Trent’anni senza Gia Carangi

Scandalosa, tormentata e fragile, Gia Carangi ha incarnato gli eccessi del patinato mondo della moda a cavallo tra gli anni Settanta e Ottanta. La sua prepotente bellezza e la prematura scomparsa, a seguito di complicanze dovute all’AIDS, contribuirono alla creazione di un mito. Bella e dannata, colei che è considerata la prima supermodella della storia nonché icona lesbo-chic ha vissuto all’ennesima potenza, preda delle dipendenze e perennemente alla ricerca di un affetto che non trovò mai. Trasgressiva ed anticonformista, la top model ai lustrini e ai party esclusivi preferiva i sobborghi e le periferie, dove viveva a stretto contatto con i diseredati, ai quali la accomunava un’intrinseca ribellione. E in una di quelle periferie Gia venne stuprata da uno spacciatore: preda dell’eroina, che ne deturpò presto la perfezione fisica, morì a soli 26 anni.

Gia Marie Carangi nacque a Filadelfia il 29 gennaio 1960, terzogenita di Joseph Carangi e Kathleen Adams. Il padre era il gestore di una tavola calda, nato da emigrati italiani; la madre era una casalinga di origini irlandesi e gallesi. Quando Gia ha appena undici anni, la madre abbandona il tetto coniugale, stanca dei continui episodi di violenza domestica, complice anche una relazione extraconiugale che sfocerà, solo l’anno successivo, in un matrimonio.

Gia è costretta a crescere senza la figura materna: fragile ed emotivamente instabile, ben presto la giovane cade nel tunnel della droga. Timida e insicura, fin dagli anni dell’adolescenza Gia è attratta dalle altre ragazze. Scoperta dalla madre, che le chiede spiegazioni dopo aver trovato una lettera in cui una giovane rifiutava le avances della figlia, Gia inizia a sentirsi inadeguata. Per tutto il corso della sua breve vita, la ragazza andrà ricercando l’accettazione e l’affetto materno, senza mai trovarli.

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Gia Carangi è considerata la prima supermodella


Gia Carangi, Vogue, novembre 1978
Gia Carangi, Vogue, novembre 1978


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La top model in uno scatto di Helmut Newton per Vogue Paris


Quando è ancora una studentessa della Abraham Lincoln High School, Gia entra a far parte delle “ragazze di Bowie”, un gruppo di fan ossessionate dal cantante. Ma ciò che più attrae Gia è l’ambiguità sessuale di David Bowie. Quando la ragazza ha quindici anni conosce Sharon, bionda ventunenne che sarà il suo primo amore. Ma la relazione viene osteggiata dalla madre. A diciassette anni la sua vita subisce una svolta destinata a cambiare per sempre il suo destino: in un locale la bellissima Gia viene notata da un fotografo vicino alla celebre agente Wilhelmina Cooper, la quale nonappena vede il suo portfolio la vuole subito a New York. Gia chiede a Sharon di seguirla nella Grande Mela ma i rapporti tra le due diventano tesi quando la giovane si rende conto della bisessualità della sua amata. “Quando lei mi bacia, sento tutti i quattro venti che mi soffiano in faccia (….) Il mio amore per lei non cesserà mai, perché è lei a tenere i miei occhi in vita”, così Gia scrive nel suo diario a proposito di Sharon.

Arrivata a New York, la giovane ottiene subito un contratto con la Wilhelmina Agency. Intanto convive con Sharon, che sogna di diventare make up artist. Nell’ottobre 1978 arriva la svolta nella carriera di Gia, che posa senza veli per il fotografo di moda Chris von Wangenheim insieme all’assistente truccatrice Sandy Linter. La Carangi si infatua immediatamente della Linter e inizia a corteggiarla, divenendo la sua amante. In meno di un anno la naturale bellezza e l’incredibile fotogenia di Gia Carangi le permettono una rapidissima ascesa nell’Olimpo della moda. Un metro e settantré di altezza, taglia 40, seni sodi e sguardo enigmatico, la sua sensualità felina e l’allure da bad girl la rendono ricercatissima. Tutti la amano, e i fotografi ne ammirano l’incredibile naturalezza davanti all’obiettivo: Gia posa per i più grandi, da Francesco Scavullo a Richard Avedon, da Helmut Newton ad Arthur Elgort. Tra il 1979 e il 1982 ottiene svariate copertine di riviste di moda, tra cui quattro edizioni internazionali di Vogue e molteplici numeri di Cosmopolitan. Inoltre presta il volto per le campagne pubblicitarie di Armani, Christian Dior, Versace e Yves Saint Laurent. “Ho iniziato a lavorare con gente ben conosciuta nel settore, molto rapidamente. Io non volevo fare la modella. Lo sono diventata col tempo”, dichiarerà la Carangi, ripercorrendo i suoi esordi nel fashion system.



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Francesco Scavullo scriverà così di lei nel suo libro “Women” del 1982: «Non penso mai a lei come una modella, sebbene sia una delle migliori. Il fatto è che lei non si atteggia da modella; non ti da quello sguardo hot, cool o grazioso; lei spara scintille, non pose». Scavullo era legato alla modella da una profonda e sincera amicizia: «La mia prediletta – antica, giovanile, decadente, innocente, dirompente, vulnerabile, e assai più dura di spirito di quanto non sembri… un tutt’uno di sfumature e suggestioni, tipo una serie di immagini di Bertolucci. Non ho mai conosciuto nessuna così libera e spontanea, in costante cambiamento, mutevole – fotografare lei è come fotografare un flusso di coscienza». Dopo la sua morte il fotografo racconterà: «Ero solito prepararle da mangiare, assicurarmi che mangiasse. Volevo sempre renderla felice, perché lei mi dava tanto quando lavoravamo insieme. C’era un qualcosa che lei aveva – nessun’altra ragazza lo possiede. Non avevo mai incontrato una ragazza che ce l’avesse. Ed io volevo che rimanesse soddisfatta di me, e che le piacesse lavorare al mio fianco. E penso che così sia stato. Anche quando ha iniziato a saltare gli appuntamenti con tutti gli altri, con me non lo fece mai».

Gia è fragile e fa regolarmente uso di cocaina, prima di passare all’eroina. Inizia così il declino e la parabola discendente, in un limbo di autodistruzione. Alla morte di Wilhelmima Cooper, avvenuta il primo marzo 1980, Gia perde l’unico punto di riferimento rimastole. Frequenti divengono gli scatti d’ira sul lavoro, e tanti sono i set che la modella abbandona improvvisamente: ma quelli che apparentemente non sono che capricci da diva, celano in realtà una profonda sofferenza. Assidua frequentatrice dello Studio 54 e del Mudd Club, icona ribelle, Gia vive apertamente la propria omosessualità e viene ben presto inghiottita nel tunnel della propria dipendenza da sostanze stupefacenti, che ne ostacola la carriera: durante un servizio fotografico con Scavullo ai Caraibi “Piangeva, non riusciva a trovare le sue droghe. Dovetti letteralmente sdraiarla sul suo letto finché non si addormentò”, così ricorderà il fotografo. La droga lascia tracce evidenti anche sul suo splendido corpo: durante uno dei suoi ultimi servizi fotografici esterni per American Vogue, nel novembre 1980, la modella presenta vistose piaghe rosse sulle braccia, dove iniettava l’eroina. I segni rimasero ben visibili nonostante il fotoritocco.

Gia Carangi fotografata da Chris von Wangenheim per Harper's Bazaar, giugno 1978
Gia Carangi fotografata da Chris von Wangenheim per Harper’s Bazaar, giugno 1978


Gia Carangi in uno scatto di Chris von Wangenheim, 1975
Gia Carangi in uno scatto di Chris von Wangenheim, 1975


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Gia Carangi nacque a Filadelfia il 29 gennaio 1960


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La modella è morta il 18 novembre 1986 a causa di complicanze legate all’AIDS


Nel 1980 Gia lascia la Wilhelmima Models e firma un contratto per la Ford. Ma il mondo della moda, che prima la venerava, ora sembra esserle ostile. Nel febbraio 1981 Gia torna a Filadelfia per sottoporsi ad un trattamento di disintossicazione della durata di 21 giorni. Ma, venuta a sapere della morte dell’amico Chris von Wangenheim, avvenuta a seguito di un incidente stradale, ripiomba nel tunnel della droga, come riferisce Stephen Fried nella biografia della modella, intitolata “Thing of Beauty”. La sua vita sregolata la porta ad infrangere più volte la legge e nel marzo 1981 la modella viene arrestata per guida in stato di ebbrezza. Gli ingaggi nella moda si fanno sempre più sporadici ed è solo grazie a Scavullo che Gia riesce ad ottenere un nuovo contratto, con l’Elite Model Management. Intanto cresce in lei un senso di estraneità rispetto all’ambiente patinato, a cui la modella preferisce le periferie. Nel suo diario troviamo numerose tracce di questo sentimento, come quando scrive, tornata a New York dopo un viaggio di lavoro in California: “[…] qui seduta… mi sento molto diversa dagli altri esseri umani ma sto finalmente iniziando ad apprezzare davvero il mio essere diversa. Forse sto scoprendo chi sono. O forse sono solo nuovamente fatta […]”.

Sarà nuovamente Scavullo ad immortalarla nella sua ultima copertina, per il numero di aprile del 1982 di Cosmopolitan. Sean Byrnes, assistente e compagno del fotografo, disse di lei: “Quello che stava facendo a se stessa, alla fine, divenne evidente nelle sue foto. […] Ho potuto constatare il cambiamento nella sua bellezza. C’era un vuoto nei suoi occhi.”. Da allora solo pochi set per Gia, sempre più sola e disperata. Nel 1983 la modella lascia definitivamente la Grande Mela. L’anno seguente si stabilisce ad Atlantic City con Elyssa Golden, la sua nuova compagna, che morirà di AIDS nel 1994. Nel dicembre 1984 Gia accetta di sottoporsi a trattamento farmacologico all’Eagleville Hospital. Gia è giovane e forte, e riesce inizialmente il percorso di disintossicazione. Ma nella sua breve vita tanti sono gli episodi di violenza che ha subito, come uno stupro da parte di uno spacciatore. Intanto la moda è solo un ricordo sbiadito dal tempo: Gia dopo il trattamento lavora in un negozio di abbigliamento, prima di trovare un impiego come cassiera e in una mensa in una casa di cura. Più avanti, ricaduta nuovamente nel tunnel della tossicodipendenza, fa ritorno a casa della madre. Intorno a lei molti dei suoi amici ed ex colleghi muoiono a causa dell’AIDS. Gia ha paura, è consapevole di essere a rischio, dato il suo abuso di eroina per via endovenosa. Nel giugno 1986 viene ricoverata al Warminster General Hospital di Warminster, in Pennsylvania, per una polmonite bilaterale. Pochi giorni dopo arriva la diagnosi più terribile: Gia ha contratto il virus dell’HIV. Alla morte del noto make up artist Way Bandy, anch’egli vittima dell’AIDS, la modella scrive: “Il mio amico Way è morto oggi […] era uno spasso lavorarci assieme… era formidabile, se non fosse stato gay avrei tentato di sposarlo. La morte rende la vita come fosse irreale. Irreale nel senso che non ti ci puoi aggrappare”. In poche settimane le sue condizioni peggiorano irrimediabilmente: la madre Kathleen non accetta visite durante il ricovero, e anche la compagna di Gia viene esclusa.

Anima tormentata e sensibile, Gia Carangi muore ad appena 26 anni il 18 novembre 1986, alle ore 10 del mattino, a causa di complicanze associate all’AIDS. Il suo funerale si tiene in forma privata il 23 novembre, in una piccola casa di Filadelfia. Nessuno del mondo della moda è presente, e la notizia della sua morte viene resa pubblica solo alcuni mesi dopo. Gia Carangi non ha ancora oggi eredi, sebbene Cindy Crawford agli esordi della sua carriera venne soprannominata “Baby Gia”, data la grande somiglianza con la Carangi.
Tra le prime donne a morire di AIDS, la figura di Gia Carangi è entrata nel mito e tanti sono i film e i documentari che ne hanno ripercorso la breve vita: nel 1998 è uscito sul canale HBO Gia-Una donna oltre ogni limite, con Angelina Jolie nei panni della top model. Nel 1985 la modella si riconobbe nel personaggio di Cay, protagonista del film Cuori nel deserto. Un avvincente documentario sulla sua vita è The Self-Destruction of Gia del 2003.

Alcune delle interviste più famose rilasciate dalla top model:

Presentata a Roma la nuova collezione E-Lusso

Ecologia e Sostenibilità sono le parole chiave di E-Lusso: il brand ha presentato a Roma la sua prima collezione di borse e accessori: il ri-uso diviene protagonista assoluto di borse uniche, che coniugano glamour ed eco-sostenibilità. L’usato è di moda, con le bag della linea Be-Eco Centric di E-Lusso, che, attraverso l’usato di grandi maison, in primis Louis Vuitton, e l’aggiunta di pregiati pellami esotici recuperati dagli scarti di produzione, creano un prodotto dal fascino intramontabile.

Largo a borchie in cristallo, pietre preziose e applicazioni per accessori dalle suggestioni couture, che sdoganano un nuovo modo di concepire l’usato, in versione luxury: l’artigianalità Made in Italy diviene protagonista assoluta in una collezione in bilico tra classico ed esotico, tra lusso evergreen ed ardita sperimentazione. Fiori all over impreziosiscono borse, pur lasciando intatta l’identità originale dell’accessorio. Un inedito connubio di passato e presente, per oggetti dall’allure senza tempo.

Il brand E-Lusso, il cui Show Room ha sede a Monza, ha fatto del re-use la propria filosofia di vita, imponendo un’estetica fortemente contemporanea che attinge però al glorioso passato di maison storiche, come Louis Vuitton, Hermes, Prada, Fendi, Versace, Dior, Chanel, Miu Miu, Gucci e Valentino. La qualità, l’eleganza e il prestigio del lusso sostenibile creano borse usate reinventate attraverso un’ottica nuova, che coniuga fashion trend attuali a capi iconici. Non solo moda, ma anche una linea di Lifestyle, in cui accessori come orologi vengono creati attraverso gli scarti di produzione del legname: ecco che le cinture di sicurezza divengono borse, in un’innovativa operazione di recupero.

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Le borse di E-Lusso, tra glamour e riciclo


L’evento ha avuto come madrina l’attrice Hoara Borselli. Tra gli ospiti Sofia Bruscoli, Eleonora Albrecht, Antonella Salvucci e Luisa Nardelli. I saloni di Franco e Cristiano Russo, noto hairstylist della Capitale, sito in via Frattina, hanno ospitato l’evento: la location scelta per presentare la collezione di E-Lusso si è trasformata in una fucina di idee per i capelli. Cristiano Russo ha presentato infatti le nuove tendenze hairstyle per l’autunno/inverno, in bilico tra richiami hippie-chic e dettagli anni Settanta e chiome sciolte, naturali e ondulate. “Ultimo trend sono capelli sciolti al naturale e onde definite, stile hippie”, così l’hairstylist descrive i trend per la stagione invernale 2016-2017, “con la possibilità di definire il look aggiungendo coroncine di fiori, nastri e dettagli anni ’70. La prima collezione di borse personalizzate E-lusso ha come tema i fiori, per me di grande ispirazione, inoltre mi è piaciuta particolarmente la vision del brand che unisce l’ecosostenibilità al lusso”.

(Foto cover: Affaritaliani)

Bufera da Zara: trovato un topo morto cucito dentro un vestito

Scandalo in casa Zara: resasi conto dello strano odore proveniente dal vestito appena acquistato, una ragazza di Manhattan ha trovato nella cucitura del capo un topo morto. La brutta avventura è capitata lo scorso luglio a Cailey Fiesel, 24 anni: la ragazza era andata a fare shopping in un negozio Zara di Greenwich, in Connecticut, e aveva acquistato un vestito alla cifra di 40 dollari.

Due settimane dopo, indossato il capo, Cailey avvertiva un odore pungente e sentiva qualcosa proveniente dalla cucitura pungerla. Convinta si trattasse della targhetta antitaccheggio, la giovane ha tirato la cucitura e da lì la macabra scoperta: la zampa di un topo morto largo circa 6 centimetri, in avanzato stato di decomposizione, che faceva capolino dalla cucitura della scollatura.

Dopo aver documentato la scoperta con tanto di foto, la giovane ha citato in giudizio presso la Supreme Court di Manhattan la multinazionale di moda, che dal canto suo si difende, assicurando verifiche e indagini interne. A dare per primo la notizia il New York Post, seguito da diversi quotidiani americani. Dato lo choc causatole dall’accaduto, la giovane americana ha subito deciso di fare causa al colosso di abbigliamento spagnolo. I suoi legali parlano di “danni non specificati” e la giovane avrebbe manifestato una eruzione cutanea riconducibile al contatto col roditore.

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La foto che documenta la scoperta choc fatta da una ragazza americana


Zara ha rilasciato una nota in cui spiega la sua posizione in merito all’incresciosa vicenda: Zara è a conoscenza delle accuse mosse da una cliente negli Stati Uniti e sta indagando ulteriormente la questione. Il brand opera in base a severi controlli di qualità e standard di salute e sicurezza comuni in tutto il mondo che vengono seguiti in tutte le fasi della produzione, incluse la cucitura e la stiratura. Siamo impegnati a garantire che tutti i nostri prodotti soddisfano questi requisiti rigorosi”.

Beth Ditto diventa designer per una linea plus-size

Beth Ditto, frontwoman dei Gossip e icona plus-size, diventa designer: è imminente l’uscita della sua prima collezione di capi dedicati alle curvy. Beth Ditto non è alla sua prima esperienza nel fashion biz: la cantante vanta già numerose collaborazioni con stilisti del calibro di Jean Paul Gaultier, per cui disegnò una t-shirt iconica con un bustier stampato, e Marc Jacobs. Per quest’ultimo la rocker ha persino calcato la passerella improvvisandosi modella.

Beth Ditto (all’anagrafe Mary Beth Patterson) è nata in Arkansans il 19 febbraio 1981, quarta di sette figli. Nel 1999 inizia a collaborare, in qualità di frontwoman, con il gruppo indie rock Gossip. Dichiaratamente lesbica e sostenitrice della causa femminista, nel luglio 2013 la cantante è convolata a nozze. Da sempre fiera delle sue curve generose e per nulla complessata dai chili di troppo, nel 2009 è apparsa senza veli per il primo numero del magazine inglese Love. Numerosi sono stati inoltre i brand per cui ha posato come testimonial.

L’artista nel 2009 e 2010 aveva già creato per l’azienda britannica Evans una linea plus-size. Ora il debutto della sua prima collezione, interamente made in Usa: la linea è pensata per una vasta gamma di pubblico, da chi veste una taglia 50/52 a chi indossa una 62/64. Gonne, pantaloni, vestiti e maglie per enfatizzare le curve senza nascondersi. Interessante la scelta di usare anche delle stampe, da sempre evitate da chi ha qualche chilo di troppo.

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La campagna pubblicitaria della collezione firmata dalla rocker è stata scattata da Hanna Moon con la direzione creativa di Charles Jeffrey: al posto di modelle professioniste sono state scelte ragazze scovate su Instagram, per incentivare la promozione di una nuova estetica, che travalichi gli standard finora accettati e condivisi.

Apre a Milano il primo store Acne Studios

Cresce l’attesa a Milano per l’inaugurazione del primo store italiano di Acne Studios. Nel ventesimo anniversario dalla nascita del brand svedese, aprirà entro novembre il primo punto vendita italiano a Milano, in Piazza del Carmine.

Un brand particolarmente amato per la qualità dell’abbigliamento e degli accessori, Acne Studios nasce nel 1997 dalla mente di Jonny Johansson. Le collezioni, che sfilano nell’ambito della Paris Fashion Week, vedono menswear, womenswear, footwear, denim e accessori.

Futurista e avanguardistico, il brand pubblica anche un magazine biennale, Acne Paper, dedicato al mondo dell’arte, della moda, del design, della fotografia e dell’architettura. Tra i contributors più illustri che hanno partecipato al progetto spiccano Carine Roitfeld, Noam Chomsky, David Lynch, Lord Snowdon, Azzedine Alaïa, Mario Testino, Sarah Moon, Tilda Swinton e Paolo Roversi.

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Lo spazio che ospiterà lo store fino allo scorso anno ospitava Marc by Marc Jacobs. Sito nel cuore di Brera, il nuovo store, che vedrà la luce entro la fine del 2016, è solo l’ultimo tassello di un progetto di espansione retail che ha visto, nell’arco dell’anno corrente, l’apertura di ben quattro store.

Party esclusivo a Dubai per Dolce & Gabbana

Festeggiamenti in grande stile in casa Dolce & Gabbana dopo l’inaugurazione del primo flagship store del brand al Dubai Mall, il centro commerciale più grande del mondo. Il duo di stilisti ha celebrato l’evento con un party esclusivo che ha avuto sede all’Arabian Courtyard.

Mood all’italiana per la location, trasformata per l’occasione in una tipica piazza italiana, con i tavolini all’aperto, le luci al neon sopra i bar, i forni per la pizza. Dopo aver iniziato i festeggiamenti con un pranzo per ospiti selezionatissimi al Cipriani presso il Dubai International Financial Centre, dove tra le pietanze spiccavano cuori di carciofi alla romana e tiramusù fatto in casa, i due stilisti sono cimentati in una festa all’italiana che ha tenuto banco per giorni sui social networks.

Tra gli invitati al party la socialite libanese Serene Assad, la presentatrice Renee Farah e le blogger Reem e Natalya Kanj di fivefivefabulous.com (tutti rigorosamente vestiti Dolce & Gabbana, ça va sans dire. Ospite d’eccezione la fashion editor più amata da Domenico Dolce e Stefano Gabbana, Anna Dello Russo, che si è rivelata mattatrice della serata. E proprio a lei è stata dedicata l’iconica trattoria Anna, omaggio all’ultima collezione presentata dal duo di stilisti.


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La fashion editor di Vogue Japan si è presentata vestita con un capo caratterizzato dal logo raffigurante una pizza. Insieme ad alcuni danzatori vestiti da camerieri, la stylist ha anche improvvisato un balletto al tavolo. Sfarzo e opulenza hanno caratterizzato l’evento, tra incursioni kitsch e citazioni italiane. I due stilisti hanno anche preso parte ad una cena privata con clienti e ospiti tra cui l’editor-in-chief di Vogue Arabia Deena Aljuhani Abdulaziz, nella location del The One and Only Royal Mirage.

Ralph Lauren: stop al progetto Denim & Supply

Sarà stato a causa del calo registrato nel secondo trimestre, ma Ralph Lauren ha deciso di sospendere il progetto Denim & Supply. Una scelta obbligata per riportare il brand al cuore della sua attività, come dichiarato da Stefan Larsson, CEO del brand americano.

Nata per un target giovane e amante di uno stile casual, la linea Denim & Supply univa lo stile classico, da sempre caratterizzante il brand, a modelli comodi dalle suggestioni grunge. Largo a denim declinato in tutte le salse, tra dettagli wild che sembravano usciti direttamente da film come “Into the Wild” o “The lodge”.

Ma un brusco calo dei profitti (si è passati da 160 a 45 milioni di dollari, con ricavi in flessione del 7,6% a 1,82 miliardi), ha reso necessaria l’adozione di una nuova politica economica in seno al brand. Sebbene le vendite abbiano comunque battuto le aspettative del consensus Thomson Reuters, ferme a 1,81 miliardi, la redditività si è confermata in calo anche nel semestre. Urgente quindi adottare un cambio di rotta all’interno di quella che è da sempre una delle maison più amate in USA e in Europa.

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Alcuni modelli della linea Denim & Supply di Ralph Lauren


Correva l’anno 1967 quando Ralph Lauren, classe 1939, fondava il brand, col nome di Polo Ralph Lauren, ispirandosi al mondo dello sport. Il suo stile iconico raccoglie proseliti fin dagli esordi e nel 1969 lo stilista è il primo ad aprire una boutique per uomo all’interno di Bloomingdale’s, a New York. Nel 1971 la creazione della prima linea donna con il celebre logo raffigurante il giocatore di polo, da sempre emblema del brand.

La giacca biker, must have autunno/inverno 2016-2017

La giacca da motociclista è da sempre considerato uno tra i capi più iconici del guardaroba maschile e femminile. Come rinunciare all’irresistibile fascino esercitato dalla biker jacket in pelle, tra suggestioni vagamente fetish e un piglio aggressivo che conferisce ad ogni outfit una marcia in più?

Tante sono state, nel corso dei decenni, le icone che hanno sdoganato la giacca biker, rendendolo must have, dall’algida Marlene Dietrich a Madonna: l’intramontabile fashion trend ha attraversato indenne un secolo per arrivare ai nostri giorni, col suo fascino ancora intatto.

Protagonista assoluta della stagione autunno/inverno 2016-2017, la giacca biker ha invaso le passerelle, riconfermandosi come una delle tendenze più in voga di questa stagione invernale. Tanti sono i brand che hanno proposto modelli di giacche biker, da Gucci a Courrèges, che declina l’iconico capo in diversi colori, fino a Louis Vuitton.

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La giacca biker è da sempre must have del guardaroba femminile


Anna Selezneva per Vogue Paris 2012
Anna Selezneva per Vogue Paris 2012



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E chi ha sempre pensato che la biker jacket vada bene solo sui pantaloni o su outfit sportivi sarà costretto a ricredersi: anche un abito lungo può rivelarsi la scelta vincente. Largo quindi a voluminose gonne dal piglio romantico che si sposano mirabilmente al mood aggressivo della giacca da motociclista. L’interessante accostamento è stato proposto da Valentino e da Saint Laurent, che propone la giacca biker con minigonne dalle suggestioni Eighties.

Tantissimi sono i brand low cost che anche per questa stagione propongono numerosi modelli di giacche da motociclista. Da ASOS a River Island, anche chi deve accontentarsi di un budget limitato può comunque sfoggiare tanti modelli, dalla pelle al camoscio. Tra le celebrities che amano la giacca biker l’icona di stile per eccellenza Kate Moss e la splendida top model Gigi Hadid.

Kate Moss
Kate Moss


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Gigi Hadid

Gian Paolo Barbieri in mostra a Milano

Attraverso il suo obiettivo ha raccontato oltre cinquant’anni di moda e costume: ora una mostra celebra il genio di Gian Paolo Barbieri, firma tra le più illustri della fotografia italiana. “Occhio, cuore e mente: cinquant’anni di bellezza nella fotografia di moda” aprirà i battenti il 23 novembre presso la galleria 29 Arts in Progress di Milano.

Un’esposizione imperdibile per amanti della moda e della fotografia: testimone dell’evoluzione della storia del costume, dagli Swinging Sixties agli anni Novanta, autore di scatti iconici entrati di diritto sui libri di storia della moda, la lunga e prolifica carriera di Gian Paolo Barbieri inizia nel cinema e nel teatro.

Autodidatta, classe 1938, il maestro ha iniziato a lavorare nell’ambito della fotografia di moda con una collaborazione con Harper’s Bazaar e Vogue Italia, nel corso degli anni Sessanta. Tantissime le top model che hanno posato per lui, da Veruschka a Marisa Berenson, da Audrey Hepburn a Monica Bellucci. Futurista e innovativo nella scelta dei set e dei colori, celebri le sue foto per Valentino, Giorgio Armani, Gianfranco Ferré e Dolce & Gabbana. Teatrali e suggestivi i suoi set, sensuali le sue muse, in bilico tra passato e presente, per scatti sospesi in una dimensione onirica che riporta in auge un mondo patinato che pochi hanno saputo immortalare con la stessa classe del fotografo milanese. Sensuale ma rigoroso, le sue foto includono anche ritratti di popolazioni indigene, di cui Barbieri ha immortalato non solo usi e costumi ma attimi di rara poesia.


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La mostra milanese intende celebrare la grandezza di Gian Paolo Barbieri attraverso un percorso che si snoda in quaranta immagini, alcune delle quali inedite: tra polaroid e stampe vintage si passa in rassegna la carriera di uno dei fotografi di moda più famosi a livello internazionale. La mostra, curata da Nikolaos Velissiotis, rientra tra gli eventi in programma nell’ambito del Photo Vogue Festival. L’esposizione resterà aperta fino al 20 dicembre 2016.

Pellicce colorate per l’autunno/inverno 2016-2017

Tra le tendenze moda per la stagione invernale 2016-2017 non potevano mancare loro, le pellicce. Che siano ecologiche o vere, non mancano proposte adatte a soddisfare qualunque esigenza.

I fashion trend impongono una full immersion nel colore, per fur coat ricchi di pattern iconici: si va dall’animalier più classico rivisitato in chiave contemporanea a grafismi arditi mai scontati. Largo a colori vitaminici e nuance fluo per proporzioni cocoon dal grande impatto scenografico.

Non mancano i modelli più classici e più lunghi, ad esaltare le mise più sofisticate, meglio se da sera. Largo a stampe patchwork da Antonio Marras, che assembla blocchi monocolore al tradizionale maculato. Versace sceglie le linee a vestaglia, per una donna sexy e chic. Ironia e grafismi inediti da Marco de Vincenzo, che interpreta l’iconico fur coat in chiave irriverente, rendendolo perfetto anche al guardaroba delle under 30.



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Righe orizzontali e rombi da Salvatore Ferragamo, mentre Fendi coniuga il blocco monocromatico a dettagli contraddistinti da nuance vitaminiche ed iperbolici virtuosismi cromatici. Ribelle, grintosa e affascinante, la donna in pelliccia evoca suggestioni intramontabili, che si tratti di maxi fur coat o gilet. Pattern fluo illuminano la passerella di Versace mentre Mary Katrantzou punta a stampe barocche ricche di colori. Un capo evergreen che piace a tutte e che da sempre rappresenta uno dei must have incontrastati della stagione invernale.

Michelle Obama: i migliori look della First Lady

La presidenza Obama è ormai agli sgoccioli e sappiamo già che ci mancherà la simpatia e l’eleganza della First Lady Michelle Obama: spontanea, naturale, mai costruita, Michelle Obama è entrata nel cuore degli americani e non solo. Una bellezza e uno charme naturale che l’hanno eletta anche icona di stile.

E tante sono state nel corso degli ultimi otto anni le mise sfoggiate dalla First Lady: braccia toniche e fianchi sinuosi, Michelle Obama è apparsa sempre raggiante. Perfetta interprete di quell’American Style che unisce naturalezza a mise dal piglio sofisticato, la First Lady si è sempre distinta per bellezza e classe.

Colori vitaminici, proporzioni Fifties e bodycon dress ad esaltare la sua linea perfetta: questi i capisaldi del suo stile, che ha fatto tendenza. Largo a gonne a ruota e tubini, punto vita strizzato e braccia in evidenza, ad esaltare un fisico tonico come pochi. Non sono mancate in questi anni mise dalle stampe patchwork dalle nuance accese, ma anche abiti da gran soirée, degni del ruolo istituzionale ricoperto.

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Tra i brand prediletti da quella che sarà presto la ex First Lady Atelier Versace, Giambattista Valli, Narciso Rodriguez ma anche nomi come Naheem Khan, Altuzarra e Cristian Siriano: uno stile semplice il suo, senza troppi fronzoli. Ma non per questo privo di sfarzo ed opulenza: tante sono le serate di gala che l’hanno vista radiosa. Un carisma che ci mancherà.