Vionnet sfila per la prima volta alla Milano Fashion Week

La location è estremamente raffinata, la colonna sonora curata nei minimi dettagli, la collezione elegantissima ed eterea: la prima volta di Vionnet alla Milano Fashion Week è un successo su tutti i fronti. Goga Ashkenazi, direttore creativo della maison francese, ha scelto la Casa degli Atellani per presentare la collezione autunno inverno 2017-18, ispirata agli uccelli del Paradiso e alla Nuova Guinea. La sfilata si apre con diversi look nude, in lievissimo chiffon, seta e crêpe plissé con dettagli rosa, azzurri e verdi che ricordano il piumaggio della paradisea. Intano in sottofondo un delizioso cinguettio trasporta gli ospiti nell’atmosfera naturale e onirica che Vionnet ha voluto ricreare nel vigneto che nel 1498 ospitò Leonardo da Vinci.


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La collezione è classica e sofisticata, fatta di abiti lunghi e leggeri per moderne dee della natura, ma include anche look più contemporanei in denim e shearling. I jeans si aprono in ampie zampe d’elefante sul fondo, i completi fluidi in seta assumono un tocco sporty grazie alle bande laterali in verde acido e rosa shocking, pullover e minidress a righe luccicano di paillettes colorate. Nell’intera collezione autunno inverno 2017-18, Goga Ashkenazi omaggia Madeleine Vionnet con l’uso sapiente del suo famoso plissé, dei complessi drappeggi alleggeriti da tessuti impalpabili e soprattutto con il taglio di sbieco, inventato dalla stilista francese negli anni ’20 e ’30 e presente nei lunghi abiti o appena accennato sui completi dalla linea rilassata. Nei look da giorno per il prossimo autunno inverno, l’uccello del Paradiso ricompare in una citazione colta, con illustrazioni dall’Enciclopedia Britannica del XIX secolo stampate su raffinati completi pigiama e long dress. La sera, invece, è dedicata a lunghi abiti in seta e tulle con trasparenze e spacchi strategici. La parola d’ordine della sfilata Vionnet è eleganza, distribuita su tutta la collezione autunno inverno 2017-18 che ha conquistato la Milano Fashion Week.


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Vionnet: il minimalismo sfila a Parigi

La collezione primavera/estate 2017 di Vionnet si presenta all’insegna delle sovrapposizioni. Il denim, tessuto principale di questo défilé, scandisce un progetto creativo basato su sovrapposizioni di svariati tessuti e sui colori tenui.

La femminilità della donna Vionnet si concentra su abiti prettamente casti e minimali. Il soprabito kimono in seta, un vezzo sulla passerella, è stato abbinato ad un top di pizzo e un abito bianco plissettato a maniche lunghe.

Il mood casual della collezione si riflette nelle giacche oversize ma un abito verde con frange,porta la collezione ad esiti estetici desunti dagli anni ’20.

Accenni di sensualità sono stati riservati alla tunica semitrasparente con dettagli gold che caricano l’intera linea di un sufficiente allure sofisticato.

Sensuali risultano i long dress da gran soiree in lussuosa seta che leggeri accarezzano le curve della donna, librando nell’aria.

 

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Fonte cover Madame le Figaro

Fonte gallery vogue.com

Vionnet: una vestale in passerella a Parigi

È il mondo della musica ad ispirare Goga Ashkenazi nella collezione Autunno/Inverno 2016-2017 che ha sfilato ieri sera a Parigi. Il direttore creativo di Vionnet, che suona il piano da quando aveva sei anni, trae spunto dal suo Steinway, per una sfilata emozionante e poetica. La musica, con l’eleganza dei suoi spartiti e l’armonia dei suoi accordi, diviene musa incontrastata di Vionnet, per una collezione ricca di pathos e sentimento.

Drappeggi che ricordano i pepli delle dee dell’antica Grecia, intarsi e imbracature conferiscono al jersey e al lurex brillante nuove leggerezze e suggestioni classiche. La sfilata di Vionnet per la prossima stagione invernale riprende gli archivi storici della maison, in particolare una collezione datata 1932: è così che, in un gioco di geometrie e ricami, passamanerie e trasparenze, sfila sulla passerella una vestale, eterea e celestiale, che cede talvolta alle lusinghe di elementi luxury, come le pellicce.

Eleganza da diva nel satin stampato e nel jersey blu cielo, che si unisce ad un impalpabile chiffon, mentre il lurex conferisce un appeal da gran soirée che non perde di vista la comodità. Gli accordi musicali vengono trasfigurati su linee e cuciture diagonali che impreziosiscono il busto attraverso giochi di alta sartoria; le note musicali si materializzano su abiti da sera e da giorno, decorati con inedite chiavi di violino e note del pentagramma, mentre i tasti del pianoforte divengono stampa inedita black & white che impreziosisce lunghi abiti da sera ma anche abiti da giorno. Pianoforti disegnati come elementi surrealisti fanno capolino da jumpsuit colorate da indossare con colli di pelliccia.

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(Foto Madame Figaro)
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Vionnet P/E 2016: come una dea

Il peplo greco rivisitato come nuovo abito da sera, unito a drappeggi sartoriali e impalpabile chiffon: sfila a Parigi la Primavera/Estate 2016 di Vionnet.

La parola d’ordine è una: sognare. E la collezione di Vionnet incanta, portandoci in una dimensione quasi onirica in cui la donna è protagonista di una fiaba moderna, tra abiti scultura dalle suggestioni couture e dettagli di grande qualità e ricerca stilistica.

La delicatezza di tulle, veli e chiffon si unisce alla femminilità più genuina, che vuole ancora una donna dall’eleganza sofisticata. Come una principessa, sfila una visione fatata in leggiadre creazioni dall’intramontabile appeal, accompagnata dalle soavi note di un violoncello.

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La celebre maison francese rilancia una visione couture della moda, per capi dal grande impatto scenografico. Trasparenze, veli, plissé e materiali come l’organza e lo chiffon, per nuance delicate e abiti peplo dal sapore classico. Strascichi e mantelli trasparenti per una diva d’altri tempi.

Goga Ashkenazi propone una collezione fiabesca in cui il tocco di Hussein Chalayan -new entry della maison- bilancia l’appeal iperfemminile. L’imprenditrice kazaka ha messo a segno un altro colpo, proprio a ridosso dell’inizio della fashion week parigina,aprendo il primo monomarca al 31 di rue François-1er nella Ville Lumiere. Un progetto ambizioso, curato dall’architetto Renato Montagner, che si sviluppa partendo dallo storico atelier di Madame Vionnet.

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(Foto Madame Figaro)



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L’impero di Hattie Carnegie

Ci sono nomi che sono entrati di diritto nella storia della moda, imponendosi per talento, forza di volontà o senso degli affari. Hattie Carnegie è uno di questi: e se tanti sono coloro che ne hanno sentito parlare, molti di meno sono quelli che sanno esattamente chi sia stata Hattie Carnegie e quale sia stato il suo contributo alla moda internazionale.

In anticipo di circa un secolo rispetto a Philip Treacy, i cappellini di Hattie Carnegie hanno rivoluzionato il gusto di tutto il Novecento. Self-made woman e brillante imprenditrice, i suoi negozi importavano i migliori brand di Parigi, tra cui Chanel e Dior, assai prima di Saks Fifth Avenue. Mirabile trendsetter, Hattie Carnegie è stata la prima ad aver introdotto il ready-to-wear. Ma questa è solo una delle tante rivoluzioni che si devono a lei.

Hattie Carnegie nasce a Vienna nel lontano 1880 come Henrietta Kanengeiser. Iniziata alla magia della moda dal padre, sarto di origine ebrea, quando Henrietta non ha ancora compiuto sei anni i suoi genitori partono alla volta degli Stati Uniti d’America e si stabiliscono a New York City.

Si narra che la piccola Henrietta, a bordo della nave che l’avrebbe portata oltreoceano, chiese ad uno dei passeggeri chi fosse il più ricco d’America, e sentendosi rispondere Andrew Carnegie decise di adottare quel cognome, cosa che in seguito fece tutta la sua famiglia, prassi questa assai diffusa tra gli immigrati negli USA dei primi del Novecento.

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Selene Mahri in cappello e guantini Hattie Carnegie
Suzy Parker in cappellino e abito Hattie Carnegie, Vogue, 15 settembre 1953
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Hattie Carnegie era originaria dell’Austria e si trasferì negli Stati Uniti all’età di 6 anni

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Mary Jane Russell in Hattie Carnegie, 1950, foto di Hal Phyfe


Quando Hattie è ancora poco più che un’adolescente, apre con l’amica Rose Roth un piccolo negozio dove vende cappellini alla moda, all’East Village. L’amica Rose confezionava anche dei vestiti mentre Hattie, che non sapeva cucire, si occupava della creazione dei cappelli, che selezionava con cura guardando con particolare attenzione la moda che negli stessi anni andava formandosi a Parigi. Il piccolo atelier, a cui le due amiche diedero il nome di “Carnegie-Ladies’ Hatter”, ebbe molto successo e in pochi anni gli affari andarono talmente bene che le due furono in grado di assumere dei dipendenti. Hattie non era in grado di cucire ma era addetta alle public relations e trattava con i dipendenti e coi clienti.

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Un ritratto della designer su LIFE
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Hattie Carnegie fu trendsetter e businesswoman di successo

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Celebri i cappellini Hattie Carnegie, come anche i gioielli


Qualche anno dopo, Hattie compra le quote della società dalla sua amica Rose e nasce così il nuovo negozio situato sull’Upper West Side. Hattie continua a mettersi in gioco e a studiare le tendenze della moda parigina. Compie diversi viaggi a Parigi, dove si reca spesso alle sfilate di moda. Seleziona così i modelli che poi lei stessa venderà nel suo negozio, e in un anno arriva a compiere anche sei/sette viaggi di lavoro.

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La socialite Brenda Frazier in Hattie Carnegie
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Modelle indossano tailleur Hattie Carnegie, 1951

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Cappellino con piuma Hattie Carnegie


Finalmente, nel 1923, Hattie apre la sua nuova boutique al numero 42 della celebre Quarantanovesima Strada di New York: qui, accanto alla propria linea personale, la Hattie Carnegie Couture, la brillante imprenditrice vendeva capi Chanel, Dior e Vionnet, una linea di pellicce, numerose linee di pret-à-porter, una linea di gioielli, una linea di cosmetici e persino una linea di cioccolatini.

La sua boutique si impose in breve come leader a New York, e attrasse clienti come Joan Crawford e la Duchessa di Windsor, affascinate dal gusto di Hattie, che si rivelò maestra nel capire le potenzialità dei brand in ascesa nonché ella stessa trendsetter ante litteram.

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Abito da sera Hattie Carnegie
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Campagna pubblicitaria Hattie Carnegie, 1943

 

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Un modello apparso su LIFE Magazine

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Carmen dell’Orefice in Hattie Carnegie


I negozi col marchio Hattie Carnegie arrivarono ad espandersi a macchia d’olio, e l’imprenditrice non avvertì minimamente gli effetti della Grande Depressione, arrivando ad avere un fatturato tale da contare, nel 1940, oltre mille impiegati che si occupavano dei diversi dipartimenti, dal reparto manifatturiero fino alla gioielleria, settore in cui Hattie Carnegie divenne leader. Il successo mondiale fu raggiunto nel 1950, quando le venne affidato l’incarico di progettare le uniformi del Women’s Army Corps.

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Un modello del 1939, foto di Horst P. Horst
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Foto di John Rawlings, 1946

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Barbara Mullen in Hattie Carnegie, Vogue febbraio 1952


Il nome di Hattie Carnegie divenne in breve sinonimo di eleganza e stile. Una delle sue massime più famose voleva che fosse “la donna ad indossare l’abito e non viceversa”. Senza avvertire un attimo di crisi nemmeno durante la guerra, Hattie Carnegie dagli anni Cinquanta iniziò a creare con successo anche abiti da sera.

Tra i nomi che hanno prestato servizio a vario titolo all’interno di Hattie Carnegie troviamo Norman Norell, Travis Banton, Pauline Trigère, Jean Louis e Pauline de Rothschild.

Hattie morì nel 1956 ma il suo nome è entrato di diritto tra le stelle della moda e le creazioni del suo celebre store sono state esposte, tra gli altri, al Costume Institute del Metropolitan Museum of Art di New York.


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