Chef stellati Michelin: intervista a Fabrizio Tesse

Tra i dannati nei gironi danteschi, troviamo i golosi, i peccatori di gola, ma quanti di noi ne farebbero parte?
Tra gli artisti baciati dalla mano del Signore, troviamo un numero indefinito di “golosi“, alcuni dei quali legati a delle particolari ricette di cui non potevano fare a meno. Dalì, ad esempio, andava ghiotto per le uova fritte e i ricci di mare, che consumava sul pane tostato; si dice che il suo dessert preferito fosse la botifarra dolça, un salume catalano dall’impasto dolce con carne di maiale, cannella e zucchero.

Cézanne invece, il pittore francese noto per le sue nature morte, era amante dell’anatra alle olive, mentre Garibaldi amava i prodotti locali e semplici, come il pane e il pecorino, accompagnati da fave fresche.

Il genio italiano Leonardo Da Vinci era vegetariano e il suo piatto prediletto era il minestrone – Mens sana in corpore sano – e il grande compositore viennese Mozart, data la nazionalità, si leccava i baffi con la schnitzel viennese, servita con patate fritte e una spruzzata di limone.

Alcuni di loro avevano dei cuochi professionisti che conoscevano a memoria i loro gusti e le loro preferenze, se anche voi siete dei golosi e avete voglia di farvi coccolare, esiste un luogo, sulle sponde del Lago d’Orta, dove i vostri sensi si lasceranno cullare dai sapori e le vostre richieste verranno soddisfatte; questo luogo si chiama “Locanda di Orta“.

Una stella Michelin arrivata nel 2015 dietro la guida dello chef Fabrizio Tesse, la “Locanda di Orta” vanta una location d’eccezione in uno dei borghi più belli d’Italia.

Fabrizio Tesse, milanese di nascita, sous-chef  di Antonino Cannavacciuolo a Villa Crespi, cresce nell’entroterra ligure in mezzo alle donne della famiglia. I suoi ricordi più vivi sono legati alla cucina, dove  la nonna e le zie lo coinvolgevano facendolo giocare, dove i profumi che si sono impressi nella sua mente sono quelli “del timo, del coniglio alla ligure, quello caratterizzato dall’oliva taggiasca, una sorta di brasato cotto al vapore nelle adorate pentole in coccio”.

“Cucinavo per gioco, avevo circa 5 anni e le donne di casa dovevano badare a me; l’unico modo per tenermi buono era farmi cucinare insieme a loro. La domenica era totalmente dedicata alla cucina, i preparativi iniziavano la mattina presto, erano tutti affaccendati in qualcosa tranne gli uomini, a tavola, in attesa dei piatti. Nonostante questa scena, la mia famiglia era matriarcale”.

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insalata di mare


La tua esperienza a fianco di Antonino Cannavacciuolo ha segnato molto il tuo percorso professionale?

Lavoravo come sous-chef di Cannavacciuolo a Villa Crespi nel 2003, quando arrivò la prima stella e nel 2007 quando arrivò la seconda, ma la mia necessità di approfondire mi ha spinto fino in Spagna, in pieno fermento della cucina basca. Tutto il mondo ne parlava, mi trovavo a San Sebastian, dove erano ubicati 4 ristoranti stellati – un numero significativo; la scelta spagnola verso la cucina molecolare fu del tutto azzeccata: quando non hai grosse tradizioni culinarie, te le devi inventare!

In questo caso conta la tecnica. Ma quanto è importante nella tua cucina? 

La tecnica è importantissima quando serve a valorizzare un prodotto, non a stravolgerlo. La cucina molecolare spesso è esasperazione.
La mia cucina è legata ai codici di gusto, sapori che hai memorizzato nell’infanzia e che ti portano, quando assaggi un piatto, a distinguere il pomodoro, il limone, codici semplici. La mia è un’attività commerciale, non di intrattenimento.


I piatti che presenti sono molto spesso rimandi all’arte astratta, alla tecnica pollockiana del dripping…

Cerco di far combaciare codice di gusto ed estetica. Anche la presentazione di un piatto è importante: è come avere una donna bella ed intelligente, il massimo a cui aspirare!

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piccola composizione di frutta con cioccolato bianco e banana


Tema chilometro zero

Un limite mentale! Per quale motivo se trovo interessante un ingrediente non posso utilizzarlo?
Ad esempio in questo piatto abbiamo dello yuzu, succo di agrume giapponese, del caviale  – che arriva dalla Francia –  e dei gamberi di Mazara del Vallo. Chi sostiene il chilometro zero ha una mentalità conservatrice che non funziona più, se si guarda ad uno sviluppo.


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insalata di pasta mantecata con succo di agrume giapponese yuzu – con crudo di gamberi e caviale


Quanta importanza hanno i sapori nella tua vita? 

Il cibo è prima di tutto la mia passione. Mi ritengo molto fortunato perché come diceva Confucio “Fai ciò che ami e non lavorerai un solo giorno della tua vita”.

Ma se sono arrivato a questi risultati, lo devo anzitutto alla mia famiglia, che mi ha sempre appoggiato e mi ha permesso di studiare e viaggiare, quando ancora non ero indipendente.

Il lavoro dello chef è sì passione, ma anche sacrificio.

Nella vita privata sei un uomo che cucina? 

Mai. Appena posso riposo. Se invito degli ospiti, lascio cucinare loro, io al massimo mi butto in una pasta alle 4 del mattino.

Da cliente quali ristoranti frequenti? 

Mi relaziono con ristoranti al mio pari livello o livelli superiori – questo a scopo formativo.


La locanda di Orta oltre alla sala gourmet, dispone anche di una bistrot sul terrazzo con una bellissima vista del lago…

La terrazza bistrot è un ambiente più rilassante, sia per il cliente che per gli addetti ai lavori, è una scelta atta ad allargare la fetta di mercato, un menu dai prezzi più abbordabili, musica lounge, tendenzialmente con una clientela più giovane o frequentata da quella abituale che per una sera vuole godersi il panorama.

Esistono quindi 2 cucine distinte alla “Locanda di Orta”, quella adiacente il terrazzo bistrot e una al piano sottostante. In estate io passo la vita in ascensore !

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vista lago dal terrazzo “Locanda di Orta”


Quanto il tuo successo è merito e quanto fato?

Un insieme di questi elementi direi, è merito perché mi porto alle spalle sacrifici e anni di esperienza e poi sono convinto che più ci si crede, più la fortuna arriva.

La stella alla “Locanda di Orta” è arrivata nel 2015, qual è il prossimo obiettivo?

Rimanere su questo target, con una clientela di livello.

Cosa offri ai clienti della “Locanda di Orta”?

La possibilità di personalizzare il menu. Capita ai frequentatori fedeli, conosco i loro gusti e le loro preferenze, quindi diventa stimolante per me fargli assaggiare piatti nuovi, è un modo per confrontarsi e relazionarsi in maniera diretta. Per me rimane un grande stimolo ed è un plus apprezzatissimo.

Un consiglio che daresti a chi inizia il tuo mestiere ? 

Farlo sempre con passione perché senza quest’ingrediente è faticoso. E con spirito di sacrificio, perché arriveranno anche le delusioni e le difficoltà, ma chi ha talento va avanti, vince il buono, perché in fondo è questo il nostro mestiere: dedicarci agli altri !

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lombatina di agnello cotto al rosa nel sale grosso, abbinato a salsa di liquirizia e albicocche candite




La “Locanda di Orta” si trova in Via Olina 18 ad Orta San Giulio (NO)



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lo chef Fabrizio Tesse


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Locanda di Orta


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crème brûlée di foie gras


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Locanda di Orta


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il benvenuto: panzanella toscana con carpaccio di capesante e caviale


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Locanda di Orta


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meringa – rocher al cocco – gelatina di pere – pastafrolla con mousse al cioccolato e lampone



(foto @ Miriam De Nicolo’)

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Sempre più italiani si approcciano all’antica disciplina scegliendola come propria filosofia di vita. Per questo motivo D-Art sceglie di portarvi alla scoperta delle ultime tendenze e curiosità inerenti lo yoga.



A qualche giorno dalla conclusione dello Yoga Festival Milano 2015, edizione particolarmente significativa, trattandosi di quella decennale, si è sancito un punto sulla situazione dei praticanti della disciplina in Italia. E’ una comunità che cresce giorno dopo giorno, fatta di persone affascinate dal suo valore millenario, intente a trovare il proprio equilibrio interiore attraverso la filosofia.
Nello spazio di circa 4500 mq, presso il Superstudio di via Tortona, sono state ospitate oltre 80 scuole di yoga e vari espositori, 5 sale per le pratiche, 2 sale conferenze, un ristoro biologico e una sezione speciale per i più piccoli.
Un’occasione per scoprire tutte le novità per gli yogi, molte delle quali ancora in fase di startup.
Ed ecco che D-Art va alla ricerca delle 5 più innovative curiosità, dentro e fuori dal festival, per garantire ai propri lettori la possibilità di essere al passo con i trend anche in fatto di benessere psicofisico.


1. Approdato nel 2012 a Milano, grazie a Antonio Spera, il Bikram yoga a caldo si pratica in pochissime altre città. Presso il suo centro, che ha sede in via Spontini, si svolgono anche laboratori di hatha yoga, hot flow e workshop di aggiornamento e perfezionamento periodici. Le lezioni durano 60 e 90 minuti e si sviluppano attraverso 26 āsana, vale a dire posture, e 2 particolari esercizi di respirazione a 40 gradi. Ogni sistema del corpo umano insieme agli organi interni lavora profondamente. Di lezione in lezione si impara a concentrare la mente sulle proprie capacità di resistenza, a controllare il respiro e a acquistare consapevolezza del collegamento tra mente e corpo perfezionando forza e flessibilità. Il Bikram prende il nome dal suo ideatore Bikram Choudhury, pluripremiato campione internazionale di yoga e mentore di molte celebrities hollywoodiane, conosciuto dallo stesso Spera nel 2010. Una pratica che può essere svolta dai 9 ai 99 anni, che può ridurre i sintomi di molte malattie croniche ed è un’ottima attività di prevenzione.


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2. E’ proprio nella programmazione annuale dei workshop di Spera Bikram Yoga che si incrocia l’insegnante statunitense Benjamin Sears, ideatore di LuxYoga, uno spazio aperto a tutti gli appassionati, nel cuore della Provenza, che mixa una full immersion nella disciplina a una vacanza nel segno del luxury. Aperto nel 2007, la villa che lo ospita vede lo svolgimento di classi giornaliere e consente ai propri ospiti di essere coccolati dallo chef residente intento a preparare solo pasti con prodotti bio. Al termine di ogni classe viene offerto un drink ayurvedico da gustare prima di tuffarsi in piscina. Gli ospiti, inoltre, possono usufruire di massaggi sul patio con una splendida vista sul Mediterraneo e gustare selezionati vini rossi locali. Escursioni e lezioni di cucina non mancano per completare il confronto con gli altri yogi, provenienti da ogni parte del mondo. Un modo per incrementare la pratica, massimizzare il proprio potenziale e ricevere nozioni extra rendendo LuxYoga un’esperienza unica nel suo genere e impossibile altrove.


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3. Lusso e esclusività personalizzata anche per My Ginny, il servizio “à porter“ di ginnastica femminile a corpo libero, fortemente ispirata dallo yoga, atta a modellare la figura di ogni donna. Partendo anche dai principi della ginnastica Vedres, della danza, del pilates e della ginnastica posturale, si riescono a creare piccole coreografie mirate all’allungamento, stiramento, scioglimento degli accumuli di grasso, rassodamento e benessere della schiena e cervicale. A idearla è la poliedrica trainer Costanza Sibio che, con l’utilizzo di un tamburello scandisce il ritmo da seguire durante le lezioni che sono sempre diverse e mai annoianti. Le possibilità di svolgimento sono tante e tutte personalizzate, da sole, a casa o a lavoro, la Sibi vi raggiungerà ovunque vogliate per consentirvi di essere in forma e di rilassare lo spirito e il corpo.





4. Dal personal trainer al personal food coach, specializzato in consigli per coloro che vogliono affiancare alla pratica yoga uno stile alimentare in linea. Dopo essersi formata sulla tematica, Gioia Camillo, già food blogger e chef vegana di Bacche di Gioia, è in grado di dare suggerimenti personalizzati su come nutrirsi evitando tutto ciò che è tossico per l’organismo. In quattro settimane, tempo idoneo per sviluppare un nuovo stile di vita a tavola, attraverso chiacchierate informali e consulenza illimitata, porta i suoi assistiti alla scoperta della loro essenza e dei loro desideri, nel segno dell’armoniosità del proprio organismo.


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Sono i “ritratti della salute”, direbbero le nostre nonne, da Antonio Cannavacciuolo, Chef Patron del ristorante Hotel Villa Crespi, ora impegnatissimo in programmi televisivi dedicati alla cucina, a Carlo Cracco, chef dell’omonimo ristorante milanese, che cavalca l’onda del successo grazie al seguitissimo Master Chef Italia e parodiato da numerosi comici.

Giocosi e divertenti nelle immagini che li ritraggono insieme, ogni chef si presta poi per il singolo ritratto che forse ha un’unica pecca: la scelta del bianco e nero. Ananas, insalata, zucchine, radicchio, pomodori, caffè, privi del loro splendido colore; perché i preziosi frutti della terra, che tutto il mondo ci invidia, non hanno di buono solo il gusto, ma la bellezza e il piacere degli occhi.

E allora quel rosso El Greco del pomodoro, il giallo miele dell’ananas e della sua meravigliosa cresta verde che s’innalza tronfia, il violaceo radicchio, così trendy nelle sue sfumature dal rosso a righe bianche, e il nostro caffè napoletano con quella deliziosa schiuma color nocciola che fa “risveglio”, perché nasconderli??? Perché privarli della loro magnificenza?

E allora, cara Ellen, pitta i visi delle belle donzelle, ma prenota una tavolozza anche quando stai a tavola!