Giovani e liberi attraverso gli occhi di Pierpaolo Piccioli: dopo 25 anni il designer lascia la maison Valentino

Giovani e liberi attraverso gli occhi di Pierpaolo Piccioli: dopo 25 anni il designer lascia la maison Valentino

Dopo circa 25 anni di collaborazione, Pier Paolo Piccioli lascia la maison Valentino.  Un’esperienza iniziata nel 1999 quando il designer è approdato alla casa di moda fondata da Valentino Garavani e Giancarlo Giammetti. Inizialmente con l’incarico di realizzare la linea gioielli, passa poi alla direzione creativa del brand, prima in coppia con Maria Grazia Chiuri e infine nel 2008 da solista. Il contatto prolungato con l’artigianato italiano di questo lungo excursus gli ha permesso di apprendere quel ‘savoir faire che è alla base del mestiere di un designer’.

Pierpaolo Piccioli

Carattere poco avvezzo ai lati commerciali del settore, ritiene che ‘non si ha bisogno di nuovi oggetti, ma di sogni ed emozioni‘. Nel momento in cui scopre attraverso i grandi fotografi, come David Bailey, il potere narrativo della moda, decide di voler intraprendere la carriera come designer. La capacità che apprezza maggiormente di questi artisti è quella di saper raccontare le persone e coglierne la bellezza, ‘che non risiede negli attributi fisici ma in una grazia intrinseca‘. La realizzazione della sua prima collezione infatti non parte da un’idea di vestito, ma di bellezza. E il contrasto è palese visto che la moda è effimera mentre la bellezza è eterna.

Ma è la tensione del contrasto stesso, come nei due poli opposti di una pila, a creare l’energia che rende accattivanti le sua creazioni. La stessa tensione che si manifesta ad esempio nel dover conciliare il suo motto no rules is my rule con la tradizione ben consolidata della maison. In quest’ultimo caso Piccioli risolve l’apparente paradosso sostenendo che ‘non esiste innovazione senza conoscenza del passato e il limite stesso dà la possibilità di pensare a come superarlo‘.

La tendenza alla sovversione di un sistema consolidato, utilizzando la tradizione stessa, emerge da alcune delle sue collezioni più iconiche. E nel processo di cambiamento ritiene particolarmente fertili i momenti di transizione, quando menti libere possono dire qualcosa di nuovo e ‘mostrare il sentiero del futuro‘. Una delle collezioni manifesto di questa poetica della transizione come periodo di fertilità è la sua prima sfilata in solo per la la ss2017. 

In quell’occasione Piccioli unì all’arte rinascimentale le stampe fatte a mano della stilista Zandra Rodhes. È con quest’ultima infatti che sono stati realizzati gli abiti diafani con temi che richiamavano l’opera di Hieronymus Bosch The Garden of Earthly Delights. 

Un’altra sfida abbracciata dal designer è stata inoltre quella di modellare il significato che solitamente viene attribuito ai colori. ‘I colori sono in definitiva parte del messaggio che vuoi trasmettere‘, e in una sua celebre collezione ha voluto stravolgere in particolare il significato del pink. La fall-winter 2022-23 ha infatti reso il colore signature del brand con la collaborazione di Pantone: nasce così il PP Pink, un rosa super saturo che poco ha dei tratti dolci e femminili attribuiti solitamente a questa tonalità.

La stessa carica innovativa caratterizza la sfilata Black Tie, applicata ad un classico indumento corporate maschile. L’idea della sfilata gli è arrivata guardando la figlia quindicenne scegliere una cravatta dal suo armadio per un outfit serale, rimodellando inconsapevolmente il significato dell’accessorio. La cravatta così diventa simbolo della creatività individuale e non più del potere costrittivo maschile, un modo con il quale fare emergere la propria personalità.

È con collezioni come queste che Piccioli si è aggiudicato premi come il Designer of the Year nel 2022 ed è stato inserito dal Time tra le cento persone più influenti al mondo. Ma soprattuto ha creato un immaginario che ci ha regalato la sua visione, i suoi occhi, per ‘guardarci come lui ci vede’ e come egli stesso si sente, giovane e libero.

Valentino: la campagna pubblicitaria di Rockstud Spike

L’era di Piccioli in maison Valentino dopo l’addio di Chiuri, inizia con la campagna pubblicitaria di Rockstud: l’iconica bag del marchio.

La Rockstud Spike (il nuovo modello della griffe in nappa di agnello trapuntata e tempestato da borchie) è stata presentata attraverso un ADV interpretata dal fotografo Terry Richardson che ha scelto New York, come location ideale del progetto.

Protagonisti di alcuni video, oltre alla tracolla, sono persone comuni che in spalla una Rockstud Spike, rispondono alle domande: “Descrivi New York in tre parole” e “Qual è il tuo colore preferito“.

 

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Gente di diversa estrazione sociale, con un vissuto e uno stile di vita completamente differenti.

Con questa campagna, la maison ha voluto raccontare l’anima rock e contemporanea della tracolla. Una collezione eclettica e cosmopolita.

La Rockstud Spike è stata realizzata in diverse dimensioni e colori (nero, rosso, grigio chiaro, bordeaux e sabbia) ed il suo valore commerciale oscilla dai 1550,00 euro a 1990,00 euro.

Per seguire la campagna pubblicitaria è stato lanciato l’hashtag #ROCKSTUDSPIKE

 

 

 

 

“La Traviata” Di Valentino e Coppola

Ieri, 24 maggio 2016, è andata in scena al Teatro dell’Opera di Roma, “La Traviata”: l’opera del maestro Giuseppe Verdi, rielaborata da Jader Bignamini sotto la regia di Sofia Coppola.

Presentata in anteprima ad un parterre selezionato il 22 maggio scorso, “La Traviata” si è aggiudicata il favore del pubblico, ma non ha convinto alcuni critici che vedono, secondo il loro punto di vista, un dramma depurato dalla sua natura sentimentalista.

 

Violetta Valery indossa un abito rosso disegnato da Valentino Garavani (® Yasuko Kageyama / Teatro dell'Opera di Roma)
Violetta Valery indossa un abito rosso disegnato da Valentino Garavani (® Yasuko Kageyama / Teatro dell’Opera di Roma)

 

Bozzetto disegnato da Valentino Garavani per "La Traviata"
Bozzetto disegnato da Valentino Garavani per “La Traviata”

 

Valentino Garavani, Pierpaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri (fonte www.telegraph.co.uk)
Valentino Garavani, Pierpaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri (fonte www.telegraph.co.uk)

 

 

Si apre il sipario: un lungo scalone bianco in primo piano. Sullo sfondo, un salone. Violetta, scende dall’alto e giunge sul pavimento e accende due candele posate su un tavolo: la sala viene rischiarata da una fioca luce. Inizia la festa.

Tutto è curato nei dettagli. L’ambiente è raffinato ed elegante, così come costumi di scena. Gli uomini, indossano una cravatta nera e le donne, lunghe vesti leggiadre. Violetta, interpretata magistralmente da Francesca Dotto, apre le porte della sua dimora parigina ai suoi invitati e ad Alfred Germont, interpretato da Antonio Poli. I tre atti, vengono interpretati fedelmente, ma forse la storia perde in parte il suo dramma.

 

Bozzetto abiti coro disegnati da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli
Bozzetto abiti coro disegnati da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli

 

Una scena de "La Traviata" (fonte d.repubblica.it)
Una scena de “La Traviata” (fonte d.repubblica.it)

 

 

La sofferenza di Violetta, che sussurra “Addio, del passato bei sogni ridenti” negli ultimi istanti della sua vita, è appena accennata. “La Traviata” di Sofia Coppola stride per alcuni versi con il libretto di Francesco Maria Piave, trascende dai sentimenti, quelli puri, raccontati una sera di domenica 6 marzo 1853, con la prima nel Gran Teatro La Fenice.

Che tanto clamore sia dovuto per gli abiti di scena Haute Couture firmati da Valentino Garavani e dagli stilisti Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli?

Violetta Valery indossa abiti di Alta Moda, lontani dai tradizionali costumi adottati per ogni pièce teatrale, solitamente confezionati con tessuti di bassa qualità.

 

Primo manifesta de "La Traviata" presentata al Teatro la Fenice di Venezia, domenica 6 marzo 1853 (fonte wikipedia)
Primo manifesta de “La Traviata” presentata al Teatro la Fenice di Venezia, domenica 6 marzo 1853 (fonte wikipedia)

 

Manifesto de "La Traviata" in scena al Teatro dell'Opera di Roma dal 24 maggio al 30 giugno (fonte Teatro dell'Opera)
Manifesto de “La Traviata” in scena al Teatro dell’Opera di Roma dal 24 maggio al 30 giugno (fonte Teatro dell’Opera)

 

 

Straordinario, l’abito nero con strascico verde petrolio del primo atto, come il vestito bianco con una liseuse de voile che Violetta indossa in campagna.  Esplosione di  rosso nella festa a casa di Flora nel secondo atto, con scollo abbondante chiuso da una spilla gioiello.

Il palcoscenico diventa una passerella di delicate ed eleganti creazioni. Di magnificenze sartoriali, create non solo dall’estro creativo degli stilisti, ma anche dalle mani laboriose delle sarte del Teatro dell’Opera.

Con un investimento di circa 1,8 milioni di euro, “La Traviata” ha segnato il suo primo record. Il sovraintendente del Costanzi, Carlo Fuortes ha dichiarato che già dal 20 maggio, il Teatro ha incassato 1,2 milioni di euro ricavati dalle prevendite.

Lo spettacolo sarà presentato con 15 repliche, fino al 30 giugno prossimo.

 

 

 

Fonte  cover ® Yasuko Kageyama / Teatro dell’Opera di Roma

Valentino: l’ultimo imperatore della moda

Stampe geometriche e floreali, fiocchi, drappeggi, tripudio di femminilità e sofisticata eleganza e quella sfumatura di rosso che è diventata la sua firma iconica: con una carriera durata più di 40 anni, Valentino Garavani è lo stilista italiano più longevo e più famoso al mondo. Una vita dedicata alla moda, l’arbiter elegantiae italiano è stato l’ultimo imperatore del fashion biz.

All’anagrafe Valentino Clemente Ludovico Garavani, lo stilista è nato a Voghera l’11 maggio 1932. La moda gli scorre nel sangue. Fin da giovanissimo Valentino si sente attratto dalla creatività sartoriale. Dopo aver frequentato una Scuola di figurino a Milano e dopo aver studiato francese alla Berlitz School, si trasferisce a Parigi. Qui studia stilismo alla prestigiosa École de La Chambre Syndicale de la Couture. Negli anni Cinquanta, dopo essersi fatto notare in un importante concorso, indetto dalla Segreteria Internazionale della Lana, viene assunto nella casa di moda di Jean Dessès. Rimasto fortemente colpito dai costumi di scena rosso scarlatto ammirati all’Opera di Barcellona, inizia a concepire nella sua mente il progetto embrionale del rosso valentino, che diverrà la sua firma iconica.

Nel 1955 viene assunto nell’atelier di Guy Laroche, a Parigi. Nel 1957 fonda l’azienda che porta il suo nome insieme ad alcuni soci, tra cui il padre. Tuttavia gli alti costi di gestione portano in breve la casa di moda sull’orlo della bancarotta. Si riuscì a scongiurare il pericolo grazie all’entrata nella società del compagno dello stilista, Giancarlo Giammetti, studente di architettura, con il quale Garavani avvierà una nuova casa di moda, occupandosi esclusivamente dell’aspetto creativo, e lasciando al socio l’aspetto finanziario. I due saranno sentimentalmente legati per oltre dodici anni, vivendo con le rispettive madri.

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Valentino Garavani è nato a Voghera l’11 maggio 1932


Isa Stoppi in Valentino, Roma, 1960
Isa Stoppi in Valentino, Roma, 1960


Audrey Hepburn in Valentino sul set di "Sciarada"
Audrey Hepburn in Valentino sul set di “Sciarada”


Valentino e modelle, Roma, 1967
Valentino e modelle, Roma, 1967


Veruschka in Valentino, foto di Franco Rubartelli,  1969
Veruschka in Valentino, foto di Franco Rubartelli, 1969


Nel 1959 l’apertura dello storico atelier, a Roma, in via Condotti. Nel 1962, dopo il trionfo della sua prima collezione a Pitti Moda di Firenze, Valentino diviene in breve uno dei più apprezzati e dei più popolari couturiers del mondo, grazie anche a Consuelo Crespi, editor di Vogue. Sarà però Jacqueline Kennedy a sdoganare le creazioni di Valentino in tutto il mondo: dopo essere rimasta affascinata da un abito del couturier, decide di incontrarlo. Tra i due nasce un sodalizio: li vediamo insieme a Capri, e lui firma per lei lo storico caftano verde acqua, ma anche l’abito per le nozze con Onassis, celebrate nel 1968. Nello stesso anno firma la famosa “collezione bianca”, sulla quale viene impressa la ‘V’ che lo rende riconoscibile nel mondo.

Intanto indossano capi Valentino icone del jet set internazionale, da Sophia Loren a Liz Taylor fino ad Audrey Hepburn. La consacrazione ufficiale avviene su Vogue Paris, che gli dedica ben due pagine. Segue, nel 1967, il conferimento del Premio Neiman Marcus, l’Oscar per la moda. Nello stesso anno arriva la prima collezione uomo. Dagli anni Settanta in poi Valentino veste le donne più famose del mondo ed apre boutique a New York, Parigi, Ginevra, Losanna, Tokyo. Viene creato anche un profumo che porta il suo nome, che nel 1991 sarà seguito dal profumo “Vendetta”. Nel 1971 è ritratto da Andy Warhol. Nel 1985 riceve dal Presidente della Repubblica la decorazione di Grand’Ufficiale dell’Ordine al Merito, nel 1986 il titolo di Cavaliere di Gran Croce, nel 1996 è nominato Cavaliere del Lavoro; nel luglio 2006 gli viene conferita la Legion d’onore, la più alta onorificenza della Repubblica francese. Il marchio è stato rilevato nel 2002 dal Gruppo Marzotto.


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Nel 2007 arriva la decisione storica di ritirarsi. Dopo 45 anni di attività, il 4 settembre del 2007 il maestro dice addio alla moda, celebrato con tre giorni di festeggiamenti tra Roma e Parigi, tra il 6 e l’8 luglio 2007. A prendere le redini del marchio è Alessandra Facchinetti, ma dopo due sole collezioni la direzione creativa dello storico brand passa a Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli, già alla guida della linea degli accessori del brand da oltre dieci anni. Segue il film-documentario Valentino: The Last Emperor, diretto dal regista statunitense Matt Tyrnauer, pellicola che segue gli ultimi due anni di attività dello stilista. Il 7 settembre 2011 Valentino è stato onorato presso il Fashion Institute of Technology di New York con il premio Couture Council Award 2011.

Isa Stoppi e Janette Christensen in Valentino Haute Couture, foto di Chris Von Wangenheim, 1971
Isa Stoppi e Janette Christensen in Valentino Haute Couture, foto di Chris von Wangenheim, 1971


Benedetta Barzini e Mirella Petteni in Valentino, foto di Henry Clarke per Vogue, 1968
Benedetta Barzini e Mirella Petteni in Valentino, foto di Henry Clarke per Vogue, 1968


Mirella Petteni in Valentino, P/E 1967, foto di Gian Paolo Barbieri
Mirella Petteni in Valentino, P/E 1967, foto di Gian Paolo Barbieri


Jackie Kennedy in Valentino
Jackie Kennedy in Valentino


Anjelica Huston per Valentino, foto Gian Paolo Barbieri, 1972
Anjelica Huston per Valentino, foto Gian Paolo Barbieri, 1972


Tantissime le collezioni che hanno fatto storia: Valentino è stato protagonista indiscusso della moda italiana ed internazionale dagli anni Cinquanta fino al Duemila. Hanno vestito i suoi capi attrici del calibro di Elizabeth Hurley e Julia Roberts -solo per citarne alcune. La Roberts ha ritirato l’Oscar, nel 2001, in un Valentino vintage. Tra le passioni del couturier l’interior design e il collezionismo d’arte. Lo stilista è stato protagonista del libro “Valentino: At the Emperor’s table”, che raccoglie le foto delle sue sfarzose dimore.

Pat Cleveland in Valentino
Pat Cleveland in Valentino


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Lo stilista si è ritirato nel 2007


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Un abito in rosso Valentino


Deborah Turbeville per Valentino, 1977
Deborah Turbeville per Valentino, 1977


Christy Turlington per Valentino, Vogue Italia, settembre 1995, foto di Herb Ritts
Christy Turlington per Valentino, Vogue Italia, settembre 1995, foto di Herb Ritts


Yasmeen Ghauri per Valentino, 1991
Yasmeen Ghauri per Valentino, 1991


(Foto cover Lorenzo Agius/Contour by Getty Images)


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Valentino Garavani torna “in scena” con La Traviata

Un grande sogno che si avvera quello di Valentino Garavani  che, da sempre grande estimatore di opere liriche, dal 24 maggio al 30 giugno 2016 andrà in scena con gli abiti da lui disegnati per una nuova edizione de La Traviata. Fiancheggiato da Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli per la realizzazioni dei costumi di scena e dalla regista Sofia Coppola per la prima volta agli esordi alla regia di un’opera lirica, disegnerà gli abiti di Violetta, realizzati negli atelier della maison.

 

Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli durante la sfilata Haute Couture A/I 15-16
Maria Grazia Chiuri e Pierpaolo Piccioli durante la sfilata Haute Couture A/I 15-16

 

 

Piccioli e Chiuri, attuali direttori creativi della maison Valentino, vestiranno Flora e il coro, servendosi di una stretta ed importante collaborazione con la sartoria del Teatro dell’Opera.

Divisa in tre atti, l’opera rielaborata dal libretto di Francesco Maria Piave ed ispirata da La Dame aux camélias di Alexandre Dumas, sembra una pura reminiscenza cinematografica molto probabilmente influenzata dalla vocazione artistica dello scenografo Nathan Crowley (noto per aver elaborato le scene per i film Batman Begins e Il Cavaliere Oscuro) e dalla stessa Sofia Coppola, scelta da Valentino dopo esser rimasto ammaliato dal film  Marie Antoinette.

 

Sofia Coppola
Sofia Coppola

 

 

A curare le musiche di scena, il maestro cremonese Jader Bignamini (direttore associato dell’Orchestra Verdi di Milano) che dirigerà le voci di Francesca Dotto e Maria Grazia Schiavo entrambe nel ruolo di Violetta Valery e Antonio Poli e Arturo Chacón-Cruz nel ruolo di Alfredo Germont.

Ad annunciare la rivisitazione de La Traviata resa possibile dalla Fondazione Garavani-Giammetti è stato Carlos Fuentes, Sovrintendente della Fondazione Teatro dell’Opera di Roma.

I biglietti sono già disponibili presso il botteghino del Teatro dell’Opera e sul sito.

Ispirazione bizantina per l’Alta Moda firmata Valentino

Le dee di Valentino incedono sicure e a piedi nudi, leggiadre e su petali di rosa e ranuncoli, su una passerella che racconta un passato fastoso e mai dimenticato.

Pierpaolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri si lasciano suggestionare dalle danzatrici predilette dallo stilista Mariano Fortuny y Mazadro (noto come Mariano Fortuny, figlio del celebre pittore catalano Mariano Fortuny y Marsal) per celebrare una donna che prende le sembianze di una straordinaria divinità greca. Dello stilista recuperano non solo l’estetica, ma anche le fogge di alcune eterei vestiti adorati dallo stilista spagnolo. Rivive così l’abito Delphos disegnato per la prima volta da Fortuny: leggero, dalla lunghezza totale e, soprattutto, plissettato.

La ricchezza dei ricami, una firma ormai certa nelle collezioni di Valentino, crea un ponte creativo tra l’Occidente moderno e l’Oriente bizantino; ed ecco come mirabili tuniche si fregiano di trame d’oro rivedendo in chiave odierna sfarzosi pannelli desunti, presumibilmente, dalla pittura parietale di “Teodora e il suo seguito” presenti all’interno della chiesa di San Vitale, a Ravenna.

Il broccato, recuperato dall’archivio Fortuny e lavorato sapientemente dalle mani abili degli artigiani in atelier, viene esaltato attraverso l’applicazione di effetti in 3D ottenuti da farfalle in volo e fiori sbocciati, che esaltano a loro volta la tramatura originale del tessuto.

Il fluttuare di abiti che librano nell’aria, trame di fili orditi con dovizia che appesantiscono i broccati delle tuniche, eleganti velluti che costruiscono affascinanti abiti peplo e i pavoni (simbolo di vita eterna nell’arte bizantina), conferiscono alla collezione un viaggio intrinseco di arte, sapere e lusso.

E mentre propizianti serpenti scivolano sui capi delle modelle, lussuosi calzari ci ricordano che l’Oriente e il suo folklore non sono mai stati così vicini come nella collezione Haute Couture primavera/estate 2016 di Chiuri e Piccioli per Valentino.

 

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Jacqueline de Ribes: l’ultima regina di Parigi

Ci sono donne che nascono con’aura particolare e che per un particolare mix di bellezza, eleganza e circostanze divengono indimenticabili icone. La viscontessa Jacqueline de Ribes ha incarnato per decenni la quintessenza del glamour parigino.

Socialite della Parigi più chic, filantropa, produttrice e designer di successo, è stata musa di stilisti del calibro di Yves Saint Laurent, Valentino e Guy Laroche.

Un fascino esotico, zigomi pronunciati e lunghissimi capelli d’ebano spesso legati in acconciature di stampo etnico, il profilo severo, il taglio orientale degli occhi, sapientemente rimarcato con un filo di eyeliner: Jaqueline de Ribes è un’icona di stile tra le più famose al mondo.

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Jacqueline de Ribes circondata dalle sue creazioni

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La contessa Jacqueline de Ribes è nata a Parigi il 14 luglio 1929

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Jacqueline de Ribes indossa un suo abito da sera in uno scatto del 1986

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La contessa ritratta da David Lees per LIFE Magazine, 1985

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Fotografata da Horst P. Horst, 1953


Aristocratica da generazioni, presenza fissa dell’International Best Dressed List a partire dal 1962, la contessa Jacqueline Bonnin de La Bonninière de Beaumont nasce a Parigi in una data emblematica per la Francia: il 14 luglio del 1929. “Ero già una piccola rivoluzionaria”– ironizzerà lei stessa a questo proposito. Figlia di Jean, conte Bonnin de la Bonninière de Beaumont, esponente di spicco dell’aristocrazia francese, e della contessa Paule de Rivaud de La Raffinière, traduttrice di Ernest Hemingway, Jacqueline cresce nella Francia più ricca e glamour.

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Una giovane Jacqueline, 1959

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La contessa in Yves Saint Laurent in una foto di Mark Shaw, 1959

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Jacqueline de Ribes è un’icona di stile, socialite, fashion designer, businesswoman e produttrice

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La contessa indossa una sua creazione, foto di Victor Skrebneski, 1983


La giovane -lunghe gambe e portamento altero- coltiva il sogno di diventare una ballerina, ma la sua infanzia è caratterizzata da una profonda solitudine: la freddezza che i suoi genitori le dimostrano fa sì che la piccola si affezioni moltissimo al nonno. Amante della bella vita, il nonno non lesina in spese folli e vive tra yacht di lusso, automobili sportive e belle donne. La giovane è già una sognatrice, come dichiarerà lei stessa più avanti. Ma alla morte del nonno, la piccola Jacqueline, che non ha ancora 10 anni, avverte un vuoto affettivo talmente forte che lo scoppio della guerra la lascia quasi indifferente. Durante l’occupazione viene mandata ad Hendaye, sui Pirenei, insieme alla sua nanny scozzese. Poco lontano da qui, quando la ragazza ha da poco compiuto diciotto anni, avviene l’incontro della sua vita: durante un party a Saint-Jean-de-Luz la giovane nota un ragazzo bruno in tenuta da tennis. È il visconte Édouard de Ribes, eroe di guerra appartenente alla Legion d’Onore, all’epoca 24enne. “Vidi questa gazzella e me ne innamorai all’istante”, dirà di lei.

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Jacqueline de Ribes in un abito Dior e copricapo di Raymundo de Larrain per il Bal de Têtes di Alexis de Redé, 1957

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Jacqueline de Ribes al Ballo orientale, 1969

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Ancora modella per se stessa, foto di Victor Skrebneski, 1983

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In un abito da sera delle sue collezioni, foto di Victor Skrebneski, 1983

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In Christian Dior nella sua casa di Parigi, foto di Mark Shaw, 1959


I visconti appartengono all’élite di Parigi: sono i tempi dell’haute couture e dei balli di lusso e la splendida Jacqueline risplende dall’alto del suo stile. Soprannominata “la De Gaulle della moda”, nella Parigi del Folies Bèrgere Jacqueline de Ribes diviene un’icona ammirata e dallo stile imitatissimo. “Elegante fino a farti distrarre”, dirà di lei Oleg Cassini, l’altera eleganza si unisce in lei ad una forte carnalità: il mix ideale in ogni donna, si potrebbe dire. Iniziata alla moda durante un ballo a Venezia, a cui la giovane si presenta con un abito da sera creato da lei, durante un viaggio a New York la sua bellezza esotica conquista la più grande talent scout dell’epoca, Mrs. Diana Vreeland, che la fa immortalare da Richard Avedon.

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Ritratta da Slim Aarons nella sua casa a Ibiza, 1978

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A Cervinia, foto di Victor Skrebneski, anni Cinquanta

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Jacqueline de Ribes col logo della sua collezione

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Ritratta da Martine Franck, 1989


Dal 1956 il suo stile raffinato e barocco entra a far parte dell’International Best Dressed List, ideata nel 1940 da Eleanor Lambert e, a partire dal 1962, Jacqueline divenne presenza fissa nella Hall of Fame. Nel 1983 venne nominata “la donna più elegante del mondo” da Town and Country. Intima amica di Oleg Cassini, era la “giraffina” prediletta da Emilio Pucci, mentre Valentino Garavani la soprannominò “L’ultima regina di Parigi”.

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Tratti orientali e bellezza esotica, Jacqueline de Ribes fu musa di Yves Saint Laurent, Valentino e Guy Laroche

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La viscontessa ritratta con Raymund de Larrain, 1961

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Jacqueline de Ribes e Raymundo de Larrain ritratti da Richard Avedon, 1961

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Jacqueline de Ribes ritratta da Pierluigi Praturlon per Vogue, 1969

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Il fascino esotico di Jacqueline de Ribes immortalato da Richard Avedon, 1955

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Ancora per Richard Avedon, 1955


Al compimento dei 53 anni, nel 1982, la viscontessa organizzò un meeting familiare per annunciare a suo marito e ai loro figli la sua improrogabile decisione di iniziare una carriera come fashion designer. Caparbia e temeraria, Jacqueline dichiarò fermamente che niente e nessuno avrebbe mai potuto farle cambiare idea. Gli stessi Yves Saint Laurent e Pierre Bergé, suoi confidenti, si dichiararono fortemente preoccupati per la sua scelta: erano tanti gli ostacoli che la contessa doveva superare, in primis il suo stesso status sociale, che poteva suscitare facilmente pregiudizi nel pubblico.

La sua prima collezione sfilò nella regale location di casa sua nell’ambito della Fashion week di Parigi del 1983. Una linea sontuosa -pur trattandosi di prêt-à-porter– che si rivelò subito un grande successo: negli Stati Uniti Saks Fifth Avenue le offrì un contratto di tre anni. Nel 1984 la contessa creò anche una linea di gioielli. Jacqueline continuò a disegnare le sue collezioni fino al 1995. Tra le sue clienti più affezionate troviamo Joan Collins, Raquel Welch, Barbara Walters, Cher, Danielle Steel, la baronessa von Thyssen e Olympia de Rothschild.

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La viscontessa de Ribes in uno scatto di Richard Avedon, 1955

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Jacqueline de Ribes ritratta da Pierluigi Praturlon per Vogue, 1969

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Un altro scatto di Pierluigi Praturlon per Vogue, 1969

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Uno scatto del 1966

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Ritratta da Bill King, anni Ottanta


Le sue creazioni ottennero i favori del pubblico e della stampa: l’International Herald Tribune e il Women’s Wear Daily scrissero recensioni entusiastiche sulle sue collezioni. La contessa fu costretta da problemi di salute a chiudere la sua linea di abbigliamento nel 1995. Nel 1999 Jean-Paul Gaultier le dedicò una sua collezione. Insignita nel 2010 del prestigioso titolo di Cavaliere della Legion d’Onore, Jacqueline de Ribes non è stata soltanto un’icona di stile: produttrice teatrale, televisiva e cinematografica, ha finanziato alcune delle attività culturali più importanti del teatro e della televisione francesi, dalla metà degli anni Cinquanta. Inoltre è stata ecologista, filantropa, mercenario per diversi musei ed istituzioni nonché accanita sostenitrice di cause umanitarie. Nel 1980 ha vinto il Women of Achievement Award.

La bellezza e l’intramontabile eleganza di Jacqueline de Ribes saranno celebrate con una mostra organizzata presso il Metropolitan Museum of Art di New York in cui saranno esposti 60 pezzi, tra haute couture e ready-to-wear — da Giorgio Armani a Pierre Balmain, Bill Blass, Marc Bohan per Dior, Roberto Cavalli, John Galliano, Madame Grès, Valentino Garavani e creazioni della linea della viscontessa —dal 1959 fino ai giorni nostri. “Jacqueline de Ribes: The Art of Style” sarà esposta all’Anna Wintour Costume Center del MET dal 19 Novembre 2015 fino al 21 Febbraio 2016. Per veri gourmet dello stile.


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