“Tarì rural design” – le borse della tradizione siciliana

Dalle atmosfere agresti di una Sicilia color giallo paglia e dai campi imperlati di sole nascono ispirazioni imprenditoriali portate avanti da giovani che intendono raccontare lo stile italiano, ritornando alle radici culturali. Un mix geografico e culturale che riflette la società in cui nasce e la modifica in un’eleganza anarchica che sfida le convenzioni borghesi.

La nuova collezione di borse Tarì rural design ( www.tarifashion.it ) celebra così l’ingegnosa operosità del valore artigiano in un progetto più ampio di rilancio della cultura locale. Valori tradizionali e territoriali informano la nuova mission del fondatore del Brand: Ezio Lauricella, selezionato nel 2014 tra i manager under 35 più promettenti d’Italia, candidato al“Wired Audi Innovation Award 2014”, il prestigioso riconoscimento edito dalla automobilistica tedesca Audi insieme alla rivista statunitense Wired, da sempre sensibili ai valori dell’innovazione e attenti alla promozione delle eccellenze internazionali.

Il trentenne agrigentino, già noto per le sue visioni imprenditoriali riconosciute in Italia e all’estero, non solo ha l’obiettivo di produrre le collezioni Tarì nella sua terra di origine, ma intende ripristinare con essa quel legame ancestrale, fortificato durante l’infanzia trascorsa all’aria aperta, nel vivido ricordo di avi che seminavano campi.

Principessa sicilia
Principessa Sicilia


L’amore per il territorio ha portato il giovane ad intessere uno stretto dialogo con alcune aziende agricole siciliane che hanno ricevuto in dono varie forniture di sacchi di canapa per la raccolta delle olive. Una sensibilità verso i cicli naturali della Sicilia contadina che si è trasformata presto in una vocazione al local fashion: i lavoratori a fine raccolto hanno ridato all’imprenditore i sacchi, utilizzati poi come materiali per la realizzazione della nuova collezione Tarì.

Vucciria Dettagli
Vucciria Dettagli


Raccolto
Raccolto


Tarì rural design storce il naso al “fast fashion” e diventa il simbolo della morigeratezza propositiva. Tale valore culturale del prodotto ha dato il via al contempo ad un sistema green di ri-utilizzo di materiali e al piano di marketing improntato sulla valorizzazione di elementi glocal. Impreziositi dalla manifattura, nella esuberanza di disegni e colori, le corde, il cuoio e le pelli utilizzati nel passato da butteri e mulattieri sono adesso capaci di raccontare uno stile unitario e specifico, impregnato anche del fascino di contaminazioni con il wax print, “tessuto africano” dalle tinte variopinte. La Sicilia tradizionale allora diventa occasione di incontro tra l’Occidente e quel Continente nero. Un viaggio lungo quel ponte di contatto tra due terre che si guardano specularmente e che vogliono ancora scommettere sulle proprie capacità.

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Simbolo di tradizione artigianale e icona dell’handmade italiano, Tarì rappresenta dettagli immancabili di uno stile ricercato e distintivo. “Un linguaggio – dichiara Ezio Lauricella – che si sostituisce alla comunicazione verbale, scrigno del nostro passato e luogo identitario del futuro”.

 

Cannes 2016: i migliori look

Si è appena conclusa la 69esima edizione del Festival del Cinema di Cannes: tanti, come sempre, i look che hanno monopolizzato l’attenzione e i flash dei fotografi. Le dive che hanno calcato la croisette e il red carpet ci hanno fatto spesso sognare anche se non è mancato qualche scivolone in fatto di stile. Tantissime le attrici protagoniste del Festival di Cannes 2016, ma ad incantare sul red carpet ci hanno pensato anche top model e fashion blogger.

E se osare si è rivelata talvolta la parola d’ordine, c’è chi, come Charlize Theron, riesce ad incantare tutti anche col più classico dei tuxedo maschili. Nessuna provocazione gratuita, solo la classe di una vera diva. Chapeau. Icona fashion sempre impeccabile Kate Moss: la top model è apparsa raggiante in un abito Halston dalle suggestioni Seventies, accompagnata dalla sorelline Lottie, in un rosso Christian Dior. Una magistrale lezione di stile, direttamente dalle passerelle. Occhi puntati sulla futura mamma Blake Lively, che ha brillato sul red carpet in un abito drappeggiato firmato Atelier Versace. Le forme rotonde della gravidanza hanno accentuato ulteriormente la bellezza dell’attrice hollywoodiana.

Ma forse la vera protagonista di quest’edizione del Festival è stata Bella Hadid: la splendida top model diciannovenne ha fatto tanto parlare di sé, complice un abito che poco o nulla lasciava all’immaginazione. Audace scollatura e spacco vertiginoso, la modella è apparsa sexy come non mai sul red carpet, sfoggiando un fisico perfetto. Opinione pubblica letteralmente divisa sull’eleganza dell’abito con spacco inguinale, prontamente copiato dalla collega Izabel Goulart, che ha sfoggiato lo stesso capo in un diverso colore.

Charlize Theron in Christian Dior (Photo by Luca Teuchmann/WireImage)
Charlize Theron in Christian Dior (Photo by Luca Teuchmann/WireImage)


Kate Moss in vintage Halston e gioielli Chopard.  (Photo by Antonio de Moraes Barros Filho/FilmMagic)
Kate Moss in vintage Halston e gioielli Chopard. (Photo by Antonio de Moraes Barros Filho/FilmMagic)


Blake Lively in Atelier Versace. (Photo by Gisela Schober/Getty Images)
Blake Lively in Atelier Versace (Photo by Gisela Schober/Getty Images)


Bella Hadid in Alexandre Vauthier Couture  (Photo by Danny Martindale/FilmMagic)
Bella Hadid in Alexandre Vauthier Couture. (Photo by Danny Martindale/FilmMagic)


Allure da diva e piedi nudi per la sempre splendida Julia Roberts, mentre Susan Sarandon ha sfatato ogni tabù sul tempo che passa, apparendo in forma smagliante. Ironica e sicura di sé, la diva di “Thelma & Louise” ha indossato un abito Jean Paul Gaultier e uno smoking Saint Laurent. Tante le dive che hanno scelto l’opulenza regale di Zuhair Murad, mentre Alexandre Vauthier è balzato agli onori delle cronache grazie alla mise rosso fuoco sfoggiata da Bella Hadid, tra spacchi hot e scollature mozzafiato. Giorgio Armani veste la giurata Valeria Golino, fedele al suo stile minimal-chic.


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Protagoniste del red carpet e icone di stile, le blogger Eleonora Carisi e Kristina Bazan sono state tra le più ammirate. Kendall Jenner, top model classe 1995, nuova protagonista dello spot Magnum Double (qui un pezzo sulla campagna pubblicitaria che la vede testimonial del celebre gelato), è stata tra le più fotografate, insieme alle colleghe Adriana Lima, Alessandra Ambrosio e alla bellissima Barbara Palvin, nuova testimonial del profumo Acqua di Gioia di Giorgio Armani.

Doutzen Kroes in Brandon Maxwell. (Photo by Samir Hussein/WireImage)
Doutzen Kroes in Brandon Maxwell. (Photo by Samir Hussein/WireImage)


Susan Sarandon in Jean Paul Gaultier. (Photo by Harvey/FilmMagic)
Susan Sarandon in Jean Paul Gaultier (Photo by Harvey/FilmMagic)


Kristen Stewart in Chanel, gioielli Messika. (Photo by Mike Marsland/Mike Marsland/WireImage)
Kristen Stewart in Chanel, gioielli Messika. (Photo by Mike Marsland/Mike Marsland/WireImage)


Kendall Jenner in Elie Saab Haute Couture. (Photo by Venturelli/Getty Images)
Kendall Jenner in Elie Saab Haute Couture (Photo by Venturelli/Getty Images)


Occhi puntati su Kristen Stewart, che ha sfoggiato un abito firmato Chanel e un make up originale. Tanti i look riusciti, da Katy Perry in un Marchesa rosso fuoco ad Adèle Exarchopoulos in Louis Vuitton. A contendersi la Palma d’Oro dello stile Amal Clooney, raggiante in Atelier Versace, e le già citate Kate Moss, Blake Lively e Julia Roberts, a riprova del fatto che la personalità è sempre glamour.


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Kendall Jenner nuova testimonial Magnum

Kendall Jenner nuova testimonial Magnum

È stato presentato nell’ambito della 69esima edizione del Festival di Cannes il nuovo spot Magnum che vede come protagonista d’eccezione la giovanissima top model Kendall Jenner. Occhi e capelli scuri e volto perfetto, la piccola di casa Kardashian è la modella del momento. Classe 1995, Kendall Jenner ha già al suo attivo numerose copertine e campagne pubblicitarie. Star della tv, supermodella e musa di fotografi e stilisti, Kendall Jenner è uno dei volti più volti più iconici del fashion biz.

Tripudio di gusto ed estasi di piacere sono gli ingredienti del nuovo Magnum Double, il gelato con lo stecco più famoso del mondo: e quale perfetta testimonial per incarnare il lato wild del piacere se non Kendall Jenner? La top model è il volto del nuovo spot pubblicitario, realizzato da due maestri della fotografia di moda, quali Mert Alas e Marcus Piggott. Il duo ha presentato in esclusiva una mostra che celebra il piacere. “Release the Beast“, questo il titolo dell’esposizione: un vero e proprio monito per liberarsi dalle convenzioni sociali e dare sfogo al proprio istinto. Cogliere l’attimo, godere dei piccoli piaceri della vita, e, perché no, concedersi qualche vizio anche a tavola, è il leitmotiv della campagna pubblicitaria firmata Mert & Marcus.

In #ReleaseTheBeast la top model è immortalata acqua e sapone, in canotta bianca, pronta ad addentare il gelato più glamour. Poi la vediamo pronta a tuffarsi in acqua in un paio di hot pants ad alto tasso erotico e con una tavola da surf animalier sottobraccio. Tra gli outfit indossati dalla modella anche un lungo abito con spacco vertiginoso e un tubino rosso fuoco, su uno sfondo da cui fa capolino un divano zebrato.

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Kendall Jenner è la nuova testimonial di Magnum Double


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La top model è nata a Los Angeles il 3 novembre 1995


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Kendall Jenner in uno scatto della campagna “Release The Beast”, realizzata da Mert & Marcus


Sexy e scatenata, Kendall Jenner incarna alla perfezione il mood della campagna. “Dare to be wild”, recita lo spot. E lei riesce benissimo ad incarnare il lato selvaggio della vita. Concedersi delle trasgressioni e assaporare il piacere: per meglio interpretare questo messaggio la modella ha dichiarato di essere andata indietro con la mente alla ricerca di episodi che hanno caratterizzato la sua vita. Autentica e determinata, la top model, dopo un’infanzia trascorsa sotto i riflettori, ha iniziato a calcare le passerelle ad appena 14 anni. L’abbiamo vista incantare tutti anche sulla croisette del Festival del cinema di Cannes, durante la presentazione di “Release the Beast”. Splendida, irriverente ed autoironica, la top model nel nuovo spot.



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Culture Chanel in mostra a Venezia

Mikro: un autunno/inverno 16-17 armonioso e seduttivo

Sento delle voci, mi sveglio. Voglio fumare, infilo il mio cappotto over sulla vestaglia di seta ed esco. L’aria notturna  è quasi bagnata, i passi riecheggiano in una città deserta. Sovrappensiero entro nell’unico bar aperto a notte fonda:” Un caffè, grazie!” Poche persone intorno a me; mi accendo una sigaretta e sbadatamente mi scivola dalle tasche un accendino. In quel momento incrocio il suo sguardo. Nessuna parola. Solo un attimo, un respiro.”

 

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La collezione MIKRO autunno/inverno 2016-2017 è ispirata alle sensazioni della notte; al mistero che solo la luce della luna che rischiara le tenebre, può donare.

Una linea iper femminile e contemporanea, depurata da ogni logica del costume. Un mix di capi che accostati, creano un look sofisticato, pensato per una donna forte e moderna, che ama la mondanità.

 

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Over coats in lana cotta, in contrasto con la leggerezza dei microfibra e dei rasi di seta degli abiti, per conferire alla collezione un carattere deciso.

Top senza spallina in microfibra su pantaloni palazzo e gonne midi e camicie oversize completano il progetto creativo di Mirko Frignani stilista del brand.

Lo stile MIKRO per l’ autunno/inverno 2016-2017 è contemporaneo, forte, armonioso e seducente.

 

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STAMPE: designed by artist Ilaria Franza a.k.a Ile De France

TESSUTI: lana cotta, microfibra, raso di seta

COLORI: beige, ocra, grigio ghiaccio, grigio antracite, blu oltremare, azzurro, blu notte, nero.

 

 

SHOOTING CREDITS:

 

PH_AGNES WEBER

STYLIST_MANUELA PICCININI

MAKE UP ARTIST_MYLLS GREENE

MODEL_ALESSA FISHER

 

 

 

Per maggiori informazioni www.mikrocouture.com

Strage di Capaci, 24 anni dalla morte di Giovanni Falcone

23 maggio 1992: una data impossibile da dimenticare. Ricorre oggi il ventiquattresimo anniversario della strage di Capaci, in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e i tre agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro. Tantissime sono state le iniziative su tutto il territorio nazionale in memoria di Giovanni Falcone e dei suoi ideali, in questa giornata della legalità. Al grido di “Palermo chiama e l’Italia risponde“, 800 studenti si sono riuniti nell’Aula Bunker del carcere Ucciardone di Palermo, davanti al ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Stefania Giannini, il presidente della Fondazione “Giovanni e Francesca Falcone” Maria Falcone, il presidente del Senato Pietro Grasso, il ministro della Giustizia Andrea Orlando, il ministro dell’Interno Angelino Alfano, il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, il presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi, il procuratore nazionale Antimafia Franco Roberti. Si inizia con le note dell’Inno di Mameli per ricordare che questa è una ferita che ha colpito tutto il Paese e nel cui ricordo bisogna unirsi senza distinzioni di bandiera. Poi arriva il videomessaggio del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella.


Esprimo la mia vicinanza e la mia gratitudine a tutti voi presenti nell’aula bunker – dichiara il Presidente – a chi non si è mai scoraggiato nella battaglia contro le mafie, contro l’illegalità e contro la corruzione, a chi lo ha fatto a costo di sacrificio personale e a chi ha compreso il valore della cultura della legalità, che vive anzitutto nell’agire quotidiano. Il 23 maggio è una data incancellabile per gli italiani. La memoria della strage di Capaci è iscritta con tratti forti nella storia della Repubblica e fa parte del nostro stesso senso civico. Un assassinio, a un tempo, che ha segnato la morte di valorosi servitori dello Stato, e l’avvio di una riscossa morale, l’apertura di un nuovo orizzonte di impegno grazie a ciò che si è mosso nel Paese a partire da Palermo e dalla Sicilia, grazie alla risposta di uomini delle istituzioni, grazie al protagonismo di associazioni, di giovani, di appassionati educatori e testimoni“.


La strage di Capaci, quel doloroso 23 maggio 1992, è una ferita nel cuore di tutti coloro che vivono e credono nella legalità. Troppo poco si conosce di questa storia, sempre troppo poco se ne parla. Allora be vengano momenti come questo, in cui non si ricorda solo per dovere storico ma anche e soprattutto per educare le nuove generazioni.

La comunicazione di Matteo Renzi

In occasione del suo discorso dopo l’esito del referendum sulle trivelle Matteo Renzi ha attaccato i Talk Show, e una parte dell’informazione.
In molti si sono risentiti ricordando a Renzi che proprio lui alla televisione e ai talk deve moltissimo, altrimenti sarebbe rimasto uno dei tanti sindaci di Firenze e non avrebbe avuto chance di diventare segretario e quindi premier.
Alcuni si sono anche soffermati sull’attacco che ha sferrato a Michele Emiliano, secondo il premier artefice di uno spreco di denaro pubblico che sarebbe stato meglio investire in trasporti per pendolari e in sistemi di depurazione.


Tutto questo fa ovviamente parte della pubblicistica e della comunicazione politica interna, perché il premier sa benissimo (e infatti lo ha detto in conferenza stampa senza contraddittorio) che ogni anno alle regioni arrivano meno fondi dal governo centrale, che quelle materie sono di parziale competenza dei bilanci di esercizio regionali, e che le due cose non possono certo essere mutuate.
Ma tutto ciò premesso, c’è qualcosa che va chiarito e che tiene insieme i due concetti: l’attacco a Michele Emiliano e quello ai talk show.
Sbaglia infatti chi dovesse pensare ad una sorta di attacco alla libertà di stampa, o peggio di un’idiosincrasia del premier/segretario alle critiche.


Renzi conosce bene – essendone un assiduo frequentatore – il potere dei talk show, anche per dare visibilità a tanti della sua generazione e dirigenti da lui voluti fino al ruolo di ministri, che senza quello strumento non esisterebbero, sia mediaticamente che politicamente.
Sa anche bene, essendo un intelligente comunicatore, che un governo sta in piedi mediaticamente e comunica cose fatte anche quando l’oggetto della decisione del governo è oggetto di dibattito e di opposizione: un intervento (qualsiasi) esiste (politicamente e mediaticamente) solo se è anche discusso.
Il problema di Renzi non sono i Talk né la discussione e il dibattito politico, meglio se incentrato sul governo, sui suoi provvedimenti, sulle riforme. Anche in sua assenza resta sempre una occasione di presenza indiretta.


Il vero “fastidio” per Renzi, che alle volte sfocia in fobia cui riserva risposte decisamente violente, è quando i talk show diventano occasione di visibilità di suoi antagonisti interni.
Perché come lui, grazie alla televisione, è riuscito a crescere efficacemente come antagonista e alternativa a Bersani, sa bene che la stessa cosa può accadere contro di lui.
È questo che spiega la “violenza” verbale di quella conferenza stampa, ed è anche questo che però ci induce ad un ragionamento più complesso, complessivo e articolato sulla comunicazione di Matteo Renzi.
Matteo Renzi è un’assoluta novità nel panorama della politica italiana. E questa novità – come fu quella di Berlusconi venticinque anni fa – lo ha portato alla vittoria.


Ancora una volta è la conoscenza e capacità di gestione del mezzo di comunicazione che fa la differenza. Venticinque anni fa, in un paese in cui la classe politica da poco aveva scoperto gli spot sulla televisione commerciale, legata ancora a formule di un dibattito politico statico e ingessato, Berlusconi travolse ogni improbabile avversario. 
Oggi lo storytelling: la politica come racconto e narrazione. 
Conta poco “il singolo mezzo”, quello che pesa è la capacità di raccordo multimediale: foto, video, televisione e condivisione social, che vuol dire anche capacità di entrare in contatto (reale o apparente conta poco) con gli elettori.


Per comprendere quanto la stessa classe dirigente del Partito Democratico sia stata travolta dal fenomeno Renzi basta ricordare una frase di Massimo D’Alema “secondo me dovrebbe farsi cinque anni come europarlamentare e poi proporsi”. 
Pochi mesi dopo quella frase Renzi vinse le primarie, divenne segretario, stravolse le regole di costituzione della segreteria, ed è diventato premier: tutto in tre mesi.
Questo delta nella concezione dei tempi della politica è esattamente la cifra della consapevolezza del tempo in cui viviamo e di ciò che i media, e la loro integrazione, consente di fare alla politica. Se guardiamo “oltre” il fenomeno Renzi, contemporaneamente è la stessa parabola di Tsipras in Grecia, di Podemos in Spagna, ma anche la rigenerazione politica di Sarkozy in Francia, giusto per fare qualche esempio.


Con l’accelerazione dei tempi dei media, e della società, vengono stravolte anche le classi dirigenti incapaci di reggere il passo. Non solo la fine dei vecchi partiti tradizionali, in cui spesso le strutture organizzative da strumento utile e funzionale di radicamento diventano elemento di rallentamento e consevatorismo, ma anche la fine dei “vecchi percorsi” di crescita e formazione politica.
Non è un caso che Renzi al primo turno delle primarie vince ma non supera il 43% all’interno del partito, inteso come organizzazione ed iscritti. Esattamente come non è un caso che invece in primarie “aperte” – come è stato il secondo turno di votazioni – abbia superato il 66% delle preferenze in un popolo che ha superato i due milioni di votanti.


Anche in questo caso, questa differenza, marca la distanza tra la forma partito tradizionalmente intesa, e la formazione dei suoi leader, e la società reale, con i suoi tempi e le sue forme di comunicazione.
Se questa è la premessa, tuttavia, sono almeno atre due le considerazioni da fare sul percorso politico di Matteo Renzi. 
La prima, è che la sua storia è il prodotto di una politica da laboratorio, sulla falsa riga di quanto avviene negli Stati Uniti: salvo rare eccezioni una classe dirigente fatta di figli nati, formati, cresciuti, per diventare classe politica. È la storia dei Bush, come lo fu dei Kennedy, ma non molto distante da quella dei Clinton e di tanti governatori e senatori.


Matteo Renzi non ha mai lavorato un giorno fuori dalla politica: segretario di sezione, segretario provinciale dei popolari, presidente della provincia, sindaco di Firenze. Proiettato e sostenuto nella sua carriera politica da un gruppo di famiglie legate tra loro, che i suoi detrattori chiamano “cerchio magico”, che vedono un ristretto gruppo di persone (tra cui Luca Lotti, Dario Nardella, Giuliano da Empoli, Marco Carrai e Maria Elena Boschi) molti dei quali con lui a Palazzo Chigi.
La seconda, è che in nessuna competizione elettorale Matteo Renzi ha preso preferenze personali. Il suo nome era sempre “in ballottaggio” e alternativa con qualcun altro per ciascuna delle cariche e posizioni ricoperte. Mai preso preferenze come consigliere comunale, mai fatto parlamentarie, mai partecipato ad un’elezione proporzionale. E questo gli ha garantito di potersi sempre presentare con un curriculum forte e unificante.


Queste premesse sono importanti perché tracciano il profilo di un politico nuovo: che non disperde risorse ed energie, che “mette insieme” un gruppo con cui costruisce una squadra ed un progetto politico, cui delega finanche l’allargamento del gruppo, ed in cui la costante è l’emersione unica e non discutibile di lui come leader, ma anche come dominus “capace di creare i nuovi leader” (come lui stesso ha detto nel suo discorso all’assemblea dei delegati del Pd).
La sua forza sta nella capacità di mettere insieme pezzi che difficilmente starebbero insieme in altre circostanze, ma anche nell’avere di fatto nelle sue mani il destino parlamentare: non solo non c’è alternativa numerica a lui come premier, ma la legge elettorale (quella vecchia ed ancor più quella nuova) mettono di fatto nelle mani della segreteria (lui stesso) la capacità di candidatura, ed anche di fatto la nomina della maggioranza parlamentare delle sue liste attraverso il meccanismo dei capolista bloccati.


L’elemento di debolezza risiede tuttavia in almeno due fattori distinti da lui indipendenti.
Il primo è la straordinaria arretratezza politica del centrodestra – che ha una base elettorale ampia, ma assolutamente orfana di leader in cui riconoscersi e da scegliere – soprattutto distante dai tempi della società.


Questo fattore è essenziale perché se Berlusconi è stato migliore di quanto non avrebbe potuto essere per il solo fatto di avere un’opposizione valida e solida, capace di un’alternanza e di offrire un’alternativa, Renzi è certamente peggiore di come avrebbe potuto in realtà essere, proprio perchè questa opposizione e questa alternativa non esiste.
Il secondo è la mancanza di una alternativa interna, di una “leadership di minoranza” capace di subentrare, di essere un domani maggioranza, e di pesare nelle scelte e nei programmi di partito, quanto meno per connotare un distacco tra la dimensione di segretario/premier detentore del potere esecutivo, e quello di partito/parlamentare, cui compete il potere legislativo e di controllo dell’operato del Governo.


La mancanza di queste due forme di opposizione ed alternativa – su cui spesso si sono giocate le sorti degli equilibri democratici dei sistemi parlamentari – possono apparire un elemento di forza e garanzia di imbattibilità. In realtà rischiano di essere un punto di estrema debolezza perché “se hai un potere assoluto, non hai alibi per ciò che accade”, e spesso in politica ciò che accade è indipendente da ciò che si fa e si decide al Governo.
Anche a bilanciamento di tutto questo, torna a suo favore una straordinaria dimestichezza dello strumento comunicativo diretto, come i social network che finiscono con l’essere il luogo di reperimento autentico delle dichiarazioni e delle intenzioni di Renzi, che non a caso, non solo a livello percettivo e ben oltre quello strettamente anagrafico, per tutti è semplicemente “Matteo”.
Qualcosa che non va confuso con l’apparente “uno di noi” proprio dei movimenti più populisti che diffusamente stanno popolando l’Europa con diverse declinazioni.


Matteo, per il popolo del centro sinistra, è una ventata di vicinanza a tempi e modi della comunicazione della società. E Matteo è familiare come un personale contatto di Facebook, e lo storytelling della sua politica è il racconto diretto e personale, non mediato, delle vicende di un governo che almeno appare dialogante.

SCI’M – la moda ai tempi dei social

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Filippo Baeli e Ivano Tella sono rispettivamente un fashion designer e un textile designer, il cui incontro ha dato vita ad una realtà ben consolidata tra i luxury brand emergenti: SCI’M COUTURE. Il nome del loro marchio ben esprime la loro intenzione di collocamento nel sistema moda: sta per “Io sono” e “Social Couture”.
Nel 2012, anno di nascita del marchio, l’intuito è stato quello di acquisire visibilità sui social networks e di farsi strada partecipando a concorsi organizzati da marchi di lusso quali Hermès e Front Row Society, siglando così collaborazioni in esclusiva.
L’estetica del duo creativo è fatta essenzialmente di texture innovative per accessori di alta qualità.
Amati dagli addetti ai lavori che contano e sempre più da un pubblico esigente e colto, i prodotti SCI’M sono sciarpe, foulards, pochette, papillons e occhiali e abbigliamento per amanti del design.
Prodotti per farsi notare, senza eccedere, ma con classe.


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Abstractionism – Fashion Editorial

ABSTRACTIONISM

 

L’arte non riproduce ciò che è visibile, ma rende visibile ciò che non sempre lo è.”

Paul Klee

Photo & Styling Miriam De Nicolo

Model Daria Mikołajczak @Wonderwall Management

Make up Manuel Montanari 

Hair Mattia Flora 

Thanks to: So Sweet PR agency Milano 

Camicia gialla con fiori strass multicolor Blugirl Folies – Gonna frange multicolor Cristiano Burani
Sx Guanti lunghi bicolor Bruno Carlo – Dx Top in corda con frange rosa Cristiano Burani
Per gli occhi – Lip mix light blu + Studio Eye gloss transparent Mac Cosmetics
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Camicia gialla con fiori strass multicolor Blugirl Folies – Gonna frange multicolor Cristiano Burani
T-shirt lino stampato Alysi – guanti gialli in pelle Bruno Carlo
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Maglia bianca con inserti bianchi in paglia + gonna in corda frange blu Cristiano Burani – guanti effetto dripping Bruno Carlo – quadro Maura Bruno
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Maglia bianca con inserti bianchi in paglia + gonna in corda frange blu Cristiano Burani – guanti effetto dripping Bruno Carlo – sneakers con strass Stokton – dx bomber fantasia G2G

Buon compleanno, Naomi

Spegne oggi 46 candeline Naomi Campbell: top model di fama mondiale, entrata nella storia negli anni Novanta. Dagli amori da copertina agli eccessi (denunce comprese), fino all’affidamento ai servizi sociali: la bellezza della Venere nera splende ancora oggi, nonostante una verve talvolta esplosiva. Pelle d’ebano, volto perfetto e fisico atletico, la modella è stata inserita dalla rivista People tra le 50 donne più belle del mondo. Con un patrimonio di 48 milioni di dollari, è una delle modelle più pagate della storia.

Naomi Elaine Campbell è nata a Streatham, Londra, il 22 maggio 1970. Sua madre è la diciottenne Valerie Morris, una ballerina di origini giamaicane. Sconosciuta è invece l’identità del padre, che abbandona Valerie quando quest’ultima è incinta di 4 mesi. Nel certificato di nascita l’uomo non viene nominato e la top model, in accordo con le volontà della madre, non lo ha mai incontrato. Il cognome Campbell è quello del secondo marito di Valerie. Nel 1985 è nato Pierre, il fratellastro della modella.

Ultimamente un certo Errol Campbell, che ha da poco scontato una condanna per stupro, ha rivendicato la paternità, chiedendo a Naomi di sottoporsi al test del DNA. Le affermazioni dell’uomo sono state prontamente smentite dalla madre della top model, la quale invece si è astenuta dal commentare la notizia. Tuttavia secondo alcune fonti la modella vanterebbe origine giamaicana e antenati cinesi.

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Naomi Elaine Campbell è nata a Streatham, Londra, il 22 maggio 1970


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La bellissima modella è da sempre impegnata nella causa contro le discriminazioni razziali


Naomi Campbell, foto di Herb Ritts, 1990
Naomi Campbell, foto di Herb Ritts, 1990


Foto di Michel Comte, Vogue 1994
Foto di Michel Comte, Vogue 1994


Naomi Campbell, foto di Ellen von Unwerth, 2004
Naomi Campbell, foto di Ellen von Unwerth, 2004


Naomi Campbell, foto di Herb Ritts, Hawaii, 1989
Naomi Campbell, foto di Herb Ritts, Hawaii, 1989


Dopo aver vissuto a Roma, dove la madre lavorava come ballerina, la piccola Naomi viene spesso affidata alle cure dei parenti mentre la madre viaggia in tutta Europa. Dall’età di 3 anni la bambina frequenta la Barbara Speake Stage School e all’età di 10 anni viene ammessa alla Italia Conti Academy of Theatre Arts, dove studia danza.

La sfolgorante carriera di Naomi Campbell inizia nel 1978, ad appena 8 anni, quando viene scritturata per il videoclip di Is This Love, di Bob Marley. E numerosi saranno i videoclip di artisti che, in seguito, ne immortaleranno la bellezza, da Madonna a George Michael, da Michael Jackson a Puff Daddy. Ad appena 15 anni inizia a lavorare come modella. In breve il suo volto e la sua bellezza unica si impongono sulla scena del decennio Ottanta/Novanta. Naomi Campbell diviene una delle sei modelle della sua generazione per cui è stata coniata l’espressione di “supermodelle”. Carismatiche e capricciose come vere e proprie dive, iconiche muse per stilisti e fotografi, le supermodelle non sono semplici mannequin ma si impongono all’attenzione dei media come dei personaggi. Nell’aprile 1986 Naomi appare sulla copertina di Elle e, sempre nello stesso anno, è tra le modelle che posano per Terence Donovan per il calendario Pirelli 1987. Nell’agosto 1988 è la prima donna di colore ad apparire sulla copertina di Vogue (prima in Francia e successivamente in Inghilterra) e di Time Magazine.


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Nel corso della sua carriera, Naomi Campbell è stata testimonial nelle campagne pubblicitarie di molte case di moda, tra le quali Fendi, Prada, Roberto Cavalli, Dolce & Gabbana, Chloé, Emanuel Ungaro, Guess, Escada, Pinko. Volto storico di Valentino, Versace, Roberto Cavalli, Yves Saint Laurent, con la sua falcata ha calcato le passerelle delle più grandi case di moda al mondo. Nel 1988 inizia la carriera di attrice, prendendo parte a tre episodi della serie I Robinson. Intanto debutta anche al cinema, nel 1991, nel film Cool as Ice. Nel 1999 è protagonista in Testimone scomoda.

Naomi Campbell, foto di Irving Penn, Vogue,1 gennaio 1992
Naomi Campbell, foto di Irving Penn, Vogue, gennaio 1992


Foto di Albert Watson,  Vogue, febbraio 1994
Foto di Albert Watson, Vogue, febbraio 1994


Naomi in passerella per Yves Saint Laurent
Naomi in passerella per Yves Saint Laurent


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Naomi Campbell è soprannominata la “Venere nera”


Foto di Jean-Paul Goude per Harper's Bazaar, 2009
Foto di Jean-Paul Goude per Harper’s Bazaar, 2009


Ritratta da Richard Avedon per il Calendario Pirelli 1995
Ritratta da Richard Avedon per il Calendario Pirelli 1995


Al culmine della carriera, nel 1994, Naomi scrive anche un romanzo, ma si rivela un clamoroso fiasco. Nello stesso anno pubblica l’album Baby Woman,che si rivela invece un successo commerciale, soprattutto in Giappone. L’anno seguente si butta in un’avventura imprenditoriale insieme alle colleghe Claudia Schiffer, Christy Turlington ed Elle Macpherson: le top model investono in una catena di ristoranti chiamati Fashion Cafe, ma solo tre anni più tardi l’azienda è sull’orlo della bancarotta. Nel 1998 dalle pagine del Time viene annunciata la notizia che segna uno spartiacque indelebile nel fashion biz: è la fine dell’era delle supermodelle. Naomi intanto si è già quasi totalmente ritirata dalle passerelle mentre continua a posare per i magazine patinati. E nel 1999 firma il suo primo contratto per un’azienda di cosmetici, la Cosmopolitan Cosmetics (una divisione di Wella). Mai dimenticate e senza degne eredi, nel 2008 le supermodelle daranno vita, dalle pagine di Vanity Fair, ad una reunion, per nostalgici orfani di un capitolo sfavillante della storia del costume.

Durante la sua carriera, Naomi ha dichiarato guadagni nettamente inferiori rispetto alle sue colleghe. In prima linea nella causa contro il razzismo, la top model ha denunciato più volte i pregiudizi del fashion biz nei confronti delle modelle di colore. Impegnata sul sociale, la modella supporta il Nelson Mandela Children’s Fund, per cui, nel lontano 1998, ha anche organizzato una sfilata di Versace a scopo benefico.

Personalità ribelle ed eccentrica, la top model ha sofferto di dipendenza da cocaina e per ben quattro volte è stata giudicata colpevole di atti di violenza commessi nei confronti di impiegati e camerieri del suo entourage ma anche paparazzi ed estranei, tra il 1998 e il 2009. Affidata ai servizi sociali di New York, bandita dai voli British Airways, i suoi exploit ce l’hanno resa anche più umana e forse meno irraggiungibile. Forte di un’infanzia trascorsa senza un riferimento paterno, per la top model padri putativi sono stati Quincy Jones, Chris Blackwell e Nelson Mandela. Tra i suoi amori il pugile Mike Tyson, l’attore Robert De Niro, il bassista degli U2 Adam Clayton, l’italianissimo Flavio Briatore e il miliardario russo Vladislav Doronin.


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Culture Chanel in mostra a Venezia

Modica e Gigliotti dicono addio a Frankie Morello

Maurizio Modica e Pierfrancesco Gigliotti hanno detto addio a Frankie Morello, brand fondato nel 1999.

La motivazione è giustificata dalla scelta del duo di stilisti, di dar vita a Piermau: un brand giovane, metropolitano, che mescola differenti stili come l’underground e il rock.

 

Collezione A/I 16-17 Piermau (fonte piermauofficial)
Collezione A/I 16-17 Piermau (fonte piermauofficial)

 

 

Tuta aderente e fluo per la collezione A/I 16 17 di Modica e Gigliotti (fonte piermauofficial)
Tuta aderente e fluo per la collezione A/I 16 17 di Modica e Gigliotti (fonte piermauofficial)

 

 

I due stilisti, hanno ceduto totalmente il brand ad Fmm, società che fa a capo ad Ammaturo, famiglia di imprenditori legati al settore petrolifero e che permetterà alla griffe di restare attiva sul mercato.

Piermau non è colorata, non è pop e non ci sono slogan tipici di Frankie Morello, ma è pulita, asciutta, lineare, quasi unisex”, hanno dichiarato i designers.

 

La collezione Piermau ha un'anima unisex (fonte piermauofficial)
La collezione Piermau ha un’anima unisex (fonte piermauofficial)

 

 

Lineare e pulita: questa è la collezione Piermau (fonte piermauofficial)
Lineare e pulita: questa è la collezione Piermau (fonte piermauofficial)

 

 

La collezione A/I 16-17, già online sul sito www.piermauofficial.com, sarà distribuita dallo showroom di via Colletta e, ognuna delle collezioni, sarà contraddistinta da numeri crescenti, a cominciare dallo zero; durante l’anno, verranno lanciati diversi aggiornamenti.

 

 

 

Fonte cover ph Mustafa Sabbagh

Culture Chanel in mostra a Venezia

È stata la donna che, da sola, ha cambiato il corso della moda, inaugurando l’era moderna. Personalità granitica e stile inconfondibile, di Gabrielle Coco Chanel sappiamo quasi tutto, dalla sua infanzia disagiata agli amori turbolenti (qui un articolo sulla sua vita). Ma che cosa amava nella vita di tutti i giorni questa donna a cui dobbiamo tanto? Quali erano le sue letture preferite, quali i testi che componevano la sua biblioteca? Finalmente una mostra risponderà ad ogni curiosità sulla donna che più di ogni altra ha segnato la storia del costume.

Dal 17 settembre 2016 all’8 gennaio 2017 a Ca’ Pesaro, Galleria Internazionale d’Arte Moderna di Venezia, si terrà la mostra Culture Chanel, La donna che legge. Un evento imperdibile, che segna una nuova tappa nel ciclo di esposizioni inaugurate dalla maison nel 2007. Dopo Mosca, Shanghai, pechino, Canton e Parigi, ora la maison sceglie l’Italia per il nuovo imperdibile evento dedicato a Coco Chanel.

Culture Chanel è il settimo episodio di questo percorso, fortemente voluto da Jean-Louis Froment: un progetto unico che intende indagare alcuni aspetti della vita della celebre stilista, in questo caso il rapporto con i libri, con un occhio di riguardo per la poesia. Dalle opere classiche di Omero, Platone, Virgilio, Sofocle, Lucrezio e Dante fino ai poeti a lei contemporanei, da Jean Cocteau a Stéphane Mallarmé, verrà rivelato l’archivio di letture predilette dalla stilista. Libri ma non solo: anche alcuni oggetti d’arte provenienti dal suo storico appartamento di rue Cambon 31, Parigi, saranno esposti per la prima volta, insieme a gioielli e profumi, per un totale di circa 350 pezzi.

Gabrielle Coco Chanel nel suo appartamento, Parigi, 1965  (Foto di Cecil Beaton)
Gabrielle Coco Chanel nel suo appartamento, Parigi, 1965
(Foto di Cecil Beaton)


“Dediche, archivi, fotografie, quadri, disegni, si mescolano con un vestiario di creazioni di moda che svelano, al pari di una biblioteca, il vocabolario estetico di Gabrielle Chanel, il suo gusto per il classicismo e per il barocco, l’amore per la Russia e per gli ori di Venezia”, così la maison descrive la retrospettiva di Ca’ Pesaro. Una mostra esclusiva che intende tracciare un ritratto intimo, attraverso le sue letture e gli oggetti che la circondavano, di una donna che è entrata nel mito.

(Foto cover: Gabrielle Chanel, 1962. Foto di Douglas Kirkland)


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