GALILEO GALILEI CENSURATO ANCHE DOPO LA MORTE

Sepolto senza molta solennità, per le note vicende e per il timore di amici e parenti di incorrere in qualche censura ecclesiastica, Galileo Galilei ricevette un degno monumento funebre solo molto tempo dopo la sua morte, avvenuta nel 1642. Il suo discepolo Vincenzo Viviani si era impegnato per tutta la vita a riscattare e riabilitare la memoria del grande maestro: tra l’altro, egli sottolineava la coincidenza tra la morte di Michelangelo e la nascita di Galileo (1564), particolare che sarà tenuto presente sia nella collocazione del monumento (di fronte all’artista) che nella sua tipologia (ispirata alla tomba di Michelangelo, realizzata dal Vasari), quando si compirà l’opera, a distanza di circa un secolo dalla morte dello scienziato. Il monumento fu realizzato da Giulio Foggini con la collaborazione del fratello Vincenzo e dello scultore Girolamo Ticciati. Si trova in Santa Croce a Firenze, dove venne inaugurato nel 1737.


GALILEO GALILEI CENSURATO ANCHE DOPO LA MORTE


La composizione, che copre parzialmente alcuni affreschi medievali, si presenta come un’architettura barocca che accoglie il sarcofago affiancato da due figure femminili e sormontato dal mezzobusto del defunto.

La figura di sinistra è l’Astronomia, che regge un cartiglio con il sole radiante e le macchie solari; quella di destra è la Geometria, con una tavoletta su cui sono incisi elementi geometrici, precisamente le ricerche galileiane sul piano inclinato e sulla caduta dei gravi.

Galileo è raffigurato con lo sguardo concentrato in un momento di riflessione e teso alla scoperta, mentre con la destra regge il cannocchiale e poggia la sinistra sul globo celeste, a sua volta retto da libri. Tutte e tre le statue guardano verso l’alto, nel significativo atteggiamento della ricerca e dell’attesa.

L’iscrizione, posta nella zona sottostante il sarcofago, rievoca le fasi della difficile opera di sepoltura in un degno sepolcro e commemora in modo particolare l’iniziativa del Viviani andata in porto, come dicevamo, solo molti anni dopo.


Se stilisticamente la tomba Galilei è pienamente barocca nelle linee tondeggianti, nelle posture movimentate delle statue e dei panneggi, negli effetti coloristici dei diversi tipi di marmi usati, sotto l’aspetto ideologico è pienamente illuministica. In nessun elemento iconografico né letterario si fa il minimo accenno alla fede e a una visione cristiana, o per lo meno trascendente, della morte e della vita.

Certamente in questa scelta ha influito la polemica che, quasi fino ai nostri giorni, ha accompagnato la vicenda di Galileo nei suoi rapporti con le autorità ecclesiastiche; ma non è da escludere una nuova mentalità che si andava diffondendo e che vedeva nella religione più un ostacolo che un aiuto al progresso umano (mentalità che sarà dominante dalla metà del Settecento e per tutto l’Ottocento in Europa).


In un primo momento, la sepoltura dell’illustre defunto avvenne in un minuscolo stanzino sottostante il campanile di Santa Croce. Quando la sua bara fu aperta per la nuova e definitiva collocazione, ne fu trovata anche un’altra, di una giovane donna: ambedue riposano ora nel monumento della basilica fiorentina. Forse le spoglie di quella donna sono quanto resta di Suor Maria Celeste, figlia prediletta dello scienziato, morta a trentaquattro anni nel 1634. Galileo aveva espresso il desiderio di essere sepolto con la figlia.

MILANO FASHION WEEK: MINIMALISMO CHIC DA SALVATORE FERRAGAMO

Pulizia, l’eleganza essenziale e femminile dello stile italiano e forme scultoree al centro della collezione Primavera/Estate 2016 di Salvatore Ferragamo.

Classicità rivisitata in chiave contemporanea per lunghi abiti leggeri, che coniugano mirabilmente praticità e stile. Il cotone è protagonista incontrastato di capi minimal-chic che si lasciano talvolta andare a dettagli iperfemminili e suggestioni luxury.

La maison fiorentina riafferma i capisaldi della propria personalità, riuscendo ad essere al contempo innovativa pur restando sostanzialmente fedele a se stessa. Il direttore creativo Massimiliano Giornetti dichiara di essersi ispirato alla scultura, per capi dalle forme architettoniche e dai volumi scolpiti, come nelle giacche o nei pantaloni in pelle, che riportano in auge la vita alta.

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Si respira un’estate dai toni sobri e dal mood sporty-chic nei lunghi abiti colorati, tra righe, rouches e volant che si sposano alla perfezione a sandali flat, per uno stile moderno e metropolitano. Look androgino per le modelle, che sfilano quasi come delle statue tra abiti impalpabili e dai richiami all’antica Grecia: in bilico tra la perfezione del peplo greco e la grinta delle divise sportive, i lunghi abiti Ferragamotradiscono la duplice natura alla base dell’ispirazione di Giornetti, che si sviluppa in pregiati capi dallo stile senza tempo: scollature a canotta, spalline regolabili, nastri e dettagli oversize mixati ad accessori femminili, come i gioielli. Fluidità delle forme e appeal sofisticato che cede ad una femminilità più audace nei capi neri profilati di piume. Per un’estate chic.

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(Foto Madame Figaro)


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MILANO FASHION WEEK: SOUVENIR DA DOLCE & GABBANA

TV E POTERE – la politica trasformata in fiction

La generazione dei quarantenni è cresciuta con le serie televisive. Non quelle prodotte in Italia, ma importate dagli Stati Uniti con la nascita delle televisioni commerciali. Una intera generazione di “maniaci” delle serie tv, immaginate, scritte, strutturate per creare seguito, e soprattutto diffondere un messaggio, ed ancor più per esportare una cultura ed un modello, anche sociale, politico e giuridico. Che “il cinema è l’arma più forte dello stato” lo affermava – e a buon diritto – già Mussolini. L’intera industria della comunicazione di massa al tempo della guerra fredda si è affinata non solo per promuovere le battaglie americane all’estero ma anche veri e propri modelli socio-economici interni.


Indimenticabili i film con Elvis soldato “contro i gialli” nell’epoca della guerra in Vietnam e in Corea, mentre nello stesso periodo i nostri “musicarelli” con Morandi, Little Tony, Celentano e Albano parlavano a un’Italia del boom economico di famiglia, lavoro e stabilità.
 Dalla televisione commerciale degli anni ottanta le giovani generazioni hanno acquisito sempre più modelli sociali, politici ed economici made-in-usa. Se lo scopo di questa “invasione per immagini” era quello di rafforzare la collocazione del “blocco occidentale” dall’altro erano veri e propri mezzi di propaganda per “l’altro lato del muro”.


A quel modulo comunicativo e a quello story-telling ormai siamo assuefatti, tanto che anche la nostra produzione nazionale ed europea sono uniformate a quel modello, che diventa sempre più per temi, contenuti e forme narrative “il modulo” del format televisivo. Non stupisce che il cittadino telespettatore sia quindi appassionato a più serie televisive. Quando poi anche la narrazione politica è diventata “tv dello scandalo” e la politica si è raccontata attraverso “eventi mediatici”, anche le grandi istituzioni – in primis la Casa Bianca – sono diventate sempre più oggetto-soggetto dello spettacolo. 
Da West Wing a House of Cards a Scandal, quasi tutti ci sentiamo “parte di quelle vicende”, ci sembra di conoscerle e talvolta vorremmo farne parte, e finiamo quasi acriticamente con il ritenere che “quella sia la politica”, così dovrebbe essere, o peggio che davvero anche in America la politica sia fatta in quel modo. Come se ci fossimo stati e l’avessimo vissuta in prima persona. Una comedy di successo, del resto, si misura esattamente sulla sua efficacia in termini di trasposizione ed immedesimazione del grande pubblico.
 Non stupisce quindi che, come fenomeno generazionale, quelle vicende e quelle dinamiche, siano parte quasi normale della generazione che oggi “fa politica”. E non stupisce che di quelle serie sia fan anche Matteo Renzi e parte del suo staff. È un fenomeno sociale, e loro ne fanno parte.


Certo, se si guarda a quei modelli in termini di velocità, decisionismo, azione, capacità concreta di incidere sulla realtà, sono certamente elementi condivisibili. E tuttavia è importate ricordare come viene descritta la politica in queste serie. In House of Cards il democratico Francis Underwood è poco meno di Hannibal Lecter ed è chiaramente un sociopatico mentitore, corrotto, spregiudicato, pluriomicida. Non va meglio in Scandal dove il repubblicano Grant passa da brogli elettorali alla copertura di omicidi e stragi dinamitarde, fa scappare terroristi internazionali, è complice di un vero e proprio colpo di Stato, assolda e protegge agenti dei servizi segreti che torturano allegramente ed uccidono i suoi nemici. La politica, gli staff, le persone “attorno” a questi personaggi principali sono complici se non peggio.
 Il grande non-protagonista della politica americana sono le lobby, che non sono quello che vediamo e quello che ci rappresentano. Nella realtà sono semplici “associazioni di interessi”. Andrebbe ad esempio ricordato che tra le prime dieci della politica americana vi sono quelle ambientaliste, quelle delle energie alternative, quelle degli insegnanti. Che normalmente raccolgono fondi e spostano voti anche maggiori rispetto ai lobbisti del petrolio o del “trio morte” (armi, alcool, tabacco). 
Negli Stati Uniti, che tutti pensiamo di conoscere, esistono leggi severissime sui finanziamenti elettorali, per una tangente anche piccola si va in galera davvero (per evasione fiscale non ne parliamo, diventi un appestato con cui nessuno vuole più avere a che fare). Mentre da noi non si approva una legge sul lobbismo – anche se basterebbe estendere il codice etico presso il Parlamento Europeo – lì le lobby dichiarano in maniera trasparente chi finanziano e con quanto.



Nel paese delle primarie – aperte, per tutti, regolamentate per legge – si tengono elezioni politiche ogni due anni ed attraverso questo processo di “campagna elettorale permanente” il momento del voto coincide con l’approvazione o meno dell’operato dei membri del Congresso, e della politica in generale. Ci sono distretti (da noi li chiameremo collegi) in cui c’è un solo candidato (famoso il caso in cui il regista Michael Moore per “assicurare un’alternativa” candidò delle piante) ed altri in cui la corsa è addirittura con trenta candidati. In quelle elezioni l’unica vera “merce di scambio” è la capacità del politico di creare posti di lavoro: con appalti pubblici, con il mantenimento di una base militare, con una nuova sede di una grande azienda. Quegli elettori vogliono questo, e su questo la politica americana si misura con velocità, tanto che anche una presidenza quadriennale è attraversata da due rinnovi del congresso, un terzo del senato, almeno venti cambi di governatorato e svariate assemblee nazionali dei singoli stati.
 Se nelle serie tv i politici sono tutti vittoriosi e di successo, la storia, quella vera, dai tempi di Roosevelt insegna che i presidenti davvero influenti e che hanno fatto la storia, almeno una volta nella loro carriera politica, hanno perso, sono usciti dalla vita politica, hanno imparato dai propri errori, e sono tornati. Obama incluso, che una volta non venne rieletto in Illinois.


Se scordiamo tutto questo, che è la parte che meno conosciamo, della politica americana conosciuta attraverso le serie tv ci restano un Grant di Scandal eletto presidente grazie a una serie impressionate di brogli, tanto che lui stesso ammette di non essere mai stato realmente eletto, e un Underwood di House of Card che si vanta, ad un certo punto, di essere riuscito a diventare presidente senza nemmeno passare per una votazione. Ma tutto questo, a ben vedere, è molto più simile alla nostra di politica.

Speciale Fashion Week: Leitmotiv Primavera/Estate 2016

La donna proposta dal duo di designer fugge alla ricerca della felicità.


La studio dei pattern e dei ricami, che contraddistingue da sempre le collezioni Leitmotiv, nella prossima stagione fa un salto nell’arido deserto dell’Arizona.
Il solleone, però, rende la natura del luogo un posto incantato. Ed è così che il cactus vede invadere il suo habitat naturale da cavallucci marini e gorilla. Un parco giochi dove i fiori si mescolano a rotaie e a pastiglie della felicità e il logo del brand , il cervo, vede le proprie corna trasformarsi in tronchi di alberi dove volano insetti e libellule.
Le modelle sfilano attraverso un’istallazione dell’atelier Wandschappen; si tratta di piante macro in linea con l’immaginario dei capi, proposti in denim, popeline, filati laminati, organze, cadì, seta e mikado stretch.


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Le distese di sabbia offrono spunti cromatici di notevole impatto ma, ancora una volta, i Leitmotiv preferiscono i colori intensamente accesi.
Una sfilata che ambisce alla sensibilizzazione e all’impegno sociale nei confronti dei temi di attualità. Infatti, il messaggio esteso al pubblico è quello di rompere i reticolati e i fini spinati per fuggire verso i paradisi del pacifismo e della tolleranza.


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MILANO FASHION WEEK: SOUVENIR DA DOLCE & GABBANA

Una turista in giro per il Bel Paese armata di souvenir e smartphone è la protagonista della Primavera/Estate 2016 di Dolce & Gabbana: “Italia is Love”, si legge ad inizio sfilata su un chiosco che profuma di un’Italia antica ma mai dimenticata: qui vengono elencate a caratteri cubitali le meraviglie -forse un po’ stereotipate- del nostro Paese.

Inediti contrasti tra passato e presente si mixano in una collezione che è un viaggio alla scoperta di luoghi simbolo dell’Italia.

I motivi storici del brand ci sono tutti: ma dai consueti pois ora sbucano iconiche rappresentazioni del Colosseo, della Torre di Pisa, dell’arena di Verona e di altri luoghi storici della cultura italiana. Non mancano gli omaggi ai carretti siciliani e a Taormina, alle maioliche di Caltagirone e ai Pupi, a cui si aggiungono souvenir da Capri, Portofino e dalla costiera amalfitana, fino a scorci di Firenze e Venezia.

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La donna di Dolce & Gabbana mantiene l’anima mediterranea, con l’immancabile pizzo nero -simbolo della maison– riproposto in austeri tailleur di antico sapore siculo o in sexy tubini velati che profumano di Barocco. Ma la sua donna ora si apre al mondo e si trasforma in una turista straniera, magari dagli occhi a mandorla, che si aggira con deliziosa nonchalance per le strade del Bel Paese in pigiama di raso a stampa floreale, o indaffarata a fare shopping e a postare i suoi selfie sui social network, indossando shift dress di stampo Sixties recanti inequivocabili motti come “W l’Italia”.

Il duo di stilisti si rivela arguto osservatore dei tempi, sdoganando il selfie in passerella, per modelle che posano realmente per l’autoscatto perfetto, in un edonismo ormai nobilitato a fashion trend.

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Inediti caftani conferiscono nuova allure alle stampe fruttate, mentre limoni ed agrumi diventano orecchini e la borsa si trasforma in un cestino da campagnola luxury, per un mood da diva contemporanea. Suggestioni anni Cinquanta nelle gonne a ruota, che ricordano l’eleganza di attrici protagoniste del jet-set internazionale in giro per la Riviera; e ancora sfarzo principesco nei lunghi abiti di impalpabile chiffon dalla stampa floreale.

Dal vintage, protagonista anche della colonna sonora della sfilata, al trionfo della tecnologia: i selfie scattati dalle modelle in passerella vengono prontamente postati in tempo reale su Instagram sull’account ufficiale della maison. Dolce & Gabbana si rivelano ancora una volta brillanti manager di se stessi: più che una trovata pubblicitaria, la loro è una dichiarazione di stile, su cui si basa il successo di numerose iniziative del brand, seguitissimo sui social network e non nuovo a provocazioni simili.

Gli stilisti auspicano l’avvento di una nuova monarchia, con Sophia Loren come sovrana incontrastata: altra mossa vincente l’aver scelto la celebre diva italiana, simbolo incontrastato della bellezza mediterranea, come testimonial per il loro ultimo rossetto. Che dire, viva l’Italia!

(Foto Madame Figaro)


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Speciale Fashion Week: Antonio Marras Primavera/Estate 2016

Una triade di visionari al servizio della moda che verrà.


Prendendo l’eclettica veridicità di Antonio Marras e unendo la stessa alle suggestioni provenienti dai lavori del regista armeno Sergej Iosifovič Paradžanov e dell’artista iraniano Mahmoud Saleh Mohammadi si ottiene la miscela esplosiva che ha commosso e incantato gli addetti del settore presenti al fashion show della prossima collezione.
Idee che hanno profonde radici in Oriente e rami in Occidente, parafrasando un’affermazione di Mohammadi.
Tutto nasce da un incontro ispirazionale avvenuto nel 2007. Il girovago Marras si trovava a Parigi e, per puro caso, si imbattè nella personale di Paradžanov, le Magnifique. Il romantiscimo del personaggio, collezionista d’arte e di oggetti ornamentali evocativi, ricchi di folcore caucasico, segnò profondamente il suo animo.
Molti anni, e tanta elaborazione delle informazioni percepite durante la mostra, dopo il designer ha deciso di rievocare l’esperienza vissuta dedicando al regista e a tutti i popoli drammaticamente in fuga la Primavera/Estate 2016.
Contro ogni banalità e uniformità si concede l’eccentricità di dar vita a creazioni ricche di ornamenti, stratificazioni e incrostazioni . La sovrapposizione di applicazioni in tessuto, pizzo e materiali di recupero vede nascere accostamenti anomali, connessioni inedite e intrecci sbalorditivi.
Le linee sono asimmetricamente fluide e contrapposte, molte delle quali arricchite di jabot, balze e rouches e l’elaborazione stessa di tali creazioni ha la maniacalità della couture.
Il baule di tessuti che concede tale vezzo contiene il taffetà, il lino lavato, lo shantung stretch, il rigato stuoia, l’organza, il crepe fluido, il broccato, il damasco e la pelle laminata.


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Come la ricca palette del Gran Bazaar in essa si susseguono colori della terra ossidati alternati da esplosioni cromatiche vive e brillanti.
A arricchire tale sensazione è l’installazione in passerella di Mohammadi, “Touch with Eyes”. Interamente composta da tappeti persiani di varie fogge invita gli spettatori all’utilizzo dei sensi. Il tessuto dei tappeti riesce, infatti, attraverso le percezioni sensoriali a essere vissuto anche solo con gli occhi.
Una violenza visiva che raggiunge il culmine con il gran finale dello show quando, le modelle, in total white, escono trionfalmente confondendosi con l’atmosfera.


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MILANO FASHION WEEK: L’ESSENZIALITA’DI JIL SANDER

Minimale ed essenziale: gli elementi indiscussi dell’eleganza firmata dalla maison d’Amburgo

Uno scrosciante applauso quello riservato a Rodolfo Paglialunga, al termine della sfilata Primavera/estate 2016 svoltasi ieri presso lo show room di via Beltrami.

Segnale questo che decreta il risultato positivo del lavoro svolto dal direttore creativo al termine del suo primo anno alla guida della Maison. Con la collezione primavera estate 2016 Paglialunga ha consacrato la sua totale interazione con lo stile essenziale e minimale, sinonimo indiscusso di quell’eleganza semplice ma raffinata che da sempre contraddistingue la donna Jil Sander.

Le linee pulite e semplici a tratti quasi geometriche degli abiti, la linearità di soprabiti, giacche, dress e pantaloni, spezzata da inaspettati tagli e scollature asimmetriche hanno dato vita ad una collezione fatta di capi ricercati e sofisticati, quasi in antitesi con il concetto di essenzialità, che ne è la base.


Un gioco di linee reso ancora più unico dai tessuti utilizzati e dai colori quali bianchi brillanti, grigi e neri, mescolati sapientemente a gialli, rossi e azzurri. Geometria assoluta anche per ballerine e decolté, uniche nel loro genere e perfette per completare la collezione primavera/estate 2016 Jil Sander. Così come l’elemento chiave che ha caratterizzato ogni proposta presentata ovvero il cappello ispirato alla tradizione nordica che, in ogni gradazione di colore proposta, ha reso ancora più tangibile il senso di eleganza assoluta della donna Jil Sander.

 

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Speciale Fashion Week: Tod’s Primavera/Estate 2016

La girl band del marchio è pronta a influenzare lo stile mondiale.


Ad accogliere il pubblico di Alessandra Facchinetti sono 15 forti icone testimonial, tra cui Tea Falco, Lizzy Jagger e Julia Restoin Roitfeld. A ritrarre il loro lato più agguerrito, invece, è l’altrettanto poliedrica fotografa Sonia Sieff.
In qualità di operatrici della creatività esse sono musiciste, performer e attrici unite dal fil rouge dell’individualismo impegnato.
Accompagnate dalla chitarra, amica degli sfoghi emotivi, rappresentano le leader e le fedeli groupie di sé stesse. Biker patch, t-shirt come seconda pelle e camicie annodate con massima naturalezza, presenti in collezione, sono in grado di accompagnare la poliedricità femminile in ogni momento della giornata.
Alle stampe e agli intarsi floreali su seta e pelle, simbolicamente identificabili nei capisaldi della proposta creativa della Facchinetti, si affiancano dischi lp, chitarre, spartiti e note musicali.


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Il classico gommino Tod’s si plasma al mood della collezione arricchendosi con borchie, cristalli e ricami e, passo dopo passo, inaugura il nuovo logo con la doppia T in acciaio.
Lo stesso è presente nelle borse, tutte aspiranti “It Bags”.
L’ampia scelta tra le varianti proposte, la maggior parte con tracolla chitarra intercambiabile, degna dei migliori rocker, proclama il suono del brand assolutamente innovativo, rivoluzionario e estraneo ai restanti trend della prossima stagione.


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MILANO FASHION WEEK: LA CALIFORNIA GIRL DI DAIZY SHELY

La suggestiva location dell’ Armani Teatro si apre ad ospitare l’estro creativo di Daizy Shely.

Giovane designer israeliana amata da Re Giorgio, vincitrice dell’edizione del 2014 di Who’s On Next?, fucina creativa che ha sfornato talenti del calibro di Stella Jean, Daizy Shely (all’anagrafe Aliza Shalali Deizy) non ha deluso le aspettative, presentando una collezione fresca, dall’impatto vitaminico e dall’imprinting unico.

La collezione Primavera/Estate 2016 presentata dalla stilista nell’ambito di Milano Moda Donna ha confermato una personalità forte, a cui la designer non rinuncia, per virtuosismi stilistici e per una femminilità sfacciata ed ironica, unita ad un design fortemente improntato alla contemporaneità.

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Una tavolozza di colori accesi con accenni fluo per un rainbow mood, da Daizy Shely si respira la libertà dell’oceano: co-ords con ruches ed audaci spacchi, per una sirena iridescente e metropolitana, si alternano in passerella a righe in satin brillante per maxi gonne e pantaloni da indossare sotto cappe profilate di pelliccia. E chi se importa se la collezione è primaverile, la sua donna è una diva in soffici piume di marabù -un must del brand- meglio se declinate in colori fluo.

Lurex e paillettes si mixano perfettamente per una California girl capitata per caso nel freddo milanese. Crop top metallizzati si uniscono a gonne a listini, camicette e hot pants si alternano a pellicce oversize per un neo grunge, e romantici dettagli in pelliccia che impreziosiscono anche le scarpe si alternano ad inediti ankle boots da cowboy rigorosamente abbinati a gonne romantiche, per ottenere riusciti contrasti all’insegna dell’ironia.

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Tutto è in mirabile equilibrio: le stampe optical irradiano lunghe gonne plissettate da indossare sotto inedite giacche biker glitterate addolcite dai toni dell’azzurro e del rosa baby. Candide balze di infantile memoria impreziosiscono abiti chemisier.

La donna di Daizy Shely ama giocare coi contrasti, forte di una femminilità gioiosa e semplicemente deliziosa. Un’esplosione vitaminica per una donne ben consapevoli di quanto la moda sia essenzialmente un gioco.

(Foto Madame Figaro)


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Suggestiva, sofisticata e a tratti ermetica la collezione di Marco De Vincenzo, protagonista della Milan Fashion Week. Una sfilata Primavera/Estate 2016 ricca di riferimenti iconici e dettagli da studiare.

Uno dei designer più ammirati, fine interprete dei nostri tempi, lo stilista siciliano ci incanta tra omaggi al Sol Levante e una cura minuziosa per i dettagli. De Vincenzo si rivela maestro nel coniugare una formazione classica ad una sperimentazione nei materiali usati, di alto design.

Ricordano le piante acquatiche, coi loro movimenti e le loro infinite sfumature, le strisce verticali di PVC ad effetto dégradé che impreziosiscono gonne plissé, conferendo loro piacevoli effetti 3D; suggestioni orientali nei dettagli optical omaggio all’opera di Victor Vasarely e stampe jacquard si mixano a tuniche svolazzanti e abiti da cocktail con oblò sexy che conferiscono un’aura di mistero e charme alle modelle che si alternano sulla passerella.

La palette cromatica dei capi sembra conferire a questi ultimi vita autonoma e movimento, per illusioni ottiche derivate dal sapiente uso di materiali quali il latex, le pelli metallizzate e il crêpe georgette di seta.

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Sovrapposizioni e giochi stilistici che strizzano l’occhio al futuro, dimensioni oversize nelle cappe e nei giubbotti che profumano, ancora una volta, di Oriente. Accessori di grande impatto scenografico, come le lenti come gemme colorate per occhiali da sole iconici. Femminilità nelle gonne plissettate e nei bustier con tanto di stecche, a conferire un tocco fetish. Il Monte Fuji protagonista assoluto delle felpe, i capispalla in pelle traforata e metallizzata si alternano alle gonne attraverso mirabili bicromie derivanti dall’uso di due diverse fantasie nelle stampe.

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Interessanti le calzature, che rivelano inediti tratti di ironia, come i sandali in marabù con tacco-scultura o le ciabatte flat effetto matelassé o ancora le scarpe con inserti di pelliccia. Una magistrale lezione di stile contemporaneo per una donna camaleontica e sicura di sé.

(Foto Madame Figaro)


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MILANO FASHION WEEK: ETRO, IL NUOVO LIBERTY

Romanticismo e suggestioni Liberty protagonisti della sfilata Etro, nell’ambito della Milan Fashion Week.

Un défilé caratterizzato da note dolci e delicate, per lunghi abiti a stampa floreale, nelle tonalità del rosa e del cipria. Margherite, le note profumate del mughetto e deliziose stampe bucoliche per capi che evocano suggestioni retrò.

Spunti botticelliani e mood folk per una collezione Primavera/Estate 2016 che prende spunto, per quanto concerne la palette cromatica, da certa tappezzeria pregiata di ispirazione Liberty: poesia, candore e memorie fanciullesche si coniugano in un mix di grande suggestione, per una collezione che ci riporta indietro nei nostri ricordi infantili.

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Abiti come tutù, nastri e scarpette da ballerina per lunghe gonne dal tessuto impalpabile e leggero. Mood bohemien per gli abiti lunghi di ispirazione Seventies, con il paisley che la fa da padrone. Ma è un Seventies rivisitato in chiave romantica, con tulle e lustrini, per una donna iperfemminile, quasi una ninfa silvestre dalle suggestioni Preraffaellite.

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Toni dégradé, maniche a kimono e nastri che impreziosiscono pantaloni leggeri. Etro riscopre la propria tradizione riuscendo mirabilmente a rinnovarsi. La sua donna è una principessa balcanica, con gioielli vintage e ruches, gilet e sovrapposizioni inedite di grande impatto stilistico. Il mood fiabesco si rivela vincente, per una Venere contemporanea.

(Foto Madame Figaro)


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