Se l’eleganza avesse un corpo, sarebbe sicuramente il suo: sottile ed eterea, la figura slanciata capace di esaltare qualsiasi mise, i lunghi capelli biondi che incorniciano un volto dai lineamenti squadrati. Emblema dello stile wasp americano, Lauren Santo Domingo è uno dei volti più celebri del fashion biz.
Una carriera sfolgorante ed uno stile imitatissimo l’hanno consacrata influencer e trendsetter, mentre la sua eleganza l’ha portata ad apparire sulla Hall of Fame dell’International Best Dressed List stilata dalla rivista Vanity Fair lo scorso 2015.
Figlia di un imprenditore e filantropo americano, all’anagrafe Lauren Davis, la bionda imprenditrice ha sposato lo scorso 2008 il famoso discografico colombiano Andrés Santo Domingo, divenendo cognata di Tatiana Santo Domingo e Andrea Casiraghi. Il matrimonio, atteso come l’evento più glamour dell’anno, ha tenuto banco per mesi sui tabloid di mezzo mondo. Quarant’anni il prossimo 28 febbraio, cresciuta a Greenwich, in Connecticut, Lauren, algida e bionda, sarebbe piaciuta ad Alfred Hitchcock, con quella sua eleganza un po’ gelida.
Lauren Santo Domingo è nata il 28 febbraio 1976All’anagrafe Lauren Davis, nel 2008 l’imprenditrice ha sposato Andrés Santo DomingoLauren Santo Domingo è contributing editor di Vogue e co-fondatrice del sito Moda Operandi
Cresciuta a Greenwich, in Connecticut, la bionda Lauren ha sempre amato la moda
Una carriera iniziata come modella per Sassy, magazine per teenager molto in voga negli anni Novanta. L’imprenditrice ha ammesso più volte di aver desiderato da sempre di lavorare nel mondo della moda. Dopo gli studi la bionda Lauren ha messo in curriculum anche un’esperienza come PR per Oscar de la Renta, tra i suoi designer preferiti. Poi la fondazione di Moda Operandi, nel 2010, in collaborazione con Aslaug Magnusdottir, e, da lì, la consacrazione a guru della moda.
Moda Operandi si è imposto in breve come uno tra i siti web più amati dai fashion addicted di tutto il mondo: l’idea le venne guardando le sfilate di moda e sognando, da fashionista che si rispetti, di poter indossare al più presto i capi visti sulle passerelle. Il sito si distingue infatti in quanto offre la possibilità di fare acquisti senza dover aspettare i lunghi tempi di consegna normalmente previsti. M’O ha aperto diverse sedi nelle principali capitali europee, a partire da Londra. Il sito offre un’ampia selezione di capi, accessori di lusso, come la celebre Birkin Bag di Hermès, e numerose collezioni di gioielli.
Lauren Santo Domingo è un’imprenditrice, un’influencer ed un’icona di stileL’imprenditrice è stata inserita dal New York Observer tra le 100 newyorkesi più influenti degli ultimi venticinque anniLauren Santo Domingo in pelliccia Marco de VincenzoLauren Santo Domingo indossa un top Johanna OrtizNel 2010 Lauren Santo Domingo ha fondato Moda Operandi insieme ad Aslaug Magnusdottir
Trench, jeans e ballerine: la quintessenza dello stile
Nel 2005 la bionda Lauren torna a far parte della redazione di Vogue, dove aveva iniziato anni prima a lavorare come editor: con la sua rubrica “APT with LSD” entra negli appartamenti delle donne più influenti del fashion biz, affermandosi anche come una delle firme più seguite e apprezzate della celebre testata.
Presenza fissa sulle riviste patinate come anche nei front row delle sfilate e nel parterre degli eventi più glamour ed esclusivi, Lauren Santo Domingo secondo il New York Observer è una delle cento newyorkesi più influenti degli ultimi venticinque anni. La bionda fashion editor e il marito Andrés formano una coppia molto glamour e sono spesso paparazzati negli eventi mondani, come illustri esponenti di quel jet set internazionale che forse oggi apparirebbe annacquato senza icone della portata di Lauren. Il suo nome, divenuto celebre -quasi un logo vivente- viene spesso abbreviato come LSD.
Lauren Santo Domingo è musa di stilisti del calibro di Proenza Schouler, Nina Ricci ed Eddie BorgoLa bionda fashion editor è amante delle pencil skirt e degli abiti sculturaLauren Santo Domingo è considerata l’ultima icona waspGonna Derek Lam e giacca paillettata Salvatore Ferragamo
La carriera di Lauren Santo Domingo è iniziata con uno stage come PR presso Oscar de la Renta
Da anni considerata tra le donne più eleganti del mondo, musa di stilisti del calibro di Proenza Schouler, Nina Ricci e Alexander Wang, Lauren Santo Domingo è una brillante trendsetter, capace di anticipare le tendenze e fiutare i futuri talenti, tra cui Delpozo, di cui ha spesso indossato le creazioni. Fotografata da nomi del calibro di Annie Leibovitz e Mario Testino, non c’è rivista patinata in cui Lauren Santo Domingo non sia apparsa, da Vogue Paris a Vogue Spagna, da Elle a Town & Country, da W a Vanity Fair.
La bionda editor viaggia spesso tra Londra, New York, Cartagena, in Colombia -paese di origine del marito- e Parigi, dove vive nel quartiere Saint Germain, in un lussuoso hôtel particulier. Mamma di due bambini, sublime incarnazione della più autentica lady dell’alta società americana, l’editor è da sempre in prima linea nel valorizzare i nuovi talenti. Tra i suoi designer preferiti spiccano Giambattista Valli, Oscar de la Renta, Charlotte Olympia, Dries Van Noten, Dolce & Gabbana e Josep Font di Delpozo. Il suo stile tradisce la sua vita cosmopolita e la sua indole raffinata e sofisticata. Icona di stile contemporanea dalle mise sempre apprezzate, Lauren Santo Domingo sfoggia uno stile sempre impeccabile, che indossi capi sartoriali o abiti da gran soirée. Una predilezione per le pencil skirt e per gli abiti scultura, dal sapore couture, il suo stile è tutto da imitare.
Uno dei look più iconici dell’imprenditriceLauren Santo Domingo in Oscar de la Renta ai Met Gala 2014Lauren Santo Domingo in John Galliano vintage
Lauren Santo Domingo in Giambattista Valli Couture
Crinoline e sete preziose alternate a strati di tulle fanno capolino nei sontuosi abiti da sera dal sapore vittoriano, sullo sfondo dell’età del jazz e di una giovinezza scandita dall’ultimo party esclusivo. Una vita fieramente sopra le righe, seguendo il monito di lorenziana memoria di vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo. E Millicent Rogers scelse di vivere la propria vita al massimo. Nota come l’ereditiera della Standard Oil, fondata dal nonno H.H.Rogers e da John D.Rockefeller, Millicent Rogers è stata una brillante socialite, un’icona di stile di squisita eleganza ed una collezionista d’arte.
All’anagrafe Mary Millicent Abigail Rogers, più conosciuta come Millicent Rogers, la futura icona di stile nacque a New York il primo febbraio 1902. Nipote di Henry Huttleston Rogers, magnate della Standard Oil, ereditò quest’impero, divenendo proprietaria in giovanissima età di un’immensa fortuna. La piccola Millicent crebbe tra Manhattan, Tuxedo Park e Southampton, New York, tra lusso e ricchezze. Ma ancora bambina contrasse una febbre reumatica: secondo i medici che la visitarono, la piccola non sarebbe arrivata all’età di dieci anni. La realtà fu fortunatamente ben diversa, ma per tutta la vita l’ereditiera fu cagionevole di salute: ebbe infatti numerosi attacchi di cuore, una grave forma di polmonite e un’artrite che le lasciò il braccio sinistro quasi totalmente paralizzato prima del compimento dei 40 anni.
Negli anni Venti Millicent Rogers divenne famose come socialite, ottenendo servizi e copertine sulle principali riviste patinate, da Vogue a Harper’s Bazaar. Inoltre la sua vita sentimentale costituì per decenni uno dei temi più ghiotti per i tabloid. Sì, perché Millicent Rogers è stata una donna leggendaria: aveva un animo ribelle, quella bionda dai capelli perfetti e dallo sguardo altero, che viaggiava con 35 valigie e 7 bassotti e che non lesinava in capricci, come quando, nel 1937, pretese che la tappezzeria della sua coupé Delage D8-120 Aerosport venisse tinta in una nuance che fosse en pendant con il suo rossetto rosso lacca; lei che ballò il tango nei nightclub europei mentre la perbenista America frugava nei dettagli più scabrosi della sua burrascosa vita sentimentale; lei che, dietro al guardaroba principesco e all’invidiabile vita mondana, nascondeva una grande sensibilità.
Scatto di Millicent Rogers esposto al museo di Taos realizzato da Louise Dahl-Wolfe per Harper’s Bazaar, 1948Millicent Rogers, foto di Richard Rutledge per Vogue America, 15 marzo 1945
Millicent Rogers ritratta da Horst P. Horst nel 1938
Millicent Rogers mostrò fin dall’infanzia grandi doti artistiche, che la madre non perse occasione di incoraggiare. Dopo il suo debutto in società, avvenuto nel 1919 al Ritz di Manhattan, Millicent si affermò per il suo stile, divenendo un’icona immortale. Presenza fissa delle liste delle donne meglio vestite al mondo, inizialmente la sua immagine non aveva ancora l’appeal sofisticato che oggi tutti noi conosciamo, attraverso le foto patinate che la immortalano. Fu quando decise di cambiare la forma delle sue sopracciglia, arcuandole alla maniera in voga negli anni Trenta, che la bionda Millicent iniziò ad essere una vera diva. Statuaria dall’alto del suo metro e settantacinque centimetri, pelle di alabastro e classe inimitabile, Millicent Rogers sembrava avere avuto tutto dalla vita: bellezza, intelligenza, ironia, savoir faire e una valanga di soldi. Ci guarda altera, dall’alto della sua perfezione, nelle foto celebri che la ritraggono. Sempre impeccabile nelle sue mise, Millicent Rogers posò, tra gli altri, per Louise Dahl-Wolfe e Horst P. Horst, oltre che per il pittore Bernard Boutet de Monvel. Tra i suoi designer preferiti vi erano Mainbocher, Adrian, Elsa Schiaparelli e Valentina. Ma un posto speciale occupava Charles James, di cui la bionda ereditiera fu musa incontrastata. Del couturier Millicent Rogers amava l’opulenza, mentre lui dal canto suo trovò in lei la perfetta incarnazione del suo stile. Nessuna sapeva indossare i sontuosi abiti-scultura di James con altrettanto charme.
Esteta e amante della bellezza in ogni sua forma, Millicent Rogers non era né un’oca né una ragazzaccia. Il suo humour mordente era forse ciò che gli uomini più adoravano in lei. “Gli uomini erano solo oggetti che collezionava”: scrive così Cherie Burns, a proposito di Millicent Rogers. “In cerca della bellezza”: si intitola così il volume che la Burns ha dedicato all’icona di stile. Searching for Beauty: The Life of Millicent Rogers, the American Heiress Who Taught the World About Style, edito da Paperback, è una tra le biografie più autorevoli della celebre ereditiera. Vera leggenda americana dalla vita avventurosa e glamour, filantropa e collezionista d’arte, in un’epoca costellata da Hilton e Kardashian si avverte profondamente la mancanza di icone del calibro di Millicent Rogers. Il volume curato da Cherie Burns testimonia la sua incessante ricerca di perfezione tanto nel suo stile personale quanto nella sua esistenza.
Millicent Rogers in Charles James, 1948Ritratto di Millicent Rogers realizzato da Bernard Boutet de Monvel, 1948Millicent Rogers nacque a New York il primo febbraio 1902Millicent Rogers in un abito da sera Charles James, foto di Horst P. Horst per Vogue, 1 febbraio 1949
Millicent Rogers ereditò l’impero della Standard Oil, fondata da suo nonno H. H. Rogers e da John D. Rockefeller
La vita sentimentale di Millicent Rogers fu parecchio avventurosa: l’icona si sposò per tre volte e collezionò numerosi flirt, tra cui spiccano l’autore Roald Dahl, lo scrittore Ian Fleming, il principe del Galles e il principe Serge Obolensky. L’ereditiera sposò in prime nozze, nel gennaio del 1924, il conte austriaco Ludwig von Salm-Hoogstraeten, più vecchio di lei di venti anni. Lui era un nobile decaduto e squattrinato, descritto dal New York Times come “un morto di fame”. Il matrimonio fu duramente osteggiato dalla famiglia Rogers. La coppia ebbe un figlio, Peter Salm, prima di divorziare, nell’aprile 1927. Nel novembre dello stesso anno l’ereditiera convolò a nozze con Arturo Peralta-Ramos, playboy e sportivo, proveniente da una ricca famiglia argentina. Dalla loro unione nacquero due figli, Paul Jaime e Arturo Henry Peralta-Ramos Jr. Il matrimonio fu celebrato nella chiesa cattolica del Sacro cuore di Gesù e Maria di Southampton, Long Island, alla presenza dei genitori dell’ereditiera. Il padre diede alla coppia un fondo fiduciario di 500.000 dollari, con la promessa che Peralta-Ramos “non avanzasse alcun diritto futuro sull’eredità di Millicent”, stimata in circa 40.000.000 di dollari. Nei primi anni Trenta Millicent e Arturo costruirono uno chalet a St. Anton, un’esclusiva località sciistica, arredandolo in ricercato stile Biedermeier. Vestiva alla tirolese Millicent in quel periodo, con i costumi tipici e il caratteristico grembiule, che lei mixava con adorabile nonchalance ad abiti Schiaparelli e Mainbocher, stile che fu più tardi ripreso, forse non con altrettanta classe, da Wallis Simpson. Tuttavia anche questo matrimonio naufragò, e la coppia divorziò nel 1935. Il terzo ed ultimo marito dell’icona di stile fu Ronald Balcom, un agente di cambio americano, sposato a Vienna nel febbraio 1936, da cui divorziò nel 1941. La coppia non ebbe figli. L’ereditiera visse in Svizzera fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, ma nel corso della sua vita collezionò appartamenti come si fa con le figurine: da New York alla Virginia al Nuovo Messico, fino all’Austria e alla Giamaica: le dimore dell’ereditiera rispecchiavano il suo gusto, sofisticato e ricercato.
L’icona di stile indossa una preziosa spilla di Fulco di VerduraL’appartamento di Millicent Rogers a Claremont ManorIl salotto dell’appartamento di Millicent Rogers a Claremont Manor, Virginia
Ancora un particolare della tenuta di Millicent Rogers in Virginia
Millicent Rogers sapeva perfettamente come gestire la stampa, verso la quale alternava momenti di amore e odio, come sostiene Gwendolyn Smith, curatrice della mostra “Millicent Rogers: Heiress, Fashion Icon & Her World” . “Conosceva le persone giuste e tutti conoscevano lei”, da buona socialite. Artista, creatrice di interessanti gioielli in oro ed argento, questo fu per lei più un hobby creativo da praticare per la salute delle sue mani affette da artrite, che una vera attività. D’altronde aveva i mezzi per finanziare le proprie opere artistiche. I suoi gioielli rivelano suggestioni arcaiche: il firmamento e le costellazioni sembrano essere la principale fonte di ispirazione per Millicent Rogers, le cui creazioni artigianali ricordano lune e stelle. Collezionista d’arte, spiccano nelle sue collezioni private almeno una dozzina di quadri di Henri de Toulouse-Lautrec, oltre a pezzi di Claude Monet e Paul Cezanne. L’icona di stile amava i quadri di Van Gogh, Degas e Jacob Epstein ma anche l’arte africana e le teiere cinesi. A Manhattan adorava le creazioni di Fabergé.
Colta, elegante ironica, Millicent Rogers parlava correntemente sette lingue, che studiò da autodidatta, durante i suoi famigerati attacchi di febbre reumatica. Si dice che tradusse da sola Rilke solo per divertimento, e che era solita conversare in latino. Non edonismo sfrenato, non mero esibizionismo, ma un viscerale amore per la bellezza, declinata in ogni forma. Oggi il botox sembra essere la parola chiave per le celebrities di ogni parte del mondo, tutte uguali nella loro ricerca di uno stereotipato ideale di bellezza: ma una volta ci voleva almeno un po’ di classe per monopolizzare l’attenzione della cronaca rosa. Bionda, bella, incredibilmente ricca e dotata di un carattere passionale, Millicent Rogers fu molto più di un personaggio da giornale scandalistico: fine esteta dal gusto raffinato, combatté la disabilità con il suo amore per l’arte. Elsa Schiaparelli, sua amica e tra i suoi couturier preferiti, disse di lei: “Se non fosse stata così ricca, con il suo incredibile talento e la sua smisurata generosità sarebbe diventata una grande artista”. I tre mariti e l’intensa vita sentimentale costituiscono solo una delle tante sfaccettature di questa icona di stile dallo charme immortale.
L’eccesso non faceva parte di lei, sebbene l’apparenza talvolta sembrava suggerire il contrario. Millicent Rogers era in realtà una sopravvissuta, e tale si sentì durante tutto il corso della sua vita.“Quando trovi la felicità, acchiappala. Non fare troppe domande” , diceva così Millicent. E la felicità la trovò accanto ad uno dei divi più amati di Hollywood, Clark Gable, che fu forse l’uomo della sua vita. L’ereditiera riuscì ad attirare l’attenzione dell’attore presentandosi ad un party con una scimmietta sulla spalla. L’idillio fu da romanzo rosa. Ma, come tutte le storie d’amore, l’ereditiera soffrì indicibilmente quando il sentimento finì. La proverbiale fama di sciupafemmine non era solo una leggenda metropolitana, nel caso di Clark Gable: quando la Rogers lo colse in flagrante in compagnia di un’altra donna, gli scrisse una lettera d’addio che mandò ad Hedda Hopper affinché quest’ultima la pubblicasse sulla sua rubrica all’interno dell’L.A. Times. La lettera iniziava così: “Ti ho seguito la notte scorsa mentre portavi a casa la tua giovane amica. Sono felice di averti visto mentre la baciavi, perché ora so che hai qualcuno vicino a te…. Spero di averti fatto sorridere ogni tanto; […] di averti dato, quando mi stringevi, tutto ciò che un uomo possa desiderare.”
Millicent Rogers in MainbocherTra i designer preferiti dall’icona di stile Mainbocher, Adrian, Schiaparelli, Charles James e ValentinaMillicent Rogers posò per le riviste più autorevoli, da Vogue ad Harper’s BazaarMillicent Rogers su Vogue, 1937
Nel corso della Seconda Guerra Mondiale l’icona di stile acquistò Claremont Manor, una tenuta risalente al 1750 circa, situata sulle rive del fiume James, in Virginia, a 170 miglia da Washington. Qui la Rogers tentò di ricreare l’atmosfera che aveva respirato in Austria. Lavorò all’interior design di quella casa al fianco di Billy Baldwin, dell’architetto William Lawrence Bottomley e di Van Day Truex, amico di famiglia nonché futuro presidente della prestigiosa Parsons School of Design e design director per Tiffany & Co. Una scrivania un tempo appartenuta al poeta Schiller e ricercati pezzi di antiquariato Biedermeier costituivano i pezzi forti dell’interior design di Claremont. Alle pareti spiccavano quadri di Watteau, Fragonard e Boucher, in una cornice di lussuosa formalità, tra tende damascate e un’eleganza antica. Nel 1946 l’ereditiera si trasferì ad Hollywood, dove abitò nella casa che era appartenuta un tempo a Rodolfo Valentino, la celebre Falcon’s Lair.
Più tardi, nel 1947, la diva decise di ritirarsi a Taos, in Nuovo Messico, dove sperava di contrastare i sintomi della febbre reumatica di cui soffriva fin da bambina. Qui andò a vivere in una tenuta che ribattezzò Turtle Walk. A curare l’interior design della sua nuova dimora non vi fu alcuna figura professionale. Turtle Walk era una vecchia fortezza situata nel deserto di Taos, caratterizzata da un mobilio di stampo coloniale e da una tappezzeria raffigurante elementi tipici della cultura dei nativi americani, la cui arte compariva in abbondanza in quella casa, tra ceramiche, gioielli, quadri. Taos, nel Nuovo Messico, era un’oasi di pace, buen retiro ideale per artisti ed intellettuali delusi dalla vita e alla ricerca di nuovi stimoli. Millicent, col cuore spezzato dopo la fine della sua tormentata love story con Clark Gable, fu invitata qui da Mabel Dodge Luhan. L’ereditiera strinse una profonda amicizia con la pittrice Dorothy Brett, da tempo ivi residente, trasferitasi lì su invito di D. H. Lawrence. Entrambe ricche ed eleganti, le due donne avevano molto in comune. Taos era una località molto gettonata soprattutto da quando, all’inizio del secolo, era stata scelta come nuova patria da nomi del calibro di Mabel Dodge Luhan e Georgia O’Keeffe.
Millicent Rogers ebbe tre mariti e numerose storie d’amore: la più famosa fu quella con l’attore Clark GableDurante i suoi attacchi di febbre reumatica, l’ereditiera imparò da autodidatta sette lingue e tradusse l’opera di RilkeL’ereditiera nel tipico costume austriaco, che mixava a capi haute couture di Schiaparelli e MainbocherMillicent Rogers col figlio Paul Peralta Ramos a Taos
Millicent Rogers nel 1947 si ritirò a Taos, Nuovo Messico
Millicent Rogers si innamorò all’istante di quel cielo blu cobalto, ma anche dei nativi del luogo. Della cultura pueblo adorava le tradizioni e i manufatti. Attraverso le testimonianze che sono giunte a noi sappiamo quanto l’icona di stile trovasse belli i lunghi capelli neri degli uomini e lo stile delle donne. Tra memorie coloniali ispaniche e citazioni del vecchio West si ergeva maestosa la natura, principale fonte di ispirazione artistica. In una lettera al figlio Paul Peralta-Ramos, l’icona racconta del suo amore per Taos. Si sentiva parte della Terra, Millicent Rogers, giunta in Nuovo Messico. L’ereditiera racconta con trasporto di una vicinanza mai provata prima con gli elementi della natura: il sole che brucia sulla pelle, l’odore della pioggia, l’emozione di guardare le stelle e il cielo notturno. Sembra di vederla, questa dama algida e bionda in abiti sartoriali, intenta ad osservare, con interesse quasi etnografico, gli usi e costumi locali, le suggestive cerimonie intertribali, con i danzatori, i cantanti, e, ancora, i mercati tipici, con gli artisti che mettono in vendita le loro creazioni artigianali.
La signora venuta da lontano si sofferma su alcuni gioielli con turchesi. Quelle insolite forme artistiche catturano il suo occhio, così acuto nello scorgere ovunque bellezza. È un vero e proprio colpo di fulmine per quegli orecchini, quei bracciali in onice e madreperla, ma anche per le cinture, le stoffe stampate, i coralli. Mai sottovalutare l’amore di una donna per la moda e per gli accessori: Millicent Rogers adorava i gioielli locali e sviluppò un’autentica passione per i turchesi Navajo, passione che la portò successivamente a svolgere un ruolo predominante nel preservare i capolavori dell’arte amerindia. Millicent Rogers prese molto a cuore la causa dei nativi ispanici e americani che abitavano il Nuovo Messico, ergendosi come paladina della battaglia per il riconoscimento dei loro diritti. Dopo aver collezionato oltre duemila opere realizzate dai nativi americani, con alcuni suoi amici, tra cui gli autori Frank Waters, Oliver Lafarge e Lucius Beebe, contattò dei legali per portare all’attenzione della Casa Bianca il tema dei diritti dei nativi americani.
Millicent Rogers in giacca di velluto Schiaparelli in uno scatto risalente al 1939. Foto Condé Nast Archive/CorbisMillicent Rogers in un abito da sera in taffetà e piume firmato Adriam, 1947. Foto di Condé Nast Archive/CorbisMillicent Rogers a Claremont Manor, Virginia, in un abito drappeggiato in broccato di Valentina, 1947
Il salotto dell’appartamento di Millicent Rogers a Taos, Nuovo Messico
Lo stile che l’ereditiera adottò dopo il suo ritiro a Taos comprendeva una blusa con le stampe originali Navajo che alternava a una camicia bianca, una gonna a ruota indossata sopra diverse sottogonne che alternava a maxi gonne etniche, uno scialle e piedi rigorosamente scalzi o mocassini di pelle di daino. Questo divenne il look più iconico dell’ereditiera, nonché l’emblema del suo stile. Nel Nuovo Messico la Rogers adottò anche un nuovo stile di vita. “Non era una snob, avrebbe trascorso con i creatori di gioielli locali lo stesso tempo che avrebbe speso ad Hollywood”, scrive la Burns. “Credo che si divertisse nel Nuovo Messico, sperimentando una libertà forse mai provata prima. Aveva un grande spirito di adattamento.”
Millicent Rogers, avventuriera vestita in capi haute couture, morì nel 1953, un mese prima del suo 51esimo compleanno, lasciando debiti per tre milioni di dollari. Poco dopo la sua scomparsa, nel 1956, uno dei suoi tre figli fondò a Taos un museo locale a suo nome, il Millicent Rogers Museum. Il museo conserva un’ampia collezione di arte nativo americana, ispano americana ed euro americana. Dapprima sito in una location temporanea, alla fine degli anni Sessanta il museo venne trasferito in una casa costruita da Claude J. K. ed Elizabeth Anderson, successivamente ristrutturata dall’architetto Nathaniel A. Owings. Millicent Rogers è stata protagonista della mostra American Women of Style, organizzata da Diana Vreeland e Stella Blum nel 1975. Il suo stile continua ad essere inesauribile fonte di ispirazione nella moda: John Galliano ha dichiarato di essersi ispirato a lei per la collezione disegnata per Dior nella Primavera/Estate del 2010. Un nome che resterà immortale nella moda.
In ESCLUSIVA per i lettori di D-Art il MAKING OF delle sfilate più belle.
A sfilate della Moda Uomo concluse vi trasportiamo alla scoperta di ciò che avvenuto dietro le quinte.
Uno show dietro lo show dove truccatori, hairstylist, vestieristi e modelli sono nel massimo dell’operatività al servizio del brand. E’ una danza che affascina l’operatore che interviene sollecito ai fini di riportarne i contenuti per i nostri lettori.
A inaugurare tale filone è il backstage del fashion show di Lucio Vanotti, designer scelto da Giorgio Armani in qualità di talento up and coming in grado di meritare l’ambitissima sfilata presso l’Armani Teatro.
Solenne il debutto in linea con l’identità del marchio. L’austerità dell’ abito visto come uniforme, l’alienazione e il distacco dal caos terreno, l’ascetismo estetico a favore di una bellezza cruda e grottesca, presenti nuovamente in collezione, non hanno deluso i suoi estimatori.
Le righe orizzontali sono il leitmotiv che accompagna i corpi svuotati e alleggeriti di ogni vezzo.
No gender per i completi sartoriali, anche versione pijama, i cappotti vestaglia e le coperte militari in qualità di tuniche, elaborati in panno di lana, spigati, velluto 100 righe, cotone garzato e felpa.
A completare la marzialità dei look stivaletti con suole slipper per calcare il suolo di nuovi e inesplorati pianeti del puro essere.
“L’eleganza non è farsi notare, ma farsi ricordare”: è un vecchio monito di Giorgio Armani, assolutamente attuale se si guarda alla sfilata che ha avuto luogo stamane nel quartier generale della maison. Come di consueto è Re Giorgio a chiudere la settimana della moda milanese, con una collezione Autunno/Inverno 2016-2017 che lo stilista definisce “un riassunto dei miei amori”. Finalmente senza più paura di mettersi a nudo, felice di essere se stesso, dall’alto di una rinnovata consapevolezza: alla vigilia del suo 82esimo compleanno, Giorgio Armani dichiara di sentirsi così. Lo stilista ammette di aver attraversato diverse fasi nel corso della sua sfolgorante carriera, forte di una incessante crescita interiore che lo ha portato a vivere innumerevoli stagioni restando sempre protagonista indiscusso della moda italiana.
La collezione per la prossima stagione invernale è un viaggio interiore attraverso il caos della società attuale. Il blu profondo, che lo stilista privilegia a qualsiasi altra nuance, diviene antidoto e cura per i mali di oggi, in primis per quell’esibizionismo e quell’ostentazione spesso priva di contenuti che caratterizzano la moda odierna. Per Giorgio Armani la vera sfida oggi è riuscire a creare capi eleganti senza scadere nell’eccentricità. Meno audace di un tempo, lo stilista ammette il suo intento di voler adattare ai tempi un rinnovato concetto di stile. Inevitabile la critica a certi colleghi, che creano senza preoccuparsi della reale adattabilità dei capi visti sfilare sulla passerella con la vita reale. «Chi è che mette quella roba lì? Per chi lo facciamo? Bisogna piantarla di pensare solo al piccolo giro della moda», puntualizza lo stilista, che auspica il ritorno ad una moda vera, concreta e possibile.
Si prospetta un Autunno/Inverno 2016-2017 nel segno della classicità, per un’eleganza sobria e discreta, che sembra tornare in auge. Re Giorgio è generoso come non mai, e tante sono le uscite per lui e per lei che hanno caratterizzato la sfilata. Il nuovo lusso si sposa al comfort, per linee fluide e capi dall’appeal sofisticato. Il velluto blu è protagonista assoluto per la sera, in una collezione in cui predominano cashmere e alpaca, ma anche lunghi cardigan in lana con motivi etnici, forse l’unica nota colorata che Armani si concede. La palette cromatica varia dal grigio al rosa al nero, in una riscoperta dell’eleganza evergreen dell’uomo vestito di scuro. Il classico doppiopetto dalla linea a scatola si indossa ora con i pantaloni con le pinces, tra capi in montone ecologico che rimpiazzano la pelliccia tradizionale. Audace sperimentazione nelle tecniche di lavorazione dei capispalla, che vedono pellicce ecologiche in kidassia e gilet indossati sul corpo nudo. Suggestioni africane nelle stampe, i ricami pregiati conferiscono un tocco stilistico nuovo al più classico dei completi. Tessuti con fini lavorazioni artigianali completano il classico abito scuro, tra citazioni classiche, quali il cappotto con la martingala. La pelle scamosciata spicca tra i materiali usati, accanto ad alcuni giacconi matelassé. Le bretelle tornano protagoniste, insieme a guanti e altri dettagli tipici del guardaroba maschile, come il gessato. I cappotti con ampi revers si alternano alla giacca, che diviene quasi una guaina perfetta per esaltare la scultorea fisicità dei modelli. Tra gli accessori cappelli fedora, occhiali da sole e cartelle da lavoro, ai piedi scarpe carrarmato. Nel front row non mancano le celebrities: occhi puntati su Russell Crowe, ospite della sfilata e amico di vecchia data di Re Giorgio.
Mangapunk: è questo l’hashtag ufficiale nonché il titolo della sfilata Autunno/Inverno 2016-2017 di DSquared2. Un samurai in kilt è il protagonista della collezione per la prossima stagione invernale, che ha sfilato stamane, nell’ultimo giorno della Milano Moda Uomo.
Immerso in una location digitalizzata ricoperta di arbusti sottili, l’uomo che calca la passerella in mini kilt scozzese sembra uscito dai manga giapponesi. La Gran Bretagna incontra il Giappone: i gemelli canadesi Dean e Dan Caten riescono nell’improbabile connubio, per una collezione all’insegna delle contaminazioni. Dettagli marinière si coniugano a tocchi pop art, per un uomo che affronta il rigore invernale con piumini fosforescenti. Tanto denim, sia nei giubbotti che nelle camicie. Tra i capispalla spiccano il parka e il classico kaban blu rivisitato: ma se il primo è caratterizzato da inedite allacciature a nastro e da stampe pop, il secondo tradisce un’ispirazione marinara, evidente nei bottoni con ancore stampate. I volumi sono over, i tessuti plissettati.
L’eccentricità, da sempre cifra stilistica del brand, si arricchisce qui di contaminazioni altamente scenografiche e trae ispirazione dal punk, per un uomo dalla personalità decisa e dal carattere forte. Suggestioni orientali nei pantaloni che ricordano i kimono, per un moderno samurai in chiave punk. Ricordano quasi una tenuta da karate i larghi pantaloni in cotone bianco, mentre anche le stampe omaggiano l’Oriente. Bomber in seta brillante, decorazioni floreali, jeans e bermuda doppiati con mini kilt uniti al punto vita da una zip: l’uomo DSquared2 ricorda a tratti uno dei personaggi del teatro kabuki, in un suggestivo gioco di ruolo.
Argento e nero dominano la palette cromatica, accanto a colori fluo, per un défilé ricco di spunti. Il kilt, declinato nell’intramontabile tartan, ma anche in nero, si indossa sulla pelle nuda o sopra i pantaloni. Le gambe sono coperte da calzettoni, mentre le calzature appaiono forti, quasi indistruttibili, siano stivali o sneakers. Tra gli accessori spicca lo zaino, indossato spesso da questo guerriero ninja in chiave contemporanea.
La collezione Autunno/Inverno 2016-2017 di Etro parte dalla proiezione di “State of Nature”, il film prodotto da Kean Etro, che introduce il tema della sfilata. Il rispetto per la natura, l’amore e la cura per il pianeta Terra, e il rispetto per gli animali divengono i temi su cui si snoda il défilé. Le suggestioni della natura, con le fitte vegetazioni e gli intrinsechi legami con l’universo costituiscono il filone privilegiato per interpretare pienamente i capi proposti per la prossima stagione invernale. Into the wild, si potrebbe dire, per un vero e proprio ritorno alle origini primordiali. Lasciamo da parte le sovrastrutture, gli schemi e l’apparenza: questo sembra essere il monito lanciato sulla passerella, per un uomo che abbraccia la natura e la libertà.
La collezione vede filati e cashmere pregiati, ma anche lana mohair, tra stampe jacquard, righe e tartan all over. Morbide sciarpe avvolgono il corpo di questo giovane impavido, che attraversa i boschi, forte della propria personalità. Volumi e proporzioni over, per un’eleganza rilassata. Il comfort è la parola chiave, senza rinunciare allo stile, minimale e raffinato, che non teme di osare, puntando su cappotti a stampa animalier. Il cavallo dei pantaloni scende, mentre le cravatte sono solo un lontano ricordo: l’eleganza adesso è easy, per maglioni a collo alto indossati sotto a giacche da lavoro e maglie dai bordi realizzati a telaio, dal caratteristico effetto usurato, per un look effortlessy chic.
Il maculato prevede pattern leopardati ma anche zebrati, nel pieno rispetto degli animali, come viene più volte sottolineato. La palette cromatica abbraccia il magenta, il verde bottiglia, il color cannella: nuance che ricordano il verde della foresta. Si continua con cappotti e completi in stampa paisley, tra suggestioni naturalistiche e tocchi di classicità.
Back to Seventies: la tendenza è lampante nella collezione GucciAutunno/Inverno 2016-2017 che ha sfilato oggi nell’ambito della Milano Moda Uomo. L’estro creativo di Alessandro Michele non smette di affascinare, in una sfilata attesissima, con una modella d’eccezione, la scrittrice americana transgender Hari Nef. Nata a Philadelphia, trasferitasi più tardi a New York, dove ha firmato un contratto con la prestigiosa IMG Models, la modella ha sfilato per Alessandro Michele, che ha dichiarato di ammirarne il carisma e lo spirito libero, e ha gestito anche l’account Snapchat del brand italiano.
La collezione Gucci per la prossima stagione invernale porta in passerella un uomo ironico e spregiudicato, che sfila in pigiama floreale perfettamente a suo agio sul red carpet in velluto costruito per l’occasione all’ex scalo ferroviario, location del défilé. Romanticismo, nostalgici tocchi vintage e trasgressione in chiave chic: sono questi i temi chiave su cui si snoda la collezione proposta da Alessandro Michele. Un po’ Mick Jagger e un po’ John Lennon, l’uomo di Gucci è barocco, impavido, semplicemente irresistibile. Richiami Seventies evidenti nel paisley e nei tessuti tapestry di trench più simili ad una vestaglia, ma anche nelle proporzioni e nei volumi, come nei pantaloni scampanati e nei maglioni a dolcevita di quest’uomo efebico e ribelle, che si presenta in broccato di seta, accostando il tartan alle stampe cartoon raffiguranti Snoopy. Patchwork di pattern e dettagli finemente lavorati, come i berretti in maglia ricamati con lavorazioni e stampe peruviane. I pigiami da sera sono decorati con preziosi dettagli floreali e vengono indossati tra occhiali da sole e collane con grossi medaglioni, mentre ai piedi catturano l’attenzione i sandali rasoterra: molte uscite ricordano il look adottato dagli habitué delle comuni anni Settanta. Si continua con grandi sciarpe, mantelle, berretti e le immancabili borse con il logo della maison.
Il chiodo è ricamato, i mocassini-pantofola hanno il bordo di pelliccia. L’uomo Gucci rivendica per sé il ruolo di primadonna, con il savoir faire e l’ironia che contraddistinguono da sempre il direttore creativo dello storico brand italiano. Un nuovo successo per uno stilista che ha tanto da raccontare.
Suggestioni Swinging Sixties hanno caratterizzato la passerella di N°21. La collezione Autunno/Inverno 2016-2017 disegnata da Alessandro Dell’Acqua presenta capi dalla linea militare, che attingono al passato. Il parka diviene protagonista assoluto, in un revival Mod, tipicamente anni Sessanta.
Note colorate per capi in canvas, dall’eskimo al giubbino, per un mood military declinato in chiave chic. Una sfilata all’insegna degli opposti: il nuovo Mod coniuga mirabilmente il lato strong e prevalentemente maschile, evidente nei pantaloni combat, con un’anima eterea e femminile. Un tocco sporty-chic è evidente nei capispalla che giocano con i dettagli, come le grandi tasche, ricamate in un finto trasandato che le fa apparire quasi sfilacciate. Le sneaker ai piedi sembrano parimenti consumate.
Una collezione gentile, per un uomo che attinge spesso e volentieri al guardaroba femminile. Le camicie in seta disordinate sono emblema dell’effortlessy chic, mentre i cappotti furry sono un vezzo rubato all’armadio di lei. Torna prepotentemente alla ribalta l’animalier rivisitato su maglioni pesanti. Il maculato più classico fa invece capolino sui cappotti. Audace sperimentazione nei dettagli e nei materiali usati, come il pizzo che sbuca fuori dalla lana, mentre i cappotti in montone rovesciato aiutano a combattere il rigore invernale.
Dell’Acqua ha pensato proprio a tutto, e l’inedito parka da sera conquista il nuovo Mod. La collezione sembra voler imporsi come un monito per andare alla riscoperta di valori ormai perduti. Basta con l’uomo macho, Dell’Acqua manda in passerella un uomo gentile, che non teme le donne ma le ama. In tempi in cui la misoginia sembra essere tornata prepotentemente alla ribalta, l’uomo gentile è quantomai fashion.
Occhi puntati sulla Milano Moda Uomo: tra i primi ad aprire la kermesse di moda maschile è Ermenegildo Zegna. È un dandy contemporaneo l’uomo proposto da Stefano Pilati: perfettamente aplomb nei suoi completi dalle linee fluide, che cadono perfettamente esaltandone la figura. La parola d’ordine è una: eleganza.
La collezione Autunno/Inverno 2016-2017 di Zegna elogia il dandismo e il passato, valorizzando una raffinatezza senza tempo declinata in chiave maschile. L’uomo che calca la passerella è un gentleman d’altri tempi, novello Dorian Gray, esteta ed edonista, che col suo incedere sicuro ci aiuta a riscoprire la più autentica tradizione sartoriale italiana.
Grigio melange protagonista assoluto per capi dall’appeal evergreen, ma anche tanto blu, su cappe, mantelle, maglioni ricamati. Ricercatezza nelle passamanerie e grande cura per il dettaglio nelle fantasie jacquard, che talvolta si mixano a dettagli paisley, in un inedito gioco cromatico che sfocia nel patchwork. Trionfo del gessato, per abiti interi ma anche mantelle e cappottini che talora cedono il passo a piccoli dettagli che coniugano perfettamente il comfort e lo stile, come le maniche trapuntate.
La sfilata di Zegna non lesina in suggestioni anni Quaranta, che appaiono evidenti nei volumi e nelle proporzioni: i cappotti sono ampi, i pantaloni svolazzano sulle gambe, per un’eleganza dalle linee classiche e dal sapore antico.
Zigomi pronunciati, labbra a cuore e quel sorriso, semplicemente inimitabile: Kate Moss spegne oggi 42 candeline. Volto storico della moda, icona di stile tra le più copiate, la supermodella è uno dei nomi più celebri del fashion biz. Apparsa sulla copertina di oltre 300 riviste, apprezzata universalmente per il suo stile, che le ha fatto ottenere numerosi riconoscimenti, tra cui quello del Consiglio degli stilisti d’America, che l’ha inserita nella lista delle donne meglio vestite nel mondo, Kate Moss è una vera leggenda vivente.
All’anagrafe Katherine Ann Moss, la modella è nata a Croydon, un sobborgo di Londra, il 16 gennaio 1974. Sua madre Linda fa la barista, mentre il padre Peter è un agente di viaggi. Kate viene scoperta in un aeroporto di New York all’età di 14 anni, dalla fondatrice dell’agenzia di moda Storm, Sarah Doukas. La giovane non rientra in nessuno dei canoni vigenti nella moda: bassa (non arriva a sfiorare il metro e settanta) e ossuta, Kate appare lontana anni luce dai fisici statuari di Claudia Schiffer, Naomi Campbell e Cindy Crawford, le supermodelle degli anni Novanta, perfette ed irraggiungibili. Farle ottenere un contratto sembra una battaglia persa in partenza, ma Sarah Doukas di talenti ne ha visti passare molti ed è convinta che quella smilza ragazza farà strada.
Il primo shoot risale al 1990: è la rivista inglese The Face ad offrire alla nuova modella un servizio fotografico ambientato in una spiaggia a sud di Londra. Incredibilmente le foto ottengono un successo insperato e Kate Moss diviene un volto noto. Considerata un’icona alternativa per il suo aspetto, non conforme ai diktat dell’epoca, Kate Moss viene associata al movimento grunge.
Kate Moss è nata a Croydon, vicino Londra, il 16 gennaio 1974La modella viene scoperta a New York da Sarah Doukas, fondatrice dell’agenzia di moda StormNon arrivando al metro e settanta, inizialmente Kate Moss venne considerata troppo bassa per sfilare
Ma è con la celebre campagna pubblicitaria per Calvin Klein che la modella ottiene la fama internazionale. Scatti bollenti al fianco di Mark Wahlberg immortalano la nuova top seminuda: il fisico acerbo ritratto in topless, le pose ammiccanti e la bellezza acqua e sapone sdoganano Kate Moss come il nuovo volto della moda. Siamo negli anni Novanta, l’epoca d’oro delle supermodelle, algide nella loro perfezione, svettanti su fisici tonici e volti perfetti. Tutto questo venne cancellato dall’avvento di Kate Moss: la rivoluzione Kate fece sì che la nuova modella, bassa e piena di difetti rispetto all’ideale di perfezione allora vigente, si imponesse e spazzasse via ogni residuo del passato. Spartiacque tra le supermodelle e le nuove top, dai fisici sempre più esili, il fenomeno Kate Moss ha portata storica senza precedenti: il fattore preponderante è la personalità, quel particolare lampo negli occhi che fa la differenza in foto, rendendo la Moss un personaggio unico, dall’espressività capace di superare le barriere della carta patinata. Considerata capostipite delle modelle anoressiche, il suo fisico acerbo suscitò aspre critiche e polemiche.
Nel 1995 le foto della campagna per il profumo Obsession di Calvin Klein divengono addirittura un caso nazionale negli States, suscitando polemiche e muovendo persino accuse di pedofilia nei confronti dello stilista americano. Dopo che il dipartimento di giustizia, su ordine dell’allora presidente Bill Clinton, avviò un’inchiesta, la campagna fu ritirata dopo appena tre settimane. Intanto la modella divenne a tutti gli effetti una top model, calcando le passerelle dell’alta moda di Parigi, New York e Milano, e ottenendo le cover dei magazine più prestigiosi, da Elle ad Harper’s Bazaar, da Vogue ad Allure. Kate Moss sfila per tutti i grandi nomi della moda, da Gucci a Versace a Burberry, da Calvin Klein a Dolce & Gabbana, fino a Chanel, Roberto Cavalli, Louis Vuitton, Missoni, Dior, Yves Saint Laurent, Stella McCartney.
SFOGLIA LA GALLERY:
Viso pulito e aria innocente
Kate Moss ritratta da Ellen von Unwerth per Vogue Italia, 1992
Kate Moss in uno scatto di Arthur Elgort
Kate Moss e Mark Wahlberg nella campagna scandalo di Calvin Klein Jeans, 1992. Foto di Herb Ritts
Kate Moss per Calvin Klein, 1993
La magrezza di Kate Moss suscitò aspre polemiche
La top model iniziò la carriera nella moda casualmente
Lontana dagli ideali di bellezza degli anni Novanta, Kate Moss non sembrava adatta alla carriera di modella
Kate Moss è considerata una delle più influenti icone di stile contemporanee
La modella negli anni Novanta
Kate Moss ha sfilato per nomi del calibro di Chanel, Louis Vuitton, Dior, Stella McCartney, Yves Saint Laurent
La modella ebbe una storia con l’attore Johnny Depp
Kate Moss è figlia di una barista e di un agente di viaggio
In pelliccia e abbigliamento casual
Kate Moss in orecchini Christian Dior Haute Couture, fotografata da Annie Leibovitz for Vogue America, ottobre 1999
La top model in passerella negli anni Novanta
Kate Moss nel2012 ha preso parte alla Cerimonia di chiusura dei Giochi della XXX Olimpiade di Londra
Kate Moss durante una sessione di trucco
La modella in passerella
Kate Moss vista dall’artista Allen Jones
Kate Moss sulla copertina di Vogue UK, dicembre 2001, foto di Mario Testino
Kate Moss ritratta da Herb Ritts per il Calendario Pirelli del 1994
In passerella per Christian Lacroix
Una giovanissima Kate Moss
La sensualità di Kate Moss
Foto di Arthur Elgort per Vogue, Aprile 1995
Uno scatto di Patrick Demarchelier
Lo stile di Kate Moss
Kate Moss ritratta da Herb Ritts nel 1994
La top model posa per Juergen Teller, 1998
In passerella per Tom Ford per Gucci
Kate Moss come Faye Dunaway
Cuissardes e minigonna
Vogue America, 1995, foto di Ellen von Unwerth
Kate Moss come Marlene Dietrich, ritratta in Dior Homme da Mert & Marcus per Vanity Fair, 2006
Kate Moss ritratta da Mario Testino
Kate Moss per Peter Lindbergh
Kate Moss su Playboy, 2014
Il matrimonio con Jamie Hince
Kate Moss ritratta da David Bailey per Vogue Paris, agosto 2013
Kate Moss per Mario testino
Kate Moss per Mario Sorrenti, 1993
Kate Moss in passerella per Chloé, 1998
Foto di Albert Watson
Kate Moss all’Hotel Raphael, camera 609, Parigi, 1994, foto di Arthur Elgort
Kate Moss per Vogue UK, dicembre 2014, foto di Mario Testino
Kate Moss per Vogue UK, giugno 2013, foto di Patrick Demarchelier
Testimonial di Rimmel, Bulgari, Versace, Missoni, Balenciaga, Chanel, Burberry, è apparsa ben 24 volte sulla cover di Vogue, ottenendo copertine anche su Vanity Fair, W, The Face e su molte altre riviste patinate. Intanto anche il gossip si scatena sulle sue storie d’amore, a partire da quella con l’attore Johnny Depp. Musa di nomi del calibro di Mario Testino, Mario Sorrenti e Peter Lindbergh, che l’ha inserita nel suo libro 10 Women, nel luglio 2007 Kate Moss viene nominata dalla rivista Forbes la seconda modella di maggior successo al mondo.
Il 2005 è l’anno dello scandalo: nel settembre la rivista britannica Daily Mirror pubblica in prima pagina alcuni scatti che ritraggono la supermodella nell’atto di consumare cocaina, insieme al compagno di allora, il controverso musicista Pete Doherty. Lo scandalo è servito. L’occhio di chi legge l’articolo non può non indugiare sulla foto che ritrae la modella intenta a sniffare; la firma di quel pezzo rivela che sono ben cinque le strisce di cocaina consumate da Kate Moss in appena 40 minuti. Per la top model è il declino; quasi tutti i contratti vengono annullati. Da Stella McCartney a Chanel e Burberry, nessuno sembra più interessato a lei come testimonial. La situazione è difficile, al punto che è la stessa Kate Moss alla fine a chiedere scusa pubblicamente ai milioni di fan e di persone che si ispirano a lei: lo fa in una conferenza stampa in cui ammette pubblicamente le proprie responsabilità.
Kate Moss in una foto di Patrick Demarchelier per Harper’s Bazaar, luglio 1993Kate Moss, foto di Roxanne Lowit, 1995Kate Moss in passerella per Versace, Paris Fashion Week,1996Kate Moss ottenne il primo servizio nel 1990
A schierarsi in sua difesa sono in pochi: le colleghe Naomi Campbell e Helena Christensen, l’attrice Catherine Deneuve, l’ex-fidanzato Johnny Depp e lo stilista Alexander McQueen. Christian Dior continua a volerla come volto della maison e la rivista W le dedica la cover nel novembre 2005, a soli due mesi dalla bufera mediatica scatenata dal servizio del Daily Mirror. Intanto termina anche la relazione con Doherty, che la definisce una “stalker”. La top model viene anche indagata per uso di sostanze stupefacenti. Ma Kate Moss, novella Araba fenice, risorge dalle proprie ceneri: nel novembre 2006 è lei a ricevere il riconoscimento di “modella dell’anno” dal British Fashion Awards. Lo scandalo è dietro l’angolo ma lei è tornata, più forte che mai, e i designer se la contendono: nuovi contratti includono brand del calibro di Rimmel, Agent Provocateur, Belstaff, Dior, Louis Vuitton, Roberto Cavalli, Longchamp, Stella McCartney, Bulgari, Chanel, Nikon, David Yurman, Versace, Calvin Klein Jeans e Burberry. Secondo la rivista Forbes la Moss dopo lo scandalo avrebbe triplicato i propri guadagni, divenendo ufficialmente la modella più pagata al mondo, seconda solo a Gisele Bündchen.
Kate Moss ritratta da Mert & MarcusKate Moss ritratta da Peter Lindbergh per Harper’s Bazaar, marzo 2010Kate Moss per Playboy, foto di Mert & Marcus, 2014Kate Moss in uno scatto di Mario TestinoLa top model britannica è considerata un’icona di stileKate Moss su Vogue Paris luglio 2010 fotografata da Mario Sorrenti
Nel 2014, al compimento dei 40 anni, la top model si è regalata un servizio senza veli per la celebre rivista Playboy, in cui ammicca come coniglietta. Le foto, realizzate da Mert Alas e Marcus Piggott, celebrano il 60º anniversario della rivista. Una rinnovata consapevolezza sul volto e un fisico cui il trascorrere del tempo ha regalato una nuova sensualità nell’esplosione di curve sinuose, Kate Moss appare oggi ancora più bella. Icona di stile dal gusto raro, capace di passare con disinvoltura dallo stile bohémien all’eleganza più sofisticata, onnipresente nelle classifiche delle donne meglio vestite al mondo, Kate Moss è stata anche stilista per la catena britannica Toshop, per cui ha firmato nel 2007 una collezione in esclusiva, mostrandosi come manichino umano nelle vetrine di Oxford al lancio della linea recante il suo nome.
Dopo la fine del matrimonio con il chitarrista dei The Kills Jamie Hince, sposato nel 2011, oggi la modella appare serena e in forma smagliante. Qualche chilo in più che non ne offusca minimamente la straordinaria bellezza, Kate Moss sorride nelle foto che la ritraggono accanto alla figlia Lila Grace, nata nel 2002 dalla relazione con Jefferson Hack, editore della rivista Dazed & Confused.
Icona di stile tra le più apprezzate al mondo, i suoi look ispirano quotidianamente milioni di donne: amante del boho-chic, ha indossato spesso capi vintage. Forte di un fisico capace di esaltare qualsiasi mise, la modella incanta ad ogni uscita pubblica.
Energia e dinamismo sono le parole chiave della nuova collezione Invicta Autunno/Inverno 2016/2017. Un’offerta ancora più ampia e variegata per quanto concerne i tessuti, che dal nylon basic si arricchiscono di tessuti memory e stampe nuove. Una palette cromatica che si arricchisce di colori nuovi, tra cui l’antracite, il bordeaux, il blu scuro, per capi pensati sia per l’uomo che per la donna. Piombo e oro sono le nuances che caratterizzano la nuova collezione presentata al Pitti 89: capispalla, tra cui giubbini, blazer, giacche, cappottini, giacconi, parka, maglieria, ma anche e accessori, come berretti e sciarpe in lana e cappucci multifunzionali.
Comfort e stile nel pezzo forte della nuova collezione, il giubbino trapuntato con cappuccio in nylon full dull water-proof e down-proof, con gilet interno fisso. Il capo, unisex, è caratterizzato da una particolare tecnologia che permette di indossare il giubbino come fosse uno zaino. Al suo interno sono state infatti inserite delle bretelle elastiche personalizzate che permettono di indossare il giubbotto come se fosse uno zaino (elemento direttamente riconducibile al brand e al prodotto, lo zaino, che ha fatto la storia del marchio).
Si continua con giubbini per lui e per lei, ma anche cappottini pensati esclusivamente per lei, con un mix di tessuti accattivanti, per una collezione che coniuga brillantemente il design al comfort e alla funzionalità, da sempre elementi che caratterizzano le collezioni Invicta. Comodità e stile per i capispalla pensati per l’uomo, ma anche per la donna.
Invicta nel 2016 festeggia 110 anni. Il brand nasce infatti nel lontano 1906, con le borse e i sacchi da marina. Successivamente viene acquistato da un artigiano torinese specializzato nella produzione di zaini e accessori per i primi alpinisti. Ma è negli anni Ottanta che Invicta diventa brand di culto per intere generazioni, grazie anche allo zainetto Jolly. Il brand diviene vero fenomeno sociale di moda e costume, il cui stile è giunto fino ai nostri giorni.