Martial e Caillaudaud dicono addio a Carven

Non si ferma il ciclone che da mesi sta rivoluzionando gli schemi del fashion biz: questa volta il divorzio si consuma in casa Carven. I direttori artistici del brand francese Alexis Martial e Adrien Caillaudaud hanno appena lasciato l’incarico.

Alla direzione creativa della maison dal marzo 2015, il duo di stilisti ha presentato l’ultima collezione lo scorso 29 settembre nell’ambito della Paris Fashion Week. I designer, entrambi 31 anni, avevano lavorato precedentemente per Givenchy prima di subentrare a Guillaume Henry alla direzione creativa di Carven, maison fondata nel lontano 1945 da Carmen de Tommaso.

Un fenomeno che non sembra subire battute d’arresto: Martial e Caillaudaud sono solo gli ultimi protagonisti di una serie di addii eccellenti, come il recente divorzio di Peter Dundas da Cavalli e l’addio di Consuelo Castiglioni a Marni. La maison francese ha fatto sapere in una nota che presto sarà annunciato il nome del nuovo direttore creativo.

Il duo di stilisti (Foto AFP/Patrick KOVARIK)
Il duo di stilisti (Foto AFP/Patrick KOVARIK)

Andy Warhol in mostra a Palazzo Ducale

È stata inaugurata lo scorso 21 ottobre a Palazzo Ducale a Genova la mostra “Warhol. Pop Society”: una retrospettiva dedicata all’indimenticabile artista americano a trent’anni esatti dalla sua scomparsa. La mostra, che sarà aperta al pubblico fino al 26 febbraio 2017, è curata da Luca Beatrice e prodotta e organizzata da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura di Genova e da 24 ORE Cultura – Gruppo 24 Ore.

Sono esposte circa 170 opere tra tele, disegni, polaroid, sculture e oggetti provenienti da collezioni private, musei e fondazioni pubbliche e private italiane e straniere. Un percorso tematico che si snoda attorno al disegno, alle icone di Warhol, alle sue celebri polaroid, ai ritratti e al cinema.

Nato a Pittsburgh il 6 agosto 1928 e morto a New York il 22 febbraio 1987, Warhol è stato protagonista assoluto dell’arte contemporanea. Nessuno più di lui ha saputo intuire i cambiamenti avvenuti nella società. Nella sua Factory tante le arti prodotte, dal cinema alla musica rock, in un’avanguardia mai sperimentata prima.

La locandina della mostra a Palazzo Ducale
La locandina della mostra a Palazzo Ducale


In mostra le serigrafie di Marilyn e i ritratti di personalità del calibro di Mick Jagger, Liza Minnelli, Man Ray, Gianni Agnelli, Giorgio Armani. Sono inoltre esposte oltre 90 delle celebri polaroid con cui Warhol immortalava le sue icone predilette e i suoi amici.

(Cover: Marilyn Monroe, Serigrafie di Andy Warhol, 1967)

China Machado firma una linea di womenswear

È stata la prima modella asiatica ad apparire sulla cover di Vogue, è stata la musa più amata di Richard Avedon nonché fashion editor di fama mondiale: China Machado ha alle spalle una lunga e sfavillante carriera. Ancora in forma smagliante e piena di entusiasmo alla veneranda età di 87 anni (splendidamente portati e senza alcun aiutino da parte del bisturi), l’icona di stile si lancia in una nuova avventura, aprendo un sito internet e una linea di womenswear da lei ideata.

Si dice una persona coi piedi per terra, China, indipendente e caparbia. Nata a Shanghai e vissuta a Buenos Aires, iniziò la sua carriera come mannequin a Parigi, dove la sua bellezza esotica le aprì le porte del fashion system. Sfilò per Givenchy e per i couturier più famosi del mondo e divenne in breve la modella più pagata in Europa.

Successivamente si trasferì a New York, dove incontrò Richard Avedon, di cui divenne musa storica. Amatissima da Diana Vreeland, lavorò per anni come modella e come fashion editor (qui un pezzo sulla sua biografia).

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China Machado è un’ex modella di fama mondiale, musa di Richard Avedon



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Stakanovista e vulcanica, oggi l’icona crea una collezione di capispalla ispirati alla sua vita da globetrotter, ai tanti viaggi in giro per il mondo e al suo innato senso per lo stile. Comfort e linee sofisticate si uniscono, per una moda facile da indossare e pratica: la collezione, intitolata CHEENA, comprende giacche, stole e sciarpe double-face. Pregiati tessuti e stampe animalier dominano, accanto a suggestioni total black. I capi sono realizzati in lana pura, per linee pratiche e chic.

I tessuti double-face totalmente reversibili permettono di cambiare spesso look, trasformando in pochi minuti ogni outfit. Ogni capo è stato disegnato interamente dall’icona, la cui bellezza spicca anche sul logo scelto per il nuovo brand. La classicità si unisce alla qualità made in America: grande attenzione per i dettagli per un nome che è da sempre sinonimo di stile e glamour internazionale. I capi sono disponibili sul sito www.cheenawear.com. La spedizione è gratuita.

(Foto: Getty Images)
(Foto: Getty Images)

Rosamond Bernier: le mille vite di un’icona

Poche donne al mondo possono vantare una vita degna di un romanzo d’appendice: Rosamond Bernier, icona di stile tra le più longeve al mondo, ha vissuto in modo a dir poco avventuroso, forte di uno spirito indomito e di una personalità poliedrica e versatile. Donna dalla smisurata levatura culturale, l’esperta d’arte più glamour del mondo nel corso della sua rocambolesca esistenza ha pilotato aeroplani, domato animali selvatici e rivoluzionato più volte la propria vita, reinventandola secondo il proprio gusto personale, grazie ad una innata capacità di gestire in modo a lei favorevole gli eventi storici e le vicende personali. F. Scott Fitzgerald l’avrebbe adorata, per la proverbiale nonchalance con cui affrontò anche i momenti più difficili, sempre impeccabile, tra fili di perle e capi haute couture. Tra le intellettuali più amate del Dopoguerra, Rosamond Bernier, oggi centenaria, vanta una lunga e sfavillante carriera in perenne bilico tra moda e arte. Tre matrimoni alle spalle e tanti viaggi per l’icona di stile, che ha vissuto ad Acapulco, Parigi e New York.

Rosamond Margaret Rosenbaum è nata a Philadelphia il primo ottobre 1916. Suo padre, il facoltoso avvocato ed ex colonnello dell’esercito Samuel R. Rosenbaum, è figlio di immigrati ebrei ungheresi. La madre, l’inglese Rosamond May Rawlins, muore quando Rosamond ha appena 8 anni. Rosenbaum tiene molto alla formazione della figlia e assume per lei una governante francese che le insegnerà anche la lingua. Rosamond cresce di bell’aspetto, con una figura elegante e uno charme innato. Il glamour fa già parte del suo DNA quando la vediamo suonare come arpista alla Philadelphia Orchestra Association, di cui il padre è vice presidente nonché membro del consiglio di amministrazione dal 1928 al 1967. Qui Rosamond, di indole timida, si trova davanti a personalità illustri, tra cui Leopold Stokowski, Otto Klemperer, Aaron Copland e Leonard Bernstein, che resteranno suoi amici per la vita. Rosamond studia in Francia, in Inghilterra e al Sarah Lawrence College di New York. Ma abbandona ben presto il college per convolare a nozze con Lewis A. Riley Jr., con cui si trasferisce ad Acapulco, in Messico, Paese in cui vivrà per ben dieci anni.

Sono gli anni Quaranta e il Messico è ancora uno scenario incorrotto, tra le baie mozzafiato e la natura lussureggiante. Rosamond possiede uno zoo privato in cui figurano leopardi, scimmie e uccelli tropicali; si ha perfino notizia di un pinguino da lei salvato sulla costa. Numerose sono le foto che la ritraggono in costume da bagno, accanto ai suoi amati animali. Il marito Riley possiede un piccolo aeroplano che le insegna anche a pilotare. Tuttavia l’indomita curiosità di Rosamond non riesce a farle apprezzare pienamente la sua nuova vita da americana espatriata e le atmosfere esotiche non sono sufficienti a placare il suo spirito, alla costante ricerca di novità. Ben presto la giovane inizia ad organizzare mostre ed esposizioni d’arte insieme al marito. Nel suo circolo di amicizie spiccano Malcolm Lowry, Frida Kahlo e Diego Rivera, solo per citarne alcuni.

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Un ritratto di Rosamond Bernier, con collier Kenneth Jat Lane (foto di Jill Krementz)


Rosamond Bernier in caftano Zandra Rhodes a New York, durante una lezione d'arte al Metropolitan Museum of Art, 1972
Rosamond Bernier in caftano Zandra Rhodes a New York, durante una lezione d’arte al Metropolitan Museum of Art, 1972


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Rosamond Margaret Rosenbaum è nata a Philadelphia il primo ottobre 1916


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L’icona di stile predilige Chanel, Yves Saint Laurent, Balenciaga


Di Frida Kahlo dirà: “Il suo vocabolario, sia in inglese che in spagnolo, avrebbe fatto arrossire un camionista”. Fu proprio Rosamond Bernier a notare per prima la bellezza dell’artista, il suo stile iconico e, non ultima, la sofferenza derivante dalle tante infedeltà di Diego Rivera. Nelle sue memorie l’icona ricorderà che un giorno la celebre pittrice la prese da parte e le disse: “Vieni, ti sistemo io”. In pochi minuti Rosamond Bernier si ritrovò truccata e pettinata come la Kahlo, che la vestì secondo il suo stile, con le tipiche gonnellone a stampa patchwork e i gioielli in stile precolombiano.

Ricordando il periodo della sua vita trascorso in Messico, Bernier dirà: “Era un posto in cui sentivi che tutto doveva ancora essere inventato”. Lei ne amò l’architettura, l’arte popolare, i colori, la natura e il fermento culturale che proprio in quegli anni stava sbocciando.

Il matrimonio tra Rosamond e Riley giunge presto al capolinea. I due si lasciano senza serbare alcun rancore: lui si risposa con l’avvenente attrice Dolores Del Rio mentre Rosamond prende in affitto una casa di proprietà di Nada Patcevitch, moglie di uno dei capi di Condé Nast, Iva Patcevitch. Nel 1946 Rosamond si traferisce a New York. La sua formazione classica e l’interesse per le arti costituiscono quasi un unicum nel panorama intellettuale dell’epoca: Rosamond parla correntemente inglese, francese e spagnolo e possiede un amplissimo bagaglio culturale. Un nuovo prestigioso incarico non tarda ad arrivare: ad assumerla è Vogue America, la Bibbia della moda. Ed è proprio Patcevitch a notare per primo le sue qualità, insieme alla editor-in-chief Edna Chase e alla editor Allene Talmey. Dapprima Rosamond diviene fashion editor ma ben presto allarga la sua cerchia di indagine all’arte.

Nel 1947 Vogue la manda a Parigi per documentare la rinascita artistica e culturale della Capitale francese nel Dopoguerra. Qui la vita è difficile: Rosamond soffre il freddo e per la prima volta in vita sua si trova smarrita. “Non avevo idea di cosa dovessi fare”, dichiarerà anni dopo nelle sue memorie. Ma alla giovane non manca lo spirito di iniziativa: mette a punto una linea editoriale ben precisa e decide di partire da Marcel Proust, intervistando luoghi e persone associati al grande scrittore. Ad immortalare i suoi reportage il fotografo Erwin Blumenfeld. Il primo personaggio che intervista è Jean Cocteau. In breve l’editor stringe amicizia con Pablo Picasso, che ne adora l’accento messicano, Henri Matisse, Georges Braque, Fernand Léger, Joan Miró, David Hockney, Jerome Robbins, Max Ernst e Alberto Giacometti. Bernier risiede all’Hôtel de Crillon, dove può usufruire di molti privilegi, a partire dall’acqua calda. Perfettamente a proprio agio nei circoli bohémien, si diletta tra le stravaganze della baronessa Pauline de Rothschild, sua grande amica, che la ospita spesso a Château Mouton Rothschild.

Il secondo conflitto mondiale aveva lasciato cicatrici profonde in seno all’economia francese e l’haute couture stava lentamente riprendendosi. Come dichiarerà la stessa Bernier nella sua autobiografia, “Uno stipendio di Vogue all’epoca poteva nutrire un topolino ma i couturier erano straordinariamente carini con me”. Tra i suoi stilisti prediletti dell’epoca spicca Elsa Schiaparelli. Alexander Liberman, celebre art director di Vogue, si disse stupito, parlando di Rosamond Bernier, di come a volte proprio le persone più timide riescano ad osare di più. “Affascinò mia madre, il che non era impresa facile”, disse l’autrice Francine du Plessix Gray, figlia di Tatiana du Plessix Liberman e figliastra di Alexander Liberman. “Alex notò tutte le qualità che lei possedeva: carisma, intelligenza, sex appeal, preparazione artistica”. Rosamond aveva una grazia naturale ed era gentile con tutti, specie coi bambini, sebbene non divenne mai madre.


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Tanti furono gli scoop collezionati dalla giovane, come quello sull’opera di Matisse alla Chapelle du Saint-Marie du Rosaire di Vence e i dipinti di Picasso al Castello dei Grimaldi ad Antibes, oggi divenuto il Musée Picasso. Intervistò Miró nella sua nativa Barcelona, con foto realizzate da Brassaï. Tra gli altri artisti intervistati Henry Moore e Fernand Léger. Quest’ultimo, notando la predilezione della Bernier per le sue opere più controverse, le disse: “Sei una brava ragazza, hai uno stomaco forte”. Durante un’intervista ad Henri Matisse, questi le consigliò di indossare una sciarpa gialla sul suo cappotto arancione Balenciaga. Inoltre riuscì anche ad intervistare Gertrude Stein, immortalata in una celebre foto realizzata da Horst P. Horst nel salone di Pierre Balmain. Non era semplice ritagliarsi una fetta di pubblico sullo sfondo del Dopoguerra, periodo storico in cui gli intellettuali europei erano dichiaratamente anti-americani. Eppure lei ci riuscì e la sua nazionalità americana non smetteva di destare sorpresa data anche la sua perfetta padronanza delle lingue europee.

Nella capitale francese Rosamond trovò un nuovo amore nel giornalista Georges Bernier. La loro storia d’amore durerà vent’anni ma il nome di Bernier nelle sue memorie viene menzionato raramente. Resasi conto che Vogue non dava alle sue interviste lo spazio dovuto, nel 1950 maturò la decisione di lasciare il magazine. Con il nuovo marito nel 1955 diede vita a L’Œil, mensile dedicato all’arte, il cui motto era “Tous les arts, tous les pays, tous les temps.” Bernier diresse il magazine dal 1955 al 1970. La sua massima ambizione era vedere leggere la sua nuova creatura sulla metropolitana e vederne la diffusione, dato anche il prezzo, pari ai 50 centesimi di oggi. Intanto lei era diventata a tutti gli effetti un’icona di stile. Dopo la fondazione di L’OEIL, Madame Grès confezionò per lei ben nove outfit. Presenza fissa dell’International Best Dressed List, Rosamond Bernier sfoggiava abiti da diva. Tra le firme del suo leggendario guardaroba spiccano Chanel, Yves Saint Laurent, Bill Blass, Zandra Rhodes e i gioielli di Kenneth Jay Lane.

Rosamond Bernier con Fernand Léger, foto di Robert Doisneau, 1954
Rosamond Bernier con Fernand Léger, foto di Robert Doisneau, 1954


Rosamond Bernier ritratta con Henri Matisse da Clifford Coffin, 1948
Rosamond Bernier ritratta con Henri Matisse in uno scatto di Clifford Coffin, 1948


Ma ben presto anche la vita che si era creata a Parigi con tanto sudore va in frantumi e Rosamond è costretta ancora una volta a reinventarsi una nuova esistenza, quasi come un gatto dalle nove vite. Un bel giorno del 1970, dopo vent’anni di matrimonio, Georges Bernier le comunica che tra loro è tutto finito. Rosamond si ritrova improvvisamente divorziata e senza lavoro. Ma, granitica com’è, non si perde d’animo e decide di trasferirsi a New York. Qui si apre la terza fase della sua vita. La Grande Mela ha in serbo tante belle sorprese per lei: un nuovo lavoro e un nuovo amore. Rosamond diviene docente di arte al Metropolitan Museum of Art. Qui inizia a tenere lezioni su Matisse, Picasso, Léger, Max Ernst. È la nascita di un mito: le sue eccezionali doti oratorie sono chiare fin da subito e ottengono proseliti da tutto il mondo. Leonard Bernstein scrive di lei: “Madame Bernier ha il dono di una comunicazione di una spontaneità tale come raramente mi è capitato di incontrare”. Rosamond Bernier impartisce più di 250 lezioni di arte al Met dal 1971 al 2008. Inoltre tiene conferenze in numerosi musei di Parigi, come il Grand Palais, il Louvre e il Pompidou Center. Invitata a tenere lezioni di arte anche in India ed Israele, ha condotto interviste per la CBS e Canale Thirteen.

A New York Rosamond incontra anche l’amore della sua vita: è il critico d’arte John Russell, che aveva collaborato saltuariamente per L’OEil e che era da tempo innamorato di lei. Non si era perso una sua lezione al Met ed era solito mandarle fiori. Russell, pur di stare al suo fianco, lascia il suo lavoro al Sunday Times di Londra. Trasferitosi a New York, viene assunto dal New York Times. I due convolano a nozze nel 1975 con una cerimonia organizzata a casa del comune amico Philip Johnson. Tra gli invitati Pierre Matisse, Leo Castelli, John Ashbery, Virgil Thomson, Helen Frankethaler, Stephen Spender, Copland e Andy Warhol. Nel 2008 Russell muore e per lei arriva il ritiro dalle scene, dopo oltre 70 anni di carriera. Il 13 marzo 2008 tiene la sua ultima lezione al Met, dedicata alla sua vita nell’haute couture francese.

L’oratrice è anche autrice di libri di successo: numerosi sono gli aneddoti raccontati nelle sue autobiografie. In “Some of My Lives: A Scrapbook Memoir” (edito da Farrar, Straus and Giroux) ricorda Alberto Giacometti e Karl Lagerfeld. A renderla così amata sono state anche doti quali la sua umiltà e la sua eccezionale umanità, l’ironia, la disciplina e l’ottimismo. “Non mi considero in alcun modo eccezionale. Penso di avere avuto una fortuna eccezionale”, ha detto di sé.

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La visita di Gertrude Stein al salone di Pierre Balmain, documentata dalle foto di Horst P. Horst. Sullo sfondo compare Rosamond Bernier


Rosamond Bernier (in cappa Yves Saint Laurent) e il marito John Russell ritratti da Bill Cunningham al MET, 1991
Rosamond Bernier (in cappa Yves Saint Laurent) e il terzo marito John Russell immortalati da Bill Cunningham al MET, 1991


(Foto: Vogue)
Rosamond Bernier in uno scatto di Horst P. Horst (Foto: Vogue)


Numerose anche le onorificenze ricevute per il suo contributo alla cultura: nel 1999 ottiene la Legion d’Onore; nel 1980 le viene conferito il premio Chevalier de L’Ordre des Arts et des Lettres; nel 1999 il re Juan Carlos di Spagna le consegna il Cross of Order di Isabel La Catolica. Nel 1999 viene posizionata nella Hall of Fame dell’International Best Dressed List, grazie al suo stile iconico. Tra le sue pubblicazioni “Matisse, Picasso, Miró — As I Knew Them”, uno splendido volume illustrato edito da Alfred A Knopf, testo tradotto poi in francese, tedesco, spagnolo e italiano.

L’icona di stile, che ha da poco festeggiato il traguardo dei cento anni, abita ancora nell’appartamento sull’Upper East Side che ha condiviso per tanti anni con Russell, impreziosito dall’arredamento francese e dai moltissimi oggetti d’arte, come la scultura della coppia realizzata da Louise Bourgeois.

Una parte del suo guardaroba è stata inoltre da lei donata al Costume Institute del Met: trattasi di 19 outfit vintage dal valore inestimabile. Durante la sua ultima lezione, intitolata -neanche a farlo apposta- “Some of My Lives” (Alcune delle mie vite), sei mannequin indossavano alcuni dei capi a lei appartenuti. “Attraverso i vestiti”, disse l’icona in quell’occasione, “puoi raccontare la storia delle persone e dei tempi”.

Muore a 39 anni Richard Nicoll

Si è spento questa mattina a Sydney lo stilista londinese Richard Nicoll. Grande cordoglio nel mondo della moda ma non solo: numerosissimi i messaggi di star che adoravano le sue creazioni, da Lily Allen all’ex Spice Girl Emma Bunton. Secondo una prima ricostruzione, il designer sarebbe stato stroncato da un attacco di cuore.

La cantante britannica Lily Allen si è detta davvero affranta dalla notizia della scomparsa del designer e ha postato sui social un toccante messaggio di cordoglio: “Sono una privilegiata ad averlo conosciuto e ad aver indossato molte delle sue meravigliose creazioni”. Emma Bunton ha definito Nicoll “un’anima bellissima”.

Emily Sheffield, deputy editor di Vogue UK nonché sorella di Samantha Cameron, si è detta su Twitter “scioccata e amareggiata dalla notizia della tragica scomparsa dello stilista”. Edwina McCann, editor-in-chief di Vogue Australia, ha scritto: “Richard era uno stilista estremamente talentuoso e una persona meravigliosa, affettuosa e generosa. I nostri pensieri sono rivolti alla sua famiglia e ai suoi cari in questo momento così difficile e Vogue celebrerà e ricorderà sempre il suo talento unico.”

Richard Nicoll (Foto: Rex Pictures)
Lo stilista londinese Richard Nicoll (Foto: Rex Pictures)


Erano circa le 11 di questa mattina quando la polizia di Sydney riceveva una chiamata che annunciava il ritrovamento del corpo senza vita del giovane designer. Nicoll era nato a Londra e cresciuto a Perth, in Australia. Poi aveva fatto ritorno nella Capitale inglese, dove aveva studiato Womenswear presso la prestigiosa Central Saint Martins College of Art and Design. Nel 2002 la sua prima collezione, apprezzata tra gli altri da Dolce & Gabbana, che contribuirono in misura determinante alla fama mondiale dello stilista. Nel 2005 il lancio del suo brand, con la presentazione delle sue collezioni nell’ambito della London Fashion Week per circa un decennio

Insignito nel 2006 del Fashion Forward Award dal British Fashion Council e giudicato Miglior giovane designer premiato con l’Elle Style Award nel 2009, Nicoll nel corso della sua carriera è stato direttore creativo di Cerruti e ha lavorato per Marc Jacobs e Louis Vuitton. Inoltre ha collaborato con il brand inglese Jack Wills, con Topshop e Fred Perry. Le sue creazioni, moderne e dalle suggestioni mannish, sono state indossate da icone del calibro di Kylie Minogue, Keira Knightley, Sienna Miller e Julianne Moore.

I Millennials sbarcano a Capri per il nuovo spot Dolce & Gabbana

La splendida Piazzetta di Capri diviene location di un set fotografico: nasce così la campagna pubblicitaria primavera/estate 2017 di Dolce & Gabbana, intitolata #DGMillennials. Il duo di stilisti torna in Campania dopo la sfilata evento di Napoli, dello scorso luglio, dedicata al mito intramontabile di Sophia Loren, simbolo per antonomasia della bellezza mediterranea.

A posare per l’obiettivo di Franco Pagetti i Millennials, tra cui Cameron Dallas, idolo delle teenager, e Presley Gerber, figlio di Cindy Crawford e Rande Gerber. Un omaggio al Bel Paese, per un tripudio di Italian Style: Dolce & Gabbana si riconfermano amanti dell’Italia, con una campagna pubblicitaria ambientata in uno dei sei naturali più suggestivi al mondo. Ed è così che prende corpo uno shooting suggestivo, tra la magia dei Faraglioni e il glamour della piazzetta. La collezione omaggia anche la cucina italiana, tra stampe di spaghetti, salsa al pomodoro e cuori ex voto.

Tra i volti della nuova campagna pubblicitaria anche Gabriel Kane Day Lewis, Luka Sabbat, Brandon Lee, Rafferty Law, Zendaya Coleman, Hailey Baldwin, Sonia Ben Ammar e Thylane Blondeau. Segni particolari: bellissimi e giovanissimi. Ma anche “figli di”, in quanto quasi tutti vantano genitori famosi.



«Stefano e Domenico sono fantastici. Sono eccitato per la mia prima volta a Capri», così Cameron Dallas commenta la sua partecipazione alla nuova campagna pubblicitaria di Dolce & Gabbana. La giovane web star, appena ventenne, vanta già oltre 16 milioni di follower su Instagram.

Il Milano Design Film Festival rende omaggio a Sottsass

Ettore Sottsass, architetto, designer e fotografo italiano, rivive in un documentario esclusivo che è stato proiettato nell’ambito del Milano Design Film Festival, che ha avuto luogo presso il cinema Anteo fino al 9 ottobre scorso. Due proiezioni in esclusiva omaggiano uno dei nomi più celebri del design.

“Ettore Sottsass. A private scrapbook. 1957-2007” ci descrive un inedito Sottsass che racconta in prima persona i suoi progetti più importanti. Curato da Roberta Meloni e Francesca Balena Arista, prodotto da Centro Studi Poltronova nel 2008, il documentario omaggia il designer, che è stato art director del Centro Studi Poltronova dal 1957 alla metà degli anni Settanta.

E proprio qui è avvenuto l’incontro con Francesca Balena Arista e Roberta Meloni, che dà vita alla pellicola: il documentario nasce infatti dalle conversazioni tra il designer e le due, alle quali Sottsass confidò le sue sperimentazioni radicali nella Toscana di fine anni Cinquanta. Una pellicola intensa e ricca di suggestioni, per approfondire una delle figure portanti del design italiano.

Si è conclusa la quarta edizione del Milano Design Film Festival

Si è conclusa il 9 ottobre scorso la quarta edizione del Milano Design Film Festival. Una rassegna dedicata all’architettura e alla creatività che ha visto proiettate al cinema Anteo oltre sessanta pellicole. Un palinsesto per autentici gourmet, che spazia dalle confessioni intime di Piero Fornasetti, Andrea Branzi, Eero Saarinen, Jean Nouvel e Yohji Yamamoto agli omaggi ai protagonisti del design in un ponte tra passato e presente. Tra le pellicole più attese quelle dedicate a Rem Koolhaas (Rem di Tomas Koolhaas, 2016) e ai fratelli Campana (The Campana Brothers by Fernando and Humberto di Gabriela Bernd, 2016).

In cartellone anche numerosi workshop gratuiti aperti al pubblico, che indagavano sulle numerose possibilità dell’audiovisivo, come Design through video. Tendenze, Creatività, Media. Il calendario completo (presente sul sito www.milanodesignfilmfestival.com) vede la proiezione di 82 pellicole tra corti e lungometraggi sul cinema d’artista, l’architettura, la città, i protagonisti del progetto contemporaneo e l’impatto che il progetto ha sulla società.

L’inaugurazione, che ha avuto luogo giovedì 6 Ottobre presso l’Anteo spazioCinema, ha visto la world première “The Campana Brothers by Fernando & Humberto” e, a seguire, “REM”, il biopic sul celebre architetto Pritzker Price ritratto dal figlio Tomas Koolhaas. Tantissime le pellicole in anteprima che si sono susseguite nei quattro giorni della manifestazione. L’hashtag ufficiale della manifestazione è #mdff2016.

Qui il promo della quarta edizione del Milano Design Film Festival.

Lo stile di Agnese Renzi: i migliori look della First Lady

Negli ultimi giorni molto si è detto su di lei: Agnese Landini Renzi, First Lady italiana, è amata e odiata in egual misura. Tanti sono i detrattori che si sono apertamente scagliati contro il suo stile, soprattutto dopo la visita ufficiale alla Casa Bianca di qualche giorno fa. La professoressa si è ritrovata immortalata su tutti i giornali e molte parole sono state spese sui suoi outfit.

Nata a Firenze nel 1976, Agnese Landini Renzi non è una fashion icon ma il suo stile tradisce un amore per la sartorialità italiana e una sobrietà che non guastano. Una predilezione per Ermanno Scervino, la First Lady italiana è stata spesso paparazzata in capi firmati dallo stilista toscano.

Il suo guardaroba non lesina in capi in pizzo macramè dalle trasparenze audaci e in bodycon dresses che ne esaltano la figura sottile. Ed Ermanno Scervino è lo stilista scelto anche pochi giorni fa per la cena alla Casa Bianca: forse il modello indossato dalla Landini per l’occasione, un lungo abito iperfemminile dalle caleidoscopiche trame in pizzo, non esaltava al massimo la sua personalità. Noi la preferiamo in capi dalle linee più sobrie e contemporanee.

Alcuni dei look sfoggiati da Agnese Landini (Foto: Oggi)
Alcuni dei look sfoggiati da Agnese Landini (Foto: Oggi)




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Abitualmente la First Lady sfoggia abiti dal piglio minimal-chic, perfetti per il ruolo istituzionale da lei ricoperto ma anche idonei per esaltare il suo fisico sottile. Tra i brand prediletti anche Valentino, in un tripudio di made in Italy: ed era firmato proprio Valentino il lungo abito rosa sfoggiato pochi giorni fa durante la visita ufficiale alla Casa Bianca, con una delegazione al seguito, di cui facevano parte alcuni dei nomi che fanno grande l’Italia nel mondo, da Bebe Vio, campionessa paraolimpica, a Roberto Benigni. Gli outfit sfoggiati da Agnese Landini in più occasioni vedono una predilezione assoluta per nuance pastello e minimalismo raffinato. Per uno stile sobrio e garbato.

Agnese Renzi in Ermanno Scervino e Michelle Obama in Atelier Versace (Foto: Vanity Fair)
Agnese Renzi in Ermanno Scervino e Michelle Obama in Atelier Versace (Foto: Vanity Fair)

Sfila a New York la collezione Kenzo per H&M

Ha sfilato ieri sera a New York la collezione Kenzo per H&M. Atmosfere folk e colori accesi, tra stampe Navajo e silhouette scultoree: circa cento capi si sono alternati sulla passerella del Pier 36, sul molo nord del Manhattan Bridge. Tripudio di brio ed energia vitaminica sul défilé, tra le note di «Express Yourself» di Sam Spiegel: ad allietare l’evento, un’esclusiva coreografia creata da Ryan Heffington. La regia del fashion show era invece curata da Jean-Paul Goude, nome leggendario della moda.

Carol Lim e Humberto Leon, il duo creativo alla direzione creativa di Kenzo, rispolvera gli archivi storici della maison, fondata nel 1970 da Kenzo Takada, oggi 77enne. La capsule collection creata in esclusiva per il colosso svedese dell’abbigliamento low cost H&M ripropone pezzi storici dell’archivio Kenzo, brand entrato a far parte del gruppo LVMH nel 1993. Ecco quindi l’abito lungo a balze realizzato con nastri intrecciati, pezzo storico della maison, di cui esistono solo due esemplari originali: il capo è stato reinterpretato in chiave low cost accanto a pantaloni a gamba larga e dettagli sporty-chic, come le felpe.

Dominano i patchwork di stampe, tra suggestioni andine e animalier all over. Una giungla metropolitana fa da sfondo ideale alla collezione: ed è proprio «Kenzo Jungle Paris» il logo che domina le felpe, accanto al simbolo della tigre. Torna anche il kimono, capo passepartout degli archivi Kenzo, reinterpretato per l’occasione in chiave double-face con impunture matelassé e zip. Largo a crop top e pantaloni in jersey, per un mix & match dal forte impatto scenografico, in un melting pot etnico che strizza l’occhio ad elementi gipsy. Allegria e brio sono le parole d’ordine, in un catwalk quadrato dai risolti circensi in cui si esibisce dal vivo un’inedita orchestrina. Mood Youth nella performance live dei ballerini, in un inedito ponte tra passato e presente.

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(Foto: Amica)
(Foto: Amica)


(Foto: Amica)
(Foto: Amica)


Caleidoscopiche stampe impreziosiscono i capi, come i motivi floreali, una stampa a medaglioni proveniente dagli archivi storici del brand e un motivo a rete oversize. Proporzioni over e dettagli femminili nelle balze che impreziosiscono maxigonne plissé. Occhi puntati sui dettagli, come i bottoni a forma di fiore in metallo dorato e gli accessori, che si preannunciano già must have di stagione: le borse in pelle che ricordano la shopper Kenzo e gli stivaletti con gambale animalier, o ancora il berretto a stampa patchwork, i gemelli, i foulard, le calze e gli orecchini.

“Questa sera abbiamo reso omaggio a tutto quello che amiamo di Kenzo x H&M con un mix allegro, sorprendente e pieno di energia – così Carol Lim e Humberto Leon hanno commentato la sfilata evento- una fusione di vari mondi. È stata una sfilata indimenticabile”.

Una perfomance a sorpresa del rapper Ice Cube ha chiuso il défilé. Nel front row nomi celebri, tra cui la supermodella Iman, moglie del compianto David Bowie, l’attrice Chloe Sevigny, Rainey Qualley (figlia di Andie MacDowell), Rosario Dawson, Elisabeth Olsen, la cantante Soko, Joe Jonas. «La diversità è il futuro della moda», così ha esordito Iman Bowie, testimonial della campagna pubblicitaria accanto ad altre celebrities, tra cui Chloé Sevigny, Chance The Rapper, Riyuchi Sakamoto, Xiuhtezcatl Martinez, Rosario Dawson e Suboi.


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“Il lancio della collezione è stato davvero spettacolare – ha commentato Ann-Sofie Johansson, Creative Advisor di H&M – La collezione ha preso vita in passerella con le incredibili stampe, i colori e l’energia che la definiscono. È stato un grande onore avere come direttore Jean-Paul Goude, che ha catturato perfettamente lo spirito della collezione”.

La collezione arriverà in 250 punti vendita selezionati e online a partire dal 3 novembre prossimo: in Italia sarà possibile acquistare i capi negli store di Milano, Roma, Firenze, Venezia, Bologna e Treviso.

La gaffe di Gigi Hadid fa il giro del mondo

A volte la fama sui social si paga a caro prezzo: ad aver provato sulla propria pelle gioie e dolori derivanti dalla potenza mediatica dei nuovi strumenti di comunicazione è stata Gigi Hadid. La giovanissima top model di fama mondiale (qui un pezzo dedicato a lei), seguitissima sui social network (solo su Instagram conta 23 milioni di follower) è incappata pochi giorni fa in una gaffe che ha fatto il giro del mondo.

Figlia di un imprenditore arabo e di un’ex modella olandese, la modella ha sollevato un polverone di tweet indignati a causa di una gaffe notevole: qualche giorno fa, parlando del fidanzato Zayn Malik, ex cantante della boy band One Direction, che ha poi lasciato per intraprendere la carriera di solista, Gigi Hadid scriveva così: “E’ bello incontrare altri arabi, c’è sempre un certo senso di famiglia. Si crea sempre una connessione, ed è bellissimo. Anche il mio ragazzo per metà è del Medio-Oriente, ed è un legame molto bello. E’ difficile da spiegare, ma è come sentirsi sempre in mezzo alla propria gente”.

Tutto perfetto, se non fosse che Malik non ha origine araba bensì pakistana. La splendida top model non sembra brillare in geografia e attira con la sua frase infelice uno stuolo di aspre critiche, in particolar modo su Twitter. Il suo epic fail viene in pochi minuti ritwittato da migliaia di utenti indignati, che si sono scatenati contro la povera Gigi.

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