Festival di Sanremo, la parola agli stylist

Mai come in queste serate, la televisione ha la funzione del caminetto, tutti intorno ben disposti a riscaldarsi“,

Carlo Giuffrè in merito al Festival di Sanremo.

E lo è tutt’oggi un evento che unifica l’Italia, pronta a votare la canzone migliore, a giudicare i cachet da capogiro, a riconoscersi in un brano, ma soprattutto a valutare il look che si potrà copiare o fucilare fino al prossimo Sanremo.

Una corsa allo stylist più bravo, più inserito nel contesto moda, un palco a metà dove il cantautore si affida a quel ruolo oggi più che mai sotto i riflettori, lo stylist.

Li abbiamo intervistati per comprendere meglio cosa c’è dietro le loro scelte d’immagine.



SUSANNA AUSONI

Stylist di Annalisa

Questo è il Festival della canzone italiana o il Festival dello Stile?

E’ una domanda che rimando a te. Il disequilibrio tra musica e stile è stato creato dai giornalisti.
Il Festival dagli anni 2000, quelli dei miei inizi, ad oggi, è certamente cambiato, anche se è sempre stato un grande evento attenzionato, dove i contenuti sono sempre più importanti.
Oggi i giornali fanno le pagelle, è una moda che copiano tutti, spesso senza conoscere il lavoro che sta dietro al personaggio, voti dati a casaccio in maniera poco obiettiva. I social fanno il resto, un altro luogo di democraticizzazione del giudizio senza conoscenza. Sembra di vivere gli ’80, l’epoca dei paninari che compravano le Timberland omologandosi per sentirsi parte di un gruppo.

C’è una corsa al brand lusso acchiappalike?

Purtroppo sono in tanti a trincerarsi dietro il marchio, il pensiero è “piacere alla Milano fashionista per essere cool”; la verità è che si è perso il coraggio, quello che aveva Loredana Bertè nel lontano ’86 quando fece scandalo indossando sul Palco dell’Ariston un finto pancione.
E’ un vero peccato perchè il lavoro più interessante dello stylist sta nella ricerca, ma le famigerate pagelle fucilano i colleghi se scelgono brand minori, anche sconosciuti, ma che alle spalle hanno importantissimi uffici stile, notizia nota solo agli addetti al settore.

Quest’anno è il brand Dolce & Gabbana a vestire Annalisa, una scelta che esalta il made in Italy, perfetto per lei e coerente con il dna del Festival, per l’appunto Italiano.

Quanto è importante per la carriera di uno stylist, vestire un cantante ad un evento di portata nazionale?

C’è chi firma lavori anche senza avere una lunga esperienza, non sempre la competenza è sinonimo di successo.
Certo il Festival è un palco importante ma rischioso per chi fa questo mestiere, perchè si è sotto i riflettori, oggi più che in passato, e sbaglia anche chi ha tanti anni di lavoro alle spalle.
Il Festival regala uno spettacolo meraviglioso, dove per noi stylist si è però persa oggettività e freschezza.

FLORIANA SERANI

Stylist di Fred De Palma


Quanto lavoro psicologico, oltre che di ricerca stilistica, c’è nell’approccio al personaggio?

Personalmente cerco sempre di conoscere la persona prima del personaggio.
Chiedo di essere coinvolta nell’ascolto della canzone in gara, e di costruire intorno a questa, un immaginario visivo che dia forza al suo mondo musicale, partenza sempre dal cantante.

In queste tue scelte, la casa discografica e l’ufficio stampa del cantante, sono coinvolti?

Non in questo caso, anche se per alcune attività ad un certo punto del lavoro ci si confronta sempre.

Hai mai ricevuto richieste strambe da parte dei cantanti?

Spesso succede che richiedano stili non ancora sviluppati da designer, sembra assurdo ma la fantasia è tanta; e in questi casi si passa ad un lavoro di custom creativo, con l’appoggio di sarti. E’ la parte divertente del lavoro, creare ciò che ancora non esiste sul mercato.

Quanto coraggio hanno oggi gli stylist al Festival?

Dipende molto anche dal rapporto tra stylist-artista.
Conoscendo Fred De Palma da diversi anni, so che per lui è importante mantenere la sua identità, rispettando anche le “etichette” d’eleganza del Festival. Il mio lavoro è non snaturare l’artista e portare avanti il suo linguaggio streetwear che nel brand Ssheena ha avuto un buon alleato.

Che cosa fa la differenza in un lavoro di styling, rispetto ad un altro, al Festival di Sanremo?

L’essere di supporto all’artista, alla canzone, allo show. In sintesi lo chiamerei lavoro di coerenza.

GIUSEPPE MAGISTRO

Stylist dei The Kolors

Come si prepara uno stylist ad un Festival di Sanremo?

Con i The Kolors il lavoro è iniziato sei mesi fa, siamo partiti dalle ispirazioni anni ’80, dalle forme, dalle strutture delle giacche, dai gruppi funk come gli Spandau Ballet, ai look del cantante britannico Nick Kamen, cercando di sintetizzare quel periodo fantastico per la moda e attualizzandolo, semplificandolo. Il minimo comune denominatore trovato, ci ha portato alla pulizia e all’eleganza di Armani. Ne è uscita un’immagine dei The Kolors pulita e senza fronzoli, in target con Sanremo e soprattutto che ha saputo valorizzare tutti e tre i musicisti.

Quanto conta il loro gusto personale e quanto la visibilità che regala un determinato marchio?

Fondamentale per me è rispettare il dna dell’artista, perchè sul palco c’è un essere umano.
Io cerco di sapere il più possibile di loro, dei loro gusti, delle loro preferenze, andando a togliere il superfluo, puntando sulla qualità di certe scelte, sui tessuti, sulla sartorialità. Con Maison Armani, nella serata finale, ci saranno ricami, punti vita, pantaloni a palazzo vita alta, per un effetto wow. La fortuna con i The Kolors è che hanno non solo una grande passione per la moda, ma una fisicità adatta a supportare ogni tipo di richiesta.

Quanto ancora lancia icone di stile il Festival di Sanremo?

Oggi ci sono delle scelte nteressanti, il Festival è certamente un palco dove si sta tornando a sperimentare, ed è una bella sorpresa ripensando a 15 anni fa quando la ricerca andava scemando. Se anche i brand internazionali decidono di rappresentare i cantanti in gara, questo dovrebbe farci pensare che si è sulla giusta strada, che stiamo lanciando messaggi universali.

Sanremo 2024 – le interviste ai Negramaro e Mahmood

Dalla Sala Stampa Lucio Dalla del Festival di Sanremo, le conferenze stampa dei Negramaro e Mahmood

NEGRAMARO

Questa sera farete un duetto con Malika Ayane, un omaggio a Lucio Battisti con la cover “La canzone del sole”, com’è nata l’idea?

Battisti ha fatto irruzione nelle vostre vite, siamo tutti un po’ le canzoni di Battisti.

19 anni fa salivate sul Palco dell’Ariston con “Mentre tutto scorre”, oggi il ritorno.

E’ come un esame di maturità, una circolarità infinita; il claim di “Ricominciamo Tutto” non è casuale, abbiamo impresso con le parole momenti importanti, e Sanremo è una iniezione di fiducia e uno stimolo forte a fare della grande musica. Dopo 20 anni di concerti stupendi, Amadeus ci ha chiesto di tornare insieme, un gesto d’amicizia, per fare l’ultimo Sanremo in gara, con una canzone che è visione ed emozione.

Nel 2005 “Mentre tutto scorre” è stata eliminata da Sanremo, poi però siete risultati primi in classifica negli ascolti. Anche in questo Festival siete primi in radio ma non nella classifica generale.

Sanremo è un palco, se non lo si vive come gara, si suona come in un Festival Europeo. Noi porteremo sempre la nostra visione musicale, senza pensare troppo ai numeri, continuando a suonare per strada, davanti al mare, nelle cantine. Suonare, suonare ovunque.
Lasciamo i numeri a chi nasce con i numeri, a chi fa milioni di views sul web, ma non vende un disco.

Che messaggi vuole lanciare la vostra canzone?

Rinascere. Esistono persone che non riescono a rinascere pulite, come i carcerati, percepiti sotto l’occhio del pregiudizio. Se fosse così sempre e per tutti, questa vita sarebbe una prigione, dobbiamo invece dare la possibilità a tutti di sentirsi migliori e migliorati. Io stesso vorrei essere diverso agli occhi degli altri, e rinascere. Sempre.

Come si fa per mettere d’accordo due generazioni?

Si è Negramaro.
Io odiavo Modugno perchè era la musica di mio nonno, dopo 20 anni l’abbiamo compreso e accettato che fosse irraggiungibile. Anche noi saremo irraggiungibili.

Qual è il potere della musica?

La musica guarisce. Noi insieme, grazie alla musica, ne abbiamo superate tante.

MAMHOOD

Com’è nata “Tuta gold”?

“Tuta gold” rappresenta il nucleo del progetto scritto questa estate in Sardegna in un Airbnb, nei pomeriggi in spiaggia, è un viaggio tra passato e presente, dove racconto le mie prime relazioni adolescenziali, momenti meno facili che rappresentano chi sono oggi, la mia intimità, la mia empatia. Questo è certamente il disco più ematico che abbia mai scritto.

Questa sera il duetto con I tenores di Bitti, portando sul palco “Com’è profondo il mare”.

Se oggi siamo nella sala Lucio Dalla, non è certo un caso. Omaggio a Dalla con un capolavoro, “Com’è profondo il mare” insieme ai Tenores di Bitti. L’accoppiamento inedito di questa sera è il messaggio legato ai sentimenti, forti e violenti come le onde del mare.

I Tenores di Bitti:

“Ringraziamo Alessandro per la sua sensibilità e per averci dato la possibilità di condividere questa esperienza che è anche amore per la propria terra e le proprie origini”

Mahmood riassumi in una frase la canzone che hai scritto, che non sia il titolo

“Non paragonarmi a una bitch così”, che può sembrare una frase frivola, ma non lo è. La “tuta gold” in fondo è una corazza, e avere le palle di dirlo è valorizzare cosa si è ottenuto negli anni.

In che modo ti senti diverso e in che modo uguale dai tuoi inizi

La prima serata mi regala sempre il tremolìo, esattamente cinque minuti prima di salire sul palco. E’ ansia, panico, eccitazione, adrenalina, penso che se non ci fosse non amerei il mio lavoro.

Cambieresti per gli altri, per omologarti a ciò che oggi si vende di più?

Se lo facessi sarei una persona triste. Nella mia cameretta guardo gli anime in tv, ordino da McDonald, e ci ho speso molto tempo a chiedermi se un giorno sarei mai riuscito a fare questo nella vita; ho detto al mio manager “E se tutto questo finisse? Oggi c’è chi mi legge l’agenda degli appuntamenti, chi mi veste, chi mi porta a fare le interviste, se finisse tutto, penso spesso, mi ritroverei a fare il dentista? Se così fosse, scriverei ugualmente, la sera, dopo il lavoro.
Pensiamo a “Com’è profondo il mare”, vale molto più di mille interviste, di infinite riunioni, la canzone può essere più grande di un oceano.

Sanremo 2024 – le interviste a Gazzelle, The Kolors e Bnkr44

SNOB dalla Sala Stampa del Festival di Sanremo 2024

Le interviste a Gazzelle, The Kolors, Bnkr44

GAZZELLE

Flavio Bruno Pardini, in arte Gazzelle, sei citato dal Festival quale quota indie, come ti senti?

“Non credo nelle etichette, io porto semplicemente il mio mondo, la mia storia, la mia esistenza, scrivo quello che mi capita nella vita e scrivo storie che non capitano più o che non capiteranno mai. Se questo è indie non lo so, quel che è certo è che questo sono io.”

Un tempo dicesti che non ti sentivi pronto per il Festival…

“Oggi mi sento a mio agio, anche se sono schivo alle conferenze e ai grandi eventi, ma avevo voglia di novità a livello professionale, volevo dare un brivido alla mia quotidianità, e il batticuore, le emozioni forti, in questo Festival le ho sentite.”

Il tuo rapporto con la musica …

“Ricordo zia Letizia, la più giovane delle zie, era in fissa con Ligabue, lo ascoltavo dappertutto, in auto, a casa, posso dire di averlo assorbito, e ho capito che Ligabue ha realmente il talento di sintetizzare esperienze in 3 minuti e 4 anni di vita in una canzone. Ha il dono della sintesi e della semplificazione, le emozioni non sono sempre facili da tradurre. Spero di averlo anche io.”

Il Festival di Sanremo oggi

“Sanremo è cambiato, non è certo lo spettacolo degli anni passati; come Festival della canzone ha sempre rispecchiato la sua epoca, cosa che sta facendo oggi Amadeus, che negli anni ha intercettato un certo tipo di musica, di generazione, ed io proprio oggi ho iniziato sentire che fosse giusto anche per me.”

La vostra musica e un’orchestra

“Con l’orchestra la musica è tutta un’altra cosa, sentire 70 persone che suonano la musica che hai scritto, gratifica, ti fa sentire bene, il pezzo acquista valore, proprio perchè l’orchestra riesce a dargli risonanza.”

Tutto quiE’ una canzone d’amore?

“Una canzone d’amore dedicata a persone che non ci sono più, al dolore, e alla mia voglia di poter essere utile a chi soffre. Credo di avere una visione surreale dell’amore, vorrei entrare nei ricordi dell’altro, nei suoi pensieri.”

A chi è rivolta?

“Non ho in mente un target preciso, io spero che arrivi a più orecchie possibili, anche a un 80 enne, che se facesse l’amore con la mia canzone, sarebbe bello.
In fondo sono solo parole, ma dipende tutto da chi le ascolta.”

Un consiglio ai giovani cantautori

“Fare più esperienze di vita possibili, se non vivi, non scrivi e anche il contrario.
A livello pratico ascoltare tanta musica, che ha sempre qualcosa da insegnare.”

THE KOLORS

La vostra canzone parla di una ragazza e un ragazzo che si incontrano, consigli per un approccio?

“In realtà musicalmente suonava bene un ragazzo, una ragazza, ma la storia non sappiamo come andrà a finire.
Siamo partiti da un incontro insieme a Davide Petrella, che ha scritto il pezzo insieme a noi, e dopo rimane una grande incognita.”

Gli ultimi due pezzi di successo sono molto disco anni ’80, c’è una motivazione dietro questa scelta?

“I nostri genitori suonavano insieme in un gruppo, noi siamo cugini, e abbiamo sempre ascoltato musica di ogni genere, soprattutto i Deep Purple, i The Cure…”

BNKR44

Che cos’è il vostro Bunker?

“Il nostro BNKR è un luogo sociale, un seminterrato con tanti divani, tante scritte sui muri, tante ragazze, poche finestre, una sala tv, una Venere del Botticelli disegnata da street Artist. Bnkr è la nostra sala prove con batteria e pianoforte e uno spazio aperto agli amici, dove poter giocare a carte o alla Playstation.”

Che rapporto avete con i social network?

“Se non usassimo i social per lavoro, indispensabili per promuovere le nostre canzoni, li cancelleremmo.”





La similitudine (con Sergio Rubini)

Il Festival del Cinema di Venezia è finalmente iniziato, lo omaggiamo con questo cortometraggio prodotto da Snob Srl, interpretato dal grande Sergio Rubini, e scritto e diretto da Peppe Tortora.

Un maestro di scuola elementare, dopo essere stato preso in giro dal direttore, davanti alla classe, decide di raccontare ai suoi bambini il significato della parola “Similitudine“. Lo fa con la storia di un uomo di nome Pernillo, un ignorante ma furbo che decide di aprire una scuola per maiali.
Sergio Rubini è l’attore protagonista che interpreta il maestro, Roberto Ciufoli interpreta il direttore.
L’ambiente è essenziale per dare importanza solo alla narrativa; la musica è composta da Alberto Bof come accento alla narrazione.

Tratto da un racconto di Angelo Tortora
Scritto e diretto da Peppe Tortora
Il maestro: Sergio Rubini
Direttore della scuola: Roberto Ciufoli
Bambino: Romeo Ciufoli
Aiuto Regia: Jacopo Rosso Ciufoli
Direttore della fotografia: Valerio Di Lorenzo
Musica originale di Alberto Bof
Press Agent Rubini: Saverio Ferragina
Supervisione Costumi: Tommaso Basilio
Aiuto Costumista: Paola Ragosta
Acconciature: Concetta Argondizzo @simonebelliagency
Operatore: Andrea D’Andrea
Aiuto Operatore: Vittorio Penna
Correzione Colore: Claudia Pasanisi
Grazie al centro Anziani San Felice di Roma

Una produzione di SNOB Srl
Direttore Responsabile: Miriam De Nicolò

78 Festival del Cinema di Venezia – i film da non perdere

Freaks out 

Mirabolante! “Freaks out” di Gabriele Mainetti è una storia delicatissima di “diversi che senza circo sono solo dei mostri”, come afferma uno dei fantastici 4 personaggi dotati di superpoteri. C’è tanto della poesia de “La forma dell’acqua” nella rappresentazione dell’amore e della tenerezza verso il mostro, tanto dei personaggi strambi amati da Diane Arbus, la fotografa morta suicida la cui storia é stata interpretata da una Nicole Kidman che si innamora dell’uomo lupo. 2 anni di post-produzione per una pellicola che tiene incollati allo schermo, azione, storia, ironia, colpi di scena, fotografia ed effetti speciali. Anche qui il Festival del Cinema avvicina al crudele tema della guerra, durante il periodo fascista, e il cinema è il mezzo forse più veloce e potente per aprire cuori e menti.

Qui rido io 

Qui Rido io di Mario Martone è la storia vera di Eduardo Scarpetta, il più grande commediografo e attore comico del ‘900 italiano. Un uomo generoso con il pubblico e severo con la famiglia, a tratti egoista, un dongiovanni che coabitava con mogli ed amanti e rispettivi figli, quelli riconosciuti e quelli che lo chiamavano “zio”, Titina, Peppino ed Eduardo De Filippo, che presero poi il cognome della madre. 
Per Scarpetta teatro e vita vera si mescolavano, la sua esistenza sfarzosa in palazzi imperiali lo portavano ad un atteggiamento imperioso che obbligava la sua cerchia ad una sudditanza “naturale”. Fino a quando l’episodio dannunziano, la messa in scena della parodia della “Figlia di Iorio”, l’opera di Gabriele D’Annunzio, lo vede accusato di plagio; sarà Benedetto Croce l’unico a sostenerlo, testimone di una malinconia che prende il sopravvento, di un mondo che muore e della nascita di un teatro nuovo. 
Toni Servillo ha letteralmente divorato il palcoscenico. 

Ezio Bosso. Le cose che restano 

Per Ezio Bosso, interprete, direttore d’orchestra e compositore, esiste una “Teoria delle 12 stanze in movimento”, l’ultima delle quali tornerà a noi come prima nel momento in cui impareremo a riconoscerci, per poter essere liberi, per sempre. 
Il docufilm di Gabriele Salvatores che in Ezio Bosso vedeva l’artista musicale che lui non è mai stato, è una finestra sul giardino dei mille volti che hanno avuto la fortuna di incontrare un grande comunicatore. Con la sete di sapere e la fame di musica che ha dall’età di quattro anni, Ezio Bosso è riuscito nell’intento di avvicinare “il popolo” alla musica classica, di portare la gente comune nei teatri; un film dalle infinite citazioni e dalla colonna sonora che Bosso ha regalato all’Italia intera, la direzione dei Carmina Burana all’Arena di Verona, le tre ore e mezza di musica e spettacolo nel Teatro Verdi di Busseto, in provincia di Parma, andato poi in onda su Rai3 in cui spiega Beethoven.
Una lunga storia d’amore e di dolore, quello che lo ha fermato e allontanato dalla musica, la malattia degenerativa che aveva da 2011. 
Le sue esibizioni non sempre erano perfette, lo ha dichiarato anche il suo ufficio stampa, ma non è forse l’imperfezione a renderci unici?!

Captain Volkonogov Escaped

Captain Volkonogov Escaped di Natasha Merkulova e Aleksey Chupov è la storia di una redenzione.
Fedor Volionogov è il capitano del servizio di sicurezza nazionale russo, il suo compito è quello di catturare i “nemici dello Stato”, per lo più vittime innocenti che vengono seviziate e uccise per accuse inesistenti.
Uno spirito notturno, una spiritualità che si era sopita, lo avverte dell’Inferno imminente dandogli la speranza di un Paradiso eterno solo nel caso in cui almeno uno dei famigliari delle vittime da lui uccise, gli avesse concesso il perdono. 
Incontrerà un padre che aveva ripudiato il proprio figlio credendolo un traditor di patria; una moglie impazzita per aver perso il marito per sempre; una figlia che credeva il padre ancora vivo; un bambino che brucia gli oggetti del padre perchè “un traditore non può chiamarsi padre” e una figlia chiusa in soffitta, sull’orlo di morire, sarà lei il limbo per poter accedere all’alto oppure in basso…

Imaculat

Volutamente claustrofobico, volutamente lento, volutamente irritante, volutamente silenzioso, il film sceneggiato da Monica Stan racconta la sua dolorosa e reale storia, le vicende di una tossicodipendente in un centro di riabilitazione tra giochi di potere taciti e non.

Di Monica Stan e George Chiper

Look Festival di Venezia 2020- fra gara d’eleganza e scivoloni trash

A Venezia fra gara d’eleganza e scivoloni trash

Nuovo cinema fashion. A Venezia, insieme alla settima arte, sfila una grande parata di stelle, soprattutto italiane, per sancire l’ottimismo della ripartenza in grande stile. A dimostrare l’indissolubilità del connubio fra moda e cinema. La palma dell’eleganza nella Serenissima spetta sicuramente a Elodie che si è palesata sul red carpet della Serenissima fasciata in un abito siderale in maglia metallica silver con spacco molto audace e lo scollo fittamente ricamato insieme al compagno Marracash in tuxedo dai dettagli argento: coppia clou e cool inequivocabilmente abbigliata da Donatella Versace e con ‘l’argento vivo addosso’. Inneggia a Eldorado vestita come una sirena da Atelier Versace la bellissima Maya Hawke, figlia di Ethan Hawke e Uma Thurman. La madrina della 77esima edizione della mostra del cinema della città dei dogi, Anna Foglietta, si rivela una vera e propria icona di stile brillando per grazia, talento, ironia e intelligenza. Inaugura il festival con una superba toilette con vaporosa gonna di tulle e top tintinnante di cristalli a cascata, firmata Armani Privé.

Re Giorgio in fatto di stile la sa lunga: oltre ad aver vestito il talentuoso Pier Francesco Favino, il nuovo Vittorio Gassman, che ha calcato il tappeto rosso in giacca da smoking greige insieme alla piccola figlia, attrice in erba nel suo ultimo film ‘Padrenostro’, ha dettato il look della presidente della giuria di quest’anno, l’ineffabile Cate Blanchett, per poi sfoggiare toilette da fulgida sirena griffate Etro, Gucci, Brunello Cucinelli e Alberta Ferretti, una delle attuali regine del Made in Italy che oltre ad aver curato l’immagine in nero assoluto e iridescente della bella Cristiana Capotondi, ha anche abbellito la splendida Arizona Muse, top model impegnata, con un trionfante fastello di rouche di georgette plissettata scarlatta.

Rosso Valentino per la bella Fotini Peluso e per Vanessa Kirby che ha interpretato Margareth di Windsor in ‘The crown’. Rosso sì ma un po’ surreale e francamente molto trash l’abito da bombardona, di Zuhair Murad (che sa fare di meglio…) sfoggiato da una vamp de noantri come Madalina Ghenea, archetipo della starlette di regime (qualcuno sa dirmi per quale motivo è famosa?) che pare la clonazione triste di Gilda.

E’ una donna in rosso ma super chic, fasciata da un abito drappeggiato di Dolce&Gabbana, la florida Vanessa Incontrada, tradizionalmente legata al gruppo Miroglio come stilista e ambasciatrice del brand curvy Elena Mirò. Furoreggia in bianco ottico ohimé l’influencer Giulia De Lellis sulla cui toilette banalotta a forma di meringa tristemente firmata da un oscurissimo atelier di bridal e palesemente ispirata all’abito di Sarah Jessica Parker nella sigla di ‘Sex and the city’, stendiamo un velo. Da dimenticare l’abito con crinolina tricolore di Eleonora Lastrucci, un flop galattico. Inguardabili Ludovica e Beatrice Valli che ostentano due improbabili abiti bianco latte di Rami Kadi al quale chiediamo: perché?

Vola alto come una colomba invece il bianco immacolato della magnetica Tilda Swinton, musa di cineasti ma anche di stilisti, che ritira il Leone d’oro alla carriera con un magnifico e sinuoso abito di candido pizzo di Chanel corredato da una maschera veneziana d’oro, perché la classe non è acqua. Intrigante e sexy chic la tuta candida di Genny in organza sfoggiata da Giorgia Surina e impreziosita da frange d’argento. Bianco etereo il lungo Armani che illumina Greta Ferro ed Emma Marrone in blazer ammaliante e niente altro. Raffinata come sempre come una casta diva la regale Cate Blanchett che apre il festival con un magnifico modello grafico e sensuale nero luminoso del 2015 profilato di bianco di Esteban Cortazar, per poi esibire un top scultoreo brodé di Alexander McQueen di qualche stagione fa, dando un lusinghiero esempio di grande upcicling sulle orme di Jane Fonda che ha ‘riciclato’ il suo abito rosso di Zuhair Murad già sfoggiato prima degli Oscar 2020. E la Blanchett appare di sicuro in tutto il suo splendore fasciata da un mermaid dress nero ricamato effetto bambù disegnato Re Giorgio versione Privé.

Non offre fianco a critiche (ma non convince del tutto) Carolina Crescentini con il suo toy boy Francesco Motta, avvolta in un abito glamour che la fa sembrare una fata turchina versione 5G. Alessandro Michele per Gucci sul red carpet alza il tiro con l’abito di gala a balze multicolori, molto garbato, indossato da Gia Coppola, figlia d’arte. Non passa inosservata la caduta di stile del nude look di Matilde Gioli con un top francobollo che lascia troppo poco all’immaginazione. Interessante l’evoluzione del look della cantante Levante che, grazie a Re Giorgio, si trasforma in una signora di classe, anche per farsi perdonare lo scivolone del look sanremese targato Marco De Vincenzo. Sexy ma elegantissima in blazer con cintura la bella Adèle Exarchopoulos che ha scelto Prada come pure la magnifica Jasmine Trinca, star di ‘La dea fortuna’ di Ozpetek avvistata all’ultima, suggestiva sfilata femminile del brand a Milano. Nero, elegantissimo l’abito di velluto solcato da tagli e frange indossato da Catherine Waterston. Scintilla come caviale prezioso l’abito di Baby K firmato da Moschino by Jeremy Scott. Non convince affatto il look premaman anch’esso total black, di Arisa che ha pur scomodato un grande come Marras ma ci vuol altro purtroppo per convertire la signora al buon gusto.

E’ una piacevole sorpresa invece la splendida Miriam Leone, una delle nuove dive del nostro cinema, ammiratissima nella trilogia Sky su Mani pulite 1992-1993-1994, che abdica finalmente a Gucci che non le donava granché, per sfoggiare un tuxedo nude laminato d’oro firmato Blazé Milano, marchio emergente italian style affidato alla matita di tre giovani designer e amato anche da Margherita Missoni e Giorgina Brandolini D’Adda. Largo ai giovani. E i maschi? Non stanno certo a guardare. E anche qui si contano varie bucce di banana. Come i fratelli d’Innocenzo che appaiono piuttosto inquietanti come le gemelle di Shining targati Gucci crivellati da doppie G e uno styling davvero sbagliato. Scelgono Prada invece James Norton e Dario Yazbek Bernal. Di Marracash e Favino abbiamo già parlato. Bello e sempre più interessante come un vero divo hollywoodiano, nonostante abbia superato le 50 primavere, giganteggia Matt Dillon, giurato di Venezia 77 che ricordiamo per il grandioso ‘Rusty il selvaggio’ di Coppola ma anche per l’estremo ‘La casa di Jack’ di Lars Von Trier. Per non sbagliare si è affidato a Re Giorgio che fra i gentlemen della settima arte si è accaparrato le vere star. Nella scuderia veneziana dei purosangue vestiti da Re Giorgio spiccano una leggenda come Almodòvar che ha presentato la sua ultima fatica ‘The human voice’, Anthony Delon, Daniele Luchetti e il sex symbol Miguel Angel Silvestre, star di Almodovar e di Netflix, griffato Emporio Armani al pari di Diodato trionfatore di Sanremo, ma anche Alessandro Gassman che ha esibito un completo nero illuminato da t-shirt rossa per il photocall di ‘Non odiare’, film meritorio pervaso da un vibrante impegno civile sulla denuncia della aberrante rimonta antisemita nel nostro paese, anticamera del neofascismo digitale. Su tutti svetta senza dubbio l’elegante e fascinoso attore Diego Boneta che si fa notare, ma con classe, con il suo blazer da gran sera di Atelier Versace ricamato di cristalli che scendono in degradé dalle spalle, epitome di superba e glamourous couture maschile aggiornata ai codici odierni.

Via alla XIII edizione del Locomotive Jazz Festival

Torna sul palcoscenico pugliese la XIII edizione del Locomotive Jazz Festival , che avrà luogo dal 10 luglio al 3 di agosto a Lecce, Taranto, Ceglie Messapica, Castro, Roca, Sant’Andrea e San Cataldo. Quest’anno, difatti, il Festival ha deciso di essere nei luoghi periferici, luoghi maltrattati, come San Cataldo, o vittime di etichette, come Taranto, città industriale che tuttavia è in possesso di una cultura profonde e da riscoprire.


Raffaele Casarano, direttore artistico da ormai tredici anni, ha dichiarato il vero intento dell’evento: “La sfida di tutti è quella di seguire quel che fa la Musica, liberarsi dalle gabbie, diffondersi senza limiti. Il LJF, rispetto ad altri festival musicali, ha un pensiero forte: la musica come strumento attraverso cui narrare altre storie e fare luce su delle problematiche di carattere ambientale, sociale, culturale. Nel corso degli anni sono venuti a suonare per il Locomotive musicisti di fama internazionale, che hanno sposato la nostra causa, appassionandosene, imparando ad amare il Salento, le sue debolezze e la sua bellezza estrema”.


Anche quest’anno, difatti, il LJF ospiterà artisti di gran calibro come Malika Ayane, Avion Travel, Dolcenera, Bungaro, Fabio Concato, Kurt Elling, Kenny Garrett, Stefano Di Battista e Nicky Nicolai, Nick The Nightfly, Gilles Peterson, Nicola Conte, Till Bronner e Dieter Ilg, Renzo Rubino & Gino Castaldo.


Dal 30 luglio al 3 agosto, inoltre, sarà possibile seguire il Locomotive in diretta su Radio Montecarlo, dalle 15.00 alle 16.00 e dalle 22.00 alle 2.00. Durante la serata del 3 agosto, il Festival sposerà l’iniziativa diTria Corda Onlus: l’intero incasso della serata sarà devoluto alla Onlus, per contribuire alla realizzazione del Polo Pediatrico salentino.


Fabio Concato
Fabio Concato



Dolcenera -
Dolcenera



nicolai+dibattista
nicolai+dibattista



Malika_Ayane (1)
Malika_Ayane



http://www.locomotivejazzfestival.it/

A Macerata microMACRO, festival del design fatto a mano

Dal 25 al 27 novembre Macerata diverrà crocevia di eventi legati al design: presso il DUMA di Macerata (vicolo Tornabuoni, 6) avrà luogo microMACRO, piccolo festival di design fatto a mano. L’associazione Les Friches, da anni impegnata nella promozione della creatività e della manualità attraverso la progettazione di attività formative e laboratoriali per bambini e adulti, ha dato vita ad un dialogo sull’artigianato e il design, creando una rete sul territorio impegnata anche nel riuso e nel riciclo.

Si è approdati così al lancio di un nuovo settore del design che coniuga l’aspetto pedagogico e ludico con le tematiche legate all’ambiente, in un’estetica inedita ed accattivante. microMACRO è il frutto di un’incessante sperimentazione e ricerca, insieme a Les Friches | fattoamano, etichetta di prodotti di eco-design interamente realizzati a mano. L’eco-design diviene protagonista assoluto in incursioni che coniugano le diverse arti, in un processo di contaminazione artistica.

Gli oggetti firmati Les Friches | fattoamano prediligono materiali riciclati di origine naturale, provenienti da post consumo o scarti di lavorazione, in primis legno, carta, cartone e tessuto, ridefiniti attraverso una rielaborazione giocosa delle idee ed un’audace sperimentazione. Tra le iniziative di microMACRO la mostra fotografica di Marco Biancucci e Giordano Viozzi; le esposizioni di Cioverchia, tra artigianato e arredo; infine, l’aperitivo con il DJ Agostino Maria Ticino. La mostra microMACRO rimarrà aperta negli orari 10-13 e 17-21.

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Al via il Taormina Film Fest 2016

Parte domani la 62° edizione del Taormina Film Fest: la rassegna cinematografica ospiterà quest’anno ventuno Paesi, rappresentati nei film in programma, tra cui Finlandia, Albania, Cina e Nuova Zelanda. Tantissime le star che saranno ospiti della kermesse, in un programma ricchissimo. Sarà Richard Gere a presenziare la giuria, mentre calcheranno il palcoscenico del Teatro Antico Susan Sarandon, Bianca Balti, Monica Guerritore, Rocío Muñoz Morales, solo per citare alcuni nomi.

La kermesse cinematografica si terrà dall’11 al 18 giugno: domani sera inaugurazione con un galà esclusivo a Messina, nella suggestiva location del Monte di Pietà. Venerdì mattina si terrà inoltre una conferenza stampa nel capoluogo siciliano, a cui saranno presenti Tiziana Rocca, general manager del Festival; Filippo Romano, commissario straordinario della Città metropolitana; Renato Accorinti, sindaco di Messina; Eligio Giardina, sindaco di Taormina; Michel Curatolo, direttore relazioni esterne ed eventi speciali Taormina Arte e Maria Celeste Celi, presidente del Cirs Onlus di Messina.

Il programma di questa edizione del festival prevede oltre 100 titoli tra anteprime, cortometraggi e documentari, ma anche pellicole che hanno fatto la storia del cinema italiano. La produzione è firmata Agnus Dei: Tiziana Rocca supera ancora una volta se stessa, assistita da Chiara Nicoletti e Jacopo Mosca, co-direttori del comitato artistico.


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LOOK OF THE DAY- COACHELLA STYLE

È l’evento più glamour in assoluto degli ultimi anni: il Coachella Festival monopolizza l’attenzione dei media e dei fashionisti di tutto il mondo. Chi conta non può assolutamente mancare: ecco quindi volti noti, celebrities di tutto il mondo, modelle e icone fashion, in primis fashion blogger.

Largo a look di ispirazione hippie e suggestioni folk: il trend prevede boho-chic d’ordinanza per capi rigorosamente stile Seventies. Largo al Bohemian Style, rivisitato in chiave contemporanea: frange, pizzo e crochet, stampe paisley o cachemire, pantaloni a zampa d’elefante, stivali da cowboy e kimono. Ma largo anche a gonnellone in stile hippie e caftani che sembrano direttamente presi in prestito da una comune anni Settanta. Queste sono alcune delle chiavi di ispirazione per un look festival, perfetto per copiare gli outfit sfoggiati nel festival californiano.

E se non manca chi da sempre adora elementi grunge o di ispirazione Nineties, come Katy Perry, le top model del momento hanno invece sfoggiato crochet vedo non vedo in chiave super sexy, come Kendall Jenner, o kimono a stampa paisley, da indossare anche sopra hot pants. Qui un pezzo sui look esibiti durante il primo weekend dell’edizione 2016 della manifestazione.



Tra i look boho-chic e la musica indie, ecco le protagoniste assolute di quest’edizione del Festival più trendy al mondo: ancora una volta sono le fashion blogger, che hanno monopolizzato l’attenzione, dettando ancora una volte le regole in fatto di stile. Dalla sempreverde Chiara Ferragni, che ha sfoggiato una coroncina insieme alla sorella Valentina, alla bellissima Kristina Bazan fino a Chiara Biasi. Protagonista d’eccezione anche la sempre splendida Cindy Crawford.

(Immagini tratte da Trendfortrend)


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COACHELLA 2016: I LOOK MIGLIORI

Si è appena concluso il primo dei due weekend del Coachella Festival 2016. L’evento più cool della California non smette come di consueto di attrarre celebrities provenienti da ogni parte del mondo: look rigorosamente boho-chic e musica indie sono gli ingredienti base del Coachella Festival. Ma non solo: quest’anno in programma anche l’esibizione di Calvin Harris.

Protagonisti del fashion biz, icone della musica, attori hollywoodiani e top model internazionali non si sono fatti attendere in quella che è ormai da qualche anno a questa parte una delle maggiori vetrine. Presenti nel primo weekend del festival l’onnipresente Katy Perry, che ha sfoggiato tra le altre mise, una jumpsuit firmata Mara Hoffman, la top model brasiliana Alessandra Ambrosio, in due mise boho-chic, Taylor Swift, Emma Roberts, Miranda Kerr, solo per citarne alcuni nomi. Occhi puntati sulla bellissima Kendall Jenner, che ha sfoggiato un lungo abito crochet e gioielli etnici.

A monopolizzare l’attenzione dei media e a dettare tendenza sono ancora una volta loro, le fashion blogger. Il made in Italy fa sentire la sua voce con Chiara Ferragni, accompagnata dalla sorella Valentina, e Chiara Biasi. La Ferragni perfettamente a suo agio nello stile boho-chic sfoggia un abito in pizzo nero crochet con un audace nude look e coroncina in testa e un secondo outfit in denim. Bellissima la blogger svizzera Kristina Bazan, che ha sfoggiato outfit floreali dal mood Seventies.

Kristina Bazan
Kristina Bazan al Coachella Festival 2016


Chiara e Valentina Ferragni
Chiara e Valentina Ferragni (Foto The Blonde Salad)



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Esplosione di total white, ma anche fiori all over per kimono di varie dimensioni, da abbinare a hot pants e stivali alla texana, o lunghi abiti in crochet da indossare con sandali rasoterra, o, ancora, jumpsuit e playsuit da indossare con coroncine di fiori e maxi gioielli dal sapore etnico, fino a caftani stampati. Paisley protagonista assoluto per outfit dal sapore gipsy che ci riportano indietro nel passato, fino a Woodstock e agli anni Settanta. Le possibilità di scelta sono davvero infinite e tanti sono gli outfit sfoggiati dalle celebrities e dai partecipanti all’edizione di quest’anno del Festival più fashion in assoluto. Presenti nomi d’eccezione, tra cui anche la supermodella Cindy Crawford, che è apparsa raggiante al fianco del marito.

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Ancora Chiara Ferragni al Coachella Festival 2016 (Foto The Blonde Salad)



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