Il labirinto più grande del mondo è di Franco Maria Ricci, in Italia

Dedalo ed Icaro, secondo la mitologia greca, ne uscirono volando; all’interno venne rinchiuso il mostruoso Minotauro che si cibava di carne umana – stiamo parlando del labirinto, il luogo magico che rende facile l’entrata e difficile l’uscita.
Era nei sogni di Franco Maria Ricci da 20 anni ed ora è diventato realtà. L’editore e designer parmigiano ha realizzato l’opera a Fontanellato, nella pianura padana parmense, sette ettari di terra trasformati nel labirinto più grande del mondo. Un luogo incantato, in cui favola e mito si mescolano, oggi sarà percorribile dal 29 maggio 2015, tra fitte siepi e canne di bambù e tra gli spazi culturali che ospiteranno la collezione d’arte del realizzatore: 500 opere tra pitture e sculture dal 500 al 900, volumi di Giambattista Bodoni, l’intera produzione di Alberto Tallone e quella di Franco Maria Ricci.

Oltre all’imponente parco, sale da concerto e da cerimonie e una cappella – ça va sans dire – a forma di piramide.

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“Da sempre i labirinti mi affascinano” – ha spiegato Ricci – “Sognai per la prima volta di costruire un labirinto circa venti anni fa, nel periodo in cui, a più riprese, ebbi ospite, nella mia casa di campagna vicino a Parma, un amico, oltreché collaboratore importantissimo della casa editrice che avevo fondato: lo scrittore argentino Jorge Luis Borges. Credo che guardandolo, e parlando con lui degli strani percorsi degli uomini, si sia formato il primo embrione del progetto che oggi presento”.

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A differenza di Minosse, Franco Maria Ricci sogna un luogo dove tutti possono perdersi per poi ritrovarsi, un luogo non pericoloso, un giardino dove poter chiacchierare immersi in un’atmosfera fiabesca. Un labirinto dove le cose accadono e nessuno può fermarle, dove nascono coppie, nuovi amori, racconti, dove l’imprevedibilità fa da padrona.

L’inaugurazione delle sale espositive è prevista per il 28 maggio insieme alla mostra “Arte e Follia” curata da Vittorio Sgarbi, dedicata ai pittori padani Antonio Ligabue e Pietro Ghizzardi.

Non la si può perdere se ci si vuole perdere in un labirinto.

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Youth, La giovinezza di Paolo Sorrentino – una giovinezza perduta.

Il teatro dove si svolge l’opera di Sorrentino è un lussuoso albergo tra le montagne svizzere, Schatzalp Hotel di Davos, lo stesso che fu caro a Thomas Mann in “La montagna incantata”.

Un direttore d’orchestra in pensione, le macchie scure sotto gli occhi, lo sguardo malinconico, l’abito demodè dal tessuto troppo pesante, un uomo che fa i conti con il passato: il protagonista intorno a cui ruotano altre storie di altri esseri umani.

Le chiacchiere con l’amico anziano, regista di successo ormai scevro d’ispirazione, girano intorno a domande amletiche “Quante volte hai pisciato oggi?” e risposte kafkiane “Quattro gocce, per due volte” – battute che in sala destano allegria tra le coetanee 70enni (forse arrendevoli al loro imminente destino) e tristezza nei più “young”.

Sorrentino vuole stupire con effetti speciali, vuole sbalordire, far sognare e sceglie, vincendo, la direzione alla fotografia di Bigazzi, ma questo non basta, nonostante le cantanti che allietano gli ospiti dell’albergo con deliziose melodie nella notte, volteggiando come dei carillon, nonostante le sfumature delle bolle di sapone, la cui vita dura un soffio, nonostante i primi piani soffocanti, a sottolineare le rughe, il tempo che passa…
Sorrentino fa della poeticità una popolare smorfia, pare che stia prendendo la strada giusta, ma poi manca di concretezza, mancano i dialoghi che sfociano in banalità da “bacio Perugina”, manca il senso della realtà – a partire da un prosaico Maradona appesantito nel fisico, fino all’interpretazione hitleriana di un attore alla ricerca di sé.

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La rappresentazione dei cliché che vengono scardinati – come una “Miss Universo” interpretata da Madalina Ghenea, la bella che dovrebbe essere per forza stupida e invece si rivela intelligente e pensante – è debole. Un’apparizione che forse ricorderemo solo nel suo lato B come mamma l’ha fatto.

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Interessanti ma senza forza le scene oniriche di una Venezia inondata che lascia spazio alla sola passerella dove Miss Universo sfila con tanto di corona in testa; di uno scenario da video-clip in cui la “pop-star” – il lavoro più osceno del mondo ansima una canzoncina trasformandosi in un prodotto astratto e sulfureo. La presenza di questa pop-star (la donna brava a letto) per lo meno viene giustificata da accenti di ironia padre-figlia:

“perché mi ha lasciato mio marito? cos’ha lei che io non ho?”
“Non posso dirlo, non ricordo, forse lo ha detto, ma accennato”
“Se non me lo dici mi metto a urlare, sei mio padre, devi dirmelo”
“Ok, è brava a letto”
“Beh, potevi anche non dirmelo!”


Stiamo parlando ancora di tanti ingredienti che insieme non riescono a comporre un piatto equilibrato, anche se forzatamente creativo. Sorrentino tenta il surrealismo di Fellini (negli accenni onirici) e un’estremismo jodorowskiano (nella scelta forte dei colori e dei personaggi/comparse) ma manca qualcosa, è un non-sense senza “sense”.

Purtroppo la retorica prende il sopravvento, o forse la vita è essa stessa retorica, tutte le vite si somigliano, per tutti la “leggerezza è perversione ed irresistibile tentazione“, tutti sono “vulnerabili come le monarchie – basta eliminare una persona e tutto cambia, come nei matrimoni“. Dialoghi con frasi a effetto ma vacui, vuoti, come la sensazione del regista perso quando si suicida buttandosi dal teatro dell’albergo. Banale, non sei la Woolf.

Caine e Keitel due vecchietti da cui fuoriesce più tenerezza che stima, uno apatico al punto da rifiutare di suonare per la Regina Elisabetta, l’altro narciso al punto che al primo rifiuto della sua attrice-musa di partecipare al suo film/testamento decide di togliersi la vita.

Sorrentino ci lascia con un’altra frase “La vita va avanti anche senza questa stronzata del cinema!” – e a me spiace dirlo ma credo che anch’io andrò avanti anche senza questa finta-giovinezza! Peccato.

I tre film italiani a Cannes e tutti i premi della 68/a edizione

Torna a casa con la bocca asciutta l’Italia, che al Festival di Cannes,giunto alla sua 68/a edizione, nonostante le grandi aspettative, non ha vinto alcun premio.


I nostri connazionali Paolo Sorrentino con “Youth – La giovinezza“, Matteo Garrone con “Il racconto dei racconti” e Nanni Moretti con “Mia Madre“, tornano a mani vuote dopo i già numerosi rumors che circolavano a Cannes, arrivati fino alla Moretti-mobile che ha attraversato il confine con la musa Margherita Buy perché quest’ultima ha paura di volare.

Timidamente autobiografico, il film di Moretti si divide tra vita e malattia, tra un set cinematografico e il senso di colpa della protagonista per non essere stata al capezzale della madre. Dopo il grande successo con “La grande bellezza“, vincitore dell’Oscar come miglior film straniero nel 2014, Paolo Sorrentino torna con un film dove le diverse età si scontrano e il senso del tempo che passa è il ritmo di sottofondo.
Altra scelta di stile, invece, per Matteo Garrone che sceglie la favola per inscenare le pulsioni umane, antiche, immutabili del genere.

Ma la Palma d’Oro va a Jacques Audiard, regista francese, che presenta “Dheepan“, la storia di un ex soldato Tamil, una donna e una bambina in fuga dalla guerra in Sri Lanka fino in Europa.

Molto fumo per l’Italia, ma questa volta niente arrosto!

TUTTI I PREMI

MIGLIOR REGIA – Il regista cinese Hou Hsiao-Xsien per The assassin.

MIGLIOR ATTRICE – Mara per Carol e Emmanuel Bercot per Mon Roi, ex aequo.

MIGLIOR SCENEGGIATURA – Michel Franco per Chronic.

PREMIO DELLA GIURIA – The Lobster del regista greco Yorgos Lanthimos.

MIGLIOR ATTORE – Vincent Lindon per La loi du marchè.

CAMERA D’OR – La tierra y la sombre del colombiano Cesar Augusto Acevedo.

GRAND PRIX SPECIALE DELLA GIURIA – Laszlo Nemes per Il figlio di SaulPALMA D’ORO – Jacques Audiard, con il film Dheepan

MIGLIOR REGIA – Il regista cinese Hou Hsiao-Xsien per The assassin.

MIGLIOR ATTRICE – Mara per Carol e Emmanuel Bercot per Mon Roi, ex aequo.

MIGLIOR SCENEGGIATURA – Michel Franco per Chronic.

PREMIO DELLA GIURIA – The Lobster del regista greco Yorgos Lanthimos.

MIGLIOR ATTORE – Vincent Lindon per La loi du marchè.

CAMERA D’OR – La tierra y la sombre del colombiano Cesar Augusto Acevedo.

GRAND PRIX SPECIALE DELLA GIURIA – Laszlo Nemes per Il figlio di Saul

CAROLINA WYSER – FW 2015-2016 COLLECTION

Sono gli anni ‘70 i protagonisti della nuova collezione del giovane brand di denim Carolina Wyser. Il mood Seventy-chic esprime una donna consapevole, matura e amante delle sperimentazioni che alternano il moderno al vintage.

La collezione F/W2015-2016 offre un’ ampia declinazione del modello a zampa, a vita alta e proposto in tutti i classici lavaggi che caratterizzano il brand, preziosi ricami in rilievo e stampe. Le nuove colorazioni a contrasto sottolineano l’aspetto cool del fit.

Righe orizzontali in nuance denim, stampe boho-chic e i nuovi “workers” in micro-fibra effetto camoscio. Must have per il prossimo inverno sono le Salopette a zampa che coronano la collezione, con una linea iper femminile, disponibili in eco pelle, velluto effetto vintage e in diversi lavaggi del denim; e la nuova gonna a vita altissima, interamente in denim o eco pelle per uno stile più rock. Ultimo arrivato del brand Carolina Wyser, il modello Gilda caratterizzato da un fitting super contemporaneo, extra large accentuato dal cavallo basso e da stampe Art Decò e ricami in rilievo. Ai modelli Boyfriend, che hanno caratterizzato le collezioni passate, si affiancano i long seller Straight. Intagli e pizzi, strappi e ricami alla caviglia, evidenziano le lavorazioni artigianali che caratterizzano il brand bolognese.

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EYEPETIZER: I NUOVI MODELLI SI ISPIRANO ALLA CITTA’ DI PARIGI

Eyepetizer, dopo una prima collezione che in pochissimi mesi ha raggiunto risultati distributivi strepitosi sia nazionali che internazionali, lancia una nuova capsule collection ispirata alla Ville Lumière prendendo il nome dei luoghi di culto parigini.

La capsule mantiene le stesse caratteristiche dello stile Eyepetizer :

montature ultraleggere, essenziali, retro’, in acciaio inossidabile ormai riconoscibili per i terminali uno diverso dall’altro.

I colori sono oro e silver, mentre quelli delle lenti vanno dal blu al grigio e dal verde bottiglia all’arancio.

Il primo modello si chiama Flore, riconoscibile dalla forma romboidale, il secondo, Opéra, è caratterizzato da una forma stondata ma tagliata nella parte superiore, il terzo e’ il Marais, di forma ovale allungata.

Un prodotto ricercato, elegante e originale anche nel packaging che si presenta con una scatola art déco.

La capsule collection e’ inoltre impreziosita da una limited edition in cui i frontali sono in acciaio inox grezzo, mentre sulle aste viene aggiunta una lavorazione speciale con la ramatura che conferisce un aspetto vintage all’occhiale e al tutto viene applicata una doppia verniciatura trasparente antiallergica.

Le lenti in dotazione in tutti i modelli sono in Cr 39 con trattamento antiriflesso di 12 strati interno ed esterno che servono per eliminare i riverberi dei raggi uvb e uva.

La nuova capsule sarà in vendita da aprile al costo di 109 euro cosi come l’ edizione limitata che che sarà invece proposta a 122 euro.



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MANURINA: ISPIRAZIONE MAROCCO PER LA COLLEZIONE FW 2015 2016

La collezione FW15/16 si compone di maxi bag e clutch esteticamente ispirate al Marocco: un universo sofisticato dove le geometrie così care a Manurina si inspirano a dettagli tipici di questo luogo incantato non troppo lontano ma caratterizzato da cultura, colori, profumi molto diversi dal nostro. La linea stilistica riprende da un lato l’imprinting della stagione precedente, con la proposta di modelli best sellers riconoscibili nelle It-bag Field Day, M, Narcissus e Mary P ma rivisitati in base alle nuove esigenze stilistiche. Dall’altro si è optato per l’introduzione di una nuova capsule per ampliarne così la scelta.

Nei materiali si può riscontrare una piccola continuità con il percorso intrapreso nella stagione precedente grazie alla scelta dei vitelli primo fiore, unitamente alla novità della pelle “New York” per un utilizzo molto versatile, della stampa cocco sempre molto apprezzata e del tessuto “Kilim” per i modelli più iconici. Non mancano i decori in glitter e laminato per richiamare le decorazioni tipiche marocchine.

La cartella colori è impostata su totalità calde e decise per rievocare luoghi unici e tipici come il deserto e i souk. Non possono quindi mancare colori come il blue copiativo, il bordeaux, il desert, il persimmon, unitamente a tutte le tonalità muschiate.

Infine anche le metallerie tipiche Manurina acquistano, ma solo per alcuni modelli, una nuova cornice che va a caratterizzare la ormai riconoscibile “chiusura”.

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TUTTI AL MARE CON MISS BEE E LAURA MANARA

Miss Bee presenta una vasta scelta di modelli: bikini stampati, tinta unita, profilati e arricchiti da abitini corti e lunghi a seconda delle esigenze, top e culotte, abbinabili in modo divertente e sempre nuovo.

La serie di bikini in lurex è ispirata agli anni ’70: dorati tinta unita e stampati su modelli diversi: dal classico bikini brasiliano GISELLE, alla fascia GIORGINA proposto nei vivaci verde smeraldo e giallo, stampa bolle a contrasto o nella ricercata stampa onde, riproposta nei colori più caldi, nel caftano ARIEL, per un look più elegante e ricercato.

La collezione Resort 2015 di Laura Manara si concentra sui dettagli, la migliore artigianalità italiana e tessuti di lusso . I capi declinati in tuniche , caftani, abiti e tute sono presentati in lino italiano , miscele di cotone e seta italiani e spugna di puro cotone, ricamati e stampati con motivi geometrici personalizzati.

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Moda Uomo: capispalla per ogni occasione!

Marsala, melograno, ma anche coriandolo, timo, liquirizia: non solo sapori e aromi, ma sensazioni e colori che fondano la cultura e il gusto italiano.

Il viaggio di Zerosettanta Studio verso le nuovi capitali del lusso inizia dalla Toscana; non solo terra d’origine della storica azienda Landi, ma allegorica visione di italianità in cui trovare tutta la tradizione accompagnata dalle nuove tendenze, le nuove contaminazioni culturali, il nuovo modo di “saper vivere”.

Il risultato è una collezione che si articola su tre tematiche


Country Walking. Una passeggiata tra le crete Senesi:


Nulla più di un tessuto di tradizione millenaria come il Casentino, con il suo inconfondibile tocco rustico, può essere più adatto a vestire il vero raffinato intenditore. Doppiopetto dalle linee pulite, ma anche inserito nei piumini in nylon tinta unita, con una cartella colori che varia dal nero e blu, al verde prato ai colori caldi. Imperativo maschile per questa stagione è infatti l’attenzione ad un capo più strutturato dal taglio classico, arricchito da toppe in casentino sovrapposte in nuance e inserti sulle spalle.

Il gilet continua ad essere un Must anche per questa stagione, proposto in una vasta gamma di colori e tessuti, per permettere di creare combinazioni sempre originali.

Carpet Walking. Dalle moquette delle auto di lusso ai tappeti dei grandi alberghi:

A questo passo sicuro e felpato si ispira la sezione Lusso delle giacche e dei cappotti Zerosettanta Studio. Un’eleganza sofisticata, fatta di tessuti sartoriali, di velluto nero lucido, ammodernati dagli effetti ricchi ed esclusivi di pelli effetto alligatore e colli in shearling.

City walking. Sul grigio asfalto delle metropoli:

Muoversi nella città destreggiandosi tra meeting all’ultimo piano di grattacieli, pranzi di lavoro, eventi e aperitivi nei club più cool. L’uomo della city si identifica in Car coat multitasche dai tessuti tecnici impermeabili, trapuntini gessati pinstripe e tinta unita, nei classici blu notte, grigio o nelle tonalità più calde dei beige e del marsala, impreziositi da inserti e colli in lana, giacche dalle imbottiture leggere arricchite al loro interno da fodere tartan e motivo cravatteria e in tessuti gabardine misto cachemire.

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Carline, modella del mese

Model: Carline – Urban Model Management Milan
Photographer: Miriam De Nicolo’
Make-up: Manuel Montanari
Dresses: Davide Monaco

Carline, classe ’88 nata in Brasile, si racconta così:

“In Brasile è molto comune trovare concorsi di bellezza, di conseguenza ci sono molti scouters, sempre in cerca della ragazza talentuosa. Io sono stata scoperta a 12 anni; dopo il primo corso per diventare modella, dopo aver terminato gli studi e con tutto il bagaglio di timidezza, sono partita per San Paolo, la capitale della moda in Brasile. E’ stato l’inizio di un lungo viaggio tra Tokyo, Cile, Turchia, Indonesia, Thailandia, Singapore, Vietnam, e Italia, dove ora mi sono stabilita.

Una delle mie più grandi passioni è viaggiare, per fortuna questo lavoro mi permette di girare il mondo senza aver l’obbligo di fissa dimora, oggi sono in Italia, ma di mettere radici ancora non se ne parla.

L’agenzia che qui mi rappresenta è la Urban Model Management; lavorare in Italia è molto diverso che nelle altre parti del mondo, sono tutti più rilassati anche se professionisti, il lavoro non è un momento di stress a tutti i costi e gli uomini italiani sono sempre i più simpatici. Il mio compagno è uno Chef, vegano e crudista, ovviamente italiano, con cui condivido anche l’interesse della gastronomia, tra gli studi che ho terminato in Cile.
Nei miei progetti futuri c’è quello di aprire un luogo dal concetto “raw food”, dove la cura di mente e corpo si sposano. Nel frattempo mi prendo cura del mio corpo con lo yoga, zumba, pilates, e mi reco ai casting sempre in bicicletta per tenermi in allenamento.

Piatto preferito: spaghetto cacio e pepe e salsa di noci con kelp noodles
letture preferite: psicologia
paese nel mondo: Italia
cucina: asiatica

Edith Piaf, la bellezza della musica che nasce dalla tragedia

Un corpo minuto, quasi curvo ed una voce disperata e dolce che ci ha regalato le più belle canzoni di sempre: stiamo parlando di Edith Piaf.

No, niente di niente!
No, non rimpiango niente!
Né il bene né tutto il male che m’hai fatto, non fa differenza per me
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Non si sceglie un destino così crudele, carico di morti e sofferenze, disgrazie e malattie.
Edith Piaf è un mito della musica forse anche per questo, perché è riuscita a cantare il suo dolore.

Partorita sotto le luci di un lampione, che presto diventerà il faro della sua brillante carriera, nasce da madre italiana, cantante nelle fiere di paese e da padre contorsionista che la porterà ad esibirsi per le strade; cresce con la nonna paterna che gestiva un bordello in Normandia. A 15 anni decide di vivere la sua vita ed insieme all’amica Simone Berteaut si esibisce per i parchi e le taverne.

Viene scoperta a 20 anni dall’impresario Louis Leplée e, dopo un’audizione al “Le Gerny’s”, cabaret vicino agli Champs Elysées,  debutterà nel 1935 sotto lo pseudonimo La Môme Piaf.

Edith Piaf
Edith Piaf


Il suo sarà un lutto nazionale.

E’ il 14 ottobre 1963 e ai funerali c’era così tanta folla che la polizia non riuscì a trattenerla tutta: chi si arrampicava per i cancelli, chi camminava sulle tombe per vedere Edith un’ultima volta, Edith era una di loro, i parigini l’amavano follemente.  Marlene Dietrich, quando la sentì cantare per la prima volta, si avvicino’ a lei e le disse: “E’ molto che manco da Parigi, ma questa sera, sentendoti cantare, mi hai permesso di viaggiare e non posso che ringraziarti“.

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Edith Piaf e Marlene Dietrich


Edith Piaf ci lascia a soli 47 anni, una vita  bruciata in fretta e del resto lo aveva scritto lei stessa: “Se non canto, muoio
E’ il 1960, Edith è malata e ha i giorni contati – il suo medico glielo dice: “O smetti di cantare o muori”.

Durante un’intervista le chiederanno: “Se dovesse smettere di cantare cosa succederebbe?” E lei risponderà “Sto per dire una cosa orribile, ma credo che mi ucciderei”.

Edith Piaf bambina
Edith Piaf bambina


L’inizio della depressione avviene dopo una grave perdita: muore Marcel Cerdan, pugile campione dei pesi medi, il suo grande amore, l’amore che non avrebbe mai potuto avere perché sposato e con figli. Lei un giorno lo chiamerà implorandolo “Prendi l’aereo, se prenderai la nave avrò il tempo di morire, mi manchi troppo.
Quell’aereo precipiterà, causando il più grande dolore per Piaf, da cui non si riprenderà mai, cadde in una grave depressione, che mista ai dolori fisici di un’artrite appena nata, gli renderà l’esistenza un inferno.

Edith Piaf and Marcel Cerdan
Edith Piaf e Marcel Cerdan


Ventiquattr’ore dopo la morte di Marcel, in nero come sempre, elegante ma senza ostentare ricchezze, imbottita di roba chimica per restare in piedi, Edith annunciò al pubblico del Versailles, il locale notturno francese di New York: “Stasera canto per Marcel Cerdan, per lui soltanto”. Cantò l’Hymne à l’amour, il suo inno privato: Se un giorno la vita /ti strapperà a me,/sta’ lontano da me.. /Se tu muori/ allontanati da me./Poco mi importa/ se tu mi ami/perché anch’io morirò,/ avremo per noi l’eternità,/nell’azzurro/ di tutta l’immensità,/nel cielo senza più problemi. Non lo finì, crollò priva di sensi.

Edith Piaf ragazza
Edith Piaf ragazza


La malattia le irrigidisce il corpo deformando piedi, le splendide mani che tutti hanno elogiato e viso – per sopportare il dolore s’imbottisce di pillole in dosi massicce e presto si spargerà la voce che la Piaf fa uso di droghe. Inizia un travaglio di coma epatici, convalescenze, pillole e  interventi al fegato.

Incontra Theo Sarapo che sposerà il 9 ottobre 1962, lui ha 26 anni e lei 46. La mattina del matrimonio riflette “Non posso sposarlo, sarei ridicola, cosa penserà la gente della differenza di età?” Ma quell’amore così diverso le darà la forza e sarà la sua rinascita, solo per qualche tempo, perché esattamente un anno e un giorno dopo, Edith Piaf morirà.

Theo Sarapo ed Edith Piaf
Theo Sarapo ed Edith Piaf


“La morte è l’inizio di qualcosa” Edith Piaf 

 

La star di “Nynphomaniac” è il volto della prima fragranza Miu Miu

Dopo aver scandalizzato tutto il mondo con il suo ruolo da ninfomane nel film di Lars Von Trier, “Nynphomaniac”, Stacy Martin è oggi il volto della fragranza Miu Miu.

Secondo il brand, l’attrice sarebbe la testimonial perfetta per il suo “rigore artistico e lo spirito iconoclasta”; a immortalarla, il talento fotografico di Steven Meisel. con cui ha già lavorato in passato.

 

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