Alla Milano Fashion Week Anteprima ha scelto di non offrire semplicemente una passerella, ma di mettere in scena un’idea: Echi di transitorietà. Dalla fragilità, costruiamo. Dalla decadenza, creiamo, un cantiere come spazio concettuale, luogo sospeso tra costruzione e rovina, fragilità e rinascita.
Il brand diretto da Izumi Ogino ha infatti trasformato la sfilata in un laboratorio a cielo aperto. Impalcature, ghiaia, pozze d’acqua: elementi che solitamente appartengono alla quotidianità urbana diventano qui scenografia e, soprattutto, dichiarazione.



La collezione non è mai soltanto vetrina di abiti, ma processo. Tutto racconta una moda che non teme di mostrarsi mentre si fa, anziché presentarsi solo nel suo stato finito. È un linguaggio che svela l’ossatura, l’intreccio, la costruzione.
In questa cornice si inserisce anche la collaborazione con Takahiro Iwasaki, scultore giapponese che lavora sul concetto di miniatura e di precarietà. Le sue opere, fatte di fili sottilissimi e materiali apparentemente effimeri, evocano un equilibrio fragile, mai definitivo.
Anteprima riprende questa cifra poetica e la traduce nei capi: ricami che sembrano sospesi, silhouette leggere che paiono pronte a dissolversi e, al tempo stesso, strutture più solide che danno l’impressione di sorreggere qualcosa di infinitamente delicato.
La palette cromatica è pensata come un paesaggio in trasformazione. Toni terrosi, verdi salvia e ocra costruiscono una base naturale, su cui si innestano lampi di colori più accesi — rosa polveroso, blu intenso, fino all’arancio vivo, che appare come traccia di vitalità umana dentro la materia industriale del set. È un gioco di contrasti in cui il colore non serve a decorare, ma a sottolineare il ritmo della collezione: costruzione, erosione, rinascita.



Ciò che colpisce è l’atmosfera: non c’è nulla di rassicurante o accomodante. Lo spettatore si muove in un paesaggio che sembra instabile, dove il confine tra finito e provvisorio è sottile. Ed è proprio in questo spazio che Anteprima afferma la propria visione. La moda, sembra dirci, non è una fotografia da conservare ma un movimento in divenire, come un edificio che prende forma sotto gli occhi di chi guarda.
C’è anche una riflessione ecologica: fibre riciclate, materiali rigenerati, scelte progettuali che puntano alla riduzione degli sprechi. Un’estetica che incorpora la sostenibilità come parte integrante del proprio linguaggio. Mostrare cuciture, fili, margini non è solo gesto stilistico: è anche un modo per rivendicare la trasparenza di un processo produttivo che vuole mostrarsi, non nascondersi.
Se la moda spesso costruisce illusioni, Anteprima sceglie invece di smontarle e di mostrarne i meccanismi. Ma non con brutalità: piuttosto con una grazia intellettuale, un’eleganza concettuale che rende anche un’impalcatura un oggetto estetico. È un atto di pura sottrazione.
Il risultato è una collezione che dialoga con l’arte, con l’architettura e con la vita quotidiana. Non è una moda che cerca l’applauso immediato, ma che chiede di essere letta e interpretata. In questo senso, Anteprima si conferma come un brand capace di usare la Fashion Week come spazio di riflessione culturale.
Il “cantiere” di Anteprima non è solo un set temporaneo: è un manifesto. Una dichiarazione che ricorda come la moda, per essere davvero contemporanea, debba avere il coraggio di restare incompleta, di sporcarsi le mani, di vivere nell’istante in cui qualcosa nasce.