Come non sbagliare look: 3 fantasie dell’Autunno ’16

Per questo autunno inverno ’16 è davvero difficile sbagliare look, se non impossibile.
Le passerelle delle Fashion Weeks non sono che il primo step per la rielaborazione di quelli che saranno i trends del momento e se le ultime si son riferite alla prossima Primavera Estate – anche se non tutte -, quelle precedenti non facevano che lasciare un barlume di speranza per adocchiare e studiare cosa indossare in questo triste e freddo Ottobre.
Ecco le 3 fantasie dell’autunno che non possono assolutamente mancare nell’armadio:


1. TARTAN


Il tartan richiede sacrificio. Non può essere abbinato a tutto e non sta su tutto, ha bisogno d’essere smorzato se troppo evidente o accentuato se appena accennato.
È il disegno dei tessuti in lana delle Highland scozzesi come il kilt nel quale blocchi di colore si intrecciano sia verticalmente che orizzontalmente creando dei quadrati e delle linee che sembrano dare dei colori diversi in base all’intreccio.
Solitamente il tessuto utilizzato per il tartan è la lana, ma lo troveremo anche in altre varianti più comode e decisamente meno calde.
Quattro modelli dai quali prendere spunto: Gucci Fall ’16 Ready-To-Wear, Delpozo Pre-Fall ’16, Chanel Fall ’16 Ready-To-Wear e Jean Paul Gaultier Fall ’16.
Nel primo caso il tartan è utilizzato su un bomberino classico con fascia in colori diversi, nel secondo caso è utilizzato come parte frontale di un cappotto con chiusura a nodo, nel terzo ha di base un grigio caldo abbinato alla borsa e nel quarto è ton sur ton.





2. OPTICAL


In ritorno clamoroso dagli anni ’60 la fantasia più gettonata: l’optical.
Vintage fa rima con optical in questo decisivo riallaccio sixties, ma fa anche rima con colore.
Tra le più in voga sicuramente il pied de poule ma non solo, anche gli scacchi, le righe orizzontali o verticali, rombi e pois.
Le geometrie sono ben accette nell’autunno che tutto copre e tutto oscura.
Ancora Gucci Fall ’16 con cubi tridimensionali di colori blu, bianco e rosso sulle borse, Issey Miyake Pre-Fall ’16 con morbido dolcevita colorato, l’Haute Couture Fall ’16 di Iris van Herpen con abito con sottilissime righe e l’optical minimale Pre-Fall ’16 di Vionnet.





3. ETNICA


La fantasia etnica è solitamente utilizzata nella stagione calda, ma questo inverno sembra non temere rivali.
Ecco che viene traslato il colore e il calore di questa fantasia su capi prevalentemente autunnali e invernali.
In primis, la pelliccia di Chloé Fall ’16 Ready-to-Wear.
A seguire la calda lana di Stella Jean Pre-Fall ’16, il mini dress in tulle di Viktor & Rolf Fall ’16 e la grinta floreale di Alberta Ferretti Fall ’16 Ready-to-Wear.


Stampe: tra storia e curiosità

Paisley, pois, righe, pied de poule: sono le stampe più comuni dei capi del nostro guardaroba, ormai entrate di diritto nel vocabolario della moda. Ma da dove vengono e qual è la storia di queste fantasie che da tempo immemore abbelliscono i nostri capi? È la domanda che si è posta la giornalista Jude Stewart, che ha ricostruito fedelmente la storia dei tessuti stampati, partendo da documenti antichissimi: Patternalia è il risultato di questa inedita inchiesta. Il volume, appena pubblicato, traccia la storia delle più comuni stampe, dai pois al paisley.

Scopriamo così che i pois erano poco usati in epoca medievale, in quanto ricordavano i rush cutanei tipici delle malattie esantematiche, mentre il pied de poule deve il suo successo ai cappotti inglesi da caccia. Le righe, oggi considerate chic, erano invece prerogativa di carcerati e prostitute, almeno durante il Medioevo. Nel XIII secolo era in voga addirittura un codice, le lex sumptuaria, che regolamentava l’uso delle righe: facilmente visibili, esse si addicevano a prostitute e carcerati perché li avrebbero resi facilmente riconoscibili e controllabili ai fini della sicurezza pubblica. Un sottobosco di emarginati che già nell’iconografia medievale era raffigurato vestito a righe; considerate volgari e abominevoli, venivano usate per umiliare chi le indossava, secondo quanto ricostruito anche da Mark Hampshire e Keith Stephenson nel loro libro Communicating with pattern.

Appeal sofisticato per il giglio, altro pattern molto diffuso. Tradizionalmente associato agli antichi blasoni nobiliari, spesso prerogativa dell’aristocrazia francese, il giglio veniva utilizzato invece per marchiare criminali e schiavi, e chiunque fosse assoggettato allo stato francese. Il verbo francese fleurdeliser (giglio in francese si dice “fleur-de-lis”) indicava la pratica di «marchiare con il giglio»: il Code noir promulgato nel 1685 da Luigi XIV di Francia -che regolamentava la vita degli schiavi neri nelle colonie francesi- rese il giglio simbolo di tortura: gli schiavi che cercavano di fuggire sarebbero stati marchiati a fuoco col simbolo di un giglio, prima di essere mutilati e uccisi, ad eventuali ulteriori tentativi di fuga.





Tanti sono i testi che trattano dell’insolito tema dei tessuti stampati: Steven Connor, professore di storia culturale all’Universita di Cambridge, ha ricostruito la storia dei pois. Considerata la difficoltà di tracciare in modo equidistante i pallini senza l’aiuto di macchine, la fantasia era scarsamente utilizzata in epoca medievale. I pois irregolari venivano infatti accuratamente evitati perché considerati di cattivo auspicio, dal momento che la loro forma ricordava malattie mortali, come la lebbra, la peste bubbonica, il vaiolo.

Amata dai figli dei fiori e dai nostalgici dei Seventies, il paisley o cachemire è emblema del boho-chic: una storia antichissima sarebbe all’origine della fantasia, che si sarebbe diffusa migliaia di anni fa nel territorio a cavallo tra India e Pakistan, corrispondente agli attuali Iran e Kashmir. Originariamente chiamato būtā o boteh, che significa fiori, la stampa ricorda in effetti un fior di loto, anche se molti vi vedono una corrispondenza con le più svariate immagini. Gli antichi babilonesi paragonavano la figura ai datteri, simbolo di prosperità e abbondanza. Paisley è anche il nome di una città scozzese specializzata nella produzione di scialli con questo motivo, da qui il nome della fantasia.

Tradizionalmente associato allo stile più sofisticato, dopo avere attraversato indenne più di mezzo secolo, dagli anni Cinquanta ai favolosi Swinging Sixties, arrivando incolume fino ai giorni nostri, il pied de poule è forse il tessuto più amato. Il suo nome in francese significa letteralmente “zampa di gallina” e le sue origini sono alquanto misteriose: pare che derivi dalle mise utilizzate dai pastori scozzesi delle Highlands, la regione montuosa della Scozia. La stampa avrebbe avuto come fine quello di camuffare gli schizzi di fango. Il termine inglese per indicare il pied de poule è houndstooth, dai molari dei cani da caccia. Tradizionalmente associato all’aristocrazia terriera inglese, il tessuto veniva considerato consono alla caccia, ma senza perdere il glamour. Sdoganato da Edoardo VII di Inghilterra, a inizio Novecento, il pied de poule è arrivato fino ai giorni nostri, ed è ancora amatissimo.


Potrebbe interessarti anche:
Addio a Krizia

Scarpe Autunno/Inverno 2015-2016

Si dice siano l’ossessione di ogni donna. La stagione autunno/inverno vede protagoniste assolute le scarpe: tantissime sono le tendenze proposte dalle sfilate, per accontentare i gusti di qualsiasi donna.

Le collezioni autunno/inverno 2015-2016 propongono numerose varianti, per sbizzarrire la fantasia e completare al meglio qualsiasi tipo di outfit. Si va dalle décolleté classiche alle platform coloratissime, fino agli stivali, per questa stagione declinati nelle varianti di cuissardes ed ankle boots: dalle stampe optical alla vernice, dalle furry shoes ai sandali glitterati.

Ce n’è veramente per tutti i gusti. Stivali in vernice e colori pastello hanno sfilato da Valentino, ankle boots dello stesso stile da Paul Smith, mentre Jil Sander propone un modello in giallo canarino.





Decorazioni e fasto quasi balcanico nelle platform viste in passerella da Dries Van Noten, mentre lustrini e paillettes vengono completati da un inedito tacco in pelliccia da Rochas. La tendenza per l’autunno/inverno 2015-2016 è furry: le scarpe divengono accessori a tutti gli effetti e vengono ora ricoperte di una calda pelliccia. Furry shoes viste anche da Maison Margiela e da Fendi, mentre dettagli in pelo fanno capolino dalla più classica delle décolleté in passerella da Emanuel Ungaro.

Un altro trend di stagione è il socks Boot, la scarpa o stivale da cui fanno capolino i calzini. E se la calzatura è extra lusso, come visto nella sfilata di Alexander McQueen, l’effetto è doppiamente riuscito: ecco fare capolino da una décolleté nera un inedito calzino in pizzo. Sandali quasi monacali con calzino incluso protagonisti di Yohji Yamamoto. Decorazioni in primo piano da MSGM, Vivetta, Just Cavalli.

Tornano protagonisti, direttamente dagli anni Sessanta, i cuissardes, che divengono ora tela immacolata per stampe optical che doneranno allegria alla stagione fredda: da Emilio Pucci a Dior fino a Vivienne Westwood, il trend invernale vuole gambe coloratissime. Anfibi dark decorati con croci vittoriane hanno sfilato da Fausto Puglisi, mentre ankle boots in pelle sono stati protagonisti delle sfilate di Etro e Lanvin. Le più classiche slippers hanno fatto capolino, in versione animalier, da Temperley London; infine, da Moschino sfilano converse con tacco a stiletto, che ricordano direttamente dagli anni Ottanta e la moda di Norma Kamali.


Potrebbe interessarti anche:
Grace Kelly: ghiaccio bollente

Emilio Pucci, il principe delle stampe

Ci sono nomi che, oltre ad aver reso la moda italiana famosa in tutto il mondo, le hanno conferito una magia ed uno charme talmente unici ed irripetibili da essere ricordati in eterno. La storia di Emilio Pucci è ricca di nobiltà e di avventura, sullo sfondo di una Firenze patrizia fino alla conquista degli States e all’affermazione della maison italiana nel mondo.

Emilio Pucci, marchese di Barsento, nacque a Napoli il 20 novembre 1914 dalla nobile famiglia fiorentina dei Pucci. Provetto sciatore, nel 1934 viene selezionato dalla squadra nazionale olimpica italiana di sci e partecipa alle Olimpiadi invernali del 1936.

Il giovane Emilio coltiva la passione per lo sci e per la pittura. Dopo aver vinto una borsa di studio presso il Reed College, nell’Oregon, dove avrebbe dovuto continuare i suoi allenamenti nello sci, sorprende tutti disegnando l’uniforme della squadra. I suoi primi bozzetti nascono così, in modo del tutto spontaneo e casuale, ma rivelano un genio ed un estro sorprendenti.

image
Mirella Petteni in turbante, tunica e pantaloni di seta Emilio Pucci, fotografata da Gian Paolo Barbieri, Primavera/Estate 1967
image
Diana in pigiama palazzo Emilio Pucci, foto di Gian Paolo Barbieri, 1967
image
Emilio Pucci, marchese di Barsento, nacque a Napoli il 20 novembre 1914 dalla nobile famiglia fiorentina dei Pucci


Dopo aver concluso un master in scienze sociali negli States, l’eclettico aristocratico non torna in Italia ma si imbarca su una vecchia nave e parte per un improvvisato giro del mondo, impresa che paga cara al suo rientro in patria, dove viene accusato dalle autorità militari di renitenza alla leva.

Prima di avvicinarsi alla moda il marchese fu un grande sportivo: dopo essersi arruolato nella Regia Aeronautica nel 1938, lavorò come istruttore di sci al Sestriere. Rientrato nella sua Firenze, avviene l’incontro che segna la sua vita, con la moda, di cui l’inconsapevole designer cambierà il corso. Anche in questo campo, la fortuna di Emilio Pucci proviene ancora una volta dal mondo dello sport, oltre che da un indescrivibile talento come disegnatore di bozzetti: dopo aver creato, quasi per gioco, una tenuta da sci per un’amica, nel 1947, viene immortalato con quest’ultima dalla fotografa di moda Toni Frissell sul numero di dicembre di Harper’s Bazaar. Quella tuta da sci improvvisata dai colori fluo colpisce l’attenzione dei media e diventa must have ante litteram della moda invernale.

L’aristocratico dal gusto innato viene incoraggiato dall’inaspettato successo a proseguire sulla strada della moda: è Capri la location scelta per aprire la sua prima boutique, nel 1950. La personalità e l’originalità pagano sempre, e quei colori brillanti su stampe dai motivi così particolari rappresentano fin da subito qualcosa di assolutamente inedito nel panorama della moda italiana e mondiale. Pioniere della moda italiana e perspicace trendsetter, il marchese partecipa l’anno seguente, nel febbraio del 1951, alla prima sfilata di moda mai organizzata in Italia, realizzata grazie a Giovanni Battista Giorgini a Firenze, nella mirabile location di Villa Torrigiani.

image
Diane in Emilio Pucci Primavera/Estate 1968, foto di Gian Paolo Barbieri
image
Diane in Emilio Pucci Primavera/Estate 1968, foto di Gian Paolo Barbieri
image
Diane in Emilio Pucci Primavera/Estate 1968, foto di Gian Paolo Barbieri
Pigiama palazzo Emilio Pucci, foto di Henry Clarke, 1965
Pigiama palazzo Emilio Pucci, foto di Henry Clarke, 1965
Astrid Heeren in tuta da sci Emilio Pucci fotografata da Peter Beard per Vogue, 1964
Astrid Heeren in tuta da sci Emilio Pucci fotografata da Peter Beard per Vogue, 1964

Emilio Pucci sul set di uno shooting, foto di David Lees, 1964
Emilio Pucci sul set di uno shooting, foto di David Lees, 1964


Emilio Pucci si impone in brevissimo tempo come uno dei protagonisti più amati delle passerelle fiorentine. Le sue creazioni, dalle fantasie optical e dalle cromie esplosive, unite alla cura nella scelta di tessuti pregiati, sdoganano in breve lo stilista anche all’estero: “The Prince of Prints”, il principe delle stampe, è il nome assegnatogli dalla stampa anglosassone. Nel 1954 avviene una prima consacrazione ufficiale in America, con l’assegnazione del prestigioso Neiman-Marcus Award. Mentre la moda guarda sempre più a Parigi, all’Haute Couture di nomi come Christian Dior e al suo New Look dal gusto classico, Emilio Pucci crea una nuova concezione dello stile, che privilegia la comodità e le stampe.

Capostipite di quello che oggi viene chiamato Sportswear, la libertà sembra essere ciò che più gli preme, per capi drappeggiati e morbidi in tessuti come la seta, l’organza, la gabardine e la mussoline. Definito da Giovanni Sartori “un grande cavaliere antico”, Pucci scglie come suo quartier generale per la sua casa di moda Palazzo Pucci in via de’ Pucci: è la sua Firenze ad ispirarlo, e l’antico palazzo nobiliare è ancora oggi sede della maison. Suggestive e pregne di un gusto indimenticabile, le foto scattate sul tetto del palazzo di famiglia, forse simbolo per antonomasia del gusto del marchese e della sua visione dell’eleganza. Innumerevoli saranno le modelle ad indossare capi Emilio Pucci: celebri le foto scattate da Henry Clarke e Gian Paolo Barbieri, con modelle del calibro di Marisa Berenson e Benedetta Barzini, solo per citarne alcune. Tute dal sapore etnico, pigiama palazzo che ricordano l’Oriente, e ancora turbanti e dettagli che profumano di terre lontane: lo stile Emilio Pucci affascina con un mix di storia e ricercatezza, per capi sofisticati come pochi.

Turbante Emilio Pucci, foto di Gian Paolo Barbieri, 1969
Turbante Emilio Pucci, foto di Gian Paolo Barbieri, 1969
image
Cappa Emilio Pucci, 1964, The Kyoto Costume Institute, Giappone
Modelle sul tetto di Palazzo Pucci indossano capi della collezione Primavera/Estate 1967
image
Modelle in Emilio Pucci posano a Piazzale Michelangelo, Firenze, 1966

image
Marisa Berenson in Emilio Pucci, foto di Henry Clarke, 1968


Dopo aver brevettato nel 1960 “emilioform”, un tessuto leggero composto da helanca mixata a shantung di seta, nel 1966 Pucci lanciò il suo primo profumo, Vivara. Nel 1956 creò una delle sue collezioni più celebri, ispirata alla Sicilia, rappresentata mirabilmente da indimenticabili scatti ambientati a Monreale; l’anno seguente fu il Palio di Siena ad ispirarlo, e nel 1959 le opere del Botticelli. Nel 1967 portò le sue sfilate nel palazzo di famiglia, e nello stesso periodo disegnò le uniformi per le hostess della Braniff International Airways. Avanti rispetto ai tempi, la collezione, denominata Gemini 4, vede un mood da space oddity, ed è seguita dalla creazione del logo per la missione speciale della NASA denominata Apollo 15. In Italia disegnò le divise dei Vigli urbani, con i fatidici elmetti ovali sulla divisa blu dai lunghi guanti bianchi: inoltre si dilettò con la moda maschile, con la creazione di fragranze e con la produzione di ceramiche per la casa.

Emilio Pucci ritratto da David Lees, 1959
Emilio Pucci ritratto da David Lees, 1959
image
Uniformi firmate Emilio Pucci, Braniff International Airline, 1966-1968
image
Foto di Henry Clarke
image
Benedetta Barzini in Emilio Pucci, 1968
image
Gaby Wagner in Emilio Pucci ritratta da Gian Paolo Barbieri, Vogue Paris 1975

image
Mood space oddity per il casco firmato Emilio Pucci per le uniformi Braniff Airlines


I capi colorati di Emilio Pucci andarono letteralmente a ruba nei grandi magazzini Saks, dando origine ad una vera e propria Puccimania. Un gusto innato per il colore ed una capacità unica come disegnatore, le sue creazioni avevano un quid che le differenziava da tutte le altre: l’allegria ed un approccio artistico alla moda, nella sua ricerca certosina per la creazione di stampe originali.

Durante la Seconda Guerra Mondiale Emilio Pucci fu ufficiale dell’Aviazione, pluridecorato con tre Medaglie d’argento al valor militare, sette di Bronzo e tre Croci di guerra al valor militare. Personalità eclettica, negli Sessanta il marchese decise di entrare in politica, col partito liberale e fu nominato Sottosegretario al Ministero dei Trasporti. Il 4 giugno del 1982 fu nominato Cavaliere del Lavoro. Il 29 novembre del 1992 il marchese si spense nella sua amata Firenze, all’età di 78 anni.

image
Linda Evangelista in Emilio Pucci, foto di Irving Penn, Vogue, 1990
image
Marisa Berenson con borse Emilio Pucci, foto di Bert Stern, 1965
image
Veruschka in tuta da sci Emilio Pucci, foto di Franco Rubartelli, 1969
image
Benedetta Barzini in Emilio Pucci, foto di Henry Clarke, 1968
image
Mariacarla Boscono per Emilio Pucci, campagna pubblicitaria A/I 2008-09

Stampe Emilio Pucci
Stampe Emilio Pucci


Dopo la sua scomparsa la figlia Laudomia ha ereditato la direzione del marchio, di cui ancora oggi cura l’immagine generale. Nel 1996 una grande mostra in onore del marchese è stata allestita a Pitti, mentre il suo talento così unico è stato al centro di un volume edito da Taschen. Nel 2000 il gruppo francese LVMH (Louis Vuitton) ha acquistato i diritti sul logo Emilio Pucci e sulle creazioni storiche, rendendosi protagonista di un rilancio del brand gestito in modo sapiente: è solo dalla celebrazione del glorioso passato della maison che si può ripartire, rivisitandone modelli e motivi per declinarli in collezioni nuove facendo rivivere la magnificenza dello stile Pucci nella contemporaneità. La storica maison ha visto alternarsi alla sua direzione creativa numerosi designer, da Stephan Janson e Julio Espada a Christian Lacroix, da Matthew Williamson a Peter Dundas, fino all’attuale direttore creativo Massimo Giorgetti. Con oltre 50 boutique nelle località più esclusive del mondo e un fatturato calcolato tra Italia, Stati Uniti e Giappone, la maison è ancora oggi simbolo di un’incomparabile eleganza.

(Foto copertina Gian Paolo Barbieri, 1967 circa)


Potrebbe interessarti anche:
Lo stile di Candela Novembre

Miroslava Duma: la zarina della moda

Tra le icone fashion contemporanee è la numero uno, la più affascinante e la più ammirata. Immancabile presenza nei front row delle sfilate, blogger e it girl, Miroslava Mikheeva Duma, detta Mira, è nata il 10 marzo 1985 a Surgut, nella ricca regione del Tyumen, in Siberia. Figlia di un senatore, nel 2008 si laurea in International Business and Business Administration presso il Moscow State Institute of International Relations (MGIMO).

In pochissimi anni Miroslava Duma si impone come icona di stile, autorevole trendsetter e fashion editor. Amatissima dai suoi followers su Instagram, per la sua bellezza minuta e la creatività dei suoi outfit si è imposta all’attenzione dei media a livello internazionale.

La sua carriera è iniziata come quella di quasi tutti i blogger, postando le foto dei suoi outfit su siti come The Sartorialist. La svolta si profila quando viene scelta come Special Projects Editor di Harper’s Bazaar: entra così nel giornalismo di moda dalla porta principale. Lavora poi come scrittrice contributor freelance per Vogue, Tatler, Forbes, Glamour Russia e OK Magazine.

image
Miroslava Duma è nata il 10 marzo 1985 a Surgut, in Siberia
image
Trendsetter ed icona di stile tra le più ammirate, la carriera di Miroslava Duma è iniziata come fashion blogger
image
Mood optical per la fashion editor alla New York Fashion Week
image
Suggestioni orientali ed eleganza esotica per Mira Duma
image
La sua carriera nel giornalismo inizia da Harper’s Bazaar

image
Mira Duma ha alle spalle numerose collaborazioni con magazine del calibro di Vogue, Glamour, Tatler Russia


Nel 2011 fonda Buro 24/7, una piattaforma online che tratta di arte, architettura, cinema, moda, lifestyle, musica e stile. Buro 24/7 viene definito dalla stessa giornalista come “un ufficio informazioni aperto 24 ore al giorno, sette giorni su sette”. La piattaforma dal lancio è cresciuta fino a contare undici Paesi, tra cui Australia, Azerbaijan, Europa centrale, Kazakistan, Malesia, Medio Oriente, Mongolia, Russia, Singapore e Ucraina.

Brillante investitrice, Miroslava Duma è stata ambasciatrice per la collezione di gioielleria di Chanel ispirata al design del 1932 e ha lavorato per Louis Vuitton per il lancio di una campagna intitolata “Small is Beautiful” per celebrare la nuova linea di mini borse.

image
Una mise romantica nel trench Valentino
image
Dalla Russia con amore in total look Chanel
image
Una predilezione per capi bon ton
image
Nel 2011 Miroslava Duma fonda Buro 24/7, portale di moda, lifestyle e cultura
image
Lo stile della fashion editor non teme accessori importanti, meglio se abbinati a capi low cost

image
Tanta femminilità nelle gonne e nella camicia col fiocco


Definita dal Financial Times “una forza dell’industria del fashion”, lodata da Vogue per le sue doti di brillante imprenditrice, per Fashion Diva Design lei è “la It Girl”. Icona dello streetstyle, il suo stile è sfarzoso e sofisticato: l’opulenza tipicamente sovietica si mixa brillantemente al misterioso charme siberiano. Largo a colbacchi di pelliccia, stampe optical, accessori importanti, per un mood barocco ed eclettico. Ma lo stile di Mira Duma non lesina elementi bon ton, evidenti nella sua predilezione per cappottini ladylike e colori pastello, nelle camicie con fiocco e nelle gonne. Outfit studiati con precisione certosina: il segreto dell’eleganza di Mira Duma è la capacità di osare, mixando capi extra lusso come le borse Hermès ad elementi low cost. La fashion editor è sposata con il magnate Aleksey Mikheev, dal quale ha avuto due figli, George nato nel 2010 e Anna nata nel 2014. Una icona che ci riserverà ancora molte sorprese.

image
Miroslava Duma per Vogue UK, marzo 2014
image
Sposata con un magnate russo, la Duma ha già due figli
image
Immancabile presenza nei front row delle sfilate,, gli outfit di Miroslava Duma sono sempre studiati fin nei minimi dettagli.

image
Fascino in miniatura per la blogger, che non arriva al metro e settanta



Potrebbe interessarti anche:
Olivia Palermo: la ragazza dal guardaroba perfetto

Winter Fashion Trends 2016: il mood è Mod

Abitini a trapezio, stampe optical e pellicce maxi: il trend per l’Autunno/Inverno 2015-2016 ci riporta direttamente negli anni Sessanta. I favolosi Swinging Sixties rivivono in una moda fresca, ironica e colorata.

Icone come Veruschka, Twiggy e Jean Shrimpton e nomi come Pierre Cardin e Mary Quant sembrano riprendere vita nelle passerelle della stagione A/I 2015-2016.

Geometrie optical da Emilio Pucci, in cui tute di suggestione spaziale estremamente Sixties si uniscono a cromie black and white per capi di ricercata raffinatezza.

Il mood è Mod, come la più famosa sottocultura che ha caratterizzato il decennio dei Sessanta: siamo in Inghilterra e un gruppo di giovani appartenenti alla working class auspica l’inizio del Modernismo, vestendosi con capi sartoriali e sfidando il sistema a bordo di Vespe e Lambrette decorate con specchietti e monili. Forse l’unico moto di ribellione interamente basato sulla riscoperta di un concetto di eleganza evergreen, i Mods hanno segnato indelebilmente la moda anni Sessanta: dall’uso del parka al successo di brand come Fred Perry, la moda dei nostri giorni è un continuo omaggio -spesso inconsapevole- a questa subcultura mai dimenticata.

Declinato anche nel suo lato più audace, ispirato a nomi che hanno fatto la storia della moda, come Pierre Cardin e André Courrèges, il trend anni Sessanta propone anche delicati cappottini a trapezio, resi grintosi dalla pelle metalizzata e dai colori fluo, come visto in sfilata da Miu Miu.

6osveruschka
Veruschka indossa una tuta Valentino, foto di Franco Rubartelli per Vogue America, 1 aprile 1969, Roma, piazza San Giorgio al Velabro
Emilio Pucci
Emilio Pucci
mod sixties optical culture_thumb[3]
Le stampe optical furono uno dei maggiori trend degli anni Sessanta
modsweb_2510956b
I Mods, principale subcultura anni Sessanta
MODDDD
Giochi optical e cromie audaci per un modello di shift dress, tipicamente anni Sessanta
60s
Abitini a trapezio, un cult dei Sixties

Miu Miu
Miu Miu


Largo a proporzioni oversize, con pellicce colorate o in bicromia bianco e nero, come proposto da Cristiano Burani ed ancora Pucci, in una collezione-tributo agli anni Sessanta. Elogio della minigonna, citazioni Sixties come nel casco stile equitazione.

Un mood irresistibile per un inverno da vivere all’insegna dello stile di quegli anni: via libera a materiali high-tech che ricordano le suggestioni spaziali proposte in quel periodo ancora da Courrèges e Cardin ma anche da Paco Rabanne.

Materiali come la pelle metalizzata o la vernice si impongono per questa stagione, come anche le righe e le stampe optical e gli ankle boots alternati ai cuissardes, veri must-have A/I.

Cristiano Burani
Cristiano Burani
Jean Shrimpton forografata da David Bailey, 1964
Jean Shrimpton forografata da David Bailey, 1964
Twiggy
Twiggy
Ancora Pucci
Emilio Pucci

Audrey Hepburn in Courrèges, Parigi, 1965, foto di Douglas Kirkland
Audrey Hepburn in Courrèges, Parigi, 1965, foto di Douglas Kirkland


Come un cubo di Rubik, la collezione Au jour le jour interpreta mirabilmente la spensieratezza di quell’epoca. Suggestioni tratte dal Cubismo si mixano al minimalismo proposto invece da Carven, in una collezione che deve molto all’Inghilterra dei Sixties. La sensualità di audaci minigonne viene stemperata dal rigore dei capispalla e dei dolcevita. Massimo Rebecchi propone numerosi shift dresses, i mitici abitini a trapezio, simbolo dei Sessanta, in tweed di lana e decorazioni su un gioco di cromie ton sur ton.

60
Au jour le jour
Carven
Carven
Massimo Rebecchi
Massimo Rebecchi
Pierre Cardin
Pierre Cardin
Raquel Welch in Pierre Cardin
Raquel Welch in Pierre Cardin
Le suggestioni spaziali di Pierre Cardin
Le suggestioni spaziali di Pierre Cardin

Pierre Cardin, collezione del 1967, foto di Giancarlo Botti
Pierre Cardin, collezione del 1967, foto di Giancarlo Botti


Sfacciato l’omaggio ai Sixties visto da Moncler Gamme Rouge: ritorna l’abito a trapezio, unito ad elementi da space oddity, come le cappe che ricordano il mood spaziale proposto da Pierre Cardin nella metà degli anni Sessanta. Tweed di lana per contrastare il rigore invernale ma grande ironia ed eleganza d’altri tempi per una collezione da dieci e lode.

Grintosa la donna proposta da Louis Vuitton, in minigonna e giacca con inserti in montone e decorazioni optical: una vera Modette. Più dolci le note proposte da Prada, che rivisita i Sixties inserendo uno stile più bon ton, tra fiocchi e decorazioni gioiello. L’abitino a trapezio, declinato in colori fluo, diviene quasi un abito da sera, e i lunghissimi guanti completano il look.

Ancora Mod style visto da Giambattista Valli, in una collezione che rende omaggio anche ai Settanta. Ma le pellicce profilate di decorazioni optical e le vivaci cromie dei co-ords ci riportano inequivocabilmente nel decennio precedente. Deliziosi i fur coat proposti da Philosophy by Lorenzo Serafini: una nuvola di azzurro baby per un tocco di romanticismo. Ancora vintage le ispirazioni alla base di Tommy Hilfiger, con cappe a trapezio e capispalla importanti.

Aggressiva la donna di Christian Dior, una valchiria in cuissardes metallizzati e cappottini caratterizzati da audaci giochi optical. DAKS gioca sui colori per un mood che resta sostanzialmente invariato: un ritorno ai favolosi anni Sessanta.

Moncler Gamme Rouge
Moncler Gamme Rouge
Louis Vuitton
Louis Vuitton
Philosophy by Lorenzo Serafini
Philosophy by Lorenzo Serafini
Prada
Prada
Giambattista Valli
Giambattista Valli
Un'latra uscita della sfilata di Giambattista Valli
Un’latra uscita della sfilata di Giambattista Valli
Tommy Hilfiger
Tommy Hilfiger
DAKS
DAKS
Christian Dior
Christian Dior

André Courrèges, Ensemble, foto di Peter Knapp, 1965
André Courrèges, Ensemble, foto di Peter Knapp, 1965



Potrebbe interessarti anche:
Winter fashion trends 2016: ritorno al Puritanesimo