Come non sbagliare look: 3 fantasie dell’Autunno ’16

Per questo autunno inverno ’16 è davvero difficile sbagliare look, se non impossibile.
Le passerelle delle Fashion Weeks non sono che il primo step per la rielaborazione di quelli che saranno i trends del momento e se le ultime si son riferite alla prossima Primavera Estate – anche se non tutte -, quelle precedenti non facevano che lasciare un barlume di speranza per adocchiare e studiare cosa indossare in questo triste e freddo Ottobre.
Ecco le 3 fantasie dell’autunno che non possono assolutamente mancare nell’armadio:


1. TARTAN


Il tartan richiede sacrificio. Non può essere abbinato a tutto e non sta su tutto, ha bisogno d’essere smorzato se troppo evidente o accentuato se appena accennato.
È il disegno dei tessuti in lana delle Highland scozzesi come il kilt nel quale blocchi di colore si intrecciano sia verticalmente che orizzontalmente creando dei quadrati e delle linee che sembrano dare dei colori diversi in base all’intreccio.
Solitamente il tessuto utilizzato per il tartan è la lana, ma lo troveremo anche in altre varianti più comode e decisamente meno calde.
Quattro modelli dai quali prendere spunto: Gucci Fall ’16 Ready-To-Wear, Delpozo Pre-Fall ’16, Chanel Fall ’16 Ready-To-Wear e Jean Paul Gaultier Fall ’16.
Nel primo caso il tartan è utilizzato su un bomberino classico con fascia in colori diversi, nel secondo caso è utilizzato come parte frontale di un cappotto con chiusura a nodo, nel terzo ha di base un grigio caldo abbinato alla borsa e nel quarto è ton sur ton.





2. OPTICAL


In ritorno clamoroso dagli anni ’60 la fantasia più gettonata: l’optical.
Vintage fa rima con optical in questo decisivo riallaccio sixties, ma fa anche rima con colore.
Tra le più in voga sicuramente il pied de poule ma non solo, anche gli scacchi, le righe orizzontali o verticali, rombi e pois.
Le geometrie sono ben accette nell’autunno che tutto copre e tutto oscura.
Ancora Gucci Fall ’16 con cubi tridimensionali di colori blu, bianco e rosso sulle borse, Issey Miyake Pre-Fall ’16 con morbido dolcevita colorato, l’Haute Couture Fall ’16 di Iris van Herpen con abito con sottilissime righe e l’optical minimale Pre-Fall ’16 di Vionnet.





3. ETNICA


La fantasia etnica è solitamente utilizzata nella stagione calda, ma questo inverno sembra non temere rivali.
Ecco che viene traslato il colore e il calore di questa fantasia su capi prevalentemente autunnali e invernali.
In primis, la pelliccia di Chloé Fall ’16 Ready-to-Wear.
A seguire la calda lana di Stella Jean Pre-Fall ’16, il mini dress in tulle di Viktor & Rolf Fall ’16 e la grinta floreale di Alberta Ferretti Fall ’16 Ready-to-Wear.


Stampe: tra storia e curiosità

Paisley, pois, righe, pied de poule: sono le stampe più comuni dei capi del nostro guardaroba, ormai entrate di diritto nel vocabolario della moda. Ma da dove vengono e qual è la storia di queste fantasie che da tempo immemore abbelliscono i nostri capi? È la domanda che si è posta la giornalista Jude Stewart, che ha ricostruito fedelmente la storia dei tessuti stampati, partendo da documenti antichissimi: Patternalia è il risultato di questa inedita inchiesta. Il volume, appena pubblicato, traccia la storia delle più comuni stampe, dai pois al paisley.

Scopriamo così che i pois erano poco usati in epoca medievale, in quanto ricordavano i rush cutanei tipici delle malattie esantematiche, mentre il pied de poule deve il suo successo ai cappotti inglesi da caccia. Le righe, oggi considerate chic, erano invece prerogativa di carcerati e prostitute, almeno durante il Medioevo. Nel XIII secolo era in voga addirittura un codice, le lex sumptuaria, che regolamentava l’uso delle righe: facilmente visibili, esse si addicevano a prostitute e carcerati perché li avrebbero resi facilmente riconoscibili e controllabili ai fini della sicurezza pubblica. Un sottobosco di emarginati che già nell’iconografia medievale era raffigurato vestito a righe; considerate volgari e abominevoli, venivano usate per umiliare chi le indossava, secondo quanto ricostruito anche da Mark Hampshire e Keith Stephenson nel loro libro Communicating with pattern.

Appeal sofisticato per il giglio, altro pattern molto diffuso. Tradizionalmente associato agli antichi blasoni nobiliari, spesso prerogativa dell’aristocrazia francese, il giglio veniva utilizzato invece per marchiare criminali e schiavi, e chiunque fosse assoggettato allo stato francese. Il verbo francese fleurdeliser (giglio in francese si dice “fleur-de-lis”) indicava la pratica di «marchiare con il giglio»: il Code noir promulgato nel 1685 da Luigi XIV di Francia -che regolamentava la vita degli schiavi neri nelle colonie francesi- rese il giglio simbolo di tortura: gli schiavi che cercavano di fuggire sarebbero stati marchiati a fuoco col simbolo di un giglio, prima di essere mutilati e uccisi, ad eventuali ulteriori tentativi di fuga.





Tanti sono i testi che trattano dell’insolito tema dei tessuti stampati: Steven Connor, professore di storia culturale all’Universita di Cambridge, ha ricostruito la storia dei pois. Considerata la difficoltà di tracciare in modo equidistante i pallini senza l’aiuto di macchine, la fantasia era scarsamente utilizzata in epoca medievale. I pois irregolari venivano infatti accuratamente evitati perché considerati di cattivo auspicio, dal momento che la loro forma ricordava malattie mortali, come la lebbra, la peste bubbonica, il vaiolo.

Amata dai figli dei fiori e dai nostalgici dei Seventies, il paisley o cachemire è emblema del boho-chic: una storia antichissima sarebbe all’origine della fantasia, che si sarebbe diffusa migliaia di anni fa nel territorio a cavallo tra India e Pakistan, corrispondente agli attuali Iran e Kashmir. Originariamente chiamato būtā o boteh, che significa fiori, la stampa ricorda in effetti un fior di loto, anche se molti vi vedono una corrispondenza con le più svariate immagini. Gli antichi babilonesi paragonavano la figura ai datteri, simbolo di prosperità e abbondanza. Paisley è anche il nome di una città scozzese specializzata nella produzione di scialli con questo motivo, da qui il nome della fantasia.

Tradizionalmente associato allo stile più sofisticato, dopo avere attraversato indenne più di mezzo secolo, dagli anni Cinquanta ai favolosi Swinging Sixties, arrivando incolume fino ai giorni nostri, il pied de poule è forse il tessuto più amato. Il suo nome in francese significa letteralmente “zampa di gallina” e le sue origini sono alquanto misteriose: pare che derivi dalle mise utilizzate dai pastori scozzesi delle Highlands, la regione montuosa della Scozia. La stampa avrebbe avuto come fine quello di camuffare gli schizzi di fango. Il termine inglese per indicare il pied de poule è houndstooth, dai molari dei cani da caccia. Tradizionalmente associato all’aristocrazia terriera inglese, il tessuto veniva considerato consono alla caccia, ma senza perdere il glamour. Sdoganato da Edoardo VII di Inghilterra, a inizio Novecento, il pied de poule è arrivato fino ai giorni nostri, ed è ancora amatissimo.


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