L’assurdo emendamento Della Zuanna

Dunque, c’è un tizio che ha presentato questo emendamento.
”Chiunque, al fine di accedere allo stato di madre o di padre, fruisce della pratica di surrogazione della maternità e’ punito con la reclusione da tre mesi a due anni e con una multa da 600 mila a un milione di euro”. “Chiunque – si aggiunge – organizza, favorisce o pubblicizza la pratica di surrogazione della maternità e’ punito con la reclusione da sei a dodici anni e con una multa da 600 mila a un milione di euro”.
Questo tizio è il Sen. Della Zuanna [di Padova, come il suo omonimo vescovo-cardinale] non è però il solo. Ben altri hanno sottoscritto questa roba qui.
L’esimio docente di demografia (eletto-miracolato in Scelta Civica nel famoso elenco dei “professori con Monti”) preferisce in sostanza che un bambino, voluto fortemente da genitori che evidentemente non possono averlo, venga tolto loro, affidato ai servizi sociali ed adottato solo perché “nato da madre surrogata”.



Costui comminerebbe una sanzione che non esiste (come misura e proporzione) nemmeno per i reati di strage. E da buon demografo, che è stato anche consigliere per un ministro della famiglia (sic!) andrebbe reso edotto che, fatti 8600mld la ricchezza italiana, diviso 60 mln di cittadini, fa una media di 4 o 8 volte il patrimonio procapite. [si certo, poi gli dovremmo anche ricordare che le medie non tengono conto che c’è Berlusconi e il nullatenente].
Ma Della Zuanna si preoccupa così tanto della famiglia, del calo delle nascite e della cura dei bambini che, da buon cattolico e secondo coscienza non ha niente di meglio che presentare questo emendamento.


Da buon cattolico. 
A me sembra da buon blasfemo, se penso al Vangelo, e se ci penso in un’epoca in cui Papa Francesco – che di certo non è apertissimo su certi temi – non ha gradito l’intromissione della sua Chiesa nelle questioni di legislazione nazionale al punto da retare contrariato quando il suo cardinale, Bagnasco, ha dato pubblico appoggio al FamilyDay “contro” le unioni civili.
E allora provo anche io ad essere nella forma – ma molto meno di lui nella sostanza – un po’ blasfemo, nel ricordargli che tecnicamente Dio è un po’ come se avesse usato la Madonna come “utero in affitto” per farci giungere suo figlio.. e allora, il cattolico Della Zuanna di duemila anni fa che avrebbe fatto? Lo avrebbe tolto a Maria e Giuseppe e affidato ad un orfanotrofio.


Oltre a distruggere la sacra Famiglia che tutti e come tutti la conosciamo, è probabile che viste le multe, non si sa bene se Dio, la Madonna o San Giuseppe starebbero ancora lì a pagare sesterzi ai lavori forzati. E dato che l’Arcangelo Gabriele era complice (in quanto rientra nella fattispecie di colui che “organizza e favorisce”) ci mettiamo dentro in solido anche lui.
[prometto qui pubblicamente che andrò dal mio confessore, da buon cattolico, gli leggerò questo brano e farò ammenda per i miei peccati – per la buona pace dei Della Zuanna di turno]
Il punto può sembrare manicheo e controverso, può davvero apparire blasfemo, può anche sembrare surreale, ma vi assicuro che non lo è. E non lo dovrebbe essere proprio per un cattolico, che sempre – e prima – dovrebbe chiedersi, lui, in prima persona, in coscienza, da che parte sarebbe stato e come si sarebbe comportato duemila anni fa, lì?


Facciamo i pii oggi, che sosteniamo di avere le idee chiare, sostenendo di “aver ricevuto il dono della fede”. Ci sta. Ma questo dono poi va concretizzato nelle scelte di ogni giorno.
E scegliere deliberatamente di prendere un bambino e darlo in affidamento ai servizi sociali, metterlo in un istituto e aprire per lui la via – farraginosissima, lunga e costosa in Italia – della possibile adozione… a me da cattolico non mi sembra affatto cristiano.


Soprattutto per chi la famiglia la difende per l’integrità, la ,orale, l’equilibrio psico-educativo dei minori. Ma è evidente che nella sua onniscienza Della Zuanna (e tutti quelli che la pensano come lui) ne sa e comprende più di me.
Del resto, lui, è autore di “Meno preti, quale Chiesa? Per non abbandonare le parrocchie”.
Ecco, noi (e nel noi ci metto anche i cattolici che la pensano come me) potremmo scrivere un libro a lui dedicato (con Giovanardi e Binetti in bella mostra) dal titolo, che so… “Meno bigotti, quale parlamento? Per non abbandonare i bambini”. Ma non lo faremo.
Preferiamo – nella piena pietas cristiana – che costoro amabilmente finiscano nel limbo del dimenticatoio. Diversamente li renderemo eroi per qualcuno.



P.s. Caro Matteo (Renzi ndr), mo io la cosa del partito della nazione la voglio anche cercare di capire, ma proprio tuttituttitutti devono entrare nel piddì? Così, per sapere…

Armani Privé: l’Haute Couture di Giorgio Armani si tinge di malva

Ho sempre amato vestire le persone con un solo colore [..] Ieri era il caso del grigio, del blu, del greige. Oggi è la volta del malva. È un tono idilliaco, dolce, che sta bene quasi a tutte. Ha un’aria rassicurante e allo stesso tempo molto ricercata”, riferisce re Giorgio Armani per commentare la nuova tonalità presentata durante la sfilata Haute Couture esibita presso Palais De Tokyo a Parigi.

La collezione Armani Privé Haute Couture primavera/estate 2016, dedicata alle brunediventa un tributo al color malva e a tutte le sue sfumature.

La semplicità delle linee essenziali si arricchisce di sfarzosi ma delicati ricami. Perline, baguette e paillette conferisco ai capi una texture di esclusiva meraviglia. Top, blouson, abiti e perfino semplici dettagli appaiono come un complesso di micro specchi studiato accuratamente per catturare la luce e rifletterla dappertutto.

Le onde delle macro ruches, si adagiano delicatamente su giacche e shorts dalla linea midi, creando un movimento sinuoso e gradevole.

Gli abiti da sera regalano tutto l’eleganza che solo il savoir-faire di Giorgio Armani può realizzare. Possiedono una delicata linea ad A impalpabile, quasi vaporosa e in forte contrasto con i corpetti, rigidi o duttili, senza spalline o con scollatura profonda.

Sotto gli occhi di Charlotte Rampling, Isabelle Huppert, del sindaco di Milano Giuliano Pisapia e Juliette Binoche, scorre lentamente la leggerezza: qualità sempre apprezzata dallo stilista che ama vestire il corpo delle donne con tessuti leggeri come la seta e lo chiffon, da sempre sinonimo di eleganza femminile per Giorgio Armani.

 

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Fascino scandinavo per l’haute couture di Chanel

Una immensa distesa di prati verdi su cui si erge solitaria una costruzione astratta in legno scandinavo, che sembra attrarre i raggi di un pallido sole del Nord: si presenta così il Grand Palais di Parigi, per accogliere il défilé Haute Couture di Chanel. Una collezione Primavera/Estate 2016 ricca di suggestioni, in bilico tra opulenza e minimalismo. La luce tenue dei paesaggi nordici si unisce al lusso tipico della maison francese, tra ricami preziosi, gioielli, chiffon e ruches. Ad aprire la sfilata è Mica Arganaraz, la nuova musa di Kaiser Karl, seguita da top model del calibro di Kendall Jenner, Mariacarla Boscono, la burrosa Gigi Hadid con la sorella Bella.

Il tradizionale tailleur in tweed, emblema della maison, si coniuga ad abiti insolitamente minimal, dall’appeal quasi monacale, tra inediti colletti da educanda e maniche balloon: semplicità e pulizia si arricchiscono dell’unico vezzo costituito da un fiocco bon ton. Si continua con bluse e gonne in seta: torna prepotentemente in auge la gonna longuette, con caviglie scoperte, mentre per la sera il mood è sparkling, tra cascate di cristalli, frange, gonne plissettate e oro all over. L’opulenza sembra essere la parola chiave, per un’eleganza che attinge molto dal Sol Levante. Certi capi drappeggiati ricordano i kimono, mentre le linee sembrano ispirarsi ai costumi delle imperatrici orientali. Anche il make up delle mannequin omaggia il Giappone: i capelli vengono raccolti in uno chignon basso con riga centrale, mentre profuma di Oriente il trucco degli occhi, evidenziati da due linee nere parallele.

Neutrale e sobria è la palette cromatica, che predilige avorio, paglia, nude e beige, insieme al bianco, al nero e al blu navy, mentre piccoli guizzi di colore si ottengono con azzurro e rosa shocking che qua e là fanno capolino su tailleur e abiti. Zeppe in sughero sembrano omaggiare la magia dei paesaggi scandinavi, per una moda eco-friendly, che usa materiali quali la rafia.

La donna Chanel è austera come le donne orientali, rispettosa della natura e dei suoi elementi, ma capace di ostentare un lusso quasi barocco, come l’abito da sposa con strascico, che chiude il défilé. Suggestiva e come sempre teatrale la conclusione della sfilata, con le modelle che si raccolgono nella costruzione in legno su due livelli, quasi una casa di bambole dal sapore scandinavo, dove fa capolino anche Karl Lagerfeld.

Ospiti della sfilata Cara Delevingne, una prorompente Monica Bellucci strizzata in inediti leggings, Gwyneth Paltrow, Anna Wintour, l’italianissima Alessandra Mastronardi e la sempreverde Inès de la Fressange, musa storica di Lagerfeld.

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La valchiria di Atelier Versace conquista Parigi

Una valchiria in abito da sera è la protagonista della sfilata Atelier Versace, che ha inaugurato l’Haute Couture parigina. Donatella Versace riporta la maison ai vecchi fasti, proponendo una collezione Primavera/Estate 2016 sofisticata e grintosa.

Atletica, sinuosa, sicura di sé, la donna Versace calca la passerella esibendo una self-confidence fuori dal comune: come una dea, tra drappeggi, spacchi vertiginosi e nude look mozzafiato, esibisce fieramente la propria femminilità e le curve. L’intero défilé è un tributo alla bellezza femminile. E tante sono le bellezze che si alternano sulla passerella, da Irina Shayk a Rosie Huntington Whiteley, da Mariacarla Boscono a Gigi Hadid a Joan Smalls. Testimonial della sfilata è Rita Ora, strizzata in un mini abito arancione, che enfatizza il suo fisico scolpito.

Atelier Versace restituisce alla donna il potere derivante dalla seduzione: la femme fatale che sfila in passerella sfoggia colori vitaminici che esaltano le curve vertiginose. La palette cromatica indugia in nuance fluo, dal giallo fluorescente all’arancio al blu cobalto, alternati al bianco e nero optical. Nude look enfatizzano il corpo attraverso sapienti cuciture e intrecci strategici: i virtuosismi non si contano, tra reti traspiranti e lacci bondage, per capi ad alto tasso di seduzione. Come una ragnatela, piccoli spiragli di pelle vengono lasciati sapientemente in vista, mentre lunghi abiti da sera in georgette di seta svolazzante conferiscono alla donna un’allure da diva. Colori accesi anche per i mini dress, mentre i bustier enfatizzano le curve femminili. Una haute couture che si ispira all’atletica e alle uniformi degli sportivi, riuscendo contemporaneamente ad enfatizzare la femminilità. Tra i materiali usati spicca su tutti il silicone, tra micropaillettes e giochi cromatici.

Nel front row della sfilata spiccano illustri colleghi designer, da Alexander Wang ad Anthony Vaccarello, che cura la linea Versus, fino a Riccardo Tisci, che ha recentemente scelto Donatella Versace come testimonial Givenchy.

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Da Schiaparelli il pranzo è haute couture

Tavole imbandite, tovaglie, piatti e porcellane, e, ancora, ortaggi e vivande di ogni tipo fanno capolino da lunghi abiti da sera in impalpabile chiffon di seta. Gusci di uova decorano tailleur bianchi dalle proporzioni a trapezio, in pieno stile anni Swinging Sixties, tra shift dress e stivali. La collezione haute couture Primavera/Estate 2016 di Schiaparelli incanta Parigi, tra ironia e suggestioni surrealiste.

Una sfilata all’insegna dell’originalità, che ha visto un inedito mix di spunti variegati. Il risultato sfiora la genialità, tra fiori e piante che sbucano da tailleurini bon ton, ed altri elementi floreali che decorano lunghi abiti da dea, in cui farfalle volano tra drappeggi e ricami. Eleganza nelle maxi gonne plissettate che completano bluse con fiocco, e dolcezza quasi infantile nelle stampe. Ricami traforati e crochet avvolgono abiti da gran soirée, mentre sul candido bianco di tailleur e lunghi abiti compaiono posate e servizi di argenteria. Il direttore creativo della celebre maison di alta moda, Betrand Guyot, celebra la gioia e l’eleganza dell’atto del nutrirsi, tra uova a la coque e teiere.

Un mood di ispirazione vagamente provenzale, nei tessuti che ricordano le tovaglie, si arricchisce di elementi surrealisti, quali aragoste, conchiglie, cuori e labbra. Colpisce la ricercatezza di ogni dettaglio, fino alle scarpe, i cui tacchi rappresentano i baccelli dei piselli, ma in chiave 3D. Ironia protagonista assoluta di questa sfilata, insieme alla gioia di vivere insita nel cibo, come la stessa Elsa Schiaparelli affermava nel lontano 1954. Un ricettario illustrato di sofisticata eleganza, nelle stampe caleidoscopiche ispirate a Louise Bourgeois, mentre le aragoste omaggiano la celebre collaborazione tra la couturier e Salvador Dalí, che risale al lontano 1937.

Nel front row dell’apprezzatissimo défilé spiccano nomi del calibro di Carla Bruni Sarkozy, Michelle Yeoh, Christian Louboutin, Olivia Palermo, Kate Bosworth e Daphne Guinness, ma anche Pier Paolo Piccioli e Maria Grazia Chiuri, i direttori creativi di Valentino. La palette cromatica predilige tanto bianco, ma anche i toni del giallo e dell’arancio, che vengono sublimati in stampe e fantasie di ispirazione culinaria, per una sfilata tra le più apprezzate.

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Milano Moda Uomo: Pellami raffinati e grintosi per l’uomo Orciani

 

Equilibrio perfetto tra artigianalità e stile futuristico per la collezione A/I 2016 di Orciani

Mood contemporaneo misto a un’artigianalità senza tempo per Orciani, che firma la collezione uomo autunno/inverno 2016/17.

Un gioco di contrasti e stili che nel suo insieme riesce però ad avere un suo equilibrio, una collezione anticonformista, eclettica, classico sì, ma senza perdere il suo essere sofisticato, e che schiaccia anche l’occhio all’innovazione.

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Le borse sono all’altezza dei trend del momento e si dividono in diverse tipologie: Norway, perfetta combinazione tra pelle e morbida lana; lo Zaino, completa e arricchisce gli outfit del guardaroba maschile in perfetto stile “genderless”; la linea Soft è per un uomo che vive immerso nella metropoli, tra casa e ufficio; Outland è per un uomo che gioca con contrasti glam e rock; Japan è una micro linea perfetta per il viaggio, il tempo libero e il lavoro, che abbina una tracolla con forma trapezoidale a una tote bag.

Le cinture sposano essenzialità, artigianalità e glam; bombate o elasticizzate, fine pellame, lavorazione minuziosa, aspetto dal sapore England o used, borchie, grappe metalliche, incisioni.

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Intrecci, volumi che si fondono a segni grafici, trame in pelle e colori che giocano sulla creatività e lo stile tipico di Orciani.

La linea Worker in Soft si trasforma e perde la sua rigidità per far posto alla morbidezza, ai colori e alla grinta.

La linea si completa con la piccola pelletteria fatta di sacche morbide e zaini trasformisti, capispalla e bracciali.

 

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SUNNEI alla Milano Moda Uomo

SUNNEI FALL WINTER 2016 COLLECTION

La moda è anche un gioco, così presenta la collezione autunno/inverno 2016/17  il brand SUNNEI, con il gioco delle sedie musicali.

In una lussuosa sala anni ’30 del centro di Milano, i modelli ballano attorno alle sedie sfidandosi in un gioco infantile, senza prendersi troppo sul serio.

Un uomo contemporaneo che ama divertirsi e giocare con la moda, i tessuti sono ricercati ma confortevoli, le t-shirt diventano dei fogli bianchi sui quali disegnare.

 

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Colori caldi per la stagione fredda, come il beige cammello accostato alla ciniglia delle tute e alla lana del cappotto/accappatoio.

 

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Blu, bordeaux e una punta di verde smeraldo colorano la collezione SUNNEI che si alterna a righe e quadri, un decumano artistico in collaborazione con Michele Papetti.

 

 

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Tutto è Made in Italy, dalla maglieria in lana alle felpe, per un autunno/inverno caldo e morbido, indossando capi basici, semplici, ma originali.

Non solo abbigliamento, SUNNEI si avvicina al mondo delle calzature introducendo la linea di scarpe con la suola running VIBRAM; un brand a 360 gradi che vuole semplificare e ridurre ai minimi termini una moda artefatta di un’epoca complessa.

Gioia e Gioco tra le parole di Loris Messina e Simone Rizzo, il duo SUNNEI che, ballando insieme ai modelli, hanno divertito gli spettatori con una leggerezza che andiamo perdendo, ma che speriamo di riportare in auge.

(foto di Anna Adamo)

La Giornata della Memoria

«Forse un giorno anche la memoria di questi eventi ci sarà utile».
«Forsan et haec olim meminisse iuvabit».
Così ammoniva l’antica sapienza latina, attraverso la voce di Virgilio.
Noi aggiungiamo che non solo sarà utile, ma sarà perfino necessaria, perché, come ci avverte Sigmund Freud, colui che non conosce il proprio passato è destinato a ripeterlo.
In base a quanto ognuno di noi vive quotidianamente, possiamo dire che la memoria consiste in tre momenti tra loro strettamente collegati: è, anzitutto, l’atto della conservazione di conoscenze in qualunque modo acquisite; poi è un contenuto, cioè queste stesse conoscenze; infine è un nuovo atto che si risolve nella rievocazione di ciò che si è custodito.


La giornata della memoria


Descritta così, sembra che l’esperienza della memoria sia una cosa fredda, quasi burocratica.
Invece essa è anche immaginazione, fantasia, intelligenza, volontà. È un viaggio alla scoperta del passato proprio e altrui. È una sfida tra libere associazioni mentali, una coreografia tra libere combinazione di frammenti per costruire o ricostruire un’identità. Più che un’architettura, la memoria è una danza, capace di compiere salti e figure nuove; è luce ed eclisse, luogo d’attesa e cantiere di spettacolo; è un canovaccio, più che un copione completo. Essa non è solo una facoltà dell’intelletto, ma è come la pelle: unisce e unifica tutto, coprendo e avvolge. È una sensibilità particolare, un ésprit de finesse, direbbe Blaise Pascal. Un’attività creativa e dinamica, rivolta al futuro, non meno che al passato.


La giornata della memoria


Ma la memoria è anche un dovere sociale e politico: a questo fine nascono le celebrazioni civili, siano esse feste nazionali o giornate particolarmente dedicate alla riflessione e al ricordo.
Una delle iniziative che, a partire da questi ultimi anni, ha posto il ricordo di un evento al centro di un momento celebrativo e cultuale di grande impatto comunitario, è la cosiddetta “Giornata della Memoria”, che ricorre il 27 gennaio. In quell’occasione l’opinione pubblica è invitata richiamare alla mente ciò è accaduto in molte nazioni nel recente passato, cioè la persecuzione degli ebrei culminata nel progetto di sterminio del loro popolo da parte del regime nazista tedesco.
Nel loro complesso, i fatti sono conosciuti e abbondantemente studiati. Inoltre la letteratura e la cinematografia hanno contribuito a diffonderne la fama.


Ricordare, dunque.
Sì.
Ma come ricordare?
Una mostra di fotografie, scattate da Amerigo Setti durante un suo viaggio ad Auschwitz, è in corso di svolgimento fino al 7 febbraio nella ex chiesa del Carmine di Medicina, un importante centro presso Bologna. Alla preparazione della mostra ha collaborato anche Giovanni Basile. Gli avvenimenti evocati dalle bellissime foto sono conosciuti a livello mondiale. Ma Amerigo ha voluto intrecciare il dramma della Shoah con un’altra tragedia avvenuta nel secolo scorso (appena ieri!), l’eccidio di Montesole- Marzabotto, la più grande strage di civili del già disastroso bilancio della seconda guerra mondiale. E questi due diabolici progetti trovano una mirabile eco e una straordinaria interpretazione nelle foto della Via Crucis della cattedrale di Troia in Puglia, dello scultore Emilio Demetz: le ultime ore della vita storica di Gesù di Nazareth, nel quale credenti e non credenti potranno trovare l’icona del giusto ingiustamente perseguitato.


La giornata della memoria


A tenere insieme questi fatti, e ad accompagnare i visitatori, la mostra è arricchita di alcuni versi di Dante Alighieri: voce profetica quant’altre mai, perché riesce ad addentrarsi nella profondità dell’essere, al di là delle circostanze storiche, ed è in grado di comunicare con gli esseri di tutti i tempi; voce che attraversa i secoli e le vicende e arriva fino a noi, per coinvolgerci in una riflessione, in una presa di coscienza, in una decisione di vita.


Ricordare, dunque?
Sì.
La memoria è persistenza.
Il cui scopo, però, non è quello di innescare odi e generare vendette, ma di trasmettere alle generazioni, come dice Giuseppe Laras rabbino di Milano, «un atteggiamento di rifiuto della violenza e dell’intolleranza in modo che possa divenire parte integrante del patrimonio etico-culturale degli uomini di domani. Credo sia soprattutto questo il valore della memoria: ricordare per ricostruire».
Le parole di Dante e le immagini di Amerigo ci aiutano a percorrere le tappe di un cammino non solo attraverso la civiltà umana, ma soprattutto verso la civilizzazione umana.
Mediante scarti bruschi, momenti di tensione, cristallizzazioni dei volti e delle pose, progettate deformazioni e armoniose prospettive, Dante e Amerigo, con linguaggi diversi e convergenti, fanno emergere la capacità di svelare e di trascrivere il “profilo frastagliato” di una memoria aperta al domani.
La memoria tende alla speranza.
La memoria diventi speranza.


Pietre nel Silenzio.
Mostra fotografica di Amerigo Setti
Dal 25 gennaio al 7 febbraio 2016
Medicina, Chiesa del Carmine
Bologna

Eleventy collezione uomo FW 2016-17

Eleventy presenta alla Milano Moda Uomo la collezione autunno/inverno 16/17 

 

Una presentazione che non passa certo inosservata quella di Eleventy alla Milano Moda Uomo 2016.

Non manca nulla:

– una collezione maschile curata e studiata nel dettaglio, un inno agli opposti che si attraggono – abbinamenti inaspettati di tessuti e colori; il classico che si fonde con lo sportivo, una filosofia riconducibile alla cultura giapponese wabi sabi

– nuovi concept: la camicia trattata con il collo coreano in flanella; il pantalone da jogging al posto del classico; lo stretch per le giacche in camoscio da indossare su jeans cimosati; il  trattamento rain system che rende impermeabili tessuti lanieri come fossero capi in nylon

– un lunch con chef d’eccezione Andrea Berton, che ha allietato buyers e  giornalisti (nuovi runner delle settimane della moda milanesi) con deliziosi manicaretti.

La capsule collection PLATINUM, rigorosamente di sartoria napoletana – da sempre la migliore – propone una moda mixed, dai colori del beige, grigi, moro, blu notte, con punte di ruggine e verde delavèe.

Marco Baldassari, designer e perfetto rappresentante dell’uomo Eleventy, dichiara:

Vogliamo proporre un’eleganza che non sia ostentata, ma trasmetta un concetto di bellezza imperfetta dato da qualità, cura nei dettagli e abbinamenti insoliti di colori e tessuti“.

Hanno centrato!

 

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dettaglio Eleventy
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collezione FW 2016-17
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collezione FW 2016-17
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presentazione Eleventy alla Milano Moda Uomo
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pantaloni da jogging per la capsule Eleventy
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lo Chef Andrea Berton per il lunch Eleventy, Marco Baldassari

Giambattista Valli incanta l’Alta Moda parigina

Applicazioni di ruches, fiori che si animano, abiti principeschi che ci invitano a sognare ancora, perché non è mai troppo tardi per farlo.

Giambattista Valli deve tanto a Parigi e a questa città dedica la collezione Haute Couture primavera/estate 2016. Risveglia la sua creatività come i fiori dei favolosi giardini de La Ville Lumière, in primavera. Si lascia guidare dai suoi germogli colorati e turgidi e noi quasi ne percepiamo i loro profumi.

Così occorre lasciarsi avvolgere dall’aurea romantica e misteriosa dei  giardini di Bagatelle, Palais Royal, Luxemburg e Tuileries  per “raccontare quelle fioriture impressioniste che hanno ispirato tanta arte”, spiega il designer.

Valli è il virtuoso dell’Haute Couture. È generoso nel donare agli altri, attimi di pura magia. Le sue creazioni sono teatrali, imponenti ma leggere come nuvole al contempo. Metri e metri di organza imbastita e cucita sapientemente, cristalli lucenti che riflettono la preziosità delle sue creazioni.

Mantelle con chiusura gioiello, pizzi generosi, maniche sbuffo impreziosite da mughetti, peonie e margherite. Abiti cocktails con rose che scivolano a tutta altezza e reti fantasiose che imprigionano i boccioli. Lo stile impero rivive nell’abito in seta e organza rivestito completamente da corolle da mille colori.

L’abilità creativa del designer romano esplode negli abiti da ballo in organza che disegnano una naturale  linea ad A e che riflettono l’incontrovertibile bellezza di questa collezione.

Tanto di cappello, “Giaba”.

 

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ANARCHYTECTURE: VIAGGIO AL CENTRO DEL ROCK FIRMATO SKUNK ANANSIE

A pochi giorni dalla sua uscita il nuovo disco del gruppo britannico è già in vetta alle classifiche

Poche parole ma tanti sorrisi. Così gli Skunk Anansie, capitanati dalla loro leader indiscussa Skin, hanno incontrato nei giorni scorsi i loro fans italiani, dopo l’uscita ufficiale lo scorso 15 gennaio di “Anarchytecture”, sesto lavoro della band britannica, secondo dopo la loro reunion avvenuta nel 2012 con l’incisione di Black Traffic.


Quest’anno, ancor più di allora, il rock ritorna a battere forte in ogni singolo pezzo cantato dalla “pantera nera”: in ogni brano intensi riff si uniscono alla voce acuta e profonda di Skin, per dare vita ad una compilation che traccia dopo traccia scuote e infiamma l’anima di quanti amano le sonorità rock. Un rock che in perfetto stile Skunk Anansie amalgama heavy metal con influenze punk rock e ibride funk, proprio come piace a loro che, mai come ora, sono apparsi nella loro forma più splendida con Cass al basso, Ace alla chitarra e Mark Richardson alla batteria. La formazione al completo dunque, capitanata da una Skin che, come sempre, trascina il gruppo, sicura e caparbia come non mai, consapevole di quella sua voce inconfondibile alla quale anche David Bowie, il mito, in una sua performance live, riproponendo Milk is my sugar, (uno dei successi supremi degli Skunk Anansie) aveva riservato il giusto onore con uno “Scusate Skin forse l’avrebbe cantata meglio”. Una sorta di benedizione quella di Bowie che diede ancora più forza ed al gruppo rock britannico.


Con Anarchytecture oggi gli Skunk Anansie ritornano e confermano ancora una volta quell’acclamata bravura e la loro unicità come gruppo che ama l’anarchia pur essendo consapevole di come essa, in fondo, non possa esistere nel nostro sistema. Da queste fondamenta trae origine il titolo del nuovo album, perfetta dichiarazione dell’antitesi tra anarchia e architattura. Un concetto interpretabile da ognuno in modo personale, proprio come per ogni singolo membro della band, per il quale “Anarchytecture” assume significati diversi, pur avendo come perno il concetto dello scontro di due cose diverse, capace di generare vibrazioni che gettano il seme della creatività. E in questa sorta di anarchia mista a razionalità e coerenza il gruppo britannico sta già scalando le classifiche di mezzo mondo, collezionando sold out ai concerti ( il 17 febbraio all’Alcatraz di Milano, il 14 luglio a Pistoia, il 15 a Roma e il 17 a Piazzola sul Brenta) e infiammando i cuori dei fans. Come lo scorso sabato allo store Mediaword del Centro Commerciale le Due Torri di Stezzano, in provincia di Bergamo, dove oltre 600 rockers hanno osannato i loro miti. E loro hanno risposto con sorrisi e gentilezza, dimostrando come anche le rock star hanno un lato tenero. Antitetesi perfetta, un’altra volta… in perfetto stile Skan Anansie.

ph: Daniele Trapletti

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