Addio, Paolo Poli

Istrionico. Artista complesso e versatile. L’Italia s’inchina dinanzi a Paolo Poli, l’attore fiorentino che avrebbe compiuto 87 anni il prossimo 23 maggio, spirato a Roma dopo una malattia che non gli ha permesso di vivere ancora.

Ha riempito le platee, entusiasmando con la sua comicità disarmante. Era omosessuale e non ebbe remore  ad annunciare la sua inclinazione sessuale. Si diceva favorevole al matrimonio tra gay ma contrario al proprio contratto matrimoniale.

Acuto e diretto nell’esprimere la sua opinione, perfino quando toccava tematiche come la cristianità: “Se Gesù anziché finire in croce veniva impalato, adesso ai santi dove comparivano le stigmate?

Figlio di un carabiniere e di una maestra, dopo la laurea in Letteratura francese con una tesi su Henry Beque, esordisce in un teatro di Genova con <<La borsa di Arlecchino>>.

 

L'attore Paolo Poli in un suo travestimento in "I Sillabari"
L’attore Paolo Poli in un suo travestimento in “I Sillabari”

 

 

Un inizio che prelude il futuro artistico di Paolo Poli che negli anni sessanta lavora in RAI leggendo favole per bambini estrapolate da Esopo.

Diventa sceneggiatore per la RAI lavorando allo sceneggiato “I tre moschettieri “ assieme alla sorella Lucia Poli, Milena Vukotic e Marco Messeri.

Rifiuta una parte in di Federico Fellini e intraprende una carriera trasversale come cantante, pubblicando anche diversi album.

Superbo appare il suo approccio artistico e le sue interpretazioni sempre convincenti, hanno fatto vivere mondi paralleli ai suoi spettatori. Non possiamo esimerci dal ricordare le sue performances “Il mondo d’acqua” di Aldo Nicolaj e “I Sillabari” tratto dall’opera di Goffredo Parise, per il teatro.

Per il cinema, interpretò svariate pellicole come” La piazza vuota” di Beppe Recchia e “Le due orfanelle” di Giacomo Gentilomo.

 

«In fondo dobbiamo alla Chiesa anche Dante, che pure era antipapista. Se la Chiesa non avesse inventato il Purgatorio giusto qualche anno prima, non avremmo avuto la cantica più bella. Non amo l’Inferno: una scopiazzatura di Guinizzelli. Preferisco il Paradiso: la poesia d’amore applicata al tomismo; e la donna amata personifica la religione.>> Paolo Poli.

 

 

Fonte Cover giacomobaldoni.altervista.com

 

 

Il grande regista Federico Fellini

Federico Fellini, uno dei più importanti e celebri registi dell’intera storia del cinema. Durante la sua gloriosa carriera vanta 4 premi Oscar come miglior film straniero e in virtù della sua attività ricevette inoltre l’Oscar alla carriera nel 1993. Egli ha altresì ottenuto per due volte il Festival di Mosca, nel 1963 e nel 1987, nonché la Palma d’oro al Festival di Cannes nel 1960 e il Leone d’oro alla carriera alla Mostra del Cinema di Venezia nel 1985. Nei suoi capolavori, Fellini ha sviluppato e tratteggiato un cospicuo numero di personaggi memorabili, immergendoli nella satira, ma anche nella malinconia di uno stile onirico e visionario. Ripercorriamo insieme le tappe fondamentali della sua vita e della sua filmografia.
 
Federico Fellini nasce a Rimini il 20 gennaio 1920 (avrebbe compiuto 96 anni) da una famiglia modesta. Fin da ragazzino mostrò un’innata passione per il cinema.
 
Tra il 1941 e il 1942 Fellini fece la conoscenza di Tullio Pinelli, uno scrittore teatrale. Tra i due scocca subito una forte intesa professionale. Le idee e gli schemi del primo andavano così ad inserirsi nella struttura di testo elaborata dal secondo. Le prime esperienze a livello scenografico cominciarono così. I grandi successi di Aldo Fabrizi, come Avanti c’è posto del 1942 e Campo de’ fiori di Mario Bonnard, portarono la loro firma. Nel 1945, invece, Fellini incontrò Roberto Rossellini, collaborando alle sceneggiature di Roma città aperta e Paisà, ritenute le prime opere surrealiste italiane. In quest’ultima, Fellini pare che abbia girato (in assenza di Rossellini) alcune scene, tra cui quella ambientata sul Po. La sua carriera da regista ebbe inizio proprio con queste modalità.
 
Nel 1950 Fellini fece il suo debutto ufficiale dietro la macchina da presa con Luci del varietà, seppur co-diretto con Alberto Lattuada. Il tema dell’opera è incentrato sul mondo dell’avanspettacolo e la sua decadenza, con un tono ironico e disteso a fungere da cornice contestuale. Il film ricevette giudizi piuttosto positivi per quanto riguarda la critica, ma non altrettanto per quanto concerne il pubblico.
 
Il rapporto professionale tra Fellini e il compositore Nino Rota contribuì fortemente alla creazione de Lo sceicco bianco e di 8 e mezzo. La prima pellicola venne alla luce nel 1952, segnando il debutto da regista in solitario, con la presenza dell’indimenticabile Alberto Sordi tra gli interpreti. Attraverso la collaborazione con Ennio Flaiano (coautore della sceneggiatura), Fellini inaugura un nuovo modo di fare cinema: estro, umorismo, realismo magico e onirico si fondono insieme in unico elemento. Tuttavia, il film non fu all’altezza delle aspettative e gli incassi si rivelarono un totale insuccesso.
 
Per Fellini è giunto il momento di dimostrare il suo reale potenziale. Presentato alla Mostra del cinema di Venezia il 26 agosto del 1953, ecco I vitelloni. Il film si aggiudicò il Leone d’argento e la fama del regista romagnolo si espanse così tanto da superare i confini nazionali. Infatti, in Argentina, Francia, Stati Uniti ed Inghilterra l’opera riscosse un enorme successo.
 

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Federico Fellini – I vitelloni

 
I vitelloni è caratterizzato da un uso smodato di episodi e ricordi dell’adolescenza di Fellini (all’epoca poco più che trentenne) densi di personaggi destinati a rimanere scolpiti nella memoria. Per la prima volta nella sua filmografia, il regista riminese sviluppa la trama tramite lunghi episodi, una caratteristica che diverrà uno dei tratti peculiari nelle pellicole successive. Nonostante il carattere autobiografico, l’ambientazione de I vitelloni si discosta dalla realtà, contestualizzandosi in una città fittizia e miscelando fantasia e ricordi.
 
Il successo internazionale giunge con La strada, del 1954.
 
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Federico Fellini – La strada

 
Il film, incentrato sul mondo del circo e degli zingari, spicca per i toni poetici e narra del dolce, ma tormentato rapporto tra Gelsomina (Giulietta Masina) e Zampanò (Anthony Quinn), due stralunati e bizzarri artisti di strada che vagabondano per l’Italia del dopoguerra. La presentazione dell’opera avviene in anteprima assoluta il 6 settembre 1954 a Venezia. Accolto tiepidamente nel nostro Paese, la pellicola all’estero ottenne il premio Oscar come miglior film straniero (premio instituito per la prima volta in quell’edizione).
 
Dopo il flop de Il bidone del 1955, arriva il secondo Oscar grazie a Le notti di Cabiria, con Giulietta Masina di nuovo protagonista.
 
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Federico Fellini – Le notti di Cabiria

 
L’opera rappresenta la degna conclusione della trilogia ambientata nel mondo degli umili e degli emarginati.
 
L’opera forse più famosa di Federico Fellini è La dolce vita, del 1960.
 
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Federico Fellini – La dolce vita

 
Essa, fin da subito, suscitò polemiche e sconcerto, sia per alcune scene giudicate troppo esplicitamente erotiche sia per la descrizione di un certo decadimento morale, insito, secondo il regista, nel benessere economico ormai raggiunto dalla società italiana. Protagonisti indiscussi dell’opera gli immensi Marcello Mastroianni e l’attrice svedese Anita Ekberg. La scena del bagno nella Fontana di Trevi rimarrà per sempre nella memoria di tutti noi.
 
La consacrazione definitiva per Fellini arrivò con 8 e mezzo del 1963, con Guido Anselmi protagonista.
 
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Federico Fellini – Otto e mezzo

 
Il film parla di un regista che voleva girare una pellicola, ma non si ricordava più quale fosse (l’idea da cui l’opera prende vita è proprio questa). Il titolo trae origine dal seguente motivo: 8 e mezzo veniva cronologicamente parlando dopo 6 film interamente diretti da Fellini, più 3 “mezzi” film, costituiti dalla somma “ideale” di 3 opere co-dirette con altri registi (Luci del varietà, l’episodio Agenzia Matrimoniale ne L’amore in città e quello intitolato Le tentazioni del dottor Antonio in Boccaccio ’70, in cui viene adottato per la prima volta il colore). L’opera fu premiata con un altro premio Oscar ed è tutt’ora ritenuto uno dei più grandi film della storia del cinema.
 
Nel 1973 arriva il celebre Amarcord, incentrato sul tema della memoria (il titolo significa “mi ricordo” in dialetto romagnolo).
 
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Federico Fellini – Amarcord

 
Attraverso l’esplorazione delle tre città dell’anima, il Circo, la Capitale e Rimini, Fellini cerca le radici della propria poetica. Anche in questo caso giunge puntuale un altro premio Oscar, il quarto in totale. I personaggi descritti nella pellicola rappresentano delle proiezioni autobiografiche del regista. Titta, ad esempio, potrebbe costituire l’adolescenza di Fellini. Nonostante ciò, il regista riminese dichiarò in più circostanze che ogni cosa o personaggio inscenato era semplicemente il frutto della sua immaginazione.
 
Il 20 gennaio Federico Fellini avrebbe compiuto 96 anni. Tanti auguri, non ti scorderemo mai.

 

Chanel Métiers d’Arts: una parigina a Roma

Una Parigi nebbiosa e fumante, intrisa di mistero e charme, persa nelle sue strade, tra atmosfere gotiche e dettagli che profumano di antico. Una donna stretta in un elegante paletot cammina a passi svelti tra le brasserie, inoltrandosi in quelle strade piene di bistrot. Una sigaretta le fuma in bocca, mentre indugia nei pressi della boulangerie, prima di proseguire la sua corsa sui tacchi a stiletto fino alla stazione della metro. Non siamo nella capitale francese, ma nella Roma firmata Chanel. Quasi come in un film, inizia così la sfilata Chanel Métiers d’art Paris-Rome 2016: in una Parigi ricostruita con certosina precisione, sfila all’interno degli studios di Cinecittà la collezione della storica maison.

Dopo aver sfilato lo scorso anno a New York, Karl Lagerlfed ha scelto la città eterna per presentare la collezione annuale di Chanel Métiers d’Art: una sfilata itinerante incentrata sull’artigianato, per autentici gourmet.

La location scelta da Lagerfeld per la sua #ParisinRome vanta una lunga storia: vero e proprio tempio del cinema, lo storico Teatro 5 fu scelto da Federico Fellini per girarvi i suoi capolavori, da La dolce vita a Otto e mezzo.





Protagonista della collezione è una donna romantica e iperfemminile, stretta in tailleurini in jacquard e lunghi abiti in pizzo, tra silhouette bodycon e dettagli urban. Non mancano accessori evergreen, come le maxi collane in perle, simbolo della maison, ma il mood è arricchito da un tocco aggressive derivato dalla pelle, usata prevalentemente su gonne a tubino. Inedite calze in pizzo esaltano le mise, mentre la gonna ora si porta con crop top.

Colletti austeri, camicie con fiocco, lunghi abiti in chiffon impalpabile, e ancora, tweed e lana bouclé: si alternano sulla passerella nomi del calibro di Lara Stone, Freja Beha Erichsen e Bella Hadid. Citazioni vittoriane nei colli alti mentre la vernice nera di alcuni outfit ci riporta nelle atmosfere intrise di passioni estreme di Godard e Truffaut. Una vera chicca è la borsetta a forma di cinepresa vintage, che si preannuncia già must have della prossima stagione.

Karl Lagerlfed ha pensato proprio a tutto: la sua parigina a Roma unisce alla classe tipicamente francese le suggestioni cinematografiche che hanno fatto grande il cinema italiano.
Un film dentro al film: l’apposito cinema d’antan diviene la location in cui viene proiettato in anteprima “Once and Forever”, l’ultimo cortometraggio firmato Lagerfeld. Protagoniste Kristen Stewart e Géraldine Chaplin, entrambe nei panni di mademoiselle Coco. Le due dive siedono in prima fila in un front row ricco di celebrities che applaude con entusiasmo ogni uscita e proclama Lagerfeld nuovo re di Roma.


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