Tutti i capolavori del ‘900 alla Milano Drawing Week

Milano non si ferma mai, è come quegli androidi di Alien che fanno tutto il lavoro ininterrottamente, giorno e notte, mentre gli altri, gli esseri umani, riposano. Ma a differenza loro è buona, perchè ci regala un’altra settimana dedicata a cosa? Al disegno. Dal 25 novembre al 3 dicembre, potrete godere dei capolavori di artisti del XX secolo, parte della Collezione Ramo che ne conta ben 700, presso le migliori gallerie di Milano, gratuitamente.

Tra un caffè in centro e una passeggiata per negozi, avrete l’occasione unica di vedere da vicino quello che rimane custodito con cura maniacale e certosina, in caveau dedicati, i disegni di Umberto Chiodi, Giorgio De Chirico, Umberto Boccioni, Alighiero Boetti, etc… selezionati per l’occasione da artisti emergenti, che avranno l’onore di accompagnare la loro opera a quella del loro idolo, mentore, maestro.

Accompagnati dalla curatrice della MDW, Irina Zucca Alessandrelli, abbiamo iniziato il percorso dal Museo di Storia Naturale, dove espone l’artista francese Mad Meg, con opere su carta di due metri e mezzo, una collezione intitolata “Patriarchi”, una denuncia dell’uomo maschilista. Sono giganti insetti travestiti da uomo, e accomunati da comportamenti bizzarramente simili, come l’impollinatore che identifica la figura femminile come mera incubatrice; o il cercatore d’oro con la testa di mosca, che riprende una vecchia fotografia di Bernard Otto Holtermann che nel 1872 trovò nella sua miniera la pepita d’oro più grande del mondo; uno sfottò alla smania ossessiva di ricchezza, che viene paragonata allo sterco cui la mosca si avvicina.

I disegni di Mad Meg sono realizzati a pennino e china, con una esposizione del particolare fatto con incredibile minuzia; le opere sono messe inoltre in relazione alle specie catturate dalla sezione entomologica del Museo di Storia Naturale, in accordo con i protagonisti della serie d’artista; sono insetti stecco giganti della Malesia, bruchi, crisalidi, lepidotteri notturni adulti, impollinatori come il bombo comune, l’ape legnaiola, l’ape domestica o da miele con esemplari di tutte le caste (regina, fuchi e operaie) e alcuni frammenti di favi, mosche della famiglia delle Sirfidi e alcuni tra i coleotteri più ricercati dai collezionisti, i carabi e le cicindele.

Mad Meg sceglie “Studi per archeologi” di Giorgio de Chirico dalla Collezione Ramo, per la terza esposizione della Milano Drawing Week, un’opera che riprende i concetti della grecia classica e dei manichini, esordio dello studio della pittura metafisica, affascinata dal modo che de Chirico ha di rappresentare gli spazi mentali e le allegorie del XX secolo.


Proseguendo il giro, alla Galleria Tiziana Di Caro, sita in Via Gioacchino Rossini 3, l’artista Luca Gioacchino di Bernardo all’interno della sua personale, sceglie dalla Collezione Ramo, l’opera di Gianfranco Baruchello, l’artista che cercò per tutta la vita l’interscambiabilità tra natura e arte. Fondò l’Agricola Cornelia spa, dove svolgeva attività di agricoltore dedicandosi alla terra, all’allevamento di bovini e ovini, dove il silenzio di una stanza d’artista era necessariamente interrotto dall’urgenza di un parto di una vacca. E nel seguito lo si vedeva ritornare con un pennello in mano, a disegnare l’opera che aveva appena vissuto sulla propria pelle.

“Ho scelto “Skizo corpus philosophica” poiché trova riscontro con una mia tutt’ora viva ricerca tra la stretta comunanza archetipica tra l’albero e la figura umana.” racconta Luca Gioacchino di Bernardo, attorniato dalle nodose radici dei suoi disegni che nascondono codici indecifrabili, espressioni, frasi oniriche. Radici portate alla luce e vivisezionate come corpi, una specie di radiografia che sembra più rivolta a se stesso che ad un oggetto preso in prestito.

Nella Galleria Renata Fabbri di Via Antonio Stoppani 15/c, troviamo il colore di Serena Vestrucci che, attraverso l’uso del pennarello e della forza che impiega nel colorare su carta, indaga l’aldilà. Lo fa toccando il fondo, stressando la carta fino al punto di rottura. Cosa troveremo al di là del foglio? Cosa si cela dietro un gesto ripetuto, ordinario, superficialmente banale del colorare? La risposta è incorniciata accanto all’originale, il retro si mostra di fianco al davanti, il mistero vicino al reale, l’ignoto accanto a ciò che ci aspettiamo. Ed è questo ignoto che ha colpito l’artista nella scelta de “I vedenti- Eterno dilemma tra contenuti e contenitori” di Alighiero Boetti, che per tutta la sua vita artistica ha ricercati l’aspetto del vedente e del visibile, anche attraverso quest’opera dedicata ai vedenti colpiti da cecità, per alludere a chi non lo è.

Nello studio di architettura e spazio espositivo indipendente, Spazio Lima, l’installazione unica di Benni Bosetto
che ricopre le pareti come carta da parati. Ripetizioni di immagini, corpi e simboli elusivi, segni grafici come codici e linguaggi nascosti, perfettamente coesi con la ricerca verbo visuale di Tomaso Binga, scelta da Collezione Ramo per questa edizione MDW con “Dattilocodice” tavola n.13 del 1978.

Bianca Pucciarelli Menna, la vera donna che si celava dietro il nome d’artista Tomaso Binga, per facilitarsi un percorso artistico al tempo chiuso al mondo femminile, lavora da sempre con la parola scritta desemantizzata, lettere che mescolate insieme, scritte l’una sull’altra, danno vita ad codice nuovo, lontano dal significato corrente che invece distrae, per riappropriarsi interamente della propria identità.


Chiude il nostro primo viaggio, il dialogo inedito tra i due Boccioni al Castello Sforzesco.

Controluce“, opera della Collezione Ramo che l’artista in vita espose ben due volte, la prima con la famiglia artistica di Milano nel 1910, e la seconda nell’estate dello stesso anno presso Palazzo Pesaro a Venezia, fu dapprima proprietà della nota intellettuale e critica d’arte Margherita Sarfatti.

Sullo sfondo, la periferia cittadina, in primo piano, una giovane donna dall’amabile sorriso, avvolta da uno scialle che le accarezza una guancia, e da una luce che penetra la figura e la inserisce, fondendola, con l’ambiente circostante.
Trattasi della svolta futurista della compenetrazione dei piani, qui ancora con un tratto a grafite divisionista, ma vicinissima al percorso stilistico che toccherà Boccioni, visibile nei capolavori affiancati de “La madre seduta con le mani incrociate“, 1911 e 1912 appartenute a Collezione Ramo e al Gabinetto dei Disegni del Castello Sforzesco di Milano la seconda.

E’ un’occasione unica di poter vedere per la prima, e forse unica volta (chissà), due capolavori affiancati che hanno
generato la rivoluzione futurista.

Tutte le info della Milano Drawing Week qui.

Controluce“, Boccioni 1910




Addio, Umberto Eco

Nato ad Alessandria nel 1932 e laureatosi a Torino con una tesi sull’estetica in San Tommaso D’Aquino, Umberto Eco alla fine degli anni cinquanta inizia a lavorare in Rai.

L’interesse per la cultura medievale, lo porta a scrivere il suo primo libro nel 1956: “Il problema estetico in San Tommaso”, chiaro riferimento all’argomento trattato in sede di laurea.

Nelle opere di Eco, predominerà sempre la filosofia medievale. Nel 1980 scrive “Il nome della rosa”: un best-seller dal carattere rivoluzionario. La fusione tra il giallo e il romanzo storico. Un’opera nata dalle capacità sopraelevate di un semiologo come Umberto Eco che conosce alla perfezione gli elementi della narratologia.

Il nome della Rosa” riflette la capacità dello scrittore ad  indagare nel caos infido della ragione umana. È l’attitudine di Eco a svelare un modo tutto inedito di intrecciare la letteratura di qualità al best-seller riuscendo a coinvolgere la cultura di massa.

Il successo del capolavoro è mondiale. Tradotto in più di quaranta lingue, la consacrazione de “Il nome della rosa” arriva con la pellicola di  Jean-Jacques Annaud che vede tra i protagonisti l’inossidabile Sean Connery nei panni di Guglielmo da Baskerville.

 

Sean Connery ne "Il nome della rosa" (fonte romafictionfest)
(fonte romafictionfest)

 

 

Da qui, un susseguirsi di importanti opere letterarie : “Il pendolo di Foucault”, “L’isola del giorno prima”, “Baudolino”, “Direi Quasi la stessa cosa”, “Il cimitero di Praga”, “A passo di gambero” e “Dall’albero al labirinto” . La lista dei suoi capolavori è colma di titoli, basti annoverare anche l’ultima fatica “Numero zero”: un romanzo ambientato a Milano che tocca i temi di Mani pulite e della Mafia.

Eco non era solo un abile comunicatore, ma anche un appassionato lettore: “Chi non legge a 70 anni avrà vissuto una sola vita, chi legge avrà vissuto 5000 anni.: c’era quando caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… perché la lettura è un’immortalità all’indietro”, disse.

Il suo ingegno, la sua sopraelevata intelligenza, le sue proverbiali capacità di comunicazione, sempre vivide nei suoi progetti letterari, lo hanno visto candidato al Premio Nobel per la Letteratura, mai però aggiudicato.

Eco, resta un grande saggista, un lodevole scrittore. Un uomo sempre attento ad osservare e criticare le scelte politiche del nostro Paese e un appassionato docente universitario.

 

Umberto-Eco-è-morto-lo-scrittore-de-Il-Nome-della-Rosa-aveva-84-anni

 

 

Corteggiato da sempre da diversi quotidiani che si contendevano la sua firma per poter pubblicare le sue riflessioni, amato dal pubblico per la sua libertà di pensiero,  Umberto Eco lascia un ricordo immenso di sé, un vuoto incolmabile nel panorama culturale italiano.

Eco, infatti,  è spirato ieri sera alle 22:30 nella sua abitazione di Milano, all’età di ottantaquattro anni. L’ultimo addio allo scrittore avverrà  martedì 23 febbraio all’interno del Castello sforzesco di Milano, con una cerimonia laica.

Pape Satàn Aleppe, l’ultimo capolavoro dello scrittore, edito da La nave di Teseo di Elisabetta Sgarbi potrebbe essere presentato nelle librerie già nei prossimi mesi. Pape Satàn Aleppe raccoglierà “Le Bustine di Minerva”: la rubrica di Eco sull’ Espresso.