Full immersion nel tribal style in passerella da Proenza Schouler: la collezione Primavera/Estate 2017 che ha sfilato nell’ambito della settimana della moda newyorkese punta su pattern tribali. Largo ad audaci geometrie ed intagli che ricordano certe stampe africane.
A calcare la passerella è una regina tribale che affronta la realtà urban strizzata in abiti guaina dalle stampe wild. Zebrato e animalier rivisitato dominano: il manto animale diventa passepartout di una collezione sofisticata e grintosa. Rosso e giallo, ma anche viola nella palette cromatica prediletta da questa novella esploratrice dal mood nomade. Dettagli piumati completano le gonne, da indossare rigorosamente con zeppe altissime. Il marchio di Jack McCollough e Lazaro Hernandez incanta con un défilé suggestivo e moderno.
Il folclore e i riti propiziatori del continente africano rivivono sulla passerella, per un tribalismo chic perfetto per affrontare il grigio della metropoli. La savana rivive in pattern cromatici arditi, in cui suggestioni arcaiche si mixano magistralmente ad elementi digitali, insieme a dettagli urban-chic. Grande attenzione agli accessori, come gli orecchini che ricordano i totem, mentre le chiome sono selvagge. Mix & match di stampe e righe, per un nuovo optical dal piglio etnico.
Occhi puntati a New York sulla nuova collezione di Alexander Wang. Un’unica sfilata per molteplici eventi: ad allietare lo show Primavera/Estate 2017 anche l’esclusiva capsule collection disegnata dallo stilista per Adidas. Lo stilista trentaduenne, da sempre paladino dello sportswear, ha rivisitato anche il marchio del brand tedesco: l’iconico logo a forma di trifoglio è stato infatti ribaltato, impreziosendo ottantaquattro capi, tra tute, t-shirt e scarpe da ginnastica unisex.
La collezione Primavera/Estate 2017 si è aperta invece nel segno del grunge: numerose le suggestioni Nineties, in un défilé in cui è ancora una volta protagonista lo sportswear declinato in chiave chic. Largo a crop top e ombelico in vista, meglio se abbinati a boxer da uomo e gonne pareo. Magliette usate come abiti da giorno, perfette per affrontare le torride temperature estive. Dettagli surf all over per materiali freschi: ironia è la parola chiave, tra cromie neon, colori fluorescenti, paillettes e stampe irriverenti. Dominano le palme californiane, tra teli da spiaggia e tripudio di Youth culture.
In passerella Kendall Jenner, mentre la sorella Kylie era nel front-row. Super ospite Madonna, con i figli Lourdes Maria Leon Ciccone e Rocco Ritchie, tra i protagonisti della campagna pubblicitaria della capsule collection disegnata da Wang per Adidas; presenti anche Pamela Anderson e molti altri.
Aria nuova in casa Diane von Furstenberg: alla guida della celebre maison arriva Jonathan Saunders, a rifondare un marchio che ha rivoluzionato a suo tempo la storia della moda e del costume. Correva l’anno 1974 quando Diane von Furstenberg arrivava sulla scena. Il suo wrap dress divenne un must have grazie al quale la blasonata designer ottenne la fama mondiale, con la consacrazione ufficiale ottenuta sulla cover di Newsweek nel 1976.
Ora si apre una nuova era per il brand, alla cui direzione creativa è salito solo pochi mesi fa Saunders. Lo stilista scozzese raccoglie la sfida di rifondare un marchio storico, ridefinendone i canoni stilistici. La sua prima collezione è stata presentata pochi giorni fa nell’ambito della New York Fashion Week: non una sfilata ma una presentazione dei capi della collezione Primavera/Estate 2017.
Colori audaci e pattern esuberanti, da sempre emblema dello stile DVF, impreziosiscono capi destrutturati e fluidi dall’appeal sofisticato. Largo a un mix & match ricco di suggestioni, per patchwork ricchi di contrasti cromatici. A farla da padrona sono le righe e le stampe floreali, in cui si avverte l’influenza giapponese e africana. Ricordano i fiori stampati su certi kimoni le cromie che illuminano fusciacche e
lunghi abiti impalpabili.
Una silhouette nuova per capi dal taglio sartoriale. Lo stilista omaggia Diane e la sua personalità eclettica. L’eleganza effortlessy-chic, tanto cara alla designer oggi 69enne, resta uno dei principi su cui si basa ancora oggi l’estetica della maison. Sensuale, indipendente, la donna di Saunders inneggia fieramente all’American Style. I prezzi non sono saliti, in linea con una linea di marketing che non rinuncia ad essere easy. Tra i materiali prediletti seta e cotone. La palette cromatica abbraccia tonalità che spaziano dall’azzurro cielo al verde al rosso terracotta.
La collezione Primavera/Estate 2017 firmata Jeremy Scott porta sulla passerella newyorkese una ventata di colore velata da un pizzico di nostalgia. Tuttavia lo stilista non cede a sentimalismi che non gli appartengono: è piuttosto una dichiarazione d’amore alla vecchia New York a prendere forma. La New York degli anni Ottanta rivive dipinta su capi iconici, nei raggi x che vengono immortalati su mini dress che omaggiano a Warhol e ai nightclub.
Disco music e note fetish sbucano da capi dai colori vitaminici ma anche da due pezzi in pelle nera, tra borchie e latex dall’appeal aggressivo. Tridimensionali le stampe: sono volti e gambe femminili. Largo a trench in pelle, lingerie a vista, occhiali anni Cinquanta, pattern grafici audaci ed irriverenti, e ancora volumi oversize e bustier con zip frontale.
Sexy e sicura di sé, la donna che calca la passerella strizzata in abiti di paillettes sembra uscita da un party, nell’atmosfera euforica della Grande Mela. I riferimenti non sono certo velati, come è consuetudine in casa dello stilista. Riusciti gli omaggi alla Pop Art che si sposano alle consuete stampe cartoon, tanto care al designer: ora sono i grattacieli ad impreziosire i capi, per una disco queen perfettamente a suo agio nella Big Apple. Chiudono il défilé capi scultorei interamente ricoperti di paillettes, per geometrie ardite ma efficaci.
Si respira un’aria nuova da Lacoste. Lo stile più autentico della maison viene rivisitato in chiave streetwear da Felipe Oliveira Batista. Sfilano in passerella suggestioni preppy, tra tenute da tennis che strizzano l’occhio allo stile urban.
Una partita di tennis giocata sul filo dello stile, tra abiti a bustier che enfatizzano una femminilità inconsueta per la maison e cappucci che ricordano un accappatoio. Suggestioni Seventies nei maxi dress a righe mentre il coccodrillo, emblema del brand, viene proiettato in inediti graffiti che impreziosiscono i capi, in un tributo a Warhol.
Pulizia, linee essenziali e minimalismo-chic d’ordinanza si uniscono a dettagli chic in una palette cromatica vitaminica. Largo a polo per lui e per lei, gonne plissettate che ricordano le tenute da tennis. Dominano i dettagli sporty-chic e i colori accesi, perfetti per affrontare la stagione estiva.
Cosa succede se la top model del momento si improvvisa designer e sforna una collezione per Tommy Hilfiger? Lo abbiamo visto a New York, dove ha sfilato la capsule collection disegnata dalla splendida Gigi Hadid. Un evento commerciale, più che una semplice sfilata di moda. La collezione Autunno 2016 creata dalla top model, regina dei social media, ha letteralmente invaso la rete, rimbalzando di social in social.
Lo stile mariniere, emblema del brand americano, si coniuga perfettamente con la freschezza della modella: largo quindi a una collezione pensata per le giovanissime. Il messaggio subliminale sembra essere univoco: neanche troppo occulte le strategie di marketing insite nell’ispirazione alla base della capsule collection. La sfrontata bellezza di Gigi Hadid basta da sola ad incitare all’acquisto dei capi che lei stessa predilige nel suo guardaroba. Largo a leggings in pelle, morbidi maxi pull intrecciati, mantelle, caban e trench. L’ispirazione nautica impreziosisce ogni capo con piccoli dettagli e applicazioni: largo ad ancore, reti, nodi che fanno capolino ovunque, anche nei maxi abiti d’ispirazione Seventies. Sexy, casual ma anche rock-n’-roll la donna che calca la passerella: sfilano per ogni outfit due coppie di modelle.
‘TommyXGigi’ è anche questo: giocosa, irriverente, sembra quasi di respirare l’aria spensierata della giovinezza. La stessa vissuta da Gigi Hadid. La modella, classe 1995, ci apre le porte del suo universo. Non è un caso che il set allestito per la sfilata ricordi un maxi luna park, con le giostre, la ruota panoramica e i giochi. Tra dettagli sporty-chic e suggestioni streetstyle, sfila un elogio della fanciullezza e un tripudio dell’American style. “E’ una nuova era da Tommy Hilfiger. Stiamo spezzando le regole da vecchia scuola delle passerelle, dando accesso immediato alla collezione per l’autunno 2016 e alla capsule TommyXGigi. #Tommynow è lo show che ho sempre voluto realizzare. Una vera democratizzazione della moda”: queste le parole con cui lo stilista americano ha salutato l’evento.
La filosofia del “see now buy now” viene finalmente sposata anche da Tommy Hilfiger: lo stilista americano è solo l’ultimo di una lunga lista di designer che hanno abbracciato la nuova logica del ready to buy. Non sarà più necessario attendere i fatidici sei mesi prima di acquistare la collezione negli stores: i capi saranno immediatamente disponibili online e nelle boutique. Completa il quadro l’accessibilità dei prezzi dei capi proposti.
Sei mesi fa veniva dato l’annuncio: Gigi Hadid, global ambassador di Tommy Hilfiger, sarebbe stata la designer di un’esclusiva capsule collection del brand. L’attesa è finalmente terminata: la collezione moda Autunno/Inverno 2016-2017 disegnata da Gigi Hadid per Tommy Hilfiger è stata finalmente resa pubblica.
La modella, già musa del profumo The Girl di Tommy Hilfiger, si rivela brillante designer di una collezione dal mood sporty-chic e dalle suggestioni mariniere. Abiti e accessori in linea con la tradizione del brand americano: ancora una volta è la nautica il fil rouge della collezione, che ha debuttato in passerella durante la New York Fashion Week, lo scorso 9 settembre.
Una linea fresca e giovane, frizzante e ricca di fantasia. Pantaloni in pelle, lunghi abiti stampati, caban, pull intrecciati, jeans e dettagli da sportswear. I prezzi variano da 25 a 575 dollari. E’ possibile acquistare online i capi dal primo settembre, mentre nei negozi sono disponibili dal 10 settembre.
Gigi Hadid ha firmato la capsule collection Tommy Hilfiger per l’autunno/inverno 2016-2017
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La top model indossa una delle creazioni disegnate da lei stessa per Tommy Hilfiger
Si è appena conclusa la 73esima Mostra Internazionale d’Arte cinematografica di Venezia. Tanti i red carpet da sogno, anche se non sono mancate clamorose cadute di stile. Venezia si riconferma capitale del glamour per l’evento più atteso da paparazzi e maniaci dello stile.
Tanti i film presentati in quest’edizione, che ha visto come madrina l’attrice Sonia Bergamasco. Ironica e versatile, l’abbiamo ammirata nei suoi outfit, caratterizzati da eleganza discreta e raffinata. Ma a rubare la scena alla madrina è stata la top model ungherese Barbara Palvin, testimonial L’Oréal Paris: la splendida modella è apparsa acqua e sapone, bella come nessuna, immersa nelle acque del Lido.
Tra le protagoniste del Festival del Cinema di quest’anno anche la bellissima Bianca Balti, che ha sfoggiato un trench della linea disegnata da Jean Paul Gaultier per OVS. Occhi puntati anche sulle fashion blogger, che si sono contraddistinte per la loro eleganza: su tutte brilla Chiara Ferragni, che ha scelto Philosophy by Lorenzo Serafini. Splendente sul red carpet Eleonora Carisi: appeal da vera diva per la blogger torinese. Dieci e lode. Perfetta anche la fashion editor Giovanna Battaglia, che ha scelto un abito Giambattista Valli Couture.
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Chiara Ferragni in Philosophy by Lorenzo Serafini
Chiara Mastroianni in Giorgio Armani Privé
Amy Adams in Tom Ford, scarpe Jimmy Choo e gioielli Bulgari
Eliana Miglio in Vivienne Westwood
Eva Herzigova in Alberta Ferretti e gioielli Chopard
Suki Waterhouse in Dolce & Gabbana
Ilaria Spada in Giorgio Armani
Margherita Buy in Giorgio Armani (foto: Getty Images)
Anna Foglietta in Tommy Hilfiger
Bianca Balti in Jean Paul Gaultier per OVS e gioielli Chopard
Carolina Crescentini in Gucci
Catrinel Marlon in Blumarine
Chiara Biasi in Alberta Ferretti
Dakota Fanning in Miu Miu
Diane Kruger in Elie Saab
Farida Khelfa in Schiaparelli
Emilia Jones in Peter Pilotto
Francesca Michielin in N°21
Gemma Arterton in Giorgio Armani
Giovanna Battaglia in Giambattista Valli Couture
Grace Gummer in Valentino
Giulia Bevilacqua in Antonio Grimaldi
Giulia Elettra Gorietti in Twin-Set
Lauren Santo Domingo in Valentino
Valentina Lodovini in Ermanno Scervino
Caterina Murino in Dolce & Gabbana
Natalie Portman in Valentino, gioielli Bulgari
Marina Rocco in Ermanno Scervino
Matilde Gioli in Valentino
Paola Cortellesi in Alberta Ferretti
Alicia Vikander in Louis Vuitton, gioielli Bulgari
Chiara Mastroianni in Gucci
Eleonora Carisi in Alberta Ferretti, gioielli Buccellati
Amy Adams in Stella McCartney
Sonia Bergamasco in Giorgio Armani
Lily-Rose Depp in Chanel (Foto: Getty Images)
Teresa Palmer in Prada
Cristiana Capotondi in Ermanno Scervino e gioielli Pomellato
Rocio Munoz Morales in Ermanno Scervino
Laura Adriani in Philosophy by Lorenzo Serafini
Eva Riccobono in Giorgio Armani Privé
Anna Safroncik in Alberta Ferretti
Belen Rodríguez in Alberta Ferretti
La top model Liya Kebede
Il Leone d’Oro per il cattivo gusto va senz’altro a Giulia Salemi e Dayane Mello: le mise sfoggiate dalle due attrici poco o nulla lasciavano all’immaginazione. La già dubbia gradazione fluo dei due vestiti veniva completata dall’assenza della lingerie: impossibile non ripensare a Belen Rodríguez, che fece molto discutere in una passata edizione del Festival di Sanremo per aver usato la medesima provocazione. Ma qui l’effetto è stato persino peggiore e dirompente la potenza mediatica che ne è derivata: viene da chiedersi cosa spinga due avvenenti ragazze a calcare un red carpet -da sempre sinonimo di eleganza- così agghindate. Agli spettatori resta un ultimo rifugio, nella nostalgia per il glorioso passato, quando il divismo era ancora sinonimo di stile.
La top model ungherese Barbara Palvin (Foto: Ansa)
Giulia Salemi e Dayane Mello: le loro mise succinte hanno fatto molto discutere
Prossima apertura a New York per 10 Corso Como, il concept store milanese fondato da Carla Sozzani: la Howard Hughes Corporation ha infatti annunciato l’apertura di uno spazio newyorkese per giugno 2017. Il progetto rientra nel piano di rivitalizzazione del Seaport District: nel progetto sono previsti 1.300 metri quadri e disegni realizzati dall’artista americano Kris Ruhs.
10 Corso Como, fondato nel 1991 da Carla Sozzani, conta già delle sedi a Seoul, Shanghai e Beijing. Lo store meneghino si appresta a diventare punto di riferimento anche nella Grande Mela proprio nel venticinquesimo anniversario. Non solo fucina di talenti ma anche punto di ritrovo, caffetteria, food, arte e cultura.
Il progetto nasce dalla collaborazione tra The Howard Hughes Corporation -gruppo real estate che sta ristrutturando l’area di Seaport District per un investimento di 500 milioni di dollari -e la Sozzani. Inoltre è previsto anche un restyling del flagship milanese.
La Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia è da sempre luogo privilegiato per il glamour internazionale, crocevia di divi ed esponenti del jet set internazionale. Ad animare il red carpet del Lido nelle edizioni precedenti nomi di attori celebri, da Sophia Loren a Brigitte Bardot.
Il Festival di Venezia, giunto quest’anno alla 73esima edizione, ha visto passare personalità di spicco: come dimenticare la splendida Brigitte Bardot, sbarcata al Lido nel 1958 insieme al cantante Sacha Distel? E ancora, la splendida Sophia Loren, presenza fissa del Festival, immortalata in scatti celebri che ne evidenziano l’intramontabile bellezza.
Da Maria Callas a Wallis Simpson, da Catherine Deneuve a Gene Tierney, fino a Paul Newman: tantissimi sono i divi che hanno incantato la croisette, dal 1932, anno della prima edizione del Festival, ad oggi. Di quel glamour restano oggi le foto, tante, raccolte nell’archivio di Getty Images: immagini splendide che testimoniano un’epoca forse finita, intrisa di un’eleganza vintage difficile da imitare.
Una foto storica di Sophia Loren a Venezia
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Gina Lollobrigida al Festival del Cinema di Venezia, 1949 (Foto Getty Images)
Lucia Bosé, Venezia, 1950 (Foto Getty Images)
Sophia Loren, 1955 (Foto Getty Images)
Sophia Loren e Machiko Kyo, 1955 (Foto Getty Images)
Anna Magnani al Festival del 1956
Gina Lollobrigida, 1956
Elsa Maxwell e Maria Callas al Festival di Venezia, 1958
Maria Callas a Venezia, 1957
La Bardot con Sacha Distel, 1958
Brigitte Bardot a Venezia, 1958
Brigitte Bardot approda al Lido, 1958
Sophia Loren, 1958 (Foto Getty Images)
Jayne Mansfield ed Enrico Bomba, 1962
(Foto Getty Images)
Monica Vitti al Festival del Cinema di Venezia, 1962 (Foto Archivio Camperaphoto Epoche Venezia)
Claudia Cardinale al Festival di Venezia, 1965
Catherine Deneuve con il fotografo David Bailey, all’epoca suo marito, 1967 (Foto Keystone-FranceGamma-Rapho via Getty Images)
Françoise Hardy al Festival di Venezia, 1969
Claudia Cardinale (Foto Getty Images)
Edoardo VIII e Wallis Simpson
Gene Tierney (Foto Getty Images)
Elizabeth Taylor e Richard Burton a Venezia (Foto Getty Images)
Paul Newman alla Mostra del Cinema di Venezia, 1963
(Foto cover: Claudia Cardinale al Festival di Venezia, 1967)
Fashion editor, icona di stile, talent scout e musa di stilisti: Isabella Blow è stata una delle figure più influenti del fashion biz. La definirono “la cappellaia matta”, per quella sua passione per i cappellini. Uno stile stravagante, il suo, a tratti dark e a tratti fiabesco, ed una sensibilità forse rara nel mondo della moda, che divenne il suo tallone d’Achille, conducendola ad un destino tragico.
Scopritrice di talenti del calibro di Philip Treacy e Alexander McQueen e talent scout delle modelle Sophie Dahl e Stella Tennant, anima creativa, per Isabella Blow la moda era un mezzo di autodeterminazione ed espressione di sé: “Se sei bella, non hai bisogno di vestiti. Se sei brutta, come me, sei come una casa senza fondamenta; hai bisogno di qualcosa per costruirti”.
Indimenticabile il suo caschetto nero, su cui facevano capolino i cappelli scultorei, che caratterizzavano il suo stile. Si è appena conclusa a Sydney “Isabella Blow: A Fashionable Life”, una mostra dedicata alla sua vita. A ricordare la sua figura anche un film in prossima uscita (clicca qui per saperne di più), dedicato alla sua amicizia con McQueen, di cui fu musa e pigmalione. Fu proprio lei infatti a fiutarne per prima l’incommensurabile talento. Ad unirli sarà la stessa tragica sorte.
Isabella Blow nacque a Londra il 19 novembre 1958
Isabella Blow nacque in una famiglia aristocratica, primogenita di quattro figli
Isabella Blow immortalata a New York da Steven Meisel
Isabella Blow (all’anagrafe Isabella Delves Broughton) nacque a Londra il 19 novembre 1958 e crebbe in una famiglia aristocratica: era infatti la primogenita di Sir Evelyn Delves Broughton (dodicesimo baronetto Broughton, nonché figlio di Jock Delves Broughton, celebre protagonista del film “Misfatto bianco”) e dell’avvocatessa Helen Mary Shore. Ma l’idillio della sua infanzia, immersa nel verde della campagna inglese, venne presto drammaticamente turbato dal divorzio dei genitori e soprattutto dalla tragica morte del fratellino John, che muore annegato in piscina a soli due anni. La versione raccontata dalla stessa Isabella, che all’epoca aveva solo cinque anni, vuole che la madre si sia allontanata per un momento dai quattro figli per andare a mettersi il rossetto. La morte del fratello sconvolge profondamente il suo animo, già fragile.
Isabella studia alla Heathfield School (l’attuale St Mary’s School) e inizia a lavorare come segretaria. Dopo il diploma, nel 1979 si trasferisce a New York per studiare Arte cinese alla Columbia University. Nella Grande Mela divide l’appartamento con l’attrice Catherine Oxenberg. Un anno dopo lascia l’università per trasferirsi in Texas, dove lavora con Guy Laroche. Nel 1981 convola a nozze con Nicholas Taylor, dal quale divorzierà due anni dopo. Inoltre in questo periodo inizia la sua carriera nel fashion biz. Viene infatti presentata alla direttrice dell’edizione americana di Vogue, Anna Wintour. Isabella viene dapprima assunta come sua assistente e più tardi diviene l’assistente di Andre Leon Talley, redattore capo di Vogue. Mentre lavora a New York spiccano tra le sue frequentazioni Andy Warhol e Jean-Michel Basquiat.
Isabella Blow in uno scatto di Steven Meisel, 1993
Uno degli outfit sfoggiati dalla fashion editor (Foto: Vogue.com)
Isabella Blow in uno scatto di Helmut Newton
Isabella Blow in una foto del 1996
Tantissimi sono i lavori precari che Isabella si trova a svolgere, dopo essere stata diseredata dalla famiglia d’origine. La fashion editor lavora anche in una lavanderia. Nel 1986 Isabella torna a Londra: qui inizia una collaborazione con Michael Roberts, direttore del Tatler e del Sunday Times Style, incarico da lei assunto nello stesso anno. Isabella tiene una sua rubrica di stile sul Sunday Times Style e un suo spazio dedicato alla moda su Vogue UK. Nel 1989 sposa il suo secondo marito, il mercante d’arte Detmar Blow. Il primo incontro tra i due aveva avuto luogo durante un matrimonio. Blow le disse che amava il cappellino che lei indossava per l’occasione. Solo sedici giorni dopo arrivò il fidanzamento ufficiale. Indimenticabili le foto del loro matrimonio in stile medievale, celebrato nella cattedrale di Gloucester: la fashion editor sfoggiava un’acconciatura di Philip Treacy. Con lo stilista nacque un sodalizio artistico tra i più prolifici della storia della moda: un’amicizia autentica legava i due. Isabella, che amava indossare estrosi cappellini a corredare ogni suo outfit, offrì a Treacy ospitalità nel suo appartamento londinese, permettendogli di mettere a punto la sua collezione e divenendo sua musa. Isabella indosserà per tutto il corso della sua vita i cappellini disegnati da Treacy.
Innumerevoli le creazioni al limite del surrealismo indossate dalla fashion editor, dal celebre Lobster Hat, con tanto di aragosta, al reticolato di Swarovski, dalla maschera di pizzo, che ricorda un’armatura, all’elmo di piume nere, dal copricapo da folletto decorato con pon pon nero fino al copricapo nuziale, dalle suggestioni altere, che ricordavano quasi Lady Macbeth. Per lei, interprete del più autentico stile british, il cappello rappresentava quasi una parte di sé e non un mero ornamento. Quando, durante un’intervista del 2002, le venne chiesto come mai indossasse sempre i suoi bizzarri copricapi, lei rispose così: “Per tenere tutti lontano da me. Dicono: posso baciarti? E io rispondo: No, grazie mille. Ecco perché indosso il cappello. Arrivederci. Non voglio essere baciata da chiunque. Voglio essere baciata solo dalle persone che amo.”
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Isabella Blow con Alexander McQueen, 2004
La Blow con uno dei suoi celebri cappellini
Isabella Blow ritratta da Rankin, 2000
Isabella Blow in una foto di Gauthier Hallet, Self Service #17
Isabella Blow in una foto di Ezra Petronio per Self Service #20
Isabella Blow in una foto di Arthur Elgort
Isabella Blow alla settimana della moda parigina
La celebre fashion editor nel suo ufficio
Isabella Blow alla Paris Fashion Week, foto di Bill Cunningham, anni Novanta
Isabella Blow su Vogue Russia, 2002
Isabella Blow immortalata da Tim Walker per Vanity Fair 2007
Una foto della fashion editor
Isabella Blow con cappellino Philip Treacy (Foto Chris Moore)
Ma Philip Treacy non fu il solo ad essere scoperto dalla fashion editor: correva l’anno 1992 quando Isabella Blow fiutò uno dei talenti più geniali della moda. Durante la cerimonia di chiusura della Saint Martins School of Art, in una sala sovraffollata, la fashion editor viene folgorata dalla collezione di un esordiente: trattasi di Alexander McQueen. Entusiasta, Isabella acquista tutti i pezzi della collezione del giovane designer al costo di 5,000 sterline. Sono tutti i risparmi che possiede. Ma lei è imperturbabile, sicura del suo intuito, e paga quella cifra in rate settimanali da 100 dollari. È l’inizio di un’amicizia che durerà una vita intera, ma anche di un legame lavorativo che toccherà vette stilistiche inusitate. Tante le foto che immortalano Isabella al fianco di McQueen, come lo shooting per Vanity Fair, firmato da David LaChapelle nel marzo 1997. Fu grazie all’operato di Isabella Blow se nella Londra anni Novanta emerse un nuovo fermento artistico: mentre il genio di McQueen si affermava prepotentemente (“God save McQueen” diviene il motto dell’epoca), Isabella scopre Sophie Dahl e le blasonate Stella Tennant e Honor Fraser. Della Dahl, forme burrose su un viso da bambola, dirà: “È una grande bambola con il cervello”. Le sue aristo-modelle si imposero immediatamente come i volti rivelazione del decennio, e grazie a lei la nobiltà inglese e i salotti chic sbarcarono sulle passerelle, in un connubio quantomai riuscito.
Nel 1993 posa per il fotografo Steven Meisel, affascinato dal suo stile e dal suo viso austero. Tante le collaborazioni con numerosi brand, da DuPont Lycra a Lacoste fino a Swarowski, che grazie a lei vive una nuova stagione. Le dedicarono delle creazioni Alexander McQueen, Hussein Chalayan, Julien MacDonald e molti altri. Nel 2002 le venne dedicata una mostra, intitolata “When Philip met Isabella”. Nel 2004 fece un cameo nel film Le avventure acquatiche di Steve Zissou. Nel 2005 collaborò con l’artista Matthieu Laurette per un progetto commissionato dalla Frieze Project 2005, che consisteva nella creazione di una guida giornaliera alla Frieze Art Fair diretta dalla stessa Blow e da esperti di moda del calibro di Peter Saville, Kira Joliffe e Bay Garnett. Poco prima della morte curò lo styling di una serie di libri sulla bellezza nel mondo arabo prodotti dall’imprenditore Sheikh Majed al-Sabah, ma venne improvvisamente esclusa dal progetto per ragioni sconosciute.
Isabella Blow morì suicida nel maggio 2007
Isabella Blow in uno scatto di Miguel Reveriego
Isabella Blow in una foto di Diego Uchitel, 2002
Isabella Blow con Philip Treacy, di cui fu musa
Per lei fu l’inizio della fine. Isabella, dotata di una sensibilità rara, divenne preda del fashion biz: quello stesso sistema che prima l’aveva amata ed idolatrata, sembrava ora chiuderle le porte, stringendola in una morsa fatale. Nonostante gli innumerevoli successi collezionati nel corso della sua carriera, Isabella cade in depressione. Preda del male oscuro, si chiude nella sua solitudine perdendo anche gli amici di una vita. Secondo Daphne Guinness, celebre icona di stile e sua intima amica, anche i rapporti con McQueen si erano fatti tesi dopo che quest’ultimo cedette il suo marchio a Gucci, senza renderla partecipe. Lo schiaffo fu troppo forte per lei, che era stata la prima a negoziare il contratto con cui Gucci avrebbe acquistato il brand. A trattative ultimate, Isabella fu la sola a non avere un contratto. Il suo brillante operato veniva ora salutato con il dono di un vestito, ennesima beffa di un sistema al quale si sentiva ormai sempre più estranea. Inoltre dovette fare i conti con i crescenti problemi economici e con la sterilità. Isabella e il marito tentarono per ben otto volte la fecondazione in vitro, ma senza successo. Nel 2004, dopo che il matrimonio naufragò, le venne diagnosticato un disturbo bipolare e fu sottoposta a delle sedute di elettroshock. Dopo diciotto mesi di separazione lei e Detmar si riavvicinano, ma alla fashion editor viene diagnosticato un cancro alle ovaie. In preda alla depressione, la donna tenta diverse volte il suicidio, dapprima assumendo dei barbiturici e poi gettandosi dall’Hammersmith Flyover, dove si salva ma riporta fratture ad entrambe le caviglie. Infine, dopo altri tentativi falliti, riesce a togliersi la vita e muore a Gloucester il 7 maggio 2007, dopo aver assunto un pesticida. La cerimonia funebre è struggente: sei cavalli neri precedono il feretro, ricoperto da una corona di fiori bianchi su cui spicca il cappello-galeone che Philip Treacy aveva creato apposta per lei. Se ne andava così una delle figure più autorevoli e fragili della moda, seguita solo tre anni dopo dal suo pupillo ed amico Alexander McQueen.
(In copertina: Isabella Blow con cappello Philip Treacy per Alexander McQueen. Foto: Richard Saker/Rex Features)