitola “The Dream” la collezione che segna il ritorno di Gattinoni nel calendario ufficiale di Altaroma, dopo cinque stagioni di assenza. La maison presenta una collezione dalle suggestioni fairy tale, che non lesina in ispirazioni oniriche: proprio il sogno diviene leitmotiv di una parata di eteree principesse, che si alternano sul défilé sfoggiando nuvole di tulle e maschere a coprire il volto. Guillermo Mariotto e Stefano Dominella partono da un assunto di Marcel Proust, per la collezione alta moda Primavera/Estate 2017 di Gattinoni: “Se sognare un po’ è pericoloso, il rimedio non è sognare di meno ma sognare di più, sognare tutto il tempo”. Sulla passerella sfila una donna eterea e sognante, un po’ angelo e un po’ demone: giovane e acerba, la vediamo sospesa in una dimensione irreale, in cui indugia in lunghi abiti impalpabili, tra ricami e lavorazioni artigianali.

Suggestioni shakespeariane quelle reinterpretate da Mariotto, che parte dal Sogno di una notte di mezza estate per stravolgerne il tema prevalente: sullo scenario immaginario di un Eden incantato, sfilano sulle note della Fata confetto dello Schiaccianoci di Pëtr Il’ič Čajkovskij delle debuttanti: “La mia donna ritorna misteriosamente alla sua adolescenza -ha dichiarato Mariotto- Vive una nuova esistenza e una nuova giovinezza. Più spensierata, più libera come la new couture che scende dai tacchi ma non rinuncia ai rituali tipici dell’alta moda. Iperbole sartoriale”. Tripudio di organza di seta effetto matelassé, quasi a riprodurre le nuvole, tra volumi scultorei e trame intricate, che si ispirano all’antica tecnica dei punti smock internazionali. Largo a camicie in organza e gonne impreziosite da fiocchi in tessuto.

Una collezione intrisa di note orientali, come negli origami che sbucano dalle pieghe severe delle gonne. “Per questa collezione ho voluto giocare sui colori –ha commentato Mariotto– Rosa nelle sue diverse nuances, azzurro polvere, verde salvia, grigio perla, lampone, bianco e nero. Tonalità confortanti e rassicuranti, che avvolgono, coprono, drappeggiano, vestono le mie fantasie”. Vortici di seta per caftani dipinti a mano e voli di farfalle nelle t-shirt, da indossare come minidress. Cristalli e madreperle illuminano abiti che ricordano le vestaglie da camera. Il défilé ha luogo nel casale cinquecentesco dove visse Papa Pio V, che ora ospita la Link Campus University. Qui sfilano le donne Gattinoni, su una passerella circolare che ricorda un carillon.

Vanessa Hessler sfila per Gattinoni PE2017
Vanessa Hessler sfila per Gattinoni PE2017


La donna immaginata da Mariotto trova incarnazione in Vanessa Hessler: la top model italo americana torna in Italia dopo la maternità per interpretare la favola couture ideata da Mariotto. Lunghi capelli biondi e volto innocente per 180 centimetri di altezza, Vanessa Hessler fu scoperta proprio da Gattinoni quando aveva appena 15 anni. Dalla dolcezza iniziale la sfilata scivola poi in note dal retrogusto dark: è il coup-de-theatre che aspettavamo e l’innocente principessa rivela un inedito lato oscuro che trova espressione nel chiodo in piume da indossare su culotte e nei preziosi abiti neri ricamati in rafia e micro black boule. A firmare i gioielli che impreziosiscono la collezione Gattinoni haute couture PE2017 è ancora una volta Gianni de Benedittis, designer del brand futuroRemoto, che ha realizzato per l’occasione bracciali in oro con longilinee libellule ed anelli farfalla in argento. Per una couture da fiaba.



(Foto cover: La Stampa)

Altaroma: nel giardino segreto di Giada Curti

Eterea e suggestiva la collezione presentata da Giada Curti all’ultima edizione di Altaroma: un simbolismo dai risvolti onirici si unisce ad un’estetica influenzata da echi lontani e sontuose antichità. L’arte di Lawrence Alma Tadema ispira alla couturier una collezione impalpabile, che intende celebrare la femminilità in bilico tra sogno e realtà. Una Primavera/Estate 2017 che guarda alle vestigia del glorioso passato, reinterpretandone codici e stili, adattandoli alla contemporaneità: un intento didascalico che trova espressione nell’abito da ballo che si tinge ora di mikado e voile di seta. Impreziosito da bucoliche stampe floreali e finemente decorato con paillettes e striature a righe, l’abito lungo torna in auge e si adatta ora anche alle più giovani. Elementi archeologici si uniscono ad una visione quasi onirica della couture, che ripristina sfarzo e suggestioni luxury, a partire dalla location scelta per il défilé, i sontuosi saloni del St. Regis Rome Hotel, tra ispirazioni Art Déco ed opulenza barocca. Giada Curti riserva attenzione certosina per i dettagli: il particolare diviene portatore di inaspettate epifanie, in un gioco di rimandi storici ed allegorici. In passerella sfila una regina contemporanea che sfoggia copricapi impreziositi da fiori, in una cornice sfavillante, giardino segreto in cui rivivono nostalgici echi di un passato immemore. Le scarpe sfavillanti sono firmate da Valentina Gallo, che interpreta il mood sparkling prevalente nell’intera collezione. Largo a lunghi abiti in impalpabile chiffon di seta e crepe de chine. I gioielli sono firmati invece dall’estro di Alex Carelli: tripudio di ferro che si unisce alla magia di pietre preziose come l’acquamarina, l’ametista e le perle. Le borse piumate esaltano una femminilità sofisticata, vissuta con garbo e charme evergreen.

Altaroma: l’architettura araba in passerella da Sabrina Persechino

Sabrina Persechino ha sfilato nell’ambito di Altaroma con una collezione altamente evocativa: una moda sperimentale e mai banale, quella dell’architetto couturier, che trae ispirazione da paesaggi esotici ed atmosfere dal fascino millenario per la collezione haute couture Primavera/Estate 2017, intitolata Jaali. Ricorda una grata Jaali, pietra perforata lavorata con motivi ornamentali realizzati attraverso l’uso della calligrafia e della geometria. Suggestioni islamiche si uniscono ad un’allure sofisticata in una collezione che parte dalla pietra Jaali per attuare un excursus affascinante dai risvolti filosofici: grazie alla pietra veniamo proiettati in una visione del mondo nuova, unidirezionale, che facilita il passaggio di luce e aria, prerogativa fondamentale nelle società islamiche per preservare l’intimità familiare, permettendo così di poter guardare fuori impedendo a chiunque di osservare all’interno. Un mondo nuovo ed un’estetica che coniuga funzionalità e sperimentazione: il mondo dell’architettura, cui Sabrina Persechino appartiene, rivive nell’inedito brise-soleil moderno, utilizzato per realizzare un effetto di smaterializzazione dell’involucro, quasi una sorta di filtro, che modifica e dosa il passaggio della luce a seconda delle ambientazioni esterne e dell’incidenza dei raggi solari. La couture firmata Atelier Persechino sdogana un’estetica camaleontica e multiforme: così come gli edifici architettonici assumono aspetti diversi attraverso il filtraggio della luce, anche gli abiti che si alternano sulla passerella variando continuamente la propria immagine, accentuando la sensazione di mobilità e di velocità che si traduce in capi fluidi ma al contempo statici. Sabrina Persechino interpreta l’intaglio della pietra, necessario per creare lo Jaali, traducendo le tecniche millenarie nella creazione del macramè geometrico, fil rouge della collezione: largo ad abiti bianchi dalle forme lineari e pulite, che evocano forza e trasparenza.
Una trama nodosa a base quadrata a disegnare una griglia ornamentale che lascia spiare la siluette esaltandone la femminilità. Preziose lavorazioni di intarsi di filigrane d’oro ed intrecci di fili in resina che creano una struttura traforata, elemento chiave di una collezione che rielabora i tradizionali codici della couture in chiave altamente personale. La stilista crea mirabili virtuosismi geometrici che danno vita a feritoie di luce che illuminano prospetti dal piglio razionale: il risultato è una couture caratterizzata da estrema indossabilità. In una palette cromatica che predilige il bianco e l’oro all over non mancano i colori del deserto e il nero, per capi pensati per il giorno, che si alternano a sontuosi abiti da sera e da cocktail. Largo a trame in piqué di seta che ricordano le suriyah libiche, in una collezione intrisa di citazioni all’architettura araba. Una magistrale interpretazione per una haute couture all’insegna della sperimentazione.

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La couture di Anton Giulio Grande conquista Roma

Lusso e sfarzo, mirabolanti giochi di piume e pizzi, caleidoscopiche alchimie di crinoline e rouches, in una cascata di pietre preziose e lavorazioni artigianali: è di scena a Roma l’haute couture firmata Anton Giulio Grande. Un nome illustre dell’alta moda italiana, da sempre ambasciatore di un’estetica che celebra la più dirompente femminilità: protagonista storico del fashion biz, tanti sono i successi collezionati dal couturier calabrese in una lunga e prolifica carriera. Le sue creazioni, ode alla sensualità femminile, sono state indossate dai nomi più famosi dello star system italiano ed internazionale, da Belen Rodríguez a Naomi Campbell.

Un’attitudine innata per la moda, quella di Anton Giulio, genio visionario che già da bambino sognava di disegnare i capi per le bellissime soubrette che animavano il sabato sera televisivo: il suo sogno diviene poi realtà grazie ad un talento fuori dal comune, che lo porta a studiare al Polimoda di Firenze e successivamente al Fit di New York. A soli 23 anni Anton Giulio illumina Piazza di Spagna e collabora con l’atelier delle Sorelle Fontana e con la maison Gattinoni. Nel 1996 il lancio della maison che porta il suo nome.

Il resto è storia: il suo stile balza all’attenzione dei media grazie anche alla kermesse “Donna sotto le stelle”, che ne consacra il successo mondiale. Tutte sono pazze di lui e di quei suoi capi dall’allure principesca e sexy: Anton Giulio Grande veste dive del calibro di Valeria Marini, Alba Parietti, Nina Moric, Aida Yespica, Anna Kanakis, Martina Colombari, Manuela Arcuri, Anna Falchi, Eva Grimaldi, Anna Valle ed Elenoire Casalegno, solo per citarne alcune. Un successo dovuto all’eccezionale qualità dei capi, realizzati rigorosamente a mano dalle sue sartine di Calabria, depositarie dell’antica arte del ricamo: tripudio della più genuina artigianalità, per collezioni che profumano di tradizioni antichissime, unite ad uno charme dirompente.

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Tripudio di piume e pizzi nella collezione haute couture PE2017 di Anton Giulio Grande


Per la collezione haute couture Primavera/Estate 2017 lo stilista sceglie i sontuosi saloni di Palazzo Ferrajoli, al centro della Capitale: una location intrisa di storia e nobiltà. Qui, tra le opere di Andy Warhol e Mario Schifano, lo stilista ha immaginato la donna protagonista della sua nuova collezione, veicolata attraverso la rete dai social media: Grande si appropria dei nuovi linguaggi comunicativi, affidando ad internet, principale arbiter elegantiae contemporaneo, gli scatti che immortalano la sua collezione PE2017. Uno shooting all’insegna del lusso, per una diva contemporanea fiera del suo fascino, che usa come strumento di seduzione: sensuale e al contempo raffinata, la valchiria immaginata dal couturier sfoggia abiti scultura dal piglio regale. Largo a corpetti ricamati in tulle elasticizzato, che rimandano alla più pregiata lingerie, da indossare con gonne in georgette e taffetà, lavorate da sete plissé e giochi di balze. Voluminose eppure leggerissime, le gonne sono costituite da metri e metri di organza, tagliata in piccoli sbiechi plissettati cuciti poi tra loro, per un inedito effetto patchwork dal grande impatto scenografico.


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Teatrale e suggestiva la collezione non lesina in sfarzo e suggestioni principesche, che riportano l’haute couture al significato primigenio del termine: in una palette cromatica che indugia sui toni del rosso fuoco, del rosa cipria, del giallo e dell’arancio, si snoda una parata di abiti da gran soirée, impreziositi da mantelle in pizzo rosso o nero profilate di piume di marabù e tempestate da ricami e fini lavorazioni artigianali rigorosamente handmade. Una collezione che evoca la leggiadra eleganza di un cigno, unita a note felliniane che rimandano a figure dal fascino onirico, a metà tra una cortigiana in chiave luxury e una nobildonna della Belle Époque. Il plissé soleil si pone come fil rouge dell’intera collezione, in una rivisitazione sperimentale, che coniuga inediti disegni di rombi e losanghe mixati tra loro. Anton Giulio Grande si conferma come uno degli stilisti più apprezzati, deus ex machina di una couture ancora capace di farci sognare. Per dive contemporanee.

(Tutti gli scatti dell’articolo sono di Giovanni Perfetti)

Punk in chiave vittoriana in passerella da Hyun Mi Nielsen

Lontana dalle ninfe silvestri di Dior e dalle piume di Chanel, la giovane griffe Hyun Mi Nielsen ha chiuso la settimana dell’haute couture parigina con le silhouette sobrie e le sue suggestioni gotiche. Minimale eppure suggestiva, la designer presenta una collezione malinconica e grintosa, in un connubio perfetto di note dark e citazioni vittoriane, che preludono ad una personalità esuberante. Largo a corsetti in mousseline di seta bianca ricoperti da tuniche trasparenti, tra veli e pizzi che danno vita a caleidoscopici ricami che tornano poi dipinti su giacche dal piglio grintoso. Quasi un fantasma la giovane donna bionda che sfoggia un abito vestaglia bianco impreziosito da rouches di veli: le ispirazioni gotiche sembrano predominare nell’intera collezione: membro invitato alla settimana della couture parigina, Hyun Mi Nielsen ha chiuso la kermesse. Dopo aver lavorato da Burberry, da Alexander McQueen e da Balenciaga e Givenchy, la designer coreana ha iniziato una carriera da solista. “Adoro creare con le mie mani, la sensazione di toccare. Amo instaurare un dialogo con il tessuto”, così ha commentato la stilista la sua attitudine per l’alta moda. Inquietante e onirica la donna che calca la passerella, tra volumi scultorei e sovrapposizioni teatrali di tulle ed organza effetto piuma. Largo anche a ricami preziosi su giacche lavorate a mano. “E’ una collezione molto personale, in cui esprimo la mia voce. Corrisponde ad un momento triste della mia vita, dopo un licenziamento, quando mi sono rimessa in discussione”, ha spiegato Christine Hyun Mi Nielsen, che ha creato il brand che porta il suo nome nel luglio del 2016, appena sei mesi prima di sfilare alla settimana dell’alta moda. La designer quarantenne di origine coreana è cresciuta a Copenhagen insieme alla famiglia adottiva. Successivamente il trasferimento a Londra, dove ha studiato moda presso il Royal College of Art and Design. Femminilità e dolcezza si uniscono ad un’allure vittoriana dalle suggestioni punk, in una collezione “ispirata a David Lynch”. Poetica e fragile, la donna Hyun Mi Nielsen incanta Parigi.

La couture sparkling di Yuima Nakazato

Giunto alla sua seconda esperienza all’interno del calendario ufficiale dell’haute couture parigina, il designer giapponese Yuima Nakazato ha presentato pochi giorni fa la collezione PE 2017. Un tuffo in una realtà virtuale, divenuta concreta grazie all’apporto delle nuove tecnologie: veniamo proiettati in un universo 3D in cui l’haute couture assume una dimensione fortemente contemporanea senza però perdere di vista il glamour più autentico. Appropriarsi delle tecnologie digitali è vissuta dal couturier nipponico come una necessità ed una scelta obbligata, dettata dalle vorticose trasformazioni che hanno rivoluzionato la società attuale. Similmente, secondo Nakazato, cambia e si trasforma anche il modo in cui la couture stessa dev’essere concepita: lo stilista parte quindi in una esplorazione delle tecnologie moderne nel tentativo di personalizzare la sua alta moda adattandola ai tempi in continuo mutamento. Proprio l’uso dell’high tech consente a Nakazato di creare un corpo di lavoro in cui ogni pezzo è realizzato senza l’aiuto di ago e filo, ma attraverso migliaia di componenti individuali che il couturier definisce “unità”: il risultato è una collezione estremamente originale che si esplica in pezzi iconici costellati di paillettes e cristalli preziosi. I materiali utilizzati sono infatti stati scelti accuratamente in virtù della loro capacità di riflettere la luce, dando vita a caleidoscopici giochi iridescenti, per una collezione dal mood sparkling e dalle note couture. Originale e giovane, la collezione è rivolta ad una clientela capace di abbracciare l’individualismo scegliendo capi che rifuggono dalla massa. Largo a caftani interamente tempestati di microcristalli, outfit perfetti per occasioni speciali. Tuttavia la collezione offre anche numerosi capi di facile portabilità. Ogni pezzo può essere indossato con facilità, adattandolo alle più svariate circostanze: è una svolta nell’haute couture tradizionalmente intesa, che con Nakazato si apre a nuovi territori inusitati pur mantenendo la sua intrinseca identità. L’intera collezione è pervasa da note vintage che strizzano l’occhio all’estetica di Paco Rabanne, talento futurista che oggi sembra rivivere nell’estetica di Nakazato.

La couture controcorrente di Antonio Ortega

Cosa accade se nel panorama dell’haute couture parigina sfila una voce fuori dal coro? La personalità non è mai un difetto ma può anche accadere che un designer si perda in ispirazioni multiformi che lo allontanano dalla sua identità originaria: è questo il caso di Antonio Ortega. Il couturier messicano sembra aver fatto un passo indietro con la sua collezione PE2017, che ha sfilato nel calendario dell’haute couture parigina. Rispetto alla collezione AI2016-17, presentata lo scorso luglio sempre a Parigi, la nuova collezione lascia l’amaro in bocca: l’estetica predominante non lascia dubbi sull’identità dello stilista. Anche stavolta abbondano i colori e i tagli sono caratterizzati da grande originalità, come anche gli inediti patchwork di tessuti e stampe. Ma l’uso di materiali grezzi e la mancanza di costruttivismo dei pezzi che sfilano sulla passerella segna un passo indietro nel percorso del couturier. I capi sembrano essere stati realizzati in un’improvvisata fucina domestica più che in un atelier: Ortega, unico designer latinoamericano presente alla settimana dell’alta moda parigina, si è sempre contraddistinto per la sua carica ribelle e per una personalità fuori dalle righe. Ambizioso e controcorrente, aveva preannunciato così la collezione che ha sfilato pochi giorni fa a Parigi: “Non ci sono dittatori nella moda”. Ortega, residente a Montreal, aveva affermato con orgoglio che la perseveranza era stata la chiave del successo che lo aveva spinto fino ad arrivare alla settimana dell’alta moda parigina. Il colore, da sempre cifra stilistica del suo brand, si unisce a suggestioni escatologiche, in una collezione che intende rappresentare il martirio della bellezza. L’icona di riferimento è Gesu Cristo, come si evince dall’acconciatura delle mannequin, che ricorda la corona di spine del martirio. Un tema particolarmente impegnativo, trattato però in chiave ottimista, tra colori vivaci e capi tagliati al laser. Tuttavia l’ispirazione primigenia avrebbe forse meritato ulteriori approfondimenti: non colpiscono i capi che coniugano inedite note sportswear accanto a rouches e balze. Non affascina la sua couture, privata di fatto di quella che è forse la caratteristica principale e la ragion d’essere dell’alta moda, ossia l’intrinseca e quantomai necessaria capacità di fare ancora sognare. Lo stilista, fervido difensore del multiculturalismo, è vissuto sempre in bilico tra tre culture, quella messicana, quella francese e quella canadese. Formatosi in Messico, nel 2001 Ortega si trasferisce a Parigi, dove studia disegno presso la scuola Chardon Savard. La sua moda politicamente impegnata, che si era contraddistinta per un’impronta di natura culturale, sembra aver subito un passo indietro con una collezione che non fa sognare. E in tempi come questi, sognare è diventata un’esigenza. Toglieteci tutto ma non la couture.

Sfila a Parigi la couture di Ziad Nakad

Se prediligete una couture che si snodi in uno stile semplice, magari intriso di suggestioni daywear, allora la sfilata di Ziad Nakad non fa decisamente al caso vostro: il couturier libanese, che ha presentato la collezione PE2017 nel calendario della haute couture parigina, ama invece abbondare in cristalli e pietre preziose, per uno stile caratterizzato da sfarzo ed opulenza quasi regali. La couture rivive con Nakad nel suo significato più autentico che trova espressione in sontuosi abiti da sera la cui realizzazione avrà reso necessarie ore ed ore di lavoro artigianale. Un’alta moda che si rivolge alle donne e che ne diviene amica, carpendone segreti e necessità, per uno stile da red carpet: in passerella sfila una parata di abiti da sogno, per una principessa contemporanea che nulla ha da invidiare alle protagoniste delle fiabe. La settimana dell’alta moda parigina da qualche anno a questa parte accoglie numerosi designer libanesi, ultimi portatori di un’allure oggi in netto declino in Europa e in Occidente. Da Elie Saab a Zuhair Murad fino a Tony Ward, lo sfarzo e il lusso sembrano prediligere il Libano, come terra elettiva nel cui DNA scorre uno stile evergreen. In un trionfo di chiffon, tulle ed organza sfilano collezioni che riportano la couture al glam originario: questa stagione occhi puntati su Ziad Nakad. Lo stilista, che sembra essere nato per la couture, porta sulle passerelle parigine un tripudio di capi da gran soirée perfetti per le amanti del lusso. Ma con lui nulla è scontato, a partire dalle silhouette, che vedono un’alternanza di gonne a ruota, proporzioni a sirena e jumpsuit interamente tempestate di cristalli ed indossate con un mantello en pendant: la collezione abbonda in materiali pregiati tra cui seta, crepe di seta, gazar, organza, tulle e pizzi. I tagli sono originali ma raramente vengono scoperte le gambe, eccezion fatta per qualche spacco. Cristalli, paillettes, piume, petali e foglie impreziosiscono i capi principeschi, con decorazioni rigorosamente handmade e preziose lavorazioni artigianali. Una couture mai banale che riesce nel talvolta arduo tentativo di offrire, accanto al lusso all over, variazioni e spunti inediti. Astenersi amanti del minimalismo.

Rani Zakhem dedica la sua alta moda a Dalida

Occhi da cerbiatto, grande fascino e una vita tormentata: la cantante italo-francese Dalida, che negli anni ’70 e ’80 ha conquistato i cuori e il titolo di regina di stile, è scomparsa esattamente trent’anni fa. In questo tragico anniversario, Rani Zakhem la celebra regalando ad Altaroma una collezione haute couture dedicata a questa icona di bellezza. Non è la malinconia né il dolore di Dalida ad ispirare lo stilista libanese, ma la creatività, il fascino e i decenni variopinti in cui è stata protagonista dello Studio 54. «Un omaggio agli anni ’70, a Bianca Jagger, allo Studio 54, a Dalida, icona di stile e di eleganza – così Rani Zakhem racconta la sua sfilata haute couture ad AltaromaDa bambino ascoltavo le sue canzoni. Ho sempre amato la sua voce, la sua gestualità, il modo di muoversi, di stare in scena. E’ strano, eppure quei brani, che ascolto ancor oggi, mi hanno sempre messo di buon umore».


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Filtrate attraverso lo sguardo sensibile e creativo del couturier libanese, sulla passerella dell’alta moda primavera estate 2017 di Rani Zakhem arrivano le suggestioni dei party anni ’70, i colori vivaci, le tute da dancing queen, i luccichii di pietre preziose. Lavorazioni plisseé, pizzo sensuale, sontuosi abiti dalle silhouette a sirena si alternano a minidress mozzafiato e tute fluide, perfette per andare a ballare allo Studio 54. Eleganza e sensualità trovano un equilibrio proprio come il fascino della cantante che legava due diverse culture: richiami all’Egitto percorrono la sfilata di Altaroma nei preziosi ricami e ciondoli di ispirazione araba. La palette degli abiti in passerella esplora tonalità pastello, bianco, nero, rosso e tantissimo oro a testimoniare la regalità della donna celebrata da Rani Zakhem. L’alta moda primavera estate 2017 dello stilista è però «una collezione ispirata anche ad un’idea di leggerezza infinita perché oggi ne abbiamo un disperato bisogno, forse per contrastare tutto quello che avviene intorno a noi. Leggerezza, ma anche poesia, tenerezza».


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