Via alla 19° edizione dell’evento pugliese Lecce Fashion Weekend

Il 9 e il 10 giugno ritorna, alla sua 19° edizione, l’evento pugliese Lecce Fashion Weekend, organizzato dall’Agenzia Alta Voce e patrocinato dal Comune di Campi Salentina e da CNA Federmoda.


Come spiega l’organizzatrice Elisabetta Bedori, “LFW non è solo una sfilata di moda, ma è occasione di visibilità per i giovani talenti e promozione della cultura e dell’artigianato del territorio, nonché possibilità di lavoro per tante persone: più di cento quelle coinvolte in ogni edizione della rassegna. Dieci anni, quelli di LFW, spesi con passione, sacrificio ed investimenti personali che hanno portato, numeri alla mano, grosse opportunità e soddisfazioni agli stilisti”.


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Questi gli stilisti che si susseguiranno nel corso delle due giornate sulle passerelle salentine : Antonio Franco, Palma Maria Ligorio, Annarita Polito, Miriana Presicce, Sara Lolli, F&P Occhiali con la sua prima collezione moda donna Palascìa, Giulia Lezzi, Giulia Rizzo, Le Sete di Monica Papadia, l’Accademia Calcagnile, Pietro Paradiso, Antonella Resta, Fiorella Salierno, Joly Monte per Alba Rita Metrangolo e Daniela Taddeo, l’Accademia dei Volenterosi, che comprende il gruppo Le Borsedonnagiusi, Michy Hande Made Accesories, Muchimoo, Foulard Bamboo by Inn Bamboo. Presenza speciale grazie a Cristian Stenti, con una performance dedicata alle moto e alla collezione moda Ducati.


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Oltre all’assegnazione del Premio LFW19, che andrà a Maria Luisa Capasa, sarà effettuata una selezione di stilisti per un’iniziativa che li vedrà protagonisti in un evento del tutto dedicato al Made in Puglia, in occasione della prossima edizione invernale di Alta Roma Alta Moda.


Lecce Fashion Weekend è, senza ombra di dubbio, una vetrina importante per gli stilisti salentini che ogni anno s’impegnano a crescere con costanza e dedizione, e che hanno voglia di confrontarsi col panorama nazionale e internazionale.


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Intervista a Manuel Bravi: un solo soggetto e tanta ombra per lasciare libera l’immaginazione

Manuel Bravi è un artista a tutto tondo: graphic designer, fotografo e fotoritoccatore Finite le scuole superiori, si trasferisce a Venezia dove studia grafica alla Scuola Internazionale di Grafica di Venezia; un incontro con Lorenzo Vitturi stimola l’interesse per il potenziale manipolatorio e surreale della fotografia. Dopo gli studi, inizia a lavorare a Milano per brand come Armani, Versace e Ferretti, aziende come SGP, INRETE e recentemente per il museo Mudec e Regione Lombardia. 

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Manuel Bravi: graphic designer, fotografo, fotoritoccatore. Cosa preferisci fare?

Mi piacciono tutte e tre, devo essere sincero: ognuna mi consente di gestire una parte distinta di creatività e mi dà la possibilità di rendere vario il lavoro. Questo comporta anche differenti approcci coi clienti. Per esempio, il fotoritocco ha uno scambio maggiore con il fotografo che ti ha ingaggiato: devi capire cosa ha in testa, anche se non ricalca il tuo primo approccio all’immagine, così facendo forzi un nuovo punto di vista e una nuova interpretazione.

Sul tuo profilo Facebook scrivi: “dovrei essere io, ma in realtà sono sempre schiavo di qualcuno”. Ce lo puoi spiegare?

Amaramente divertente, vero? Sono un libero professionista e molti mi ripetevano quanto fossi fortunato a non aver capi diretti. In realtà, ogni mio cliente diventa un capo, perché nei mestieri dove il “gusto personale” diventa elemento di richiesta lavorativa devi spesso cedere, e oggettivamente, molte volte sono richieste fuori da ogni regola grafica.

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Nel tuo percorso, credi che abbia avuto più peso la formazione o l’esperienza?

Entrambe sono importanti. La scuola ti fornisce i cardini su cui caratterizzarti e costruire il tuo punto di vista lavorativo. L’esperienza è fondamentale perché, a differenza della teoria, le regole non esistono; devi far fronte ad ogni tipo di problema e questo ti fa crescere e imparare il mestiere.

Ti sei approcciato prima alla fotografia o al ritocco fotografico?

Sono stato folgorato dalla post produzione fotografica durante un workshop alla Scuola Grafica. Mi piaceva giocare con Photoshop anche prima di frequentare la scuola, poi realizzai le reali applicazioni lavorative nelle pubblicità e mi dedicai maggiormente a quel ramo della grafica.

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C’è uno dei progetti che adori maggiormente? Quale e perché?

L’ultimo realizzato sugli attrezzi da lavoro di mio nonno: ho pensato di tributare il suo talento nel creare oggetti con diversi materiali, attraverso gli attrezzi che ha usato per un’intera vita. Lui ha sempre costruito tutto quello che gli serviva: da oggetti decorativi a quelli per la casa, passando per macchine industriali. E’ un artista della materia. Per questo, ho tentato di realizzare dei ritratti ai suoi attrezzi sperando che potessero prender carattere attraverso le fotografie. Devo ammettere, poi, che sono particolarmente affascinato e soddisfatto quando fotografo persone che sanno esprimersi attraverso il proprio corpo, in particolar modo i ballerini classici o contemporanei.

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Quali sono i fotografi che ti hanno ispirato sinora?

Ho una venerazione maniacale verso il mio concittadino Paolo Roversi: è stato scoprendo le sue foto che ho iniziato a studiare il lightpainting e l’equazione “luce nel buio/movimenti del corpo”. Un’altra grande ispirazione per la mente rimane Storm Thorgerson e il suo mondo parallelo visionario.

Se dovessi scegliere tra Realismo o Surrealismo, come definiresti la tua fotografia?

E’ un flusso mutevole: un tempo ero molto affascinato dal mondo surreale, sperimentavo molto di più col computer ed ero più ingenuo e immaturo; oggi mi dedico più alla realtà e alle persone, anche se ho dei cardini ben precisi che tornano spesso nelle foto: un solo soggetto e tanta ombra per lasciare libera l’immaginazione.

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L’ultimo progetto pubblicato s’ispira ad alcuni costumi da coniglio. Da dove ha origine?

E’ una variazione sul tema Kinky. Premetto che sono sempre stato incuriosito da quelle persone che fanno di uno “stile di vita non comune” il loro personale modo di vivere. Mi incuriosiscono e mi interessa capire il loro mondo, sia questo più o meno bizzarro. Difficilmente ho giudizi in merito e mai censuro gli eccessi. Premesse a parte, durante un evento al quale partecipavo per fare un reportage della serata, mi imbattei in questa donna che indossava una maschera da coniglio e non se la tolse per tutta la serata. Era così affascinante, misteriosa e grottesca che non potei non andare a conoscerla e chiederle di posare per me. Mentre parlavamo, lei portava una maschera e io non riuscivo ad interpretare alcuna espressione facciale. Lei per me è Bunny: una creatura dolcissima e gentile, con molte sfaccettature, che ho voluto ritrarre in un modo più fiabesco rispetto al suo solito stile. Ho mixato il caos e la bellezza dei fiori, con la parte di Bunny più gentile e femminile.

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Hai in cantiere dei nuovi progetti da realizzare?

Ho due progetti video che vorrei realizzare, riguardano la danza: le coreografie sono già state affidate, ora bisogna mischiare gli ingredienti.

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Musica e fotografia. Se dovessi scegliere una canzone come colonna sonora per le tue foto?

Sono molto legato alla musica e direi che ogni progetto o serie fotografica porta con sè una canzone o un preciso mood musicale, ma se dovessi traslare le mie fotografie in musica mi piacerebbe che venissero accostate ad Anathema, Katatonia, Porcupine Tree, Devil Doll.

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La fotografia di Manuel Bravi è una mescolanza di fascino ed eleganza. La sua attenzione è sempre delicatamente focalizzata sul soggetto ritratto, indipendentemente che esso sia una persona o un oggetto. La sua è una fotografia che vuole raccontare storie senza forzare il soggetto,  si rivela semplicemente attraverso di esso e servendosi del litghtpainting, tanto caro a Bravi.

“Il lightpainting è affascinante perché la fisica che regola ombre e luci non esiste, la sorgente luminosa cambia continuamente punto di partenza, distorcendo le forme e la percezione di queste. Inoltre, essendo il movimento proprio dei corpi incontrollabile, il risultato è totalmente imprevedibile: le forme nascoste devono essere cercate nelle ombre con attenzione, e ciò permette di entrare in intimità con l’immagine. Il fascio luminoso ha la doppia intenzione di osservare il soggetto e  illuminare il proprio io ed esperienze”.

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Le 10 mete più belle per le vostre vacanze

L’estate è ormai alle porte e chi non rinuncia alla bellezza e alla passione per i viaggi si ritroverà ben presto a interrogarsi sulla meta da visitare e su nuovi possibili e imperdibili scenari.

1. GRECIA – METEORE

Uno dei luoghi più affascinanti della Grecia è, senza ombra di dubbio, quello che ospita le Meteore, sopra la città di Kalambaka. A Nord-Ovest della pianura della Tessaglia, su delle formazioni rocciose alte ben 400 metri, si ergono innumerevoli monasteri tra le nuvole. Si tratta di una meta insolita e onirica, l’ideale per chi sceglie di partire anche in primavera.

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2. TURCHIA – PAMUKKALE

Per chi è alla ricerca di una meta surreale, il fenomeno di Pamukkale in Turchia sarebbe una meta perfetta. Le sue calde acque termali si trovano sulle pendici di una collina completamente bianca. Il termine “Pamukkale” in turco significa letteralmente “castello di cotone“.

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3. ISLANDA – GOLDEN CIRCLE ROUTE

Per chi invece adora l’Islanda, il Golden Circle Route è l’itinerario imperdibile. Le tappe sono fondamentalmente tre: il Parco Nazionale di Pingvellir, la cascata Gullfoss e la valle Haukadalur . Per l’intero percorso, il visitatore si ritrova circondato da meravigliose cascate e affascinanti getti di geyser.

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4. SCOZIA – ISOLA DI SKYE 

Per chi è alla ricerca di uno spettacolo naturale analogo, ma in Scozia, sull’isola di Skye vi sono le rinomate Fairy Pools: cascate di acqua fredda e cristallina alle pendici dei monti Cuillins. Uno spettacolo veramente unico.

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5. AUSTRALIA – ULURU

Un altra imperdibile meta è l’Australia con il suo celebre massiccio Uluru . Il suo colore rosso è dovuto all’ossidazione del ferro contenuto all’interno, che genera ruggine risultando cangiante in base ai vari momenti della giornata. La cima del massiccio è facilmente raggiungibile in pullman, offrendo un panorama mozzafiato.

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6. CANADA – MORAIN LAKE

Per coloro che sono sempre alla ricerca di nuove escursioni, il Morain Lake è un lago pittoresco situato in Canada. Si estende per mezzo chilometro quadrato ed è circondato da innumerevoli sentieri che consentono di camminare e rilassarsi, ammirando la bellezza della natura e i suoi colori.

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7. PERU’ – MACHU PICCHU

In alternativa a Morain Lake, gli amanti delle escursioni potrebbero anche visitare lo straordinario Machu Picchu. Dai termini quechua machu – che significa “vecchio” – e pikchu, traducibile con “cima” o “montagna”, è un sito archeologico Inca situato in Perù, nella valle dell’Urubamba. Fa parte dei Patrimoni dell’umanità stilati dall’UNESCO ed è stato eletto nel 2007 come una delle Sette meraviglie del mondo moderno.

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8. CINA – VALLE DEI NOVE VILLAGGI

In Cina, la Valle dei Nove Villaggi è un’incantevole riserva naturale nella provincia di Sichuan. Attualmente fa parte del patrimonio dell’UNESCO con le sue affascinanti montagne carsiche e coi ghiacciai dotati di acqua limpida grazie alla presenza di carbonato di calcio.

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9. GIAPPONE –  SANTUARIO FUSHIMI INARI-TAISHA

In Asia, precisamente in Giappone, il Santuario Fushimi Inari-Taisha. Luogo di culto shintoista , il Santuario contiene migliaia di Torii, portali di accesso ai templi giapponesi di colore rosso.

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10. ARIZONA – ANTELOPE CANYON

In Arizona, l’Antelope Canyon coi suoi colori brillantissimi arancione e viola con le pareti intagliate dal vento e dall’acqua lo rendono uno spettacolo unico, fra i più suggestivi dei parchi USA. Per accedere all’Antelope Canyon è necessario prenotare la visita, direttamente in loco, nella cittadina di Page o tramite Internet prima della partenza.

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Nuovo trailer per Kubrick in occasione del 50° anniversario di 2001: Odissea Nello Spazio

Sullo schermo dell’ Uptown Theatre di Washington D.C., 50 anni fa veniva proiettato quello che sarebbe stato uno dei film più rinomati del grande Stanley Kubrick. Era il 2 aprile 1968 e 2001: Odissea Nello Spazio non fu particolarmente apprezzato dal pubblico e da alcuni dei critici più di spicco di quei tempi.


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Dopo tre mesi di assoluto isolamento, Kubrick ha presentato al grande schermo un progetto visionario destinato a influenzare e segnare profondamente la storia del cinema, appropriandosi della fantascienza e servendosi di innumerevoli effetti sonori e visivi.  Il regista ha commentato il suo lavoro con queste parole: “Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico e allegorico del film. Io ho cercato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell‘inconscio“.


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Oggigiorno, può essere interpretato come una riflessione esistenziale alla luce degli eventi che caratterizzarono profondamente il ‘68. Woody Allen ne rimase sconvolto in positivo: “La prima volta al cinema, ne restai deluso. L’ho rivisto tre o quattro mesi dopo e mi è piaciuto. Qualche anno più tardi ho pensato: sensazionale! Una delle poche volte nella vita in cui ho capito che l’artista è molto più avanti di me.”


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In occasione del Festival di Cannes 2018, il 12 maggio il capolavoro di Kubrick verrà proiettato in una versione completamente restaurata in forma analogica e in 70mm a cura del grande estimatore di Stanley, Christopher Nolan. La signora Kubrick, ha detto: “Sono lieta che 2001: Odissea nello spazio sia ridistribuito in 70mm e che Cannes abbia scelto di rendergli omaggio. Se Stanley fosse vivo oggi, ammirerebbe i lavori di Christopher Nolan. Quindi, da parte della famiglia di Stanley, ringrazio personalmente Christopher per il supporto al film”


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La provocazione dei “pantaloni vagina” firmati Duran Lantink

Janelle Monáe ha spiazzato tutti indossando nell’ultimo videoclip Pynk(features Grimes) dei bizzarri pantaloni rosa a forma di vagina in seta e tulle, destinati ad entrare nella storia di moda. Janelle appare con una schiera di ballerine al suo fianco, in una location western dai colori sabbia e rosa.


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Il videoclip, girato da Emma Westenberg, è colmo di allusioni e simboli femministi ed è una vera celebrazione del “pussy power“. Di uomini non ce n’è nemmeno l’ombra. Già in occasione dei Grammys 2018 , la cantante-femminista aveva affermato: «Sono orgogliosa di manifestare la mia solidarietà, non solo come artista ma anche come giovane donna, alle mie sorelle che in questa stanza lavorano nell’industria della musica: cantanti, autrici, segretarie, uffici stampa, amministratori delegati, produttori, ingegneri e donne di ogni settore del business. Siamo anche figlie, sorelle, mogli ed esseri umani. Veniamo in pace, ma sappiamo che cosa sono gli affari. E a quelli che osassero silenziare le nostre voci noi offriamo due parole: Time’s up».


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Nel 2018 si può davvero ancora parlare di femminismo? Sarebbe più corretto parlare di post-femminismo? Nonostante siano passati alcuni anni dalla pubblicazione dei Monologhi della Vagina a cura di Eve Ensler, le donne continuano a battersi per la propria libertà sessuale e a rivendicarla, anche in maniera originale e insolita. In ogni caso, la provocazione di Janelle è stata recepita in maniera altamente positiva dal pubblico e dai social, dove i suoi pussypants stanno circolando con entusiasmo. Tuttavia, in Italia, risulta ancora improbabile e scandaloso vedere allusioni apertamente sessuali in un videoclip tutto al femminile.


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Prada Spirit: la nuova frontiera dello shopping alternative

Prada Spirit è il nome del nuovo e originale progetto retail lanciato da Miuccia Prada e Patrizio Bertelli a Macau, presso  lo store cinese Galaxy Mall. Da oggi in poi, è infatti possibile acquistare dei capi firmati Prada in tutto relax, in un comodo angolo appositamente ricostruito come un Bar-Caffé e ideato per la socializzazione dei clienti.


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Come un vero e proprio bar tradizionale, è fornito di menu tramite il quale il cliente può ordinare ed acquistare il prodotto desiderato in un’atmosfera rilassata e lussuosa. Il bancone centrale è rivestito completamente da una teca trasparente ed è circondato da alti sgabelli rossi. Il fondale, invece, consiste in una parete-chandelier, con delle lame in perspex sfaccettato.


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Il centro Galaxy Mall aveva  d’altronde già ospitato un altro progetto di Prada intitolato Silver Line dove era possibile acquistare accessori da viaggio per donna, direttamente all’interno di una porzione di treno. Il nuovo progetto Prada Spirit, in occasione del Capodanno Cinese, farà ben presto tappa in altre importanti città: Pechino, Shanghai, Hong Kong, Taipei, Singapore, Seoul, Vancouver e Costa Mesa.


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La collezione di lingerie firmata Dita Von Teese approda finalmente in Italia

Dita Von Teese, la modella statunitense già nota per aver sdoganato lo spettacolo burlesque negli anni duemila, ha pensato bene di disegnare una propria collezione di lingerie dal look sensuale e raffinato.

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La collezione è già disponibile a Roma presso il negozio ZouZou, unico punto vendita italiano che propone questo straordinario marchio di lusso.  (https://www.zouzoustore.com/shop/it/blog/dita-von-teese-b56.html)

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Dita si è sempre contraddistinta per la sua innata passione per il vintage e per la straordinaria capacità di esibirsi con assoluta classe, senza mai risultare volgare. Anche la sua collezione di lingerie conserva ovviamente il gusto retrò e ricercato degli anni ’40 e spazia elegantemente dal nero ai colori per soddisfare al meglio le esigenze delle acquirenti.

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Comodo e sofisticato, l’intimo disegnato da Dita Von Teese è seduttivo e femminile. Attraverso la combinazione di pizzo e raso è un’esplosione di glamour autentico in grado di regalare charme e personalità da diva. A differenza della lingerie firmata Victoria’s Secret, quella della Von Teese rappresenta, senza ombra di dubbio, un vero esempio di intimo di lusso dotato di un buon compromesso qualità-prezzo da non farsi assolutamente scappare.

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La fotografia di Maria Svarbova: il silenzio degli spazi umani

Maria Svarbova nasce nel 1988 e, attualmente, vive a Bratislava, in Slovacchia. Nonostante i suoi studi in restauro e archeologia, il suo mezzo espressivo artistico preferito è da sempre la fotografia.


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Dall’anno 2010 l’immediatezza dell’istinto fotografico di Maria continua a guadagnarsi una grande acclamazione a livello internazionale e ottenendo una rilevanza non indifferente nell’ambito della fotografia contemporanea. Oltre le innumerevoli pubblicazioni in tutto il mondo, il suo lavoro è largamente diffuso tramite gli attuali social media.


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Le sue immagini più note sono quelle al sapore di cloro, raffiguranti piscine e persone dalle sembianze molto simili a dei manichini. I colori, le pose congelate in un attimo e il sincronismo del movimento dei corpi contribuiscono a generare un’atmosfera atemporale e surreale dove domina il blu degli spazi e dell’acqua.


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Anche quando i corpi si presentano in un contesto di gruppo, i soggetti sembrano subire gli effetti di un’alienazione: indifferenti gli uni agli altri, quasi privi di qualsiasi emozione, compiono dei gesti più per abitudine che per una reale volontà o consapevolezza. Tra i progetti aventi come protagonista l’acqua, si contraddistinguono “SWIMM“, “No Diving“, “SWIMMING trynity“, “Hedda Gabler“, “SNOW POOL“.


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Maria Svarbova prende spesso ispirazione dagli spazi pubblici e da azioni quotidiane per dare sfogo a tutta la sua incredibile creatività dai toni pastello. Il risultato ottenuto converge in una piacevole sensazione di solenne silenzio, in un’era moderna in cui, oramai, siamo tristemente abituati alla frenesia e al rumore.


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L’attesa al dottore, una camminata mano nella mano, le poltrone rosse di un cinema diventano il semplice pretesto per indagare gli spazi umani con cui ogni persona si confronta quasi inconsapevolmente nel corso della propria quotidianità. L’associazione di contesti, personaggi e colori contribuisce a far insorgere nell’osservatore stupore e curiosità , in un’era in cui tutto è dato per scontato e in una società dove i “perché” scarseggiano inesorabilmente.


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http://www.mariasvarbova.com/

Intervista a Marta Bevacqua: dai primi passi ai nuovi progetti

Marta Bevacqua è una fotografa ormai ben affermata nel panorama fotografico e artistico internazionale. Originaria di Roma, attualmente vive a Parigi: una scelta coraggiosa per una fotografa che, dalle sue parole ma anche dalle sue immagini, appare come una donna tenace ed estremamente curiosa.


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Qual è stato il suo primo approccio alla fotografia? Ci racconta un aneddoto?


Cercavo una fotografia o un disegno per il mio personaggio su un gioco di ruolo fantasy online. Avevo 17 anni ed ero patita per questo tipo di giochi e tutto ciò che riguardasse il fantasy. Così passai molto tempo a navigare su siti come DeviantArt, Flickr e altri. Una volta trovata l’immagine che cercavo, ho semplicemente continuato a spulciare altre immagini, ogni giorno, solo per il gusto di osservare belle fotografie. Da lì il passo è stato breve, mi sono detta che avrei potuto provarci anche io. Ho preso una vecchia macchina compatta (e rotta) in casa, ho scattato le prime foto e da lì non ho mai più smesso.


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Ci sono dei fotografi che hanno segnato particolarmente il suo cammino artistico?


Ci sono senz’altro molti fotografi a cui mi sono ispirata nel tempo (e tuttora), e altri ancora che ho scoperto da poco. Non si smette mai di imparare dagli altri e di ispirarsi ad altri artisti. Posso però dire che c’è stato un fotografo di Roma che mi ha veramente aiutato a muovere i primi passi. A livello fotografico siamo in due mondi opposti, ma mi ha insegnato tanto per tutto ciò che è la fotografia in generale. Si tratta di Daniele Fiore, e potrebbe essere considerato in qualche modo il mio “mentore”. Altrimenti c’è un fotografo che mi ha colpito dal primo momento, e che ha condizionato anche le mie scelte (come quella di spostarmi a Parigi), Paolo Roversi. Non l’ho mai conosciuto (ammetto di aver provato appena arrivata in Francia, ma senza successo), ma, seppur indirettamente, mi ha insegnato comunque molto, semplicemente osservando le sue opere.


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C’è qualche cineasta che adora particolarmente?


Ce ne sono molti e ammetto che non ho mai seguito più di tanto i cineasti, nonostante mi piaccia molto andare al cinema e guardare film (di quasi tutti i tipi). Sicuramente Guillermo del Toro è uno dei miei preferiti.


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Come riesce a conciliare al meglio la libertà creativa con le commissioni commerciali?


Spesso è molto difficile e alcune volte impossibile. Diciamo che ho imparato a separare le due cose, quando sono inconciliabili. Nessuno fa sempre ciò che ama, pur amando il proprio lavoro. Sicuramente è importante riuscire a imporre la propria creatività seguendo però i bisogni del cliente. E’ un processo lungo ed è fondamentale farlo durante la preparazione prima dello shooting fotografico. La riuscita dipende da molte cose, in primis il cliente e il lavoro commissionato. Anche se alcune volte scatto delle fotografie che sento non mi rappresentino al meglio, riesco a sfogare la mie creatività nei molti progetti personali su cui lavoro costantemente. Arrivare a lavorare per grandi clienti mantenendo intatto il proprio stile. Beh, diciamo che è lo scopo della mia carriera e spero di arrivarci un giorno.


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Le è mai successo di non riconoscersi in una delle sue foto o in un progetto?


Purtroppo . E’ capitato per qualche lavoro commissionato ma anche in alcuni progetti personali. Alcune volte ho un bisogno estremo di sperimentare, e mi capita di allontanarmi un po’ troppo da me stessa. Allo stesso tempo, però, mi è molto utile per ritrovarmi e per imparare ed evolvermi.


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Le donne da lei ritratte sono sempre molto giovani. Quale aspetto femminile adora cogliere nelle sue donne?


La particolarità, la gestualità e la possibile stranezza che può esserci nelle espressioni.


Come si pone di fronte l’errore?


Non mi abbatto, cerco di capirlo e farlo mio. Imparo.


C’è qualcosa che preferirebbe non fotografare mai?


Forse automobili.


C’è qualcosa che, invece, adorerebbe fotografare?


Gli animali.


Ha in cantiere qualche progetto in particolare?


Ho appena fatto un viaggio e ho provato a scattare alcune fotografie di paesaggio, in pellicola e digitale. Mi sta venendo voglia di sperimentare in questo senso, cogliere altro oltre le espressioni e le gestualità. O forse, chissà, mettere tutto insieme.


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La fotografia di Marta Bevacqua è un mosaico di gestualità ed espressioni. Le sue donne non risultano mai artefatte o dalle espressioni forzate. La sua creatività e l’incessante voglia di sperimentare l’hanno resa un punto di riferimento per i giovani fotografi italiani e non.


https://www.martabevacquaphotography.com/

Intervista a Gian Paolo Barbieri: la fotografia è una profonda testimonianza della condizione umana

Gian Paolo Barbieri nasce nel centro di Milano, da una famiglia di grossisti di tessuti dove, proprio nel grande magazzino del padre, acquisisce le prime competenze inerenti la fotografia di moda. Muove subito i primi passi nell’ambito teatrale diventando attore, operatore e costumista; in seguito, gli viene affidata una piccola parte non parlata in ”Medea” di Luchino Visconti. Ed è proprio il cinema noir americano ad incuriosirlo sulla gestione della luce e il senso di movimento, che rende gli attori e i personaggi ancora più affascinanti e dotati d’immensa autorità. A Parigi, inoltre, assiste il celebre fotografo di Harper’s Bazaar, Tom Kublin. Le campagne commerciali di Barbieri contribuiscono a definire la moda degli anni ’80 e ’90 dei marchi più famosi: Yves Saint Laurent, Chanel, Givenchy e Vivienne Westwood, Gianni Versace, Valentino, Giorgio Armani, Gianfranco Ferré.

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I suoi ritratti si differenziano per una naturale e straordinaria eleganza. Cos’è, per lei, l’eleganza?

L’eleganza si può paragonare alla bellezza. L’eleganza è cultura. I greci dicevano: “Dove nasce la bellezza nasce la cultura”. L’iconografia della bellezza si fonde sulla visione radicale della libertà. La libertà come la bellezza, non si concede, si prende. Come diceva A. Camus, “La nostra epoca ha nutrito la propria disperazione nella bruttezza e nelle convulsioni”. Noi abbiamo esiliato la bellezza; i greci hanno preso le armi per essa.

Tra le donne che ha ritratto vi è anche la raffinata Audrey Hepburn. Cosa ricorda di lei?

Era il 1969 quando ho fotografato Audrey Hepburn. Eravamo a Roma nello studio di Valentino per Vogue Italia. Lei era molto gioiosa, mi disse che si era appena sposata con il Dott. Andrea Dotti. E’ arrivata con delle pantofole perché così, mi disse, non avrebbe sporcato il fondale bianco. Mi ricorderò sempre della sua estrema eleganza, quell’arte che nasceva dai suoi studi di danza, prima di approdare nel teatro e nel cinema.

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Le sue immagini spiccano per un grande rigore formale. Come si pone rispetto all’errore?

Da ogni errore vedo un’opportunità, infatti, molte delle mie fotografie più belle nascono dai miei stessi errori.

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Come nasce il suo interesse per la fotografia?

Attratto dal cinema e dal teatro sono andato a Roma. Per pagarmi la pensione, facevo i test ai ragazzi di Cinecittà con la mia prima macchinetta fotografica, poi sviluppavo la pellicola. Nella pensione mi davano il permesso di usare il bagno di notte, dove stampavo le mie foto e al mattino seguente le consegnavo dopo averle posizionate sotto il letto per farle asciugare. Poi un conoscente di mio padre, Gustave Zumsteg, nonché proprietario dell’azienda Abraham di tessuti di Zurigo, mi chiese di fargli vedere le mie fotografie, anche se erano totalmente amatoriali, gliele ho fatto vedere e mi disse: “Tu hai una sensibilità pazzesca e sei tagliato per fare la moda”. Io sono rimasto allibito, non sapendo nemmeno cosa fosse la moda. Dal momento che in Italia non esisteva ancora, le riviste compravano dei servizi fotografici già pronti, confezionati dalla Francia. Da lì, andai a Parigi per lavorare con Tom Kublin: un’esperienza che segnò decisamente l’inizio della mia carriera come fotografo.

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Qual è l’aspetto a cui presta più attenzione mentre ritrae in particolare una donna?

Una donna deve essere estremamente femminile, non importa se presenta dei difetti poiché il più delle volte aiutano la fotogenia. Deve attrarre e sedurre chi osserva l’immagine. Lo sguardo è molto importante per me.

Creatività e fotografia di moda. Come si conciliano nei suoi lavori?

Tutte le arti influiscono sulla creatività fotografica. Una buona conoscenza della pittura, scultura ma anche cinema e letteratura, aiutano sicuramente il fotografo a conciliare la moda con la creatività. Per me non esiste la fotografia senza la propria capacità di invenzione. Molti pittori hanno influenzato la mia creatività unendola al mondo della moda come Gauguin, Michelangelo, Hockney, Holbein, Bacon e Rothko.

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L’avvento dei social quanto ha influenzato la fotografia di moda?

Completamente. La fotografia di moda, intesa come lo era qualche anno fa, non esiste più in seguito all’avvento dei social. Con essi, infatti, si è persa quella poesia che c’era nell’utilizzare il negativo. E’ cambiato anche lo stile, non essendoci più la moda come era concepita una volta, ossia con dei temi ben precisi che la fotografia rispecchiava. Con i social oggi, ognuno fa quello che gli pare; non viene più rappresentato uno stile, un’eleganza o un modo di essere.

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Se dovesse associare una parola alla sua fotografia, quale sceglierebbe?

Metafore della visione.

Fotograficamente parlando, si reputa soddisfatto di ciò che ha ottenuto finora?

Mi reputo abbastanza fortunato perché la fotografia è una profonda testimonianza della condizione umana. Fotografare è guardare in faccia la vita e fare della propria esistenza un’opera d’arte, come citava D’Annunzio.

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Ci può accennare i suoi prossimi rendez-vous fotografici?

Sto lavorando su un nuovo progetto fotografico ispirato al poeta inglese Shakespeare, proprio in occasione della celebrazione dei 400 anni dalla sua morte. Prendo infatti ispirazione dalle più famose tragedie e dai sonetti del drammaturgo britannico, per poi trascriverle attraverso il mio occhio.
Inoltre, da quest’anno, è stata costituita la Fondazione Gian Paolo Barbieri; si tratta di un’istituzione culturale no-profit che promuove l’arte, la fotografia e ogni forma di espressione culturale nelle sue diverse realizzazioni attraverso workshop, collaborazioni con istituzioni e attività formative. (www.fondazionegianpaolobarbieri.it).

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Gian Paolo Barbieri, tramite la sua sapiente fotografia, la collaborazione a riviste di grande importanza come Vogue America, Vogue Paris e Vogue Germania e grazie ai suoi eccellenti contributi a Vogue Italia con le campagne pubblicitarie dei marchi più noti, ha rinnovato profondamente la fotografia di moda italiana. Il senso di equilibrio, proporzione ed estrema armonia di derivazione classicistica sono il punto di forza del suo linguaggio personale e il riflesso di uno spirito di ricerca artistica, dovuto ad un’incessante curiosità. La sua Fondazione, costituita nel 2016 dallo stesso artista, è un’istituzione culturale che opera nel settore delle arti visive e che persegue finalità di promozione della figura artistica del Fondatore, delle sue opere fotografiche, dell’attività artistico-creativa nonché, più in generale, di promozione della fotografia storica e contemporanea.

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Intervista a Massimiliano Pugliese – fotografia cinematografica

Massimiliano Pugliese è nato a Roma nel 1970. Da anni, accanto al suo lavoro presso un ente pubblico, affianca l’attività fotografica sviluppando e realizzando progetti personali attraverso un linguaggio intimo. Grazie al suo stile fortemente autoriale, si è contraddistinto in occasione di vari concorsi fotografici. Nel 2015, il suo lavoro “Getting Lost Is Wonderful” è divenutoto una magnifica pubblicazione di Fugazine, una piccola etichetta indipendente di produzioni fotografiche.

Come nasce la sua passione per la fotografia? 

20 anni fa seguendo un po’ di amici appassionati. Capii subito, però, che tra noi c’erano alcune differenze sostanziali: loro erano più appassionati al mezzo in quanto conoscevano le macchine e gli obbiettivi migliori, io ero interessato solo al risultato. Di fronte ad una rivista di fotografia, loro leggevano i test di qualità, mentre io tendevo a guardarne le foto. Ancora oggi, quando qualcuno mi chiede un parere su una macchina fotografica, non riesco mai ad essere d’aiuto; la tecnologia mi interessa solo nel momento in cui la mia macchina diventa obsoleta e sono costretto a cambiarla.

Molte delle sue immagini sembrano ispirarsi al cinema. Ci sono dei film, in particolare, che hanno ispirato alcuni dei suoi progetti?

Assolutamente sì, il cinema è una grande fonte di ispirazione. Mi affascina il lavoro di registi quali Lynch e Tarkovskij tra i classici, Refn e Park Chan Wook tra i contemporanei. Se dovessi però scegliere un film direi “Lasciami entrare” del regista svedese Tomas Alfredson. Dopo averlo visto ho capito quanto per me fosse necessario lavorare su quelle che sono le mie “ossessioni”. Mi innamorai di alcune sequenze notturne del film, non riuscivo a togliermele dalla testa; allora cercai di capire dove il regista le avesse girate. Era il quartiere Blackeberg di Stoccolma. Sono stato lì varie volte ed anche a febbraio di quest’anno: è stata la mia decima volta. Da tutti questi viaggi ne è uscito solo un lavoro, ormai abbastanza vecchiotto (2011), che ho chiamato “Let the right one in”, come il titolo in inglese del film. E’ un lavoro in bianco e nero analogico, lontano dal mio stile attuale nella forma ma non nelle atmosfere. Nel mio penultimo lavoro “Getting lost is wonderful”, pubblicato come terzo numero di Fugazine, un’etichetta indipendente di produzioni fotografiche, la serie di foto è intervallata da quattro citazioni prese da film che mi hanno ispirato. Insomma sì, in un modo o nell’altro, il cinema è sempre presente.

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Ci sono dei fotografi che hanno influito particolarmente sulla sua formazione?

Sulla mia formazione non so, ma ce ne sono molti di cui sono stato e sono un grande fan. Ovviamente all’inizio i fotografi più classici e famosi, soprattutto quelli della Magnum, poi nel corso degli anni ho trovato quelli più vicini alle mie corde. Ne elenco qualcuno, ma ce ne sarebbero centinaia: Gregory Crewdson, Todd Hido, Bill Henson. Ho adorato i nudi di Mona Kuhn, i ritratti di Laura Pannack, la follia di Roger Ballen, le atmosfere di Katrin Koenning.

Le sue immagini variano dai toni più scuri a quelli più tenui. In entrambi i casi, i colori
sono funzionali all’atmosfera che desidera catturare. Qual è l’elemento a cui presta
maggiore attenzione mentre fotografa?



E’ una domanda difficile. Direi che le mie foto più che variare sono o molto scure o molto chiare, più spesso scure. Per molti, questo è dovuto al mio carattere un po’ tenebroso e crepuscolare. Io vorrei che nelle mie foto ci fosse sempre qualcosa di indefinito, un qualcosa che costringa le persone a soffermarsi un po’ di più mentre le guardano.

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Quanto conta la tecnica nella sua personale fotografia?

Vorrei contasse di più. Mi spiego meglio: ho studiato fotografia all’Istituto Superiore di fotografia di Roma, ma a quel tempo (ormai quasi 15 anni fa) ero più interessato al reportage ed ho forse trascurato cose che allora mi interessavano meno, come l’utilizzo dei flash e del banco ottico. Ora vorrei avere maggiori capacità nella gestione delle luci, perché sono più consapevole di quanto siano importanti in questo lavoro.


Come si approccia, in genere, per l’elaborazione di un progetto?

Come ho già detto i lavori che realizzo nascono dalle mie ossessioni. Quando penso e ripenso ad una cosa, capisco che è il momento di lavorarci sopra. All’inizio lavoravo sui luoghi, ad esempio le spiagge dello sbarco in Normandia, Stoccolma, una spiaggia di surfisti vicino Roma. Nel corso del tempo, sono diventato meno descrittivo e più astratto. Io mi definivo addirittura anti-narrativo, anche se recentemente, parlando con un curatore, mi è stato detto che le mie foto sono tutto fuorché non narrative. Di questa cosa, comunque, me ne curo poco soprattutto perché non sarei capace di fare una fotografia diversa: non sarei sincero con me stesso e con chi guarda.

Swedish Landscape

Crede di aver trovato il suo linguaggio personale o di esserne ancora lontano?

Peccherò un po’ di presunzione, ma credo di sì. Anzi, è una delle mie poche sicurezze. Di questo trovo conferma negli altri, spesso mi viene detto che le mie fotografie sono sempre riconoscibili. E’ il più grande complimento che mi si possa fare.

Come si pone verso l’errore?

Spesso il mio problema sta a monte dell’errore: essendo conscio di alcune carenze tecniche, a volte preferisco non scattare. Questo mi succede soprattutto nei ritratti, dove sento di dover comunque dimostrare qualcosa al soggetto fotografato. Quindi, in linea di massima, preferisco fotografare persone che conosco bene, tant’è che i soggetti delle mie foto sono quasi tutti amici che “schiavizzo” regolarmente.

Let the right one in

Dove si dirige attualmente la sua fotografia?

Spero continui nel solco di quello che ho fatto negli ultimi anni. Ogni tanto penso che dovrei cimentarmi in qualcosa di più facile comprensione, una storia più classica e dai contorni più definiti; ma come ho detto, voglio cercare di fare una fotografia più sincera possibile specialmente perché, ultimamente, di fotografia non sincera, nei testi e nelle motivazioni, ne vedo parecchia.

Cosa vorrebbe, invece, non fotografare?

Senza dubbio i matrimoni. Troppo stress!

Getting lost is wonderful 2

Le immagini di Massimiliano Pugliese, sfruttando la gamma dei toni più scuri fino a quelli più tenui, catturano delicatamente l’atmosfera dei soggetti ritratti. Il silenzio è assordante e gli osservatori lo possono ben percepire a partire da pochi elementi: le onde increspate del mare, i tronchi quasi allineati di un bosco, la vegetazione folta e solitaria in assenza di fauna. I soggetti umani sono spesso e volentieri assenti, e quando compaiono, sono ritratti di sfuggita, vaghi, e avvolti dalla bellezza della natura circostante. Lo sguardo del fotografo non è mai invadente, ma quasi impercettibile, nel pieno rispetto dei pensieri e delle loro storie personali.

http://www.massimilianopugliese.com/