Si chiama “Vigilans Somniat”- Colei che Sogna a Occhi Aperti, la nuova collezione di Italo Marseglia presentata sulle passerelle di Altaroma il 6 luglio, in cui ha predominato il bianco in tutte le sue declinazioni e sfumature.
Italo Marseglia con la sua “Viaggiatrice”presentata ad Altaroma, ha riscritto le pagine di un nuovo modo di intendere l’Upcycling, puntando sulla silhouette di una donna che vuol sedurre con i propri outfit fatti di stoffe delicate, abilità sartoriale, pizzi pregiati, forme e volumi, in una dimensione i cui confini tra la realtà e la fantasia si fondono per creare qualcosa d’inedito e splendido allo stesso tempo.
I tessuti non rappresentano solo l’estetica del bello ma anche un concetto di funzionalità, valore e ricercatezza nei materiali inediti come la pelle di salmone, i pezzi d’archivio e di recupero messi a disposizione da diverse aziende: dalla storica maison francese Sophie Hallette i pizzi d’archivio, dal ricamificio Lusi vecchi campioni, dai Fratelli Bassetti Tessuti (Massimo e Federico), denim anni ’70 recuperato da vecchi magazzini, la cui innovativa tecnica di sbiancamento del tessuto è stata prodotta rispettando l’ambiente e la tutela delle acque.
Italo Marseglia fa del “riciclo creativo” il suo punto forte, rielaborando l’estetica e il timbro stilistico nell’utilizzo di tessuti riclicati che si fondono a nuove tecnologie come le scarpe ginniche con suole avanguardistiche realizzate con i tessuti della collezione stessa (i delicati chantilly di Sophie Hallette il denim sbiancato dei Fratelli bassetti), in collaborazione con Luca Berioli.
Non bisogna dimenticare l’importante partership con l’azienda islandese Atlantic Leather, leader mondiale nella concia di pellami di recupero provenienti dall’industria ittica alimentare, realizzando un’interessante collezione di accessori, piccole borse, tracolle e calzature (le mules realizzate da James Edoardo Di Veroli, designer romano di alto livello artigianale), in pelle di salmone.
Il bianco predomina nella collezione di Italo Marseglia, le cui sfumature e declinazioni svolgono un ruolo fondamentale su outfit rivisitati dal designer e che sono parte integrante del vestire; dalla camicia (must have di Italo Marseglia) allo chemisier portato sullo smoking che gioca con accessori tipici dello sportswear, alla giacca con taglio strategico che scopre maliziosamente la clavicola.
Parte integrante della collezione è rappresentata dalle forme e dai volumi, ispirati alle architetture romane e impreziosite da plissè realizzati minuziosamente a mano, che si fondono su un insieme di pizzi pregiati.
Una passerella ben curata per “Vigilans Somniat” di Italo Marseglia, diretta dal regista Rossano Giuppa (ideatore di un progetto che esplora l’inconscio e i misteri del sonno, il bianco dell’anima e il nero della notte) con il supporto musicale dei Mòn (band in forte crescita nel panorama musicale nazionale), che ha guidato le modelle sulle note di un sound leggero, raffinato, misterioso, misto a un ritmo psichedelico e armonico dallo stile rock e ambient, elettrofolk e indiepop.
Il confine tra il sogno e la realtà e impercettibile, una donna – quella di Italo Marseglia – che indossa abiti studiati con minuziosa eleganza e artigianalità, è una viaggiatrice colta che ama indossare camicie da notte e lingerie dell’epoca vittoriana, avvolta da tulle con tocchi dark e fetish per contrastare l’evanescenza e la delicatezza del sogno alla forza della sensualità.
Photo credit: Altaroma – Laura Gagliano
Tag: sportswear
La capsule collection di Ports 1961 per Everlast
Una collezione esclusiva che unisce suggestioni sporty all’iconica eleganza di un brand come Ports 1961: Farfetch si prepara ad accogliere la capsule collection Ports 1961 x Everlast, che ha sfilato durante l’edizione P/E 2017 della Milano Moda Uomo.
Caratterizzata da ispirazioni urban e dettagli Street style, la linea activewear disegnata da Ports 1961 per Everlast comprende 8 pezzi: largo a bomber, t-shirt, felpe, canotte e shorts ispirati al mondo dell’atletica, che coniugano comfort e stile.
La partnership tra i due brand di sportswear è solo l’ultima di una lunga serie di collaborazioni inedite, che hanno portato negli ultimi mesi alla nascita di co-branding: è il caso di Vetements, che si è unito a marchi come Champion, Canada Goose e Reebook, o ancora di Adidas con Raf Simons. Un altro valido esempio è la capsule collection firmata Gosha Rubchinskiy, che ha coinvolto brand come Superga e Robe di Kappa.
CAITLYN JENNER diventa testimonial PER H&M SPORTSWEAR
Momento di grande ascesa per Caitlyn Jenner, il colosso svedese H&M la proclama testimonial per la linea Sportswear
C’è fermento nel mondo della moda (e non solo) per l’uscita dei nuovi scatti della tanto acclamata Caitlyn Jenner, un tempo Bruce Jenner (ex atleta).
Dopo aver firmato un contratto con Mac in qualità di testimonial per la creazione del suo primo rossetto, Finally Free, Caitlyn Jenner è stata scelta dal colosso H&M per la linea sportswear.
Un momento d’oro per l’icona trasgender divenuta ormai simbolo di libertà nel mondo.
L’annuncio è stato condiviso su Instagram in uno scatto che ritrae la Jenner avvolta in un paio di leggings, scarpe da ginnastica e felpa, elegantemente seduta con gambe accavallate.
Non è nuova la scelta di modelli e personaggi anti convenzionali per H&M, che, nel corso degli anni ha ben ponderato scelte commerciali riguardo campagne pubblicitarie o passerelle moda seguendo il filone dei trend del momento, per dimostrare che anche l’imperfezione è uno standard raggiungibile e la diversità, una risorsa meravigliosa.
Caitlyn Jenner testimonial per “MAC”
A testimonianza di questi fatti, basta dare uno sguardo all’ultima Paris Fashion Week, che ha visto sfilare in passerella volti emergenti e modelle transgender come Hari Nef, Andreia Pejic o la curvy Ashley Graham, a fianco di modelle del calibro di Amber Valletta o Pat Cleveland.
Si dice soddisfatto il colosso svedese H&M per la scelta fatta, che afferma: «Abbiamo scelto Caitlyn Jenner, una delle atlete più famose e celebrate, come parte della nostra campagna H&M Sports perchè vogliamo dire al mondo che tutto è possibile, nello sport come nella vita».
Non ci resta che attendere con trepidazione i nuovi scatti della campagna moda!
Hari Nef, Andreia Pejic e Ashley Graham
Slim Keith: il fascino dell’imperfezione
La giacca maschile cade a pennello sui fianchi stretti; i capelli schiariti dal sole delle spiagge californiane sono raccolti con nonchalance in una coda da cui sbucano ciocche ribelli; la sigaretta tra le dita affusolate lascia il posto ad un sorriso che si allarga gioviale su un volto dai lineamenti marcati e dalla rara bellezza. Slim Keith è stata una socialite ed una tra le più sublimi icone di stile a cavallo tra gli anni Quaranta e Sessanta. Perfetta incarnazione della California girl, la sua leggendaria eleganza impresse un segno indelebile nella moda degli anni Quaranta e la rese iniziatrice del tomboy style.
Nancy “Slim” Keith nasce a Salinas, in California, il 15 luglio 1917. All’anagrafe Mary Raye Gross, la madre le cambia il nome in Nancy. Bionda e abbronzata, la figura snella forgiata dallo sport, le spalle larghe e il fisico atletico: Nancy cresce in salute e bellezza assaporando il sole della California. Ma la giovane è sempre più insofferente rispetto ai ristretti orizzonti culturali che respira nell’ambiente domestico. Il padre è un uomo d’affari di origine tedesca, bigotto e privo di amore, la madre un angelo del focolare senza alcuna ambizione personale. Quando i suoi genitori divorziano, la piccola Nancy sceglie di andare a vivere con la madre.
Iscritta ad una scuola cattolica, lascia gli studi un semestre prima del diploma. Affamata di vita e sicura di sé, la giovane fugge in moto nel deserto. L’istinto le dice di fermarsi in un resort situato nella Valle della Morte: è qui che inizia la sua scalata sociale, grazie all’incontro con William Powell. Vedendola emergere dalle acque di una piscina col suo fisico scultoreo, l’attore le dà il soprannome che la accompagnerà per tutta la vita, Slim, ovvero “snella”.


Grazie all’amicizia con Powell la ragazza incontra William Randolph Hearst e la sua compagna Marion Davies, per merito dei quali riesce ad affermarsi in pochissimo tempo come una delle socialite più famose di Hollywood: non vi è party a cui non presenzi, bella come una diva patinata la vediamo sorridere al fianco di divi del calibro di Gary Cooper e Cary Grant. La socialite diviene regina incontrastata del jet set internazionale, adorata tra gli altri da Clark Gable ed Ernest Hemingway. Ma l’ambizione di Slim non è soltanto quella di realizzarsi a livello lavorativo. Femme fatale spregiudicata e passionale, la futura icona di stile ha un debole per gli uomini.
Nel 1938 avviene l’incontro con quello che sarà il suo primo marito, il famoso regista Howard Hawks. Per lui è il classico colpo di fulmine: Hawks si invaghisce immediatamente di lei e fa di tutto per convincerla a sposarlo, sebbene egli sia già sposato da molti anni. Nella sua autobiografia, intitolata “Slim: Memorie di una vita ricca ed imperfetta“, la socialite racconta che nonappena la vide, Howard Hawks le disse “Sei la cosa più che straordinaria che abbia mai visto. Mi sposerai“. Quello che più piaceva in lei era il fatto che, sebbene fosse una gran bellezza, non nutriva alcun interesse per la carriera cinematografica. Ironica e divertente, le sue osservazioni erano acute e taglienti. Coraggiosa come nessuna, nelle sue memorie ammette candidamente che i suoi tre mariti furono un mezzo per avviare la sua portentosa scalata sociale: Slim Keith descrive Hawks dicendo che “Non era solo bello, affascinante e di successo, era esattamente il pacchetto che volevo. La carriera, la casa, le quattro auto, lo yacht —questa era la vita per me.” Nel 1941 i due convolano a nozze.




Slim Keith fu anche talent scout ante litteram: fresca di matrimonio col regista hollywoodiano, sfogliando un numero della celebre rivista Harper’s Bazaar si imbatté nel volto di una giovane modella, ritratta da Louise Dahl-Wolfe: trattasi di Lauren Bacall, ultima scoperta della celebre fashion editor Diana Vreeland. Il fiuto di Slim le fa comprendere immediatamente il potenziale espressivo di quel viso; ne parla subito al marito e in pochissimo tempo la bella Lauren viene convocata per un provino e ottiene così il suo primo ruolo come attrice, nel film “Acque del Sud“, diretto da Hawks. Nella pellicola la Bacall flirta con Bogart —con cui nascerà una lunga storia d’amore— indossando i tailleur maschili di Slim, che le suggerisce anche molte delle battute, forgiando un personaggio a propria immagine e somiglianza. Ne viene fuori un capolavoro: lo charme di quella donna così a proprio agio nell’indossare abiti da uomo e nel fumare una sigaretta dopo l’altra diverrà emblema della bellezza anni Quaranta.
Malgrado la sua acuta intelligenza, la socialite dichiarerà di non essere stata altro che una specie di soprammobile per Hawks, una presenza prettamente decorativa. Il matrimonio non si rivelò affatto facile, anche a causa delle numerose infedeltà di lui. Poco dopo la nascita della loro figlia Kitty Hawks (oggi apprezzata interior designer), Slim si rifugia a L’Avana, dove chiede ospitalità all’amico di sempre, lo scrittore Ernest Hemingway. Ma la solitudine dura poco: qui incontra Leland Hayward, che sarà il suo secondo marito. Ricordato dalla socialite come l’unico grande amore della sua vita, Hayward e Slim si innamorano all’istante ma per convolare a nozze devono attendere il divorzio che li renderà liberi dalle rispettive unioni precedenti. La relazione tra i due dura ben dodici anni. E se per la socialite trovare un marito, possibilmente milionario e piacente, sembra essere facile come bere un bicchiere d’acqua, stavolta deve fare i conti con una pericolosa rivale: Pamela Churchill, socialite che le porta via in un battibaleno il cuore di Hayward. È un duro colpo per Slim: quell’uomo lei lo ha amato davvero. Ma tocca rialzarsi e asciugarsi le lacrime.




Passa poco tempo e si profila all’orizzonte una nuova conoscenza: trattasi stavolta del banchiere britannico Sir Kenneth Keith. Con lui la socialite convola a nozze ottenendo anche il titolo di Lady Keith. Un’unione di puro interesse, ritenuta da entrambi vantaggiosa: agli occhi di Kenneth —ricco ma sprovvisto del savoir faire dei due precedenti mariti di Slim— appare molto conveniente sposare una donna bella, economicamente indipendente e dalle conoscenze altolocate. Lady Slim Kenneth dal canto suo si accontenta di dividersi tra l’appartamento londinese e l’enorme tenuta in campagna risalente al diciottesimo secolo, chiamata The Wicken: qui Slim non smette di risplendere tra un party e un altro. Ma le feste leggendarie e il lusso sembrano non essere sufficienti a tenere in piedi quest’unione in cui manca l’elemento fondamentale, l’amore. Dopo dieci anni anche questo matrimonio naufraga inesorabilmente.
Slim si rifugia nella sua sfera di amicizie, tra cui spiccano Babe Paley, socialite anche lei ed indimenticabile icona di stile nonché cigno prediletto da Truman Capote, Diana Vreeland e lo stesso Capote, che la chiama affettuosamente Big Mama. Ma l’amicizia che lega i due viene bruscamente interrotta a seguito di alcune indiscrezioni sul romanzo scritto da Capote “Preghiere esaudite“: nel volume, rimasto poi incompiuto, lo scrittore avrebbe tratto ispirazione da Slim per il personaggio di Lady Coolbirth.
La socialite è furiosa e bandisce per sempre dalle sue conoscenze Capote, sebbene alcune fonti sostengono che fu in realtà Pamela Harriman ad ispirare a Capote la figura di Lady Coolbirth. Inoltre nel romanzo compare anche Babe Paley, amica di lunga data di Slim. È quando quest’ultima muore di cancro che l’universo patinato su cui si fonda l’intera esistenza di Slim inizia a vacillare in modo spaventoso. Lei continua a viaggiare e a trarre diletto dalle sue attività come socialite, che hanno sede principalmente a New York, da lei definita “una città troppo piccola per poter evitare qualcuno“. Anziana e leggermente appesantita, l’icona di stile non perde un evento, presentandosi sempre armata del consueto sorriso.





Data la sua voce argentina e squillante considera per un istante anche la possibilità di darsi al bel canto, iniziando una carriera come cantante lirica. Ma in breve abbandona questo proposito. Grande fumatrice, Slim Keith muore di cancro ai polmoni il 6 aprile del 1990.
Il suo stile leggendario la rese icona indimenticabile, tanto che sono ancora in molti a ricordarla, a partire dal film di Douglas McGrat “Infamous – Una pessima reputazione” (2006), in cui Slim Keith è interpretata da Hope Davis. La socialite ci ha lasciato la sua autobiografia, scritta nel 1990 e avente titolo emblematico: “Slim: Memorie di una vita ricca e imperfetta“. Nel libro l’icona di stile ripercorre con la consueta ironia alcuni aneddoti della sua vita, come la cartolina ricevuta da Clark Gable dall’Europa, nel 1947, dove il divo le scriveva solo “Sei meravigliosa“. Allorché il secondo marito Leland Hayward le chiese cosa mai avesse fatto così per essere così meravigliosa, lei rispose: “Riuscivo ad essere meravigliosa in modo meraviglioso“.





Presenza fissa della International Best Dressed List creata nel 1940 da Eleanor Lambert, nel 1946 Slim Keith fu insignita del prestigioso Neiman Marcus Fashion Award. Immortalata da fotografi del calibro di Man Ray, Horst P. Horst e Toni Frissell, ad appena 22 anni la bella Slim posa già come una diva consumata per Harper’s Bazaar, di cui ottiene anche la cover. Irriverente e moderna, il suo stile segna l’avvento di un nuovo concetto di eleganza che si discosta moltissimo dal passato: Slim Keith è assai lontana dall’ideale di perfezione tanto in voga in quegli anni. La sua personalità scoppiettante non ambisce di certo ad uniformarsi alla fredda perfezione dei celeberrimi cigni di Truman Capote. Altera e sofisticata, non è tuttavia glaciale come le bionde eroine dei film di Hitchcock. La sua vita è stata la parabola di una donna forse imperfetta ma certamente autentica e forse proprio in virtù di questo di un’eleganza genuina.
Nel suo guardaroba spiccano capi che potremmo definire sportswear ante litteram. La socialite era solita indossare abiti comodi e sporty-chic, come giacche da fantino e pantaloni, gonne in lana, dolcevita a collo alto e occhiali da sole che le conferivano un appeal da diva. Estimatrice del minimalismo chic, prediligeva linee essenziali e pulite anche per la sera. Ma la sua incontenibile personalità è il cardine della sua eleganza evergreen.
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