Stampe: tra storia e curiosità

Paisley, pois, righe, pied de poule: sono le stampe più comuni dei capi del nostro guardaroba, ormai entrate di diritto nel vocabolario della moda. Ma da dove vengono e qual è la storia di queste fantasie che da tempo immemore abbelliscono i nostri capi? È la domanda che si è posta la giornalista Jude Stewart, che ha ricostruito fedelmente la storia dei tessuti stampati, partendo da documenti antichissimi: Patternalia è il risultato di questa inedita inchiesta. Il volume, appena pubblicato, traccia la storia delle più comuni stampe, dai pois al paisley.

Scopriamo così che i pois erano poco usati in epoca medievale, in quanto ricordavano i rush cutanei tipici delle malattie esantematiche, mentre il pied de poule deve il suo successo ai cappotti inglesi da caccia. Le righe, oggi considerate chic, erano invece prerogativa di carcerati e prostitute, almeno durante il Medioevo. Nel XIII secolo era in voga addirittura un codice, le lex sumptuaria, che regolamentava l’uso delle righe: facilmente visibili, esse si addicevano a prostitute e carcerati perché li avrebbero resi facilmente riconoscibili e controllabili ai fini della sicurezza pubblica. Un sottobosco di emarginati che già nell’iconografia medievale era raffigurato vestito a righe; considerate volgari e abominevoli, venivano usate per umiliare chi le indossava, secondo quanto ricostruito anche da Mark Hampshire e Keith Stephenson nel loro libro Communicating with pattern.

Appeal sofisticato per il giglio, altro pattern molto diffuso. Tradizionalmente associato agli antichi blasoni nobiliari, spesso prerogativa dell’aristocrazia francese, il giglio veniva utilizzato invece per marchiare criminali e schiavi, e chiunque fosse assoggettato allo stato francese. Il verbo francese fleurdeliser (giglio in francese si dice “fleur-de-lis”) indicava la pratica di «marchiare con il giglio»: il Code noir promulgato nel 1685 da Luigi XIV di Francia -che regolamentava la vita degli schiavi neri nelle colonie francesi- rese il giglio simbolo di tortura: gli schiavi che cercavano di fuggire sarebbero stati marchiati a fuoco col simbolo di un giglio, prima di essere mutilati e uccisi, ad eventuali ulteriori tentativi di fuga.





Tanti sono i testi che trattano dell’insolito tema dei tessuti stampati: Steven Connor, professore di storia culturale all’Universita di Cambridge, ha ricostruito la storia dei pois. Considerata la difficoltà di tracciare in modo equidistante i pallini senza l’aiuto di macchine, la fantasia era scarsamente utilizzata in epoca medievale. I pois irregolari venivano infatti accuratamente evitati perché considerati di cattivo auspicio, dal momento che la loro forma ricordava malattie mortali, come la lebbra, la peste bubbonica, il vaiolo.

Amata dai figli dei fiori e dai nostalgici dei Seventies, il paisley o cachemire è emblema del boho-chic: una storia antichissima sarebbe all’origine della fantasia, che si sarebbe diffusa migliaia di anni fa nel territorio a cavallo tra India e Pakistan, corrispondente agli attuali Iran e Kashmir. Originariamente chiamato būtā o boteh, che significa fiori, la stampa ricorda in effetti un fior di loto, anche se molti vi vedono una corrispondenza con le più svariate immagini. Gli antichi babilonesi paragonavano la figura ai datteri, simbolo di prosperità e abbondanza. Paisley è anche il nome di una città scozzese specializzata nella produzione di scialli con questo motivo, da qui il nome della fantasia.

Tradizionalmente associato allo stile più sofisticato, dopo avere attraversato indenne più di mezzo secolo, dagli anni Cinquanta ai favolosi Swinging Sixties, arrivando incolume fino ai giorni nostri, il pied de poule è forse il tessuto più amato. Il suo nome in francese significa letteralmente “zampa di gallina” e le sue origini sono alquanto misteriose: pare che derivi dalle mise utilizzate dai pastori scozzesi delle Highlands, la regione montuosa della Scozia. La stampa avrebbe avuto come fine quello di camuffare gli schizzi di fango. Il termine inglese per indicare il pied de poule è houndstooth, dai molari dei cani da caccia. Tradizionalmente associato all’aristocrazia terriera inglese, il tessuto veniva considerato consono alla caccia, ma senza perdere il glamour. Sdoganato da Edoardo VII di Inghilterra, a inizio Novecento, il pied de poule è arrivato fino ai giorni nostri, ed è ancora amatissimo.


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Miu Miu P/E 2016: femminilità boyish

Contrasto è la parola d’ordine che caratterizza la collezione Primavera/Estate 2016 di Miu Miu: Miuccia Prada si rivolge ad una donna dalla personalità forte e dallo spirito anticonvenzionale, che attinge a piene mani dal guardaroba maschile, per un mood quasi transgender.

Quasi timorosa della propria femminilità, o forse costretta dal mondo di oggi a celarla, la donna Miu Miu si districa tra un mood boyish e una sfrontata anima muliebre: perché essere donne a volte può essere la parte più difficile del gioco.

Poli opposti sfilano al Palais D’Iéna, per una donna dall’anima duplice: leziosità e dolcezza nelle sottovesti orlate di bordi frou frou che fanno capolino da austeri capispalla sartoriali dal taglio maschile o da polo rubate all’armadio di lui.

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Sotto una corazza da signorina Rottermeier, la donna che sfila da Miu Miu nasconde un candore infantile, che viene fuori nei dettagli, come il cerchietto indossato da tutte le modelle.

Suggestioni retrò nelle camicette e nel tweed di gonne midi da segretaria, che sembrano indugiare un po’ nella linea a sirena; ma laddove l’anima femminile sembra voler avere la meglio, arrivano la polo maschile e il cappotto oversize dal taglio rigorosamente sartoriale, a bilanciare gli equilibri.

Una dicotomia che diviene il fil rouge dell’intera sfilata: lo styling è forte e ricco, come nelle sottovesti da indossare sopra la camicia. La lingerie diventa protagonista, per audaci trasparenze che in realtà svelano solo l’outfit che si nasconde sotto. Stampe forti, in linea col mood strong, a partire dalle labbra rosso vinaccia.

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Stole dai colori fluo impreziosiscono austere giacche, il rigore si stempera nello chiffon delle camicie da notte fluttuanti indossate come grembiuli sopra i capi. Quasi una schizofrenia, il maschile e il femminile si rincorrono costantemente, tra grintose biker jacket che svelano inediti ricami, stampe metallizzate e argentate e dettagli in vernice su capi rigorosi.

Le scarpe flat un attimo dopo divengono sfiziose francesine dal tacco platform. La palette cromatica non teme di osare e unisce un pied-de-poule viola al verde smeraldo di dettagli che non stonano affatto. Largo a pullover a rombi, pantaloni a sigaretta dai dettagli fluo, giacche oversize e dettagli sporty-chic.


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